domenica, maggio 27, 2007

 

Comunicazione di servizio


Da qualche giorno sto rimettendo mano al mio sito web su Geocities (per la cronaca, l'ultima voce nella lista della blogroll), sbarrato per lavori in corso da così tanto tempo che il cartello all'entrata si è sbiadito.

C'è ancora un sacco di lavoro da fare sia sulla grafica che sui contenuti perché - da perfetto megalomane - ai tempi non m'ero accontentato di mettere on line due inutili, orrende paginette in croce: ne avevo prodotte un'ottantina divise su 4 sezioni tematiche, praticamente un ecomostro. :-)

La parte più delicata del lavoro è quella relativa alla revisione di una specie di tutorial sulla scrittura, ed è su questa che desidererei la disponibilità di qualcuno tra voi.
Prossimamente avrò bisogno di una o più persone che mi facciano da editor e passino al setaccio le pagine segnalandomi difetti, refusi, passaggi poco chiari, autentiche cavolate, proponendo approfondimenti ecc.ecc.

Per piacere, prendete nota e fatemi sapere.

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giovedì, maggio 24, 2007

 

Ripescati in rete



Oggi è decisamente una giornata nata storta. Mi sento insofferente e irascibile come un grizzly che si sia svegliato con il mal di denti, tant'è che in queste ore sono stato straordinariamente prodigo nel distribuire urbi et orbi epiteti irriferibili.
Vorrei essere lontanissimo da questa scrivania, rintanarmi nella solitudine dei boschi della mia Ogliastra, ma all'Enterprise rispondono con un disco registrato "Stiamo cercando il suo taxi, la preghiamo di attendere...".
"Ma vafangule pure tu, va!!"

Ora che vi ho debitamente aggiornato su mezz'etto di cavoli miei, passiamo ad altro.

Nei miei web-vagabondaggi ho ripescato due siti originali, due modalità non convenzionali di autopromozione.
refrigeratorSi può promuovere un libro in modo alternativo e divertente, senza annoiare?
Questo sito ci riesce benissimo, a dimostrazione di come, partendo da una buona idea, sia possibile ottenere il massimo risultato con mezzi artigianali.
Trovo geniale la scelta di presentare il volume unicamente attraverso foto a tutta pagina scattate in cucina, con la superficie del frigorifero usata come lavagna per testi scritti a pennarello.
È come trovarsi ad assistere a uno spettacolino casalingo, con la spiritosa e autoironica padrona di casa che ci intrattiene facendo della presentazione del suo libro una scusa per prendersi gioco dei cliché sulle promozioni editoriali "serie".

In definitiva, il sito non vende direttamente il libro, non ci offre indicazioni sul suo contenuto. In compenso, però, www.noonebelongsmorethanyou.net "vende" in modo diretto ed efficace l'intelligenza, la simpatia e l'originalità di chi l'ha scritto: tutte doti che sono "carburante" di prima scelta per il marketing virale.

locuraDevo confessare che Quest'altro sito mi ha lasciato sconcertato.

Tanto di cappello alla signorina che si è prestata a esibirsi in un repertorio di smorfie, ammiccamenti, strabuzzare d'occhi e gesti scomposti da very out of cozza, ma qual è il senso di questa provocazione? Dove si vuole andare a parare?

Anche se si trattasse della "fase uno" di una campagna teaser, ho l'impressione che il messaggio sia stato occultato talmente bene da risultare incomprensibile (almeno al sottoscritto).

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domenica, maggio 20, 2007

 

Appunti



Affari di fede

Qualcuno che mi conosce bene ha atteso invano il mio contributo polemico all’imponente colata di inchiostro virtuale sul Family Day.
Invece, salvo qualche isolata intemperanza - più verbosa che verbale - sui blog altrui, ho preferito tenermi in disparte perché trovo nauseante questo clima artificioso di resa dei conti tra (sedicenti) guelfi e (presunti) ghibellini.

C’è stata una lunga parentesi nella mia vita, che va dal ginnasio a parte del periodo universitario, in cui ho abbracciato un ideale di cattolicesimo “militante”.
Ho fatto esperienze che non rinnego, che sarebbero state infinitamente più significative se fossi stato più maturo “di testa”, e altre che non potrei in alcun caso rifare perché lo spirito critico e le mie convinzioni insorgerebbero, prevalendo sulla fiducia e sul senso di appartenenza.
Il mio distacco da quell’ambiente avvenne proprio perché nutrivo riserve sempre più forti sulle scelte di campo che venivano fatte passare di volta in volta. Volevo scegliere io le battaglie per cui spendermi e non sentirmi più una zelante marionetta. In ogni caso non avrei mai accettato di restare a metà o per opportunismo.

Questa digressione serve a spiegare perché quando leggo i blog di persone che fanno riferimento all’area che ha organizzato il Family Day non ho difficoltà a decifrare i paradigmi culturali, le certezze, le ragioni dell’entusiasmo, della determinazione e dell’orgoglio per la riuscita della mobilitazione cattolica.
Provo empatia e rispetto per queste persone, anche in nome dei vecchi tempi.
Allo stesso tempo nutro un’invincibile avversione verso parole d’ordine e obiettivi ostentati che non solo non condivido, ma che vedo anche come strumentali: un paravento sui calcoli e sulle strategie perseguite dai vertici.

(in)Tolleranza

tolleranzaC’è un’altra cosa nella pletora di polemiche sui DICO Sì versus DICO NO che mi sta facendo riflettere: le rivendicazioni d’identità sia da parte dell’area laica oltranzista sia da parte del mondo cattolico sono connotate da arroccamenti su posizioni sempre più rigide e venate d’intolleranza.

Ma cosa significa essere tolleranti?

• È forse un aspetto di quel buonismo oggetto delle ultime invettive di Oriana Fallaci?
• È restare neutrali verso qualsiasi espressione della diversità altrui finché non viola le leggi?
• È stabilire il principio della predominanza assoluta dei valori recepiti dall’ordinamento dello Stato facendo dei precetti religiosi e delle preferenze sessuali un fatto strettamente individuale e privato?
• È confrontarsi - e persino scontrarsi - con la diversità altrui, accettando di interrogarsi sul senso più profondo della propria identità per poi trovare forme di convivenza che non siano compromessi al ribasso?

Voi che ne dite?

Se telefonando

phone


Ricordate il tormentone degli spot Telecom che recitava “una telefonata ti allunga la vita”?
Beh, una volta tanto posso dire che una conversazione telefonica durata oltre due ore non mi ha allungato la vita né ristretto il girovita, però alla fine mi ha fatto sentire leggero e sereno come non mi capitava da tempo, da troppo tempo.

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domenica, maggio 13, 2007

 

Silence


ssshh!L’amicizia non è fatta solo di confidenze fatte e ricevute o di bei momenti da condividere.
C’è un tempo per ogni cosa.
C’è anche un tempo in cui l’unica scelta possibile è tacere, non prendere iniziative, accettare la disciplina del silenzio e aspettare, consapevoli che non disponiamo di poteri speciali che facciano svanire d’incanto i problemi: né i nostri né tanto meno quelli delle persone che ci stanno a cuore.

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venerdì, maggio 11, 2007

 

Annotazione


post-it

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giovedì, maggio 10, 2007

 

Quei due o tre modi di raccontare il mondo...



Che mondo sarebbe senza gli spot pubblicitari di profumi, deodoranti, shampoo e creme varie? Provate a immaginare una siffatta realtà senza evocare gli olezzi raccapriccianti descritti da Suskind nell'incipit de "Il Profumo", perché nulla v'impedisce di continuare a lavarvi i denti con spazzolino e dentifricio, fare la doccia con il bagnoschiuma preferito, usare la carta igienica ecc. ecc.
Il vuoto sarebbe limitato ai blocchi pubblicitari mandati in onda: un'ipotesi da brivido per agenzie pubblicitarie, case di produzione e concessionarie televisive, visto che le aziende di cosmetica, profumeria e toeletries sono tra i massimi investitori mondiali.

Adesso, però, riformulo la domanda ribaltandola: che mondo è quello descritto negli spot di profumi, deodoranti, shampoo e creme varie?
L'argomento meriterebbe lo spazio di un trattato, non quello di un post. Tuttavia ho selezionato per voi tre tipologie di rappresentazione del mondo che mi sembrano tanto comuni quanto indicative.

Spot tutto al maschile

nudeSalvo rari lampi d'eccelsa ironia, il mondo visto con gli occhi della pubblicità rivolta al pubblico maschile sembra rimasto all'alba del troglodita "che non deve chiedere mai", quello che si sbarba a secco col coltello da sub e usa la benzina avio indifferentemente come dopobarba e profumo.

Secondo il verbo pubblicitario, l'uomo si alza la mattina con un pensiero fisso: ritoccare il record personale di donne che, stordite dalla sua personalità magnetica e dall'irresistibile effluvio, cadranno in deliquio o cercheranno spudoratamente di rimorchiarlo.
Lui è la summa del vero macho, un pescatore che non deve neanche sporcarsi le mani, difatti o è immobile come fosse già fuso nel bronzo o va a spasso con l'aria di chi ha sempre qualche epica impresa da compiere.
Marcare il territorio non è un suo problema perché, si sa, "l'omo ha da puzzà" e quel dopobarba, quell'eau de cologne o quel deodorante dall'odore penetrante sono più presentabili del buon vecchio afrore virile, persino meglio di una staffetta o della banda civica quando si tratta di annunciare ai quattro venti che Lui incombe nei paraggi.

Con un simile concentrato di mascolinità e l'aiuto di una generosa spruzzata di deodorante tutto è possibile, persino che si aprano d'incanto le porte della cella dove non si capisce bene se sia stato rinchiuso lui o la solita manza in tenuta decapottabile, tutta istinti primordiali e sguardo da trota salmonata: un must in questo genere di pubblicità.
Storyboard essenziali, concetti elementari, tanti luoghi comuni, basic istinct a manetta: questo è il mondo da favola degli uomini duri.

Spot per lui, ma pensati per lei

modelChi è che acquista profumi e deodoranti per uomo ad ogni ricorrenza? Ma che domande, lei, ovviamente.
E allora perché non presentarle ben infiocchettato l'uomo dei sogni, il bello-e-possibile con lo sguardo da adorabile canaglia?
Con la scusa pietosa che lui è solo soletto in casa, libero di cazzeggiare girando tutto nudo mentre trascina a calci un cuscino, il perfido regista regala alle gentili signore una serie di inquadrature da sballo sul fisico e sul fondoschiena dell'aitante modello.

A fine spot, il ritorno alla realtà è spesso come fare un tuffo in una piscina vuota, ma aleggia pur sempre la fievole speranza che un profumo galeotto possa compiere la magia su compagni, fidanzati o mariti di lungo corso... o no?



Spot al femminile?

Qui la creatività dei pubblicitari non conosce limiti, anche se pur di non offendere la responsabile degli acquisti si fa qualche tentativo di rendere il mondo visto dalla pubblicità un pochino meno inverosimile. Ma che dire della sventata che tra tutta la parafernalia che ha in borsa riesce a rovesciare sul tavolino del bar proprio il tampone assorbente, o del suo buon gusto nello scegliere un boyfriend capace di scambiare l'oggetto per una banale bustina di zucchero?

pantprovPer quanto possa sembrare strano, è il recente spot per una nota linea haircare della Procter & Gamble che meriterebbe la palma di spot al femminile.
Il perché è presto detto.
Lo spot inizia con l'ugola di Natasha Bedingfields che fa fragorosamente irruzione nei nostri timpani cantando "Unwritten": motivetto orecchiabile, ma volume micidiale come capita in quasi tutte le interruzioni pubblicitarie.
Frastornati, seguiamo le evoluzioni in slow-motion di fanciulle che agitano chiome lustre e fluenti. In aggiunta, appaiono e scompaiono scritte che hanno tutta l'aria di essere aforismi bonsai.
Ora pare sia assodato che il cervello maschile, a differenza di quello femminile, incontra qualche difficoltà a suddividere il suo tempo-attenzione su più cose contemporaneamente, figuriamoci poi se gli stimoli proposti nell'arco dei canonici 30 secondi dello spot sono tre.

Vi lascio con una domandina facile facile: su cosa mai si potrà soffermare il cervello maschile durante lo spot?

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domenica, maggio 06, 2007

 

Foreign Office



Metti che in un venerdì iniziato sotto i peggiori auspici - tra il fisico che chiede conto del sonno da recuperare, l’umore di chi ha una caterva di gatte da pelare con la massima urgenza e lo sciopero dei mezzi pubblici che ti inchioda in attesa sotto una pioggia a catinelle per 50 minuti - ti propongano di trascorrere il fine serata milanese in compagnia di due persone che sono entrate a far parte della tua vita da blogger: che fai? cosa rispondi?
Abile e arruolato, ovviamente.
Quando, finalmente, mi libero e raggiungo qual cornacchia dal disio chiamata il luogo dell’appuntamento con Mammaincorriera e Labelladdormentata immagino di essere il cenerentolo della situazione. Invece, dopo un’imbarazzante ricognizione del locale, scopro che delle fanciulle non c’è ombra. Dopo una ventina di minuti consumati di vedetta alla porta della lochescion decido che è tempo di trasferire le chiappe su qualcosa di vagamente confortevole, così mi accomodo a un tavolo.

“Di andare ai cocktail con la pistola non ne posso più, piña colada o coca cola non ne posso più...”
Anna PaolaProprio mentre penso che le inservienti non somigliano a una mamacita cui chiedere Panama dov’è, ecco che Giuliana e Anna Paola fanno il loro ingresso.
Di cosa mai potranno parlare tre adulti uniti solo da un filo di pixel riempito di parole? Di tutto e di più, con una leggerezza e una facilità disarmante, perché questo è il mistero gaudioso del blogger crossing. Tra un cocktail e una visita al sibaritico buffet si scivola amabilmente tra luoghi reali e virtuali visitati, maternità, ittero neonatale, spot pubblicitari, letture, figli che crescono e mamme che imbiancano: non ci sarebbe nulla di strano se si finisse a discettare di puntocroce o di punto G.
Anna Paola, AKA Labelladdormentata, è un’ospite squisita, mentre Giuliana è perfettamente a suo agio nei panni di mamma in cOrriera :-)

Tutto qui? Eh no, perché con l’arrivo di Alberto, coniuge di Giuliana, si finisce in ristorante a ridere della varia e assurda umanità che passa sotto il riverito nome di clienti, a passarci a vicenda assaggini dei rispettivi piatti e, infine, al rituale delle foto mentre il venerdì già passa le consegne al sabato.

Tornando a casa sotto la pioggia sorrido pensando a un logo che il cliente vuole “più formaggioso” e ad Anna Paola, che sarebbe uno splendido Ministro degli Esteri. That’s blogging, that's life.

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mercoledì, maggio 02, 2007

 

Passione e autorevolezza


vignetta


Sul blog di Marco Freccero ho trovato una riflessione che ritengo sia utile a chiunque scriva o si occupi di comunicazione, a qualsiasi livello, ma in particolar modo a chi gestisce un blog o cura i contenuti di un sito web.

Il post è perfetto così com'è, per cui aggiungo solo questo link perché lo andiate a leggere.

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martedì, maggio 01, 2007

 

Un'altra Genova



Genova non è città a misura di turista. Genova vista dal terminal traghetti ti colpisce come un pugno nell’occhio con gli imbarazzanti condomini annidati a strapiombo sulle rupi, il Matitone, la sopraelevata, i palazzi che sembrano innaturalmente addossati l’uno sull’altro per sfruttare ogni centimetro di spazio e ogni grammo d’aria.
Dal mare, Genova è ancora La Superba e non t’invita affatto a visitarla, a conoscerla. Sembra anzi una città scostante ed elusiva, impermeabile e indifferente al giudizio di chi è solo in transito. Niente di più facile, perciò, di ricambiare tanta alterigia coltivando altrettanta sprezzante indifferenza.

Avrei potuto tranquillamente continuare a liquidare Genova come null'altro che un luogo di passaggio bruttino, sciatto e privo d'interesse. Invece anni fa ho deciso di modificare questa prospettiva superficiale, schiacciata sul mare, e di andare ad annusarla da vicino questa città strana, aperta al mare ma restia a concedersi, a fidarsi. Da bravo "turista per caso" ho consumato un po’ la suola delle scarpe. Però, a mio parere, percorrere a piedi una città è il modo migliore per arrivare a percepire qualcosa della sua anima, e questo è vero soprattutto per Genova.

I secoli d’oro della città sono lontani e, come mi disse con pungente ironia un cliente genovese, “della Superba è rimasta solo la superbia”. Tuttavia, quando ti fermi a osservare un agglomerato di case chiuso intorno a una minuscola chiesetta medievale, ti coglie il sospetto che l’edificio di culto sia l’unica cosa edificata per rappresentare all’esterno il prestigio e la potenza della nobile famiglia che abitava quel vicinato.
C'è una Genova pubblica e una Genova privata da sempre, da prima che Rubens dipingesse per le chiese e per le case dei ricchi committenti genovesi, da prima delle Rolls Royce e delle Bentley che escono dalle rimesse talmente di rado da diventare una leggenda metropolitana. C'è, soprattutto, un’indole tetragona a manifestare patrimoni, agi e influenza che pare essersi conservata nello spirito della città moderna, almeno a giudicare dall'architettura severa, ma anche anomima, che accomuna i palazzi d’inizio secolo e le palazzine più recenti.

Addentrandomi nel dedalo di strade che risalgono dal porto antico, mi ha sempre colpito la straordinaria somiglianza con certi scorci dei quartieri di Marina e di Castello a Cagliari. Identico l'odore di umidità stagnante e di calce corrosa che proviene dai palazzi oggi fatiscenti, identica la penombra perenne che sembra proteggere traffici d'ogni sorta: quasi un marchio di fabbrica che la storia ha impresso sugli antichi borghi affacciati sul Mediterraneo.

Zena dall'altoMa è risalendo verso la città alta, come ho fatto ieri pomeriggio, che si coglie una Genova che non t’aspetti. La mia meta è stata il Santuario della Madonnetta, un posto che desideravo visitare da tempo per cercare di comprendere cosa lo rendesse così unico e speciale nei racconti di un’amica.

Per raggiungere La Madonnetta ho dovuto affrontare una ripida ascesa che vent’anni fa avrei fatto in scioltezza, non con l’aria stravolta di chi da un momento all’altro immolerà un polmone. Dev’essere per questo che un motociclista cui ho chiesto indicazioni si è spinto a offrirmi uno strappo... grunt!! :((
Non di meno, è valsa la pena di affrontare la pioggerella fine e il fiatone per arrivare in un luogo che ho trovato avvolto in un’atmosfera sospesa, quasi fuori dal tempo, lontanissimo dai rumori e dall’agitazione, così vicino ai boschetti sovrastanti da percepirne i sentori familiari.
Osservati dalla Madonnetta, il porto e le sue gru in basso avevano le dimensioni di bellissimi giocattoli posati sul mare e posso solo immaginare quale spettacolo sia la vista del Tirreno nelle giornate terse.
Mi sarei volentieri trattenuto a meditare sino al crepuscolo se non avessi avuto appuntamento con un treno in partenza, destinazione Milano.

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