Eris e Makemake sono i nomi di antiche divinità minori assegnati a due dei pianeti nani che orbitano all’estrema periferia del sistema solare. Quel che sappiamo di questi “oggetti transnettuniani” deriva in larga misura dall’osservazione del loro transito davanti a stelle e dall’analisi dell’albedo (la capacità di riflettere la radiazione solare) che ci hanno permesso di ricostruirne dimensioni, composizione chimica al suolo e caratteristiche climatiche salienti.
Il ritratto che ne scaturisce fa sembrare la notte polare una vacanza ai tropici: due mondi perennemente avvolti nella semioscurità, con il sole che è poco più di un puntino che brilla nel firmamento, ibernati in un sudario di ghiacci di metano, toline, composti azotati e idrogeno tenuti allo stato solido da temperature prossime ai -250°C (contro i -89,2°C della minima terrestre).
Il calore dove meno l'aspetti
La convinzione che Eris e Makemake siano pianeti congelati e geologicamente morti da miliardi di anni è stata recentemente contraddetta da una analisi condotta da NASA, ESA e CSA sui dati relativi allo spettro chimico del metano ghiacciato raccolti dal Telescopio Spaziale James Webb.
Gli scienziati coinvolti nello studio si aspettavano che la composizione isotopica del metano fosse coerente con la datazione al primissimo periodo di formazione del sistema solare. Si è scoperto, invece, che l'idrocarburo sulla superficie di Eris e Makemake appartiene a ere geologiche relativamente recenti ed è di origine endogena.
Si ha avuta così la prova che i nuclei rocciosi di Eris e Makemake hanno subito in passato un cospicuo riscaldamento radiogenico, tale da “bollire” il metano e farlo risalire in superficie attraverso fessure nella crosta o criovulcani.
Ciò ha condotto, inoltre, a ritenere plausibile l’ipotesi che i nuclei siano tuttora abbastanza caldi da alimentare sorgenti geotermali di metano, ammoniaca e acqua allo stato liquido sotto la calotta di ghiaccio.
Sarebbe qualcosa di simile, in piccolo, alla presenza di oceani sotto la crosta ghiacciata dei satelliti Europa (Giove) ed Encelado (Saturno).
La strategia dell'opossum
In conclusione si potrebbe dire che Eris e Makemake abbiano fatto del loro meglio per non dare nell’occhio e applicare la strategia dell’opossum: fingersi pianeti cadavere conservati nel congelatore per continuare a vivere da eremiti felicemente ignorati da telescopi e sonde spaziali. Non avevano fatto i conti con la tecnologia, la scienza e l’inesauribile curiosità della scimmia nuda.
fonte: Sci News 15.02.2024
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