Pagine

domenica, ottobre 05, 2025

Arte e antisemitismo


Non è una notizia fresca di giornata, tuttavia continua a produrre un certo clamore nel mondo dell’arte e sul web il procedimento penale in corso nei confronti del pittore barese Giovanni Gasparro, artista quotato non solo in Italia come autore di soggetti a tema sacro.

Gasparro è chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 604-bis c.p, ovvero “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” per un suo dipinto del 2000 raffigurante il martirio di Simonino da Trento e per alcuni commenti a riguardo postati sulla sua pagina Facebook.
Oltre a rischiare una condanna da 6 mesi a 4 anni di reclusione, nelle more del processo Gasparro si è visto rimuovere le sue opere dal catalogo di una esposizione in programma alla pinacoteca della città metropolitana di Bari.

Una vicenda storica rognosa

Un excursus storico è necessario per spiegare come un episodio locale di cronaca nera avvenuto 550 anni fa possa ancora essere argomento di controversie.
Tutto ha inizio a Trento il 23 marzo 1475 - giovedì santo - allorché il padre del piccolo Simone Unverdorben denuncia alle autorità la sparizione del bimbo. Il giorno di Pasqua, Simone viene ritrovato cadavere in una roggia nei pressi dell'abitazione di un ebreo con ferite tali da far ipotizzare la morte per dissanguamento.

Sull’onda di voci incontrollate e di un clima di diffuso antigiudaismo, le indagini si indirizzano sulla pista dell’omicidio a sfondo magico-rituale maturato in seno alla locale comunità ebraica “in odio ai cristiani”.
Diciotto ebrei vengono arrestati e sottoposti a tortura finché non confessano: saranno tutti arsi al rogo. Le esecuzioni non placano la persecuzione. Nel mirino dell’inquisizione e del suo braccio secolare finiscono anche diverse donne, accusate di complicità nell’omicidio e di avere usato il sangue della vittima per impastare il pane azzimo secondo lo schema della diceria nota come delitto del sangue.

Dal punto di vista giudiziario e sociale la vicenda si chiude con una bolla emanata dal principe-vescovo di Trento Johannes Hinderbach, massima autorità religiosa e civile nonché aperto sostenitore della tesi colpevolista, nella quale si fa divieto agli ebrei di risiedere in città. In risposta, i rabbini avrebbero pronunciano un anatema su Trento e la sua popolazione.

Sul piano religioso, Hinderbach non perde tempo nell’avviare la pratica per la beatificazione del fanciullo, ma la Santa Sede concederà il suo benestare solo nel 1588.
Si arriva al 1965, anno in cui il culto del beato Simonino viene soppresso dalle autorità ecclesiastiche.
Simonino è rimosso dal martirologio della chiesa cattolica, le sue reliquie sono traslate dalla chiesa di San Pietro a Trento in una sepoltura anonima ed è abolita anche la tradizionale processione religiosa del 23 marzo in cui venivano esposti ai devoti i presunti strumenti utilizzati per il martirio.
D’altra parte tenere in vita una venerazione popolare basata sugli esiti di un processo che, se non pilotato, appariva pesantemente inquinato da pregiudizi antisemiti si scontrava con il nuovo clima di distensione nelle relazioni con le altre confessioni religiose ispirato dal Concilio Vaticano II conclusosi da poco, tradottosi - tra l’altro - in un gesto dal forte significato simbolico come la rimozione dalla liturgia della millenaria invocazione “per la conversione dei perfidi giudei”.

Torniamo al presente

Giovanni Gasparro si è liberamente ispirato per il suo dipinto alla consolidata iconografia sul martirio di Simonino da Trento, rielaborata secondo uno stile personale che si richiama alla pittura tardo-rinascimentale e metafisica mescolate a una peculiare cura per l'espressività e la resa tridimensionale delle figure.
Simonino, pertanto, è rappresentato circondato da una turba di uomini eccitati e compiaciuti per la cattura. L’origine israelita degli aguzzini è suggerita dall’abbigliamento e dal ricorso quasi caricaturale a tratti fisici quali i nasi adunchi, le folte barbe e le peot (i boccoli portati dagli ebrei ortodossi).
Ed è proprio nell’uso di stereotipi storicamente impiegati per diffamare gli ebrei, combinato all’allarme per il montare dell’antisemitismo a seguito del sanguinoso assedio di Gaza da parte dell'esercito israeliano, che si fonda la denuncia sporta dal rabbino capo di Roma e dal presidente dell’UCEI.

Se si arriva a comprendere la reazione delle comunità ebraiche italiane dinanzi a un’opera e a un post su Facebook percepiti come provocatori, non si può sfuggire a una domanda scomoda:
può la libertà di espressione di un artista essere censurata e punita basandosi su una delle possibili interpretazioni che ne viene data?
In altre parole, non è eccessivo e pericoloso che un dipinto sia fatto rientrare nella fattispecie dell’articolo 604-bis come istigazione a commettere violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ?

Nessun commento:

Posta un commento