domenica, agosto 22, 2021

 

Terapia domiciliare Covid: l’inferno e le buone intenzioni



Da qualche giorno seguo, sconcertato, il caso delle mail inviate ai medici di medicina generale sardi dal Cor.Sa, la centrale operativa regionale per il coordinamento delle attività sanitarie e sociosanitarie territoriali, “su indicazione della direzione regionale dell’assessorato alla sanità” avente per oggetto: “attivazione protocolli per terapia domiciliare Covid”.

La mail in questione suggerisce ai medici di famiglia un protocollo alternativo alle indicazioni ministeriali in caso di sospetta positività dei loro assistiti associata a sintomi lievi, tali da non rendere necessaria l’immediata ospedalizzazione.
Laddove il Ministero della Salute a fronte di un tampone positivo si limita a consigliare una terapia domiciliare a base di paracetamolo (tachipirina) al bisogno e “vigile attesa” (leggi termometro e saturimetro), il nuovo protocollo suggerisce ai medici di base di attivare un'aggressione precoce dei sintomi infiammatori mediante “presidi di provata efficacia e antibiotici associati, senza attendere l’esito del tampone”.

In buona sostanza, i suggerimenti che arrivano con l’imprimatur dell’assessorato regionale alla sanità recepiscono le istanze del “Comitato Terapia Domiciliare Covid 19”, in apparenza una rete nata spontaneamente sui social al nobile fine di mettere a disposizione consigli e prescrizioni di medici specializzati, medici di base e paramedici per il trattamento a domicilio delle forme lievi/non acute di infezione da SARS-CoV2, riducendo in questo modo la pressione sui presidi ospedalieri.

Dove sta il problema?

C’è che lo schema proposto dal Comitato Terapia Domiciliare Covid 19 contempla un arsenale di integratori vitaminici, flavonoidi (quercetina), mucolitici, antipiretici/antinfiammatori (ibuprofene), antibiotici (azitromicina), antimalarici (idrossiclorichina) e antielmintici (ivermectina) sulla cui “provata efficacia” contro il virus c’è la parola dei medici che aderiscono al Comitato contro le indicazioni del Ministero della Salute e le linee guida dell’AIFA.

C’è poi l’ambiguità di fondo nei confronti dei vaccini, formalmente non osteggiati ma verso cui si consiglia una incongrua profilassi pre-vaccinale che dovrebbe scongiurare i rischi di effetti collaterali avversi, specie in vista della inoculazione di richiamo.
C’è, infine, che completare un ciclo di terapia domiciliare comporta una spesa non indifferente a carico dell’assistito, considerato che il costo stellare di alcuni farmaci-chiave non è coperto dal SSN.

Per quanto non mi competano giudizi di tipo medico-scientifico, mi pare evidente che il Comitato Terapia Domiciliare Covid 19 si sia ritagliato uno spazio ben preciso nella contrapposizione tra scienza medica e virologia “ufficiali” e medici "dissidenti", fautori di approcci terapeutici alternativi, che trovano consensi principalmente nel variegato universo complottista e novax.

Tirando le somme c'è quanto basta per ritenere quanto meno discutibile l’apertura di credito da parte dell’assessorato regionale alla sanità.
L'assessore si difende sostenendo che con il protocollo si è solo inteso dare ai medici di famiglia uno strumento in più per fornire una terapia domiciliare adeguata ai loro assistiti, evitando di intasare gli ospedali, e che ciascun medico sarà libero di utilizzare tale risorsa “in scienza e conoscenza”.
Sarà, ma è notorio che l’inferno è lastricato di buone intenzioni.

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