venerdì, gennaio 30, 2009

 

Lost and Found - Friday Resume



Cappellacci senza sugo

Seguo come posso la campagna elettorale per le regionali in Sardegna.
Il candidato governatore per il PDL, Ugo Cappellacci, sarà pure un galantuomo educato e volenteroso, ma politicamente ha tutta l'aria di essere un buco con la menta intorno (ho scritto menta, chiaro?), un comprimario talmente compresso dagli ingranaggi di una macchina propagandistica costruita ad uso e consumo di Silvio Berlusconi da rimediare l'imbarazzante figura del pesce rosso, come si evince anche dall'edificante video qui sotto.



"Ugo senza sugo" rischia di vincere la contesa elettorale malgrado la sua apparente, disarmante inconsistenza, cui non riesce a mettere una toppa nemmeno la chiassosa fanfara mediatica orchestrata dall'immobiliarista Sergio Zuncheddu, proprietario del quotidiano L'Unione Sarda e della rete televisiva Videolina.

E Soru? Beh, Renato Soru potrebbe non ripetere il miracolo, un po' per limiti personali e molto più perché nella coalizione che lo sostiene c'è gente che brinderà e farà bisboccia in caso di sconfitta.
Qual è il bene - o il minore dei mali - per la Sardegna? Per me non ci sono dubbi: sapendo chi tira i fili di Ugo Cappellacci è mille volte meglio l'introverso, irascibile, spigoloso Soru.

Bentornato LLOOGG

A volte il successo si misura con i danni che provoca.
LLOOGG Beta è un web counter, uno strumento di analisi degli accessi a un sito web/blog creato da due giovani programmatori siciliani che con le applicazioni web ci sanno fare.
I due hanno realizzato uno strumento che offre la possibilità di monitorare "in tempo reale" gli accessi, oltre a porgere nel modo più comodo, essenziale e comprensibile tutta una serie di informazioni utili a delinare il profilo dei visitatori (da dove arrivano, quali sono le chiavi di ricerca utilizzate ecc.).

Il bello di questa storia è che LLOOGG è nato un po' per uso personale degli autori e un po' come test, giusto per vedere se la proposta suscitava interesse.
Il risultato è stato un successo oltre le previsioni, al punto che a metà gennaio i server su cui poggiava LLOOGG, messi sotto pressione da un traffico superiore alle loro capacità, hanno alzato bandiera bianca cedendo di schianto.
LLOOGG è risorto dalle ceneri del crash ieri sera: ha le caratteristiche giuste per fare parecchia strada. Bentornato e auguri.


Arrivederci

Domani si riparte e non sarà una trasferta di piacere. Non ho una data stabilita di ritorno e sarò parecchio indaffarato, però nei limiti del possibile vi terrò d'occhio. Adiosu

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giovedì, gennaio 29, 2009

 

Recycled wisdom


Yesbutters and Whynotters

Yesbutters don't just kill ideas.
They kill companies, even entire industries.

The yesbutters have all the answers.
Yesbut we're different.
Yesbut we can't afford it.
Yesbut our business doesn't need it.
Yesbut we couldn't sell it to our workforce.
Yesbut we can't explain it to our shareholders.
Yesbut let's wait and see.

All the answers. All the WRONG answers.

Whynotters move Companies.

The next time you're in a meeting,
look around and identify
the yesbutters, the notnowers and the whynotters.
God bless the whynotters.
They dare to dream. And to act.
By acting, they achieve what others see as unachievable.
Why not, indeed?
Before the yesbutters yesbut you right out of business.

(Trad.)
I "Sì ma" e i "Perché no?"

I "Sì ma" non uccidono solo le idee
uccidono le aziende, persino interi settori industriali.

I "Sì ma" possiedono tutte le risposte.
Sì, ma noi siamo diversi
Sì, ma non ce lo possiamo permettere
Sì, ma non ci serve
Sì, ma non lo possiamo comunicare ai dipendenti
Sì, ma non lo possiamo spiegare agli azionisti
Sì, ma aspettiamo e stiamo a vedere

Tutte le risposte. Tutte le risposte SBAGLIATE

I "Perché no?" fanno progredire le aziende

La prossima volta che entri in riunione, guardati intorno e individua i "Si ma", i "Non ora" e i "Perché no?".
Dio benedica i "Perché no?"
Loro osano seguire i sogni e metterli in pratica.
Agendo, realizzano ciò che altri considerano irrealizzabile.
Perché no, dunque?
Prima che le obiezioni dei "Si ma" ti portino dritto alla rovina.

Per alcuni di voi questo "manifesto" è una vecchia conoscenza. Più o meno una dozzina d'anni fa, infatti, circolava tra i manager "rampanti" e c'era persino chi lo teneva appeso in ufficio a mò di memo.
Per quale motivo, allora, riciclo un testo datato e risaputo?
Perché i Yesbutter, i Notnowers e i Whynotter non sono creature immaginarie o una fauna esclusivamente aziendale: siamo noi.
Ognuno di noi, messo di fronte a scelte impegnative, scomode o non prive di rischi, reagisce a seconda dei casi come un Yesbutter, un Notnower o un Whynotter.

Certo, dopo aver letto il testo chi è che non vorrebbe riconoscersi nell'atteggiamento positivo, "visionario", libero da impacci del Whynotter?
Però, anche se è duro ammetterlo, è più facile ritrovarsi cuciti addosso i panni del Yesbutter, di chi fa resistenza passiva a cambiamenti né cercati né voluti, bensì subiti.
Arrivati al dunque, di colpo scopriamo quanto sia difficile rimettersi in discussione, rinunciare ad abitudini consolidate, punti di riferimento acquisiti, progetti e sogni nel cassetto.
Non dobbiamo vergognarci di non essere liberi di rispondere a qualsiasi "chiamata". Il punto, piuttosto, è se siamo disposti ad ammettere con noi stessi le ragioni autentiche del nostro atteggiamento, rinunciando a nasconderci dietro alibi di comodo od obiezioni di facciata.
Pensiamoci.

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martedì, gennaio 27, 2009

 

Think positive




"Dammi retta: se ci tieni a salvare qualcosa del passato, usa tutte le energie per rendere migliore il presente"

C'è della saggezza in questo consiglio.

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venerdì, gennaio 23, 2009

 

Canterville


Sai cosa significhi sentirsi annichiliti quando un amore finisce accartocciandosi miseramente su se stesso.

Ricordi cosa voglia dire trascinarsi un giorno dopo l’altro nella speranza che qualcosa sia cambiato, di avere recuperato il controllo sulle emozioni, di non inciampare ed essere risucchiato in quel circolo vizioso di pensieri storpi, ulcerati e avvelenati che ti tormenteranno finché non sarai talmente stremato da trovare tregua nel sonno, sempre che ti sia concesso il lusso di dormire.

Proprio perché non hai dimenticato, provi rispetto per la sofferenza e il tormento altrui. Vorresti coprire con un velo di discrezione quell’anima messa a nudo che distilla dolore e fiele nelle pagine del suo blog, trovare parole di comprensione che non siano polverose e inutili ancor prima di essere pronunciate.
Però questo è un ruolo che spetta ai suoi amici più intimi, quelli in carne e ossa che sono sempre presenti nell'ora del bisogno, che stanno ad ascoltare, che possono abbracciare e asciugare lacrime, non a un pallido fantasma di passaggio nel web.

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giovedì, gennaio 22, 2009

 

Aria fritta




Ho la testa altrove e, una volta tanto, benedico il lavoro con le sue complicazioni e le scadenze da rispettare. In attesa di prendere ancora una volta il volo per Cagliari, a riportarmi su questa terra provvedono anche piccole seccature come fornire la lettura del gas e l’arrivo, puntuale come i treni svizzeri, del bollettino per il pagamento del canone RAI.

Mi verrebbe da ridere in faccia ai distinti signori dell’Agenzia delle Entrate, visto e considerato che da mesi il televisore di casa non l’accendo neanche per sbaglio.
Purtroppo, come sappiamo, l’obolo al servizio pubblico non è una libera scelta bensì un balzello, una tassa di possesso in via teorica - ma è un punto controverso - applicabile alla disponibilità di qualsiasi apparecchio elettrico o elettronico idoneo a ricevere il segnale radiotelevisivo.
C’è da scommettere che questa formula datata e ambigua non cambierà di una virgola quando la transizione al DTT (Digitale Terrestre) sarà completata su tutto il territorio nazionale e il buon vecchio televisore, in mancanza dell’apposito decoder, diventerà un inutile, sgraziato e ingombrante soprammobile.

Visto che siamo in argomento, siete già passati al DTT? Non ancora?
Allora non sapete cosa vi state perdendo: nulla.
A voler essere generosi, le tanto sbandierate promesse di “più qualità del segnale, più scelta, interattività” al momento ispirano la stessa simpatia di certe foto di repertorio dell'ex ministro Gasparri e hanno il sapore inequivocabile della presa per il culTo.
Senza voler mancare di rispetto, non immaginate quanta soddisfazione possa dare premere il tastino rosso e vedere il faccione di Virginio Scotti, in arte Gerry, ridursi a uno spicchio, mentre sul resto dello schermo galleggiano quattro sciocchezze dalle lettere sgranate in puro stile Televideo... e questo sarebbe un esempio di “contenuto interattivo”.
Più in generale, la moltiplicazione dei canali è aria fritta, dato che evidenzia in modo esponenziale i difetti dell’attuale televisione generalista: drammatica penuria di idee originali e palinsesti ridotti a mere impalcature per gli spazi pubblicitari.

A voler pensare male, il Digitale Terrestre è fumo negli occhi. In futuro, credo, la poca ciccia televisiva sarà disponibile solo pagando un extra nelle formule TV on demand e Pay x view.
In compenso, continueremo a ricevere di tanto in tanto le letterine velatamente minatorie dell’ex URAR TV e, soprattutto, non ci libereremo di lui: l’ineffabile, immarcescibile canone.

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domenica, gennaio 18, 2009

 

Il talento non è acqua


Dance me to the end of love

Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic 'til I'm gathered safely in
Lift me like an olive branch and be my homeward dove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Oh let me see your beauty when the witnesses are gone
Let me feel you moving like they do in Babylon
Show me slowly what I only know the limits of
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love

Dance me to the wedding now, dance me on and on
Dance me very tenderly and dance me very long
We're both of us beneath our love, we're both of us above
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love

Dance me to the children who are asking to be born
Dance me through the curtains that our kisses have outworn
Raise a tent of shelter now, though every thread is torn
Dance me to the end of love

Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic till I'm gathered safely in
Touch me with your naked hand or touch me with your glove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love

Leonard Cohen

Dopo una domenica trascorsa a lavorare su Keynote 09 per via di un filmatino didattico sulla Shoà preteso dall'insegnante di religione di mia figlia - e su questo genere di richieste "Hi-Tech" avrei parecchio da obiettare - respiro ascoltando un po' di musica.
Giù il cappello dinanzi a liriche ispirate come questa "Dance me to the end of love".
Ho riscoperto il brano di Cohen grazie alla straordinaria voce "nera" di Madeleine Peyroux e agli intriganti arrangiamenti jazz "vecchio stile" della sua cover.
Per non lasciarvi a bocca asciutta, ho scovato su YouTube un'altra cover molto più fatta in casa ma - ne converrete ascoltando - davvero apprezzabile.



Buona settimana!

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giovedì, gennaio 15, 2009

 

Mud




L’amor proprio calpestato fa male, però anche questa botta - ultimo, accidentale colpo di coda di qualcosa andato definitivamente smarrito - smetterà di dolere e il livido scolorirà sino a non lasciare traccia.
Per ora sento freddo dentro e senso di nausea. Dopo essermi specchiato nel disprezzo altrui provo pietà per il me stesso confuso, testardo e fragile dell’altroieri, per i suoi goffi slanci, le sue fughe impossibili dalla realtà e i suoi tanti sbagli.
Altri sembrano non conoscere questa pietà, che non è andare in sala di montaggio per riscrivere il film del passato.
Nonostante tutto c’era qualcosa di buono anche in quel me stesso prigioniero delle sue contraddizioni e delle sue fisime, prima tra tutte quella di essere un bluff, un bluff e basta.

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mercoledì, gennaio 14, 2009

 

Mivtza Oferet Yetzukah



Non posso definirmi esperto di questioni mediorientali, non ho congiunti, proprietà o attività in Israele, Egitto o nei territori palestinesi, non ho accesso a informazioni riservate e la mia opinione di blogger, di per sé influente quanto il 2 di briscola, non è stata sollecitata da alcuno. A rigore, date queste premesse, potrei - e forse dovrei - evitare di impelagarmi in un commento a quanto sta accadendo a Gaza e dintorni.

Stendiamo un velo pietoso sulla credibilità delle informazioni fornite dai media italiani, mai come in questo caso infima.
Come ci si può fidare di reportage che sono, per amore o per forza, la copia carbone dei briefing dello stato maggiore israeliano? Per lo stesso motivo, all'opposto, non prendo per oro colato le “corrispondenze militanti” da Gaza di Vittorio Arrigoni, reporter per Il Manifesto.
D'altronde, almeno sino a oggi, c'è ben poco di oscuro, imprevedibile e incomprensibile nel corso degli eventi.

Da una parte c'è Israele, per cui la Striscia di Gaza nelle mani di Hamas è un bubbone infetto o un tumore maligno da estirpare, che non poteva che reagire con la massima durezza alla nuova pioggia di razzi Qassam sulle città del sud.
Inoltre, l'inflessibilità e la metodicità con cui Tel Aviv sta martellando la Striscia di Gaza sono direttamente proporzionali all'orgoglio ferito e alla frustrazione accumulati nell'ultimo anno vedendo i suoi nemici giurati non solo sempre meglio organizzati e armati, ma anche ringalluzziti dopo l'esito fallimentare della campagna in Libano e l'umiliazione dello scambio tra 200 detenuti per terrorismo e le salme di due soldati catturati.

Dall'altra ci sono i vertici di Hamas, che si aspettavano una massiccia invasione via terra e l'hanno considerata un rischio accettabile.
Le vittime civili di un'operazione militare condotta in un'area densamente popolata, infatti, sono materiale di propaganda per Hamas, sono i “martiri” da ostentare al mondo arabo e non solo per accreditarsi come paladino della resistenza contro il mostro sionista.
Inoltre, forte delle esperienze passate, Hamas si aspetta che il governo israeliano ordini a T'zahal di entrare nel cuore di Gaza e dei campi profughi, così da costringerlo a logorarsi combattendo strada per strada, nel dedalo di vicoli, casa per casa.
Il fattore tempo è decisivo: Hamas è disposta a resistere a oltranza contando sul fatto che le perdite tra i soldati, la lunghezza delle operazioni ed eventuali mattanze destabilizzino l'opinione pubblica israeliana e inducano gli alleati internazionali di Israele a esercitare pressioni sempre più persuasive. Il costo in termini di vite umane e di distruzioni è quasi ininfluente, perché per Hamas l'obiettivo da raggiungere è una "vittoria ai punti", dimostrare di non poter essere piegata e costretta alla resa dalla poderosa macchina bellica israeliana.

A questo punto ci sono due considerazioni da fare.
In primis, entrambe le parti stanno giocando una partita di scacchi dove nessuna mossa è realmente risolutiva.
Per quel che posso capire, nella migliore delle ipotesi l'operazione Oferet Yetzukah (Piombo Fuso) fiaccherà per qualche tempo le capacità belliche di Hamas e costringerà l'organizzazione integralista a trattare una nuova tregua.
Ben difficilmente, invece, le cannonate daranno il risultato politico che sta a cuore al governo israeliano: infliggere la spallata decisiva alla credibilità e al potere di Hamas sulla Striscia di Gaza.
In secondo luogo, nessuno dei contendenti sembra aver incluso seriamente nei suoi calcoli il futuro della Striscia di Gaza, i costi della ricostruzione e le prospettive di oltre un milione di persone che già scontavano la pena di vivere sigillate in un lembo di Medio Oriente tra i più disastrati ed economicamente depressi.

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mercoledì, gennaio 07, 2009

 

Fly high




Tornare a Milano oggi è stato come giocare alla roulette, visto che fino all'ultimo secondo il volo Meridiana da Cagliari a Milano Linate su cui dovevo salire è stato a rischio cancellazione, seguendo il destino infausto toccato a tutti i collegamenti aerei della mattinata.
Quando finalmente è arrivata l'autorizzazione al decollo, nemmeno i piloti sapevano se sarebbe stato possibile atterrare a Linate oppure si sarebbe dovuto optare per Orio al Serio (Bergamo) o Verona Villafranca.
Adesso, seduto nella semi-oscurità del soggiorno, guardo il panorama di uno spicchio di Sesto San Giovanni che la neve ha trasformato in qualcosa di vagamente fiabesco.
Non mi dispiacerebbe se questo primo "assaggio" - un po' avventuroso ma tutto sommato soft - di 2009 a Milano fosse di buon auspicio, perché quest'anno di fortuna (buona sorte) ci sarà bisogno come del pane.

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