giovedì, dicembre 15, 2016
Anti-antivirus
Gli antivirus sono cosa buona, utile e giusta fintanto che non pretendono di prendere il controllo totale del browser impedendone di fatto l'utilizzo.
Avast, purtroppo, ha dimostrato questa insana e precocissima propensione alla paranoia da sicurezza, istigando Firefox - già severo di suo - e iCab a rifiutare tassativamente l'accesso a normalissimi e protetti indirizzi https quali quelli di Gmail, Facebook, Pinterest, Flickr e del servizio di home banking.
Se voleva essere un test sulle mie doti di pazienza e mite rassegnazione, beh, è finito ingloriosamente nel cestino insieme ad Avast.
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domenica, giugno 05, 2016
errori di calcolo
20 anni fa (4 giugno 1996). il lancio inaugurale del vettore Ariane 5 abortì dopo appena 40 secondi producendo una spettacolare palla di fuoco e una cascata di rottami incandescenti. Per il consorzio franco-tedesco che produceva il nuovo vettore per conto dell'Ente Spaziale Europeo (ESA) fu un danno economico e d'immagine di dimensioni ciclopiche.
Cos'era successo? Il meccanismo di autodistruzione si era attivato automaticamente perché i sensori di bordo segnalavano che le forze aerodinamiche stavano facendo a pezzi il vettore, ma ciò non sarebbe successo se il razzo non avesse effettuato una brutale correzione di rotta per cercare di compensare un errore di traiettoria che in realtà non esisteva.
Il computer di bordo era stato tratto in inganno dai dati provenienti dal sistema di guida inerziale. Quei numeri, che sembravano dati di volo e che indicavano una traiettoria errata, erano in realtà solo un messaggio di errore diagnostico, dato che il sistema di guida si era disattivato.
Quell'arresto era avvenuto 36,7 secondi dopo il lancio, quando il software aveva tentato di convertire una parte dei dati - la velocità laterale del razzo rispetto alla piattaforma di lancio - da un formato a 64 bit in virgola mobile in un formato a 16 bit. Il numero risultante, però, era risultato troppo grande per essere gestito e - esattamente come un boccone troppo grosso da ingoiare - aveva mandato in tilt il processore. L'Ariane 5 era dotato di un secondo sistema di guida che entrò regolarmente in funzione ma, essendo dotato del medesimo software, si arrestò nel giro di pochi millisecondi.
Dopo un anno e mezzo di polemiche e di inchieste si risalì alla causa del fallimento: un bug del software dovuto a una banale quanto errata scelta dei programmatori.
Non si sa in nome di quale vantaggio in termini di efficienza o semplicemente perché "tanto non era mai successo niente", i programmatori non avevano inserito nel codice le linee aggiuntive che consentono di recuperare la situazione quando una conversione di dati da una forma all'altra va storta generando un'operazione errata.
In sostanza, era stato stabilito che la conversione del dato sulla velocità laterale NON avrebbe potuto produrre un numero troppo grande. Invece era successo uno di quei pastrocchi che nei PC Windows fanno comparire il ferale messaggio "questo programma ha eseguito un'operazione non valida e sarà terminato"
La cosa più assurda è che il calcolo contenente il bug che ha arrestato il sistema di guida, confuso il computer di bordo e costretto il razzo fuori rotta in realtà era inutile una volta che il razzo si era staccato da terra.
La sua unica funzione, infatti, consisteva nell'allineare il sistema prima del lancio e permetterne lo spegnimento e il successivo riavvio in caso di sospensione temporanea del conto alla rovescia. Gli ingegneri, però, avevano deciso che non fosse inutile tenere attivo il programma nei primi 40 secondi di volo.
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domenica, novembre 03, 2013
Apple e gli appunti di uno scriba
E allora perché storcere il naso e fare il verso alla principessa sul pisello?
Perché, da semplice utente, ho l'impressione che qualcosa non funzioni come deve nel nuovo corso intrapreso da Apple dal lancio di Lion (Mac OSX 10.7) in poi, specialmente nello sviluppo delle applicazioni fornite a corredo del sistema operativo. Negli ultimi 2 o 3 anni, questi programmi che rendono i Mac immediatamente operativi appena tolti dall'imballo hanno avuto aggiornamenti che hanno aggiunto da una parte e tolto dall'altra, e non sempre il bilancio appare positivo.
Faccio l'esempio di TextEdit, lo snello editore di testo che, a dispetto di un aspetto “povero”, fornisce tutto il necessario per la scrittura insieme a raffinate funzionalità di controllo tipografico disponibili anche su wordprocessor costosi e blasonati, ma a patto di sguinzagliare tra i menù un cane da tartufo.
Con il successivo Mountain Lion, però, la revisione è andata a "semplificare" una delle funzionalità più comode, peraltro standard su molti altri text editor: la possibilità di regolare la visualizzazione del testo, ingrandendola o rimpicciolendola in percentuale.
Ora le possibilità sono rimaste 2: testo a grandezza standard (100%), minuscolo su un monitor ad alta risoluzione, oppure ingrandito con un fattore vicino a 300x che rende complicato visualizzare le righe di testo da un capo all’altro anche allargando al massimo la finestra di lavoro su uno schermo da 20,5 pollici.
Si direbbe che gli sviluppatori abbiano pensato unicamente a un uso non professionale su display piccoli e a risoluzione inferiore o in modalità a schermo pieno. D’altronde TextEdit è sempre stato un umile comprimario da chorus line, mai una “prima scelta”, e sia Apple sia altri sviluppatori offrono vagonate di alternative ben più attraenti - gratuite o a pagamento - senza andare a scomodare il mammasantissima Microsoft Word.
Ed è proprio tra i candidati a essere un’alternativa a Word che Apple ha “toppato” nuovamente. Mi riferisco a Pages, un’applicazione che per anni Apple ha venduto - a prezzo non modico - nel pacchetto iWork.
Pages è nato come originale ibrido tra un wordprocessor e un programma di impaginazione. Questa impostazione consente una maggiore libertà creativa nella manipolazione di testo, colori e immagini rispetto al rudimentale supporto offerto dai wordprocessor, ma senza la complessità e il livello minuto di dettaglio di programmi professionali come Adobe Indesign.
L’ultimissima versione di Pages, acquistabile su Apple Store o fornita insieme a sistema operativo Mavericks (Mac OSX 10.9) è sicuramente più attraente dal punto di vista del layout, nonché molto più simile - nei pregi come nei difetti - a un normale wordprocessor.
Purtroppo, comode scorciatoie e diverse funzionalità creative sono state sacrificate alla “pulizia” e alla "semplificazione" dell’applicazione, mentre vecchi difetti sono rimasti nascosti sotto lo zerbino.
Pages, ad esempio, ha sempre avuto tra i suoi talloni di Achille l'imperfetta esportazione dei documenti in formato MS Word: un difetto che Apple non si è mai curata di risolvere né nello specifico né con un supporto di sistema ben fatto.
Nelle vecchie versioni di Pages, i file convertiti in Word celavano errori di codice che si manifestavano solo al momento della stampa, sballando i parametri trasmessi alla stampante.
Il nuovo Pages supporta come formato di esportazione Word di default il docx di Microsoft. A parte i difetti specifici di questo formato, nelle prove che ho effettuato a casa i file così prodotti hanno mandato sistematicamente in crash le applicazioni basate su OpenOffice e non sono stati aperti da nessun altro programma di testo. Per chi, come il sottoscritto, deve condividere documenti con colleghi e clienti che usano Word sui loro PC non è esattamente un buon biglietto da visita.
Parlando in generale, la mia impressione è che la strategia di “convergenza parallela” tra Mac OS e iOS (il sistema operativo Apple per iPhone e iPad), pur offrendo benefici e spunti innovativi, vada ricalibrata. La semplificazione, la snellezza, il less is more che sui dispositivi palmari sono virtù capitali, trapiantati su un notebook o su un desktop rischiano di diventare un difetto perché diverse sono le esigenze da soddisfare.
È vero che con un iPad si può lavorare, anche a buon livello, e che con la “nuvola” - o iCloud che dir si voglia - si deve essere in grado di accedere ovunque ai propri file, però chi usa un portatile o un computer desktop per lavoro ha bisogno, prima di tutto, di contare su funzionalità magari meno eleganti da vedere, ma complete.
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sabato, settembre 21, 2013
BlackBerry®: dalla gloria alla cenere
È stato per anni lo status symbol dei manager e degli uomini politici che contano, ma anche la dannazione di chi, in azienda, è tenuto a essere costantemente reperibile e operativo: il BlackBerry®, il serioso palmare/smartphone della canadese Research In Motion (RIM), sta andando a grandi passi verso un rapido e inglorioso tramonto.
I numeri annunciati dall'azienda sono impietosi:
- licenziamento annunciato per 4500 dipendenti, circa il 40% di una forza lavoro già sforbiciata nel recente passato
- perdite per poco meno di 1.000.000 di $ previste alla chiusura del terzo quarto fiscale (30 settembre)
- ritiro dal mercato per 2 dei 6 modelli attualmente in produzione
- 3,7 milioni di BlackBerry venduti alla chiusura del secondo quarto fiscale, contro 31,2 milioni di iPhone venduti da Apple nello stesso periodo.
Dell'azienda che solo 4 anni fa aveva in mano una quota vicina al 50% del mercato degli smartphone in paesi come gli USA è rimasto poco. Molte delle perdite annunciate per il terzo quarto, infatti, sono dovute ai BlackBerry rimasti invenduti e alle penali pagate a fornitori e fabbricanti per ridurre la produzione in modo da non aumentare le giacenze.
I BlackBerry di ultima generazione, presentati alla chetichella malgrado integrassero il tanto atteso sistema operativo 10, sono stati accolti con indifferenza dal mercato, tant'è che - dettaglio beffardo - le vendite sono arrivate in larghissima misura da modelli delle generazioni precedenti.
Come ebbi a scrivere tempo addietro, i principali acquirenti Business/Enterprise e i competitor non hanno avuto un occhio di riguardo per il blasone del marchio BlackBerry. Era impensabile, d'altra parte, che aspettassero pazientemente che RIM risolvesse le faide interne ai vertici e mettesse una pezza a ritardi ed errori di strategia.
Le ultime comunicazioni dell'azienda canadese suonano come la bandiera bianca che precede la resa: la guerra degli smartphone è stata persa.
It's the end of the world as we know it and I feel fine (REM)
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domenica, luglio 21, 2013
Sgradevolezze
Calcoli di bottega
“Amo gli animali, orsi e lupi com’è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango”. Le dichiarazioni insultanti del senatore Roberto Calderoli nei confronti del ministro Cecilie Kyenge hanno fatto il giro completo del web e dei media tradizionali.
Sappiamo tutti che è finita a tarallucci e vino con le ipocrite pseudo-scuse di Calderoli.
In una democrazia appena un po’ più dignitosa della nostra, un uomo politico che ricopre un’alta carica istituzionale - e Calderoli è Vicepresidente del Senato - avrebbe rassegnato spontaneamente le dimissioni oppure sarebbe stato “dimissionato” nelle 48/72 ore successive le improvvide parole dal sen fuggite.
Nulla di questo è successo, né il nostro ordinamento prevede procedure di sfiducia o censure che facciano scattare la decadenza dall’ufficio.
Secondo me, come altri politici di lungo corso e di non eccelso carisma che bazzicano il parlamento, Roberto Calderoli non è né sciocco né zotico, sebbene s’industri a sembrare il contrario. Direi che più che altro Calderoli è una persona abituata a fiutare il consenso e a cercarlo periodicamente per acquisire visibilità. E il metodo che storicamente si è dimostrato più redditizio per la Lega Nord consiste nel pescare nella pancia di una fetta non trascurabile di elettori italiani gli umori più grevi, le fobie, le frustrazioni, le invidie sociali e la ricerca di facili capri espiatori per sciorinarli al naturale in un trionfo di populismo.
Solo che in questo giochetto fatto di ammiccamenti, brontolii e sparate plateali, su cui sono state costruite carriere politiche e patrimoni, si è inserita la variabile dei social network, che per l’individualismo represso e la smania di protagonismo di molti italiani sono diventati il kindergarten dove finalmente vomitare tutto il rancore, il disprezzo e l’antagonismo verbale verso i nemici di classe vecchi e nuovi senza complessi d’inferiorità e sensi di colpa, virtualmente liberi da ogni responsabilità.
Che poi i toni sguaiati e truculenti che grondano dai commenti e dagli status siano - per ora - solo una valvola di sfogo di un popolo che non si schioda dalla sedia fintanto che la rivoluzione non è già compiuta, e forse neanche allora, è un conto. Ciò non toglie nulla, anzi aggrava le responsabilità di personaggi con un profilo pubblico e istituzionale che rincorrono questa tendenza gettando ulteriore benzina sul fuoco per puro calcolo di bottega.
Quell’astuta manina
Vorrei proprio che saltassero fuori nome, cognome e “affiliazione” di chi ha ispirato e probabilmente scritto di suo pugno l’emendamento approvato dalla Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni che reintroduce una serie di oneri di monitoraggio e documentazione a dir poco lunari a carico di chi vorrà offrire un servizio di hot-spot WI-FI pubblico.
È una bella conversione a U rispetto alla liberalizzazione promessa dal governo dopo gli anni di piombo del decaduto Decreto Pisanu, che tanto si era distinto nella “benemerita” opera di strangolamento nella culla del WI-FI pubblico in Italia in nome della sicurezza dello Stato.
Il gestore, infatti, dovrebbe attrezzarsi di un sistema che garantisca la tracciabilità del collegamento attraverso l'assegnazione temporanea di un indirizzo IP e il mantenimento di un registro informatico dell'associazione temporanea di tale indirizzo IP e l’indirizzo fisico del dispositivo che si è connesso (il cosiddetto MAC address).
Ammesso che le complicazioni tecniche - non da poco - siano ovviabili senza spese folli, l’emendamento ha tutta l’aria di un cappio che nessun esercente di buon senso si infilerebbe al collo per offrire un servizio gradito, ma pur sempre solo accessorio, ai suoi clienti.
Siccome dubito che la manina sia quella di un totale sprovveduto, sarebbe il caso che la paternità dell’emendamento venisse alla luce e, possibilmente, fosse trasparente anche il cui prodest.
Just for fun
Date un occhiata a questo indirizzo: elgoog.com :D.
Buona settimana
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domenica, febbraio 24, 2013
Varia umanità
Modestia
Modestia: "virtù che fa rifuggire dal riconoscimento o dal vanto dei propri meriti - moderazione spontanea, non dettata dal calcolo o da circostanze esteriori, nel modo di vivere e di vestire".
Cos’è la “modestia” che sembra essere la virtù obbligatoria della donna nell'universo degli ultra-ortodossi islamici. ebrei e cristiani se non una sistematica negazione dell'identità, della visibilità e del peso morale (inteso come possibilità di influenza) di chi ha la sfortuna di dover scontare la "colpa" e la “vergogna” di essere nata femmina?
Perché generazioni di donne, da appena nate fin quasi alla tomba, devono appiattirsi e corrispondere a severi codici di comportamento e di vestiario che nascondono il più possibile la loro femminilità al solo scopo di compiacere il concetto irrealistico di “brava e virtuosa donna” di uomini sedicenti probi e timorati di dio?
Perché la modestia, inculcata e ferocemente imposta alle donne dai loro pii cani da guardia, non è altrettanto doverosa per questi ultimi?
Ci deve pur essere una linea di demarcazione oggettiva tra la rivendicazione della libertà religiosa, con la possibilità di conservare ciò che, a torto o a ragione, si ritiene parte integrante della propria identità culturale, e la segregazione dell'individuo su base sessista.
A me, questa immagine scattata nel quartiere ebraico ultra-ortodosso di Beit-Shemesh a Gerusalemme lascia senza parole.
Messaggi nella bottiglia
Assolutamente per caso, stanotte mi sono ritrovato in una sorta di confessionale digitale: un’applicazione online che sonda in tempo reale la piattaforma Twitter alla ricerca di parole chiave come “solo/a” e “solitudine”, riportandone i risultati associati a immagini prese dai profili.
Gli account non vengono rivelati, per cui l’applicazione non lascia spazio a possibili interazioni in stile telefono amico né viola palesemente la privacy (relativa) degli utenti, assumendo più l’aspetto di un curioso esperimento sociologico applicato al microblogging.
Lo spaccato che ne risulta è comunque interessante perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di veri e propri messaggi nella bottiglia, piccoli squarci di sincerità scaricati in Rete più per conforto personale che per l’effettiva speranza di ottenere risposte, almeno nell’immediato.
C’è chi si è appena lasciato/a, chi si sente perso senza la compagnia di amici/amiche o vorrebbe essere con il suo lui/lei, chi ha voglia di confidarsi mentre in casa tutti dormono, chi è single, ma non per scelta, e mastica amaro nella sua camera dopo aver incrociato per strada coppiette felici, ma anche la donna che, messa a dormire la figlia, si ritrova sola e sconfortata.
In definitiva è uno spaccato di umanità alla finestra che non rappresenta nulla di particolarmente nuovo, ma fa riflettere.
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sabato, giugno 11, 2011
MarsEdit e Blogo: sfizi da blogger
La festa è traslocata altrove, ma il web-logging (blog) è ancora vivo. Qualcuno se ne va, altri si accomodano alla tastiera consapevoli che, nella stragrande maggioranza dei casi, le pagine del proprio diario online avranno una risonanza pari a quella di fiocco di neve che cada in Groenlandia durante la lunga notte artica.
Checché se ne dica, aggiornare un blog è una faccenda seria e maledettamente time consuming: nel tempo medio di “gestazione” di un singolo post, su Facebook vengono condivise diverse migliaia di contenuti. Se poi si appartiene alla razza del sottoscritto, che cova off-line ogni post come se dovesse partorire un semidio, fanno in tempo a sorgere e tramontare papati e imperi... .
Editor specializzati
Un blog può essere aperto per il puro piacere di scrivere e pubblicare le proprie riflessioni oppure come strumento al servizio di una strategia di self-promotion o di web marketing. Nell’uno come nell’altro caso, ci si può benissimo accontentare dell’editor online messo gratuitamente a disposizione dalla piattaforma che ospita il blog, anche perché nel tempo le funzionalità offerte da queste piccole finestre di editing sono notevolmente migliorate.
Ciò non toglie che si possa ancora preferire una gestione del blog più “meditata” e totalmente controllata in locale sul proprio computer: per intenderci qualcosa di più vicino a quello che facciamo con un testo usando Word o una presentazione in PowerPoint.
Ebbene, anche se non molto conosciuti, esistono software specializzati per questo compito. Applicazioni (per Mac) come MarsEdit e Blogo consentono di scrivere testi e inserire immagini restando off-line senza che sia necessaria alcuna conoscenza di HTML e impaginazione grafica. Quando il post è ultimato, basta premere un bottone e il programma provvede alla pubblicazione.
Diamo un’occhiata?
MarsEdit 3.3
MarsEdit è un programma onesto, robusto ed efficiente, che tuttavia presenta incoerenze che andrebbero affrontate radicalmente da parte della Red Sweater Software.
L’interfaccia è semplice, ma completa e confortevole. Ad esempio, una volta impostati i riferimenti del blog di destinazione, MarsEdit si occupa automaticamente di importare e ordinare cronologicamente tutti i post già pubblicati con i relativi tag (categorie), consentendo così di consultare l'archivio, controllare citazioni, editare o copiare al volo testo e immagini. Durante la scrittura, una finestra gemella mostra un’anteprima aggiornata in tempo reale, mentre le regolazioni per l’inserimento, l’allineamento e l’eventuale ridimensionamento delle immagini sono accorpate in un’unica finestra a comparsa.
Dolenti note
MarsEdit è stato sviluppato avendo in mente i primi blog quasi esclusivamente testuali. Questa impostazione emerge chiaramente nella gestione, tuttora approssimativa, delle immagini.
Se si sceglie di scrivere in modalità Rich Text, ad esempio, il testo non scorre intorno alle immagini, ma rigorosamente sopra e sotto indipendentemente dall’allineamento. Scegliendo la modalità HTML, invece, si ottiene lo scorrimento del testo, ma il codice generato manca delle istruzioni perché venga lasciato un margine bianco di rispetto tra i bordi dell’immagine e il testo.
Trattandosi di un software a pagamento (circa 40 Dollari), difetti e limiti dovuti a un gap di sviluppo rispetto agli editor online gratuiti mi paiono difficilmente accettabili.
Blogo 1.3
Rispetto a MarsEdit, quest’applicazione realizzata dalla software house drinkbrainjuice ha un’interfaccia utente meno convenzionale, tuttavia impadronirsi dei comandi e delle funzioni è cosa altrettanto rapida ed intuitiva.
A differenza di MarsEdit, Blogo non va a rastrellare l’archivio dei post già pubblicati. In compenso, Blogo sembra più a suo agio del competitor nel gestire dietro le quinte codice HTML+CSS per una impaginazione curata. A onor del vero, però, il codice generato dal programma è abbastanza caotico anche se perfettamente funzionante, ragion per cui è meglio "non aprire quella porta" per curiosare.
Il programma è impostato per la scrittura in modalità Rich Text, ma ciò non interferisce con l'interazione tra immagini e flusso del testo. L’inserimento di immagini avviene trascinando con il mouse la foto desiderata in un riquadro presente all’interno dello spazio di lavoro dell'applicazione, mentre la regolazione delle dimensioni diventa comoda solo dopo diversi tentativi a vuoto, dato che la logica di funzionamento non mi è sembrata il massimo dell'intuitività.
L’anteprima importa in una finestra la grafica del blog per dare all’utente una rappresentazione verosimile del risultato finale, anche se il refresh ogni 30 secondi può risultare fastidioso quando si è alle prese con la stesura di un post particolarmente lungo e impegnativo.
La licenza di Blogo costa 25 Dollari: lo sviluppo e le caratteristiche del prodotto sembrano giustificare il prezzo, non di meno resta sub judice l’utilità di investire in quello che, tutto sommato, è uno sfizio da blogger.
P.S: Per questo post ho usato Blogo in prova.
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sabato, dicembre 11, 2010
Andando a fondo Resume
Teniamo famiglia

Lo scollamento tra i giochi di palazzo e le esigenze del Paese reale non è mai stato tanto visibile, esposto in tutta la sua laida ripugnanza come in questi giorni di febbrile conta delle pecore e di spregiudicato mercato dei parlamentari.
Il disgusto per questo spettacolo grottesco e offensivo, la sensazione che non ci sia alcuna via d’uscita per questa nazione miseramente inceppata mettono addosso un senso di impotenza difficile da sopportare come cittadino, anche se per ora posso tranquillamente continuare a farmi gli affari miei, come milioni di altri italiani.
Non mi straccio ipocritamente le vesti per i volenterosi soccorritori “Last Minute” dell’esecutivo, benché meritino tutto il disprezzo possibile per le improbabili crisi di coscienza accampate a giustificazione: quella dei liberi saltatori della quaglia è una categoria rappresentata in parlamento quanto meno dall’avvento del primo governo Berlusconi.
Purtroppo raccogliamo frutti amari da un sistema originariamente concepito per portare in parlamento persone virtualmente affrancate da vincoli territoriali e di obbedienza di partito, in modo che potessero servire con onore e coscienza unicamente il bene superiore della nazione.
Ricordare il nobile slancio dei costituenti e vederne oggi gli esiti opposti fa male come un ceffone in pieno viso; fa toccare con mano la miseria ideale e umana di una classe politica che - nella maggioranza come nell’opposizione - rispecchia, ingigantiti ed esasperati, tutti i difetti e nessuno dei pregi della borghesia mercantile e professionale che le ha dato i natali.
Internet: Safari e la leggibilità
Safari, il web browser targato Apple, non è mai stato tra i miei “attrezzi” preferiti non tanto per questioni di gusto personale, quanto perché si dimostrava fragile, bisbetico e dispettoso verso i Mac “vintage” su cui lavoravo.

Sulla velocità, da sempre una prerogativa di questo browser, non ho nulla di nuovo da riferire.
Safari è una scheggia e regge bene alla distanza anche dopo una navigazione campale con una quantità spropositata di tab aperte.
Quel che più mi ha impressionato favorevolmente è un piccolo servizio aggiuntivo: la funzione Reader.
In breve, chiunque frequenti i siti dei quotidiani sa bene come ogni articolo scorra in una sorta di slalom tra immagini, banner pubblicitari e box vari.
Cliccando su Reader, la schermata cambia aspetto: la pagina originale viene “oscurata” e in primo piano appare il testo dell’articolo presentato su sfondo bianco come un qualsiasi documento prodotto da un wordprocessor, oltretutto a caratteri dimensionati per una leggibilità confortevole. Nell’immagine, potete vedere Reader all’opera su una pagina di Repubblica e, sotto, l'articolo nel suo aspetto originario.
Una banale minuzia? Sarà, ma per un lettore come me, che fa un uso intensivo delle informazioni, è un gesto di attenzione assai gradito.
Invenzioni
Quando non viene sacrificata sull’altare della necessità di giustificare a tutti i costi la presenza del testimonial bello & famoso imposto dal cliente, la creatività dei pubblicitari è capace di produrre invenzioni sorprendenti, surreali, che per una manciata di secondi riportano lo spettatore allo stadio di bimbo immerso nelle illustrazioni di un libro di fiabe o nella visione di un cartone animato.
Solo che, alla fine dello spot, l’adulto riprende il controllo, si gratta dubbioso la zucca e sbotta: “Boh, non so se ho capito... che gran ca##ata”.
Un esempio? Questo spot per Orangina realizzato dall’agenzia parigina Fred & Farid.
Buona settimana.
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domenica, luglio 04, 2010
Melting Pop 07.04.2010
Si però...
Con gli anni, l’esperienza e le vicissitudini del mestiere, Chicco ha perso quel piglio saccente e autocompiacuto da giornalista in carriera che, detto con franchezza, me lo rendeva indigesto. La sua ultima scommessa è prendere il timone di un TG nazionale, ma di nicchia (poco più del 4% di share), come quello di La7.
Ed è qui che sta il problema: il cambio alla direzione del TG è stato deciso dai vertici di Telecom Italia Media - che controlla La7 - senza una motivazione chiara, ma soprattutto senza un minimo di stile e di rispetto nei confronti di Antonello Piroso, direttore messo alla porta malgrado l’ottimo lavoro svolto “in macchina” per dare identità e ritmo alle news dell’ex TMC.
Ubi maior, minor cessat.
Non c’è dubbio che Mentana sia la carta vincente se l’obiettivo di Telecom è fare del TGLa7 il fulcro, l’elemento di maggior attrazione dell’emittente, però dispiace che un valido professionista paghi il conto solo perché caratterialmente poco compiacente e alieno al protagonismo.
Nuuu
Come ti è venuto in mente di privarmi del sacrosanto appuntamento domenicale con i reading e le selezioni musicali di Camera a Sud?
Dopo la morte clinica di RadioAlt, bella esperienza di ibridazione tra musica e libri in streaming “ammazzata” dalla crisi, mi restava giusto questo spazio “storico” curato da Eddi Berni: non ho parole.
All’Opera
Onestamente, non so se darò un’altra chance a Flock - da tre anni mio web browser di default - quando avrà ultimato il passaggio da Gecko-Firefox a Chromium (versione open source di Chrome).
Tutto può essere, ma non vedo quale vantaggio potrei ricavare da un browser che sta barattando le sue caratteristiche di unicità con una maggiore velocità e pulizia grafica.
O il nuovo Flock sarà davvero “speciale” oppure finirà nel dimenticatoio, visto e considerato che di browser velocissimi basati su WebKit ce ne sono fin troppi (Safari e Chrome, solo per citare i più noti).
Molto veloce da sempre, gratuito e disponibile su PC, Mac e Linux da alcuni anni, Opera è uno dei pochi web browser che ancora segue un percorso di sviluppo originale, pagandone anche le conseguenze negative.
L’ultima versione in ordine di tempo merita di essere messa alla prova sia perché scatta come un furetto, sia perché offre di serie una batteria di servizi integrati davvero notevole: una volta che ci si fa la mano, viene da chiedersi perché ricorrere ad applicazioni esterne o scaricare moduli aggiuntivi per ottenere gli stessi risultati.
In Opera 10.60 vengono confermati servizi ormai classici come Speed-Dial (imitato da altri browser) e Opera Turbo.
Il primo consiste in una raccolta di miniature dei siti preferiti: un click sulla miniatura e il sito si apre. Opera Turbo, invece, è una “mano santa” per chi non dispone di una connessione particolarmente veloce perché comprime le pagine richieste prima di inviarle al computer: un trucco che riduce drasticamente i tempi di attesa.
In aggiunta, con Opera Unite il browser fornisce una serie di servizi per condividere in modo sicuro immagini, musica e video presenti nel computer.
Altre caratteristiche piuttosto comode sono l’efficiente filtro sui contenuti, che non solo blocca le finestre pubblicitarie, ma permette di scegliere se vedere o meno immagini, animazioni o altri contenuti non essenziali, il supporto alle gesture del mouse per la navigazione e la predisposizione ai nuovi codec che si stanno affacciando come alternativa a Flash.
Design & Fisica
A ben pensarci, però, l’idea avuta dalle designer Sara Petrucci e Federica Castagno (acquacalda H2OT) è eccentricamente razionale (o razionalmente eccentrica), ergo stuzzicante: applicare le regole fondamentali delle scienze fisiche ad accessori per la cucina e per la tavola.
Non a caso, la collezione si chiama Fisica Applicata e un buon esempio di cosa intendano le designer con quel nome è dato dalla Bilancia di Archimede, una ciotola per alimenti graduata che si presta a essere utilizzata come bilancia una volta immersa nell’acqua.
Ulteriori informazioni qui.
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domenica, giugno 20, 2010
High density resume 06.20.2010
Fantastici quegli anni, ma anche no
Un articolo di Lux, al secolo il giornalista Lucio Bragagnolo, mi ha fatto riflettere, sorridendo, sulla mia appartenenza a quella schiera di over 40/nearby 50 che cercano di tenersi al passo con le tecnologie, ma che con la testa sono rimasti fermi a cavallo tra gli anni '80 e i ’90: il paleozoico in termini informatici.

Fatta questa precisazione, torno a quel mondo informatico che oggi appare così lontano e astruso, ma che su di me pesa in termini di abitudini che non riesco proprio a scrollarmi di dosso. A chi non c’è passato per esperienza richiedo un certo sforzo d’immaginazione, ma tant’è.
Ho appena scaricato dal web iTunes 9.2: poco meno di 500 MB per un’unica applicazione, e avverto una sensazione di vuoto allo stomaco pensando allo spazio abominevole che occupa.
Non c’è niente da fare: immancabili, i fantasmi degli hard disk da 40 o 250 MB con cui ho lavorato per anni appaiono e mi fissano corrucciati come fossi un folle sperperatore di spazio prima di farmi ciao ciao con la manina. Non conta neppure il fatto che oggi anche una chiavetta USB da quattro soldi offre 1 GB di spazio.
Diagnosi: claustrofobia cronica da hard disk sottodimensionato.
Altri riflessi condizionati?

Con i 16 o 32 MB di costosissima RAM - di cui una parte assorbita dal sistema operativo - disponibili nei computer dei primi anni '90, era obbligatorio scegliere a cosa destinare la memoria per poter sperare di lavorare su Photoshop piuttosto che su Word o Filemaker senza trovarsi a dover riavviare il computer dopo mezzora al massimo.
O ancora l’incavolatura quando cerco un file archiviato anni fa e scopro che non lo posso più aprire perché l’avevo compresso con uno dei tanti programmini che servivano a risparmiare spazio sul disco rigido e che comunque, anche a recuperarli fortunosamente, oggi non girerebbero sul computer a disposizione.
Per non parlare di quando masterizzo un CD o un DVD. In automatico, verifico la velocità di masterizzazione, chiudo tutte le finestre e le applicazioni aperte e sto fermo a guardare finché l’operazione non è terminata; il tutto pur sapendo che l’epoca dei primi masterizzatori SCSI (scasi) esterni è finita da un pezzo, e con essa il dover trattenere il respiro e incrociare le dita temendo il fatale errore di scrittura/lettura (overburning).
Ripensando a queste e ad altre situazioni, mi passa d'incanto qualsiasi nostalgia per il passato, YouTube o non YouTube.
È un mondo difficile

Questa è la finanza, bellezza
Restando in tema, in questi giorni la cronaca ha riportato alla ribalta l’infatuazione per la finanza “creativa” che aveva contagiato amministrazioni regionali e comunali anni fa .
Andiamo con ordine. Tra il 2002 e il 2006, con il beneplacito del governo allora in carica, regioni come Puglia e Lombardia, ma anche diverse amministrazioni comunali si rivolsero a broker e a prestigiosi istituti di credito internazionali per trovare in Borsa le risorse finanziarie per eseguire opere pubbliche di vario genere.
In altre parole, le amministrazioni pubbliche erano autorizzate a rivolgersi al mercato finanziario per ottenere prestiti o emettere obbligazioni poliennali (bond) da collocare presso i risparmiatori italiani ed esteri.

E qui viene il bello, perché questi fondi di ammortamento vennero ceduti in gestione alle banche che avevano curato il collocamento dei Bond attraverso la creazione di un derivato, uno strumento finanziario che nello specifico funziona pressapoco così:
- io banca investo i fondi accantonati da te in titoli di stato o garantiti dallo stato scelti insindacabilmente da me;
- io banca riservo a me gli interessi;
- in caso di insolvenza di uno stato debitore tu, regione, dovrai cacciare i soldi che mancheranno all’appello.
Ciliegina sulla torta: è emerso che i fondi di accantonamento pugliesi e lombardi sono stati allocati in titoli del debito sovrano della Grecia.
È chiaro che si tratta di una scelta studiata per lucrare su un tasso d’interesse particolarmente elevato, adeguato al rischio di bancarotta del Paese.
Però che volete che importi questo insignificante dettaglio a banche che in questi anni hanno guadagnato senza rischiare un centesimo e ad amministratori che non rispondono pressoché MAI della gestione dei fondi pubblici?
Buona settimana
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mercoledì, novembre 25, 2009
Futuro & Passato
il futuro in una nuvola?
L’ho detto e lo ripeto: sono retrogrado e passatista, un po’ per vili questioni di budget e un po’ per indole. Tuttavia mi piacciono le novità, almeno quelle che m’incuriosiscono o che, indirettamente, mi sfidano.
Google, ad esempio, non è certo una novità, ma lo sono alcune ideuzze che sta portando avanti: Chrome OS e il futuro Googlephone.

Ma cos’ha di tanto innovativo e controverso Chrome OS? Per capirlo è necessario fare un passo indietro.
Tutti i sistemi operativi attuali sono figli della logica secondo cui il Personal Computer deve essere in grado di funzionare come macchina autonoma e autosufficiente; in questo sta la differenza con un semplice terminale, che è inservibile se non c’è un collegamento attivo a un server centrale.
Anche nelle reti aziendali (Lan, Wan, Intranet), dove alcuni servizi sono centralizzati, i PC autorizzati accedono a uno o più server remoti per inserire o consultare dati. Se però la connessione non c’è o cade, ogni PC dispone di un sistema operativo e di applicazioni per funzionare “in locale” esattamente come il PC di casa quando non è collegato a Internet.
Chrome OS, invece, prende atto della crescita del Web sposando la filosofia del less is more e del Cloud Computing.
Volendo semplificare, il sistema operativo diventa un grande browser web svuotandosi della maggior parte dei compiti di regia sulle applicazioni e sui dati in memoria, visto che applicazioni e dati non risiedono più nel computer, bensì in un sistema di server in Rete: la Nuvola cui ha accesso il singolo utente.
Vuoi scrivere un documento di testo? Con Chrome OS non dovrai far altro che cliccare sull'icona dell'applicazione web Google Docs, scrivere, salvare il file e questo resterà a disposizione ospitato su uno dei server della “tua” Nuvola. Lo stesso discorso vale per la posta elettronica (Gmail), le immagini, i video e via discorrendo.
Quali sono i vantaggi?
I PC che adotteranno Chrome OS saranno molto più agili nel funzionamento, non dovendo caricare all’avvio miriadi di preferenze ed estensioni né richiamare dati archiviati nel disco rigido. Non ci saranno incompatibilità tra versioni diverse del software perché gli aggiornamenti delle applicazioni web saranno fatti sui server. Inoltre, non ci sarà pericolo di perdita dei dati se il PC va KO.
Quali gli svantaggi?
In sostanza, i nuovi Net-PC saranno dei terminali evoluti perché, per funzionare, dipenderanno dalla disponibilità di un collegamento a internet. Inoltre, è chiaro che tutto il tuo lavoro passerà dall’accesso (gratis o a pagamento) ai servizi forniti e gestiti in Rete da società come Google.
Staremo a vedere se Google ha visto giusto anticipando il futuro e quanti saranno disposti a seguirla dando fiducia alla sua scommessa.
Un arzillo vecchietto

Proprio di questi giorni, 17 anni fa, trovavo dentro un floppy disk un piccolo wordprocessor (456 KB) che si sarebbe rivelato un compagno fedele e infaticabile: Claris MacWrite II.
Per il lavoro che faccio, basato principalmente sulla stesura di testi, l’affidabilità dell'applicazione è un requisito essenziale.
Pur con tutti i limiti di un software scritto nel 1989, MacWrite II si è rivelato utilissimo proprio perché non mi ha mai lasciato in braghe di tela chiudendosi improvvisamente, né ha mai tentato di impormi le sue cervellotiche “correzioni” come invece le diverse incarnazioni del ben più famoso Microsoft Word.

Se dovesse capitarmi di cambiare computer a casa, a malincuore dovrei arrendermi all'idea di non poter più contare sul mio vecchio sodale, dato che da tempo mamma Apple ha cancellato le residue possibilità di far girare programmi tanto obsoleti.
Può sembrare strano e buffo che io celebri il compleanno di un software ormai dimenticato da tutti come fosse quello di un caro amico, ma a mio insindacabile giudizio MacWrite II se lo è meritato.
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martedì, agosto 18, 2009
Appunti del dopo ferragosto
Tropici & tipici maleducati
Per quel che posso vedere, il pienone sulle spiagge che frequento è scattato domenica 16 agosto.
OK, il tempo per ora si mantiene splendido, il mare è un’invitante superficie di cristallo, bastano poche bracciate per imbattersi in branchi di piccoli pesci dalla livrea nera e dall’aspetto squisitamente tropicale insieme alle solite sparlotte, donzelle e castagnole, tuttavia...
...Tuttavia nella numerosa fauna bipede che ha eletto il litorale arburese a sua dimora vacanziera c’è una robusta rappresentanza dell'Arciconfraternita degli Zozzoni e dei Maleducati in veste di campeggiatori e camperisti fai-da-te.
Quando vedo ciò che questi stra-cafoni lasciano come ricordini del loro passaggio mi viene da pensare che essere ospitali non significa offrire l’altra natica, ma anzi dare un caloroso a non più rivederci a suon di pedate.
Dove ci eravamo lasciati?

Sbagliavo: l’ex enfant prodige della Silicon Valley non è rimasto con le mani in mano, visto che figura tra i finanziatori e tra i membri del Consiglio di Amministrazione di Facebook e che da ieri si è rimesso in pista con un nuovo progetto per ora coperto dal mistero: RockMelt.
Forse Andreessen non ha tutti i torti quando sostiene che nell’ultima decade non ci sono stati veri e propri balzi in avanti tecnologici nel campo dei web browser, a dispetto del fatto che oggi Internet Explorer, Firefox, Safari, Opera e Chrome (giusto per citare i primi browser per diffusione) si accaparrano una più che corposa fetta del tempo giornaliero trascorso davanti al computer.
Però la nuova creatura di Marc Andreessen dovrà stupire e convincere il mondo con qualcosa di davvero inedito, una sorta di nuovo “Passaggio a Nord-Ovest” nell’accesso e nella fruizione della Rete: una sfida tosta, anzi tostissima.
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venerdì, gennaio 30, 2009
Lost and Found - Friday Resume
Cappellacci senza sugo
Seguo come posso la campagna elettorale per le regionali in Sardegna.
Il candidato governatore per il PDL, Ugo Cappellacci, sarà pure un galantuomo educato e volenteroso, ma politicamente ha tutta l'aria di essere un buco con la menta intorno (ho scritto menta, chiaro?), un comprimario talmente compresso dagli ingranaggi di una macchina propagandistica costruita ad uso e consumo di Silvio Berlusconi da rimediare l'imbarazzante figura del pesce rosso, come si evince anche dall'edificante video qui sotto.
"Ugo senza sugo" rischia di vincere la contesa elettorale malgrado la sua apparente, disarmante inconsistenza, cui non riesce a mettere una toppa nemmeno la chiassosa fanfara mediatica orchestrata dall'immobiliarista Sergio Zuncheddu, proprietario del quotidiano L'Unione Sarda e della rete televisiva Videolina.
E Soru? Beh, Renato Soru potrebbe non ripetere il miracolo, un po' per limiti personali e molto più perché nella coalizione che lo sostiene c'è gente che brinderà e farà bisboccia in caso di sconfitta.
Qual è il bene - o il minore dei mali - per la Sardegna? Per me non ci sono dubbi: sapendo chi tira i fili di Ugo Cappellacci è mille volte meglio l'introverso, irascibile, spigoloso Soru.
Bentornato LLOOGG

LLOOGG Beta è un web counter, uno strumento di analisi degli accessi a un sito web/blog creato da due giovani programmatori siciliani che con le applicazioni web ci sanno fare.
I due hanno realizzato uno strumento che offre la possibilità di monitorare "in tempo reale" gli accessi, oltre a porgere nel modo più comodo, essenziale e comprensibile tutta una serie di informazioni utili a delinare il profilo dei visitatori (da dove arrivano, quali sono le chiavi di ricerca utilizzate ecc.).
Il bello di questa storia è che LLOOGG è nato un po' per uso personale degli autori e un po' come test, giusto per vedere se la proposta suscitava interesse.
Il risultato è stato un successo oltre le previsioni, al punto che a metà gennaio i server su cui poggiava LLOOGG, messi sotto pressione da un traffico superiore alle loro capacità, hanno alzato bandiera bianca cedendo di schianto.
LLOOGG è risorto dalle ceneri del crash ieri sera: ha le caratteristiche giuste per fare parecchia strada. Bentornato e auguri.
Arrivederci
Domani si riparte e non sarà una trasferta di piacere. Non ho una data stabilita di ritorno e sarò parecchio indaffarato, però nei limiti del possibile vi terrò d'occhio. Adiosu
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domenica, gennaio 18, 2009
Il talento non è acqua
Dance me to the end of love
Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic 'til I'm gathered safely in
Lift me like an olive branch and be my homeward dove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Oh let me see your beauty when the witnesses are gone
Let me feel you moving like they do in Babylon
Show me slowly what I only know the limits of
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the wedding now, dance me on and on
Dance me very tenderly and dance me very long
We're both of us beneath our love, we're both of us above
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the children who are asking to be born
Dance me through the curtains that our kisses have outworn
Raise a tent of shelter now, though every thread is torn
Dance me to the end of love
Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic till I'm gathered safely in
Touch me with your naked hand or touch me with your glove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Leonard Cohen

Giù il cappello dinanzi a liriche ispirate come questa "Dance me to the end of love".
Ho riscoperto il brano di Cohen grazie alla straordinaria voce "nera" di Madeleine Peyroux e agli intriganti arrangiamenti jazz "vecchio stile" della sua cover.
Per non lasciarvi a bocca asciutta, ho scovato su YouTube un'altra cover molto più fatta in casa ma - ne converrete ascoltando - davvero apprezzabile.
Buona settimana!
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giovedì, novembre 06, 2008
Resume (Thursday Edition)
Obamarama

Ti auguro coraggio, spalle robuste e fortuna, ché di buona sorte e dello scudo di amici fidati avrai molto bisogno nell’ora delle scelte difficili.
Che l’invidia dei mediocri non ti sfiori, l’adulazione non possa insudiciarti con la sua bava e l’ebbrezza del potere non arrivi mai a guastarti, uomo.
Il respiro del drago
Spigolature di notizie per geek e internettiani incalliti.

La domanda è se questo innesto voluto da Conde Nast non arrivi fuori tempo massimo in un Paese che di suo è assai poco tecnofilo e dove i periodici cartacei di qualità vivono esistenze risicate, sempre a un passo dalla bombola dell’ossigeno.
Auguri a Riccardo Luna, direttore già al lavoro sul nascituro Wired italiano.

La prima è che il browser Firefox ha raggiunto una quota di diffusione mondiale del 20%.
In altre parole, oggi 1 utente su 5 usa Firefox per navigare in Internet. In Europa, poi, la diffusione di Firefox e dei suoi “cugini” è superiore alla media, attestandosi intorno al 30%.
Visto che siamo in argomento, completiamo il quadro del mercato dando il resto dei numeri.
Chrome, il browser creato da Google, al momento è accreditato dello 0,74%, l’ottimo e sottovalutato Opera è appena una frazione più in alto (0,75%), mentre Safari staziona al 6,70%.
La rincorsa al moloch Internet Explorer si prospetta ancora lunga e faticosa. Microsoft, infatti, ha in cassaforte oltre il 70% del mercato mondiale dei browser.

La software house Qualcomm getta la spugna, sospende lo sviluppo dello storico client di posta elettronica - un tempo molto apprezzato e diffuso - e ne cede i diritti alla Mozilla Foundation.
A quanto è dato sapere, Eudora è destinata a rinascere con il nuovo nome di Penelope.
Dedicato

Angels with silver wings
shouldn't know suffering
I wish I could take the pain for you
If God has a master plan
that only He understands
I hope it's your eyes He's seeing through.
Depeche Mode - Precious
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domenica, settembre 28, 2008
Sunday Resume 9/28
Dagli all'untore?

Per chi si occupa di "fare web" si tratta di una notizia tra l’incredibile e il grottesco, più o meno come leggere sul giornale che il questore di Trapani ha mandato i suoi agenti a Roma per perquisire il Ministero degli Interni perché sospetta che nasconda una bisca clandestina.
Per spiegare cos’è e cosa fa il W3C basti dire che è gran parte merito suo se oggi le pagine web sono scritte in modo tale da essere visualizzate in modo più o meno uniforme su tutti i browser recenti, su un PC come su un Mac o sullo schermo di un telefonino.
Gli standard fissati dal W3C, infatti, sono le regole di una sorta di sintassi universale che vale sia per chi scrive il codice delle pagine web sia per i browser che si occupano di interpretarle e visualizzarle.
Prima che il W3C portasse le maggiori software house a collaborare tra loro ogni produttore cercava di imporre un suo “dialetto”, con il risultato che un sito internet sviluppato per Internet Explorer era, nella migliore delle ipotesi, un pugno nell’occhio per chi usava Netscape.
Non è dato sapere su cosa sia stata basata la censura dei due ISP, ma se mai ci fosse veramente “del marcio in Danimarca” si può dire che sia molto ben nascosto. La home page del sito W3C, infatti, è talmente istituzionale, fitta di rimandi a contenuti tecnici e priva di concessioni all’estetica da far scappare a gambe levate chiunque non sia interessato alla tecnologia.
Mai più un giorno senza?

Il fatto che venga evocata una delle pagine più cupe, disgustose e degradanti delle operazioni militari americane in Iraq non basta a elevare l’opera a icona della memoria o ad arte "morale".
Toledano non è Allen Jones e neppure lo Stanley Kubrick di Arancia Meccanica: se il suo voleva essere un grido di protesta, la voce è rimasta strozzata in gola lasciando spazio al muto disagio di chi guarda, alla sensazione di essere complici di un esperimento malriuscito di cinismo.
Suppongo che l'Abu Ghraib Coffee Table troverà estimatori; personalmente credo che non riuscirei a digerire la sua presenza in casa neanche se me lo regalassero.
So long, Mr Newman

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lunedì, settembre 08, 2008
Tagli, ritagli e bagatelle
Quantum Leap

In attesa che sia sollevato il velo sulla versione definitiva, Chrome sembra promettere bene dietro un aspetto minimalista. D’altra parte Google ha scelto di non sviluppare il suo browser da zero, ma si è affidata alle fondamenta open source di Safari (e di Konqueror in ambito Linux) integrate con alcune delle funzionalità avanzate di Mozilla/Firefox.
Due considerazioni:
- personalmente m’importa poco delle chiacchiere su un Chrome creato per detronizzare Internet Explorer. Piuttosto, non mi dispiacerebbe che Chrome realizzasse quello che gli americani definiscono “a quantum leap”, un netto balzo in avanti.
In altre parole, sarebbe una piacevole sorpresa e un vantaggio per tutti se Chrome dimostrasse di essere diverso e superiore a Explorer non tanto cronometro alla mano, quanto nell’uso quotidiano; se fosse qualcosa capace di rendere talmente facile, sicuro e integrato l’utilizzo del browser da modificare abitudini consolidate e convincere gli utenti che non è sacrilegio mandare in soffitta Internet Explorer. - Realisticamente, malgrado l‘enorme popolarità del marchio Google, penso che occorreranno alcuni anni e molto lavoro perché Chrome si perfezioni e si diffonda al punto di mettere in discussione il dominio di Microsoft.
Tuttavia mi accontenterei anche di un Chrome 1.0 ben fatto e dannatamente competitivo, perché l’ingresso di una nuova applicazione di qualità finisce per stimolare l’innovazione e il miglioramento dei servizi. Senza Gmail, ad esempio, chissà quanto tempo avremmo dovuto aspettare prima di ottenere caselle di posta elettronica più capienti da Yahoo Mail e da altri servizi di webmail.
Flock 'n' Roll
Più lo uso, più mi riesce difficile farne a meno: mi riferisco a Flock, un browser multipiattaforma strettamente imparentato con Firefox che ho descritto brevemente alcuni mesi fa.

Con un solo click del mouse apro un visore che mi permette di avere sott’occhio le miniature delle immagini più interessanti o appena pubblicate su Flickr, Photobucklet, Facebook, Truveo e Digg, ma anche i frame di partenza dei video presenti su YouTube.
Se qualcosa cattura la mia attenzione, un click sulla miniatura è sufficiente per far aprire la pagina relativa nella finestra del browser.
Media Bar si dimostra tremendamente comoda anche quando si tratta di cercare immagini su un particolare argomento senza seppellire lo spazio del browser sotto una caterva di finestre aperte.
Flock 2, che corrisponde a Firefox 3.0.1, è ancora in versione beta, ma si fa perdonare i difetti di gioventù riempiendomi gli occhi di emozioni colte ogni giorno da migliaia di obiettivi fotografici.
Azz, a pensarci bene ‘sto Flock si comporta esattamente come una canaglia di pusher :D
Tio Caimàn

Certo che no, un po’ perché sono fedele alla massima che cedere alla tentazione è sacrosanto quando si potrebbe non avere una seconda opportunità, un po’ perché è lampante che Silvio Berlusconi ha approfittato a mani basse dell’evento religioso per lanciare aggratis un maxi-spot elettorale in vista delle elezioni regionali sarde.
La presenza in quel di Bonaria del demiurgico Caimano - bontà sua dichiaratosi sardo adottivo e non primo tra tutti i sardi - mi è sembrata talmente ingombrante e plateale che mi domando come mai non si sia concesso lo sfizio di saltare a bordo della Papamobile per un euforizzante bagno di folla, con o senza il Pontefice a suo fianco.
Aiuto, sarà paranormale!?!

"Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare...
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione.
E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser...
Caro Roy Batty, alias Unità NEXUS6 N6MAA10816 Ment.LEV A, su Splinder e su vari altri spazi del web noi umani siamo stati testimoni di ben altro: di questa pubblicità, ad esempio, e siamo ammutoliti in quel minuscolo frammento d'eternità che precede una grassa risata.
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martedì, giugno 17, 2008
Web Sailing
Oggi parlare di web browser è interessante su per giù quanto discutere di unghie incarnite o di furuncoli sui glutei. Perdonatemi, perciò, se confesso di avere un debole per questo genere di applicazioni.
La cosa che mi affascina maggiormente è il fatto che oggi ci sono tanti eccellenti browser in competizione tra loro, ognuno sviluppato e perfezionato con un lavoro non indifferente dietro le quinte, e tutti o quasi disponibili con la formula della licenza d'uso gratuita (quel papiro scritto in legalese che compare durante l'installazione e che quasi mai viene letto prima di fare click su "accetto").
A prima vista, dunque, sembrerebbe che lo sviluppo di un web browser sia un'impresa in perdita, da cui non ci ricava direttamente neanche di che pagare la bolletta della luce: strano, no?
Give 'em a try
"Toglietemi tutto, ma non Explorer!"
"Guai a chi tocca Safari!"
A scatola chiusa compro solo Arrigoni - recitava uno spot dell'epoca di Carosello. Oggi succede più o meno la stessa cosa per i programmi informatici. Intendiamoci, non c'è niente di male a utilizzare esclusivamente ciò che si è abituati a trovare nel computer una volta installato il sistema operativo. Internet Explorer per i PC e Safari per i Mac sono lo standard in casa loro e non si può affermare che siano delle oneste fetecchie, tuttaltro (ahem...meglio precisare che uno dei due si è riabilitato, o mi si allunga il naso).
Tuttavia c'è tutto da guadagnare a guardarsi intorno e a sperimentare qualche alternativa, se si ha lo spazio, il tempo e la possibilità di farlo.
Browser diffusi come Firefox e Opera, ma anche il giovane e promettente Flock (solo per restare tra i programmi disponibili per PC, Mac e Linux) offrono prestazioni, affidabilità e funzionalità tali da far cambiare opinione anche al più abitudinario dei naviganti.
Ecco una brevissima panoramica aggiornata:
Firefox 3

Chissà se oggi il neonato Firefox 3 ha battuto veramente il record di download. E’ ancora troppo presto per pronunciarsi, ma a parte il giudizio soggettivo sul grigio Leopard sfoggiato dalla versione Mac, questa terza incarnazione della Volpe di Fuoco mi ha impressionato per velocità e reattività: un'autentica saetta rispetto a Firefox 2.
Il team di volontari della Mozilla Foundation ha fatto un gran bel lavoro.
Opera 9.50

Nel suo nuovo look tutto sfumature di grigio, Opera 9.50 appare un po’ incupito, ma resta molto veloce e, nel complesso, un signor browser che cura la sicurezza durante la navigazione.
Flock 1.2.1

Se non avete mai sentito parlare di Flock, è tempo di fare la sua conoscenza. Questo cuginetto di Firefox offre una serie di funzioni integrate molto comode per chi carica, condivide o sfoglia immagini su Flickr (o altri servizi simili) e per chi vive intensamente il social networking.
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