venerdì, settembre 29, 2023

 

Esselunga e la pesca delle polemiche



Non avrei mai immaginato che uno spot TV per una catena della GDO presente nelle regioni del Nord e Centro Italia (non oltre Firenze) potesse gonfiare una bolla politico-mediatica su scala nazionale, arrivando a scomodare persino l'inquilina di Palazzo Chigi.
Certo, il successo editoriale del libello di Vannacci induce a pensare che oggi basti montare una polemica per promuovere anche il nulla cosmico. Nel caso dello spot Esselunga, tuttavia, mi pare che il can-can sia fuori misura e fuori luogo.

Ho frequentato Esselunga da consumatore e conosco la sua comunicazione: gradevole, accattivante, curata, in linea con punti vendita che somigliano - anche per i prezzi - a boutique alimentari adattate a superfici medio-grandi e grandi.
Lo spot della discordia non si discosta da quelli che l’hanno preceduto nel 2020 e in occasione del Natale: tecnicamente molto ben fatti per essere pubblicità, di cui si percepisce sia l’idea creativa non banale sia una regia e una produzione di taglio cinematografico. Nondimeno, il troppo zucchero dei buoni sentimenti ha l’effetto di lasciare in bocca un che di artefatto e di stucchevole.

La scelta di affrontare un tema complesso e spinoso come separazioni e divorzi sfruttando il punto di vista e il candore di una bambina è un’idea originale, direi anche astuta, ma paga dazio ai tempi ristretti (pur essendo quasi un cortometraggio) e al messaggio pubblicitario da veicolare con un eccesso di semplificazione e una serie di forzature poco realistiche.
Preferisco non entrare nello specifico delle mie reazioni a come è stata trattata una situazione spiacevole e caotica per gli adulti e ancor più per i figli piccoli com’è la separazione. Sono passato per questa esperienza e mi limito a dire di non essermi sentito particolarmente infastidito od offeso.

Non dobbiamo scordare che stiamo pur sempre parlando di una campagna pubblicitaria, di un intrattenimento e un gioco di seduzione a carte scoperte il cui scopo ultimo è indurci a preferire una certa insegna per gli acquisti.
Se non si può escludere totalmente il sospetto che lo spot sia anche un assist al modello di famiglia tradizionale tanto caro - almeno di facciata - all’attuale maggioranza parlamentare Dio, Patria & Famiglia, volerci leggere un intento moralistico o propagandistico mi sembra fare un processo alle intenzioni.

Preoccupa, invece, la sensazione che la bolla polemica sullo spot Esselunga faccia parte di una deliberata spinta a evadere dalla realtà di un Paese in affanno, corroso dalle crescenti diseguaglianze sociali e con prospettive economiche per nulla incoraggianti; una distrazione di massa per prendere tempo che, evidentemente, riesce gradita a un numero consistente di connazionali.
Tutto questo, comunque, va oltre i meriti e i demeriti di una micro-favola pubblicitaria forse ruffiana ma narrata e impacchettata con i fiocchi.

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lunedì, giugno 13, 2022

 

Teach the adults well



Nell'epoca dei Social la memoria rischia di essere labile come quella della pesciolina co-protagonista di un noto film di animazione. Per questo mi sono permesso di fare, a futura memoria, il copia e incolla di un lungo "rocchetto di filo" (thread composto da più tweet concatenati) sull'insegnamento a un corso di formazione per adulti di Lari (@La_Ri71) che mi ha colpito.
Buona lettura.



Questo pomeriggio ho consegnato il diploma alla mia classe: la A19. Quella che ha iniziato con me e finito con me. 280 ore di formazione serali, con la neve, la pioggia, l’afa. Questo pomeriggio ho detto loro: “Ciao” ma avrei voluto dire altro. Ad esempio: “Mi mancherete tanto”.

Insegnare ad un adulto è complicato. Non per la didattica, per le metodologie, per gli orari. Formare un adulto è complesso perché bisogna tenere in considerazione un bagaglio spesso trascurato; le loro emozioni.

Così, il 15 febbraio 2020, quando siamo partiti, io in aula mi sono ritrovata 18 uomini per lo più scontenti, quasi incattiviti. Perché loro, lì, non ci volevano venire. Perché a un certo punto il mercato del lavoro a loro dice: “È necessario almeno il diploma di base”. E loro, che sanno lavorare bene, sanno farlo davvero bene, a scuola invece non sanno starci. Quella sera, quella dell’accoglienza del “ecco i libri” del “istituiamo le regole?”, loro avrebbero voluto essere da qualsiasi altra parte, ma non lì.

E allora bisogna lavorare sulle emozioni che queste persone provano, bisogna capire cosa li blocca, quali sono le resistenze. E non è né semplice né veloce; da fare. Perché non si può mica chiedere, a M., ad esempio, “Ehi, che c’è che non va?” perché M. non avrebbe risposto, nella migliore delle ipotesi. E allora si scoprono le resistenze strada facendo. Lezione dopo lezione, ora dopo ora. Guardandoli. Soprattutto guardandoli.

Guardandoli ho visto che M., sempre lui, non sapeva scrivere molto bene il suo nome, il suo indirizzo. Che quando leggeva segnava con il dito la riga e muoveva contemporaneamente le labbra scuotendo la testa. Che quando dicevo: “Scrivete questo” lui non scriveva mai.

Guardandoli ho visto che C. e G. non si sopportavano. Troppo diversi, troppo distanti.
C. così possente così muscoloso arriva da Santo Domingo e la lingua italiana la parla ancora un po’ approssimativamente. G. viene da Caserta e soffre immensamente la lontananza da casa. C. quando si arrabbia parla in spagnolo, G. quando si arrabbia tira fuori certe espressioni che io ogni volta gli chiedevo: “Ma che hai detto?”.

C. e G., sempre strada facendo, sono diventati inseparabili.
C. quando abbraccia G. rischia di incrinargli qualche costola, perché G. è piccino e magro magro. Guardandoli ho capito che non era fattibile parlare solo di matematica. Che questi uomini così male assortiti così perfettamente professionali così immensamente vivi avevano bisogno anche di altro.

Un altro fatto di: “Prof ho ricevuto questa lettera, non so come devo rispondere”, “Prof puoi correggere i compiti di mia figlia? Io non ci capisco niente e lei ha l’interrogazione”, “Prof siamo stati sulla piattaforma tanto, possiamo fare altro?”, “Prof questa sera ce la fai ascoltare la trasmissione del calcio in radio?”.

Guardandoli ho capito che la didattica è anche questo, che insegnare a un adulto a volte significa mettere da parte il programma e considerare le loro emozioni. Che insegnare a un adulto significa, anche, dover fare i conti con la vergogna. Un’emozione forte ed invalidante. E io, la vergogna, la loro, l’ho sentita: viva e veemente. L’ho sentita quando li guardavo scrivere, utilizzare la calcolatrice, girare le pagine dei libri. E nessuno dovrebbe mai provare vergogna, perché la vergogna è un’emozione feroce. Perché chi si siede dietro a un banco dovrebbe sentirsi in qualunque modo; mai in difetto.

Questo pomeriggio io li ho salutati. Li ho chiamati uno per uno, sul piccolo palco, a ritirare quel pezzetto di carta che sono certa, oggi hanno apprezzato. Che sono certa oggi sono riusciti a capire quanto valore ha. Che non è quello del mercato del lavoro, no. È il valore del sacrificio, della fatica, dell’investimento, della costanza e della vergogna che ingiustamente hanno provato.

Oggi, per la prima volta, li ho visti arrivare accompagnati dalle loro mogli, dai figli. Li ho guardati; vestiti non da lavoro ma con la giacca la camicia le scarpe eleganti.
G. e C. si sono stretti forte. Per un attimo ho temuto per l’incolumità di G. C., però, ha imparato le frazioni ma anche ad abbracciare “moderatamente”. M. che fatica a scrivere ma io l’ho visto salire su una piattaforma con l’eleganza di una ballerina della Scala. Oggi indossava una camicia bianca elegantissima, si è avvicinato e mi ha detto: “Prof, questa è mia moglie. È bella vero?”.

Lei si è un po’ vergognata, si vedeva che era a disagio. Lui le ha preso la mano e le ha detto: “Non ti vergognare. La Prof lo dice sempre, che non ci si deve vergognare. Che la vergogna nasce dalla nostra sensazione di sentirci un po’ spaesati, fuori contesto, inadeguati. Ma tu sei bella davvero, guardati attorno, sei la più bella!”.

Perché loro, in questi due anni, non hanno solo imparato a calcolare, a ragionare “matematicamente”. In questi due anni hanno imparato, loro e io con loro, a guardare. Spesso oltre. Ed esiste qualcosa di più bello di più intenso che imparare, di nuovo, a guardare? A guardare oltre? Guardarsi e riscoprirsi. Vestiti con abiti nuovi. Quelli della indulgenza.

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giovedì, giugno 03, 2021

 

blog e dintorni



Ho letto che Donald Trump ha oscurato il blog che aveva aperto nemmeno un mese fa. Probabile che su questa scelta abbia pesato la riattivazione degli account Twitter e Instagram di Trump, più adatti allo stile aggressivo e alla retorica "flash bang" dell'ingombrante ed egolatra ex presidente americano, ma pare anche che il blog si sia dimostrato inadatto a generare interesse, dibattito e traffico.

La notizia relativa alla comunicazione dell'ex POTUS mi ha fatto ricordare che da mesi sto lasciando andare alla deriva questo blog derelitto..
La mancanza di aggiornamenti è dovuta un po'a pigrizia, unn po' ai carichi di lavoro (per fortuna qualche spicciolo si porta a casa), ma soprattutto al fatto che nell'anno domini 2021 non ha senso curare un blog personale quando i tempi d'attesa per caricare o aggiornare la schermata da PC con connessione in fibra performante vanno dai 2 ai 5 minuti (con lo smartphone, invece, l'accesso è questione di una manciata di secondi).
Ok, i contenuti non sono certo da Premio Pulitzer e una piattaforma gratuita come Blogger/Blogspot è come il proverbiale caval donato cui non si guarda in bocca, pur tuttavia portare avanti la relazione d'amorosi sensi con il blog in queste condizioni assume i contorni della perversione sadomaso.

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martedì, agosto 13, 2019

 

Tumblr e il "bacio della morte"




Nel maggio 2013 Marissa Mayer, rampante manager strappata a Google per rilanciare le sorti declinanti di Yahoo!, staccò senza battere ciglio un assegno da 1,1 miliardi di $ per acquistare la piattaforma di microblogging e social network TUMBLR.

All'epoca Tumblr era in pista da poco più di 6 anni e, benché molto meno popolare e visibile di Facebook o Twitter, era spinto da un tam-tam che lo dipingeva come il social "figo", libero da censure, vetrina di creativi multimediali, cyberpoeti emergenti, intellettuali alternativi, esteti e spiriti inquieti; in poche parole, una sorta di club sotterraneo "per molti ma non per tutti".

La notizia dell'acquisto fece scalpore non solo e non tanto per l'entità della somma pagata, quanto per la mancanza di una logica e di una strategia di integrazione. Yahoo!, oltretutto, aveva la fama di fare shopping di applicazioni promettenti salvo poi affossarle per cambi di strategia o mancanza di investimenti in sviluppo.

Nel 2017 Verizon rileva Yahoo! per 4,4 miliardi di $ e dà un benservito multimilionario a Marissa Mayer.
La nuova proprietà inizia a fare ordine e a dismettere ciò che non considera strategico. Così nel 2018 vende Flickr e mette sul mercato anche Tumblr che, nel frattempo, ha perso parte del suo fascino e del traffico utenti a causa della contestata decisione di mettere al bando immagini e contenuti considerati sessualmente espliciti/pornografici.

E si arriva all'oggi, con la notizia della vendita della piattaforma ad Automattic, l'azienda che detiene la proprietà e gestisce WordPress, per una cifra definita inferiore ai 20 milioni di $. Secondo alcune voci, l'accordo sarebbe stato concluso a 3 milioni di $. In ogni caso, si tratterebbe di una valutazione irrisoria, infinitesimale rispetto a quella agli steroidi anabolizzanti dell'epoca Mayer.

In questa parabola della finanza ai tempi del Web c'è spazio per un finale quasi ironico. E' stato scritto - ma è da verificare - che prima di vendere ad Automattic, Verizon abbia ricevuto un'altra manifestazione d'interesse all'acquisto di Tumblr, ma l'abbia respinta. Il potenziale acquirente, infatti, sarebbe stato uno dei colossi della pornografia in Rete: il portale PornHub.

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mercoledì, gennaio 02, 2019

 

opposizione supposta



Sarebbe facile ribaltare sui giulivi Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista in versione Giacobini Chic in Val di Fassa le invettive accattone e moraliste a base di invidia sociale e qualunquismo con cui la propaganda populista ci ha scartavetrato l'uretra in un recente passato.
Le immagini sorridenti dei due leader M5S sono la rappresentazione riveduta e caricaturale di una certa Sinistra al Caviale e del "partito di lotta e di governo" d'un tempo: l’anti-casta fattasi comodamente Kasta a dispetto delle rassicurazioni di prammatica.

Tuttavia c’è qualcosa che preoccupa quasi più della metamorfosi - ampiamente prevedibile - della nebulosa movimentista pentastellata in un partito fatto e finito, con la sua oligarchia tanto mediocre, velleitaria e autoreferenziale quanto eterodiretta: è la perdurante assenza di una opposizione in grado di entrare in partita.
Il PD, cui spetterebbe l’onere e l’onore di fare da riferimento, resta incisivo quanto un giocatore spedito in tribuna a masticare amaro.
Dove sono le proposte concrete al Paese, le agende politiche chiare e differenzianti dell’area renziana e dei vari candidati alla segreteria PD?
Forse mi sono distratto, ma sembrerebbe che non sia il solo a sentirsi a disagio nel trovare brandelli condivisibili di opposizione solo nel discorso di fine anno del Presidente della Repubblica oppure, occasionalmente, nelle dichiarazioni di rappresentanti del Centro-Destra come Guido Crosetto e Mara Carfagna.

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venerdì, ottobre 05, 2018

 

La lunga coda della propaganda



Se il duce avesse saputo

Siccome ho una certa età, ricordo certe considerazioni piuttosto comuni tra persone cresciute durante il ventennio fascista.

A distanza di diversi decenni dalla fine della guerra, riferendosi alle ruberie, al clientelismo e alla corruzione diffusa nelle gerarchie fasciste, oppure ricordando la deprivazione materiale e alimentare dei negozi senza merci e delle tessere annonarie, tra le righe traspariva un sottofondo di rammarico espresso in conclusioni come: "Ah, se Mussolini fosse stato informato" e "Ah se solo Mussolini avesse saputo che gerarchi, militari e industriali mentivano e tramavano alle sue spalle".

Per inciso, queste tesi "giustificazioniste" non erano monopolio dei simpatizzanti dell’allora Movimento Sociale Italiano. Semmai erano l’eredità comune di un ventennio di propaganda; la lunga coda dell’indottrinamento al consenso e alla rappresentazione di Benito Mussolini come demiurgo che si mescolava alla nostalgia di una generazione per gli anni della sua (terribile) giovinezza.

Di quella generazione rimangono solo pochi superstiti. Ho motivo di credere, tuttavia, che le loro convinzioni non sarebbero state scalfite neanche qualora fossero venuti a conoscenza dei risultati della ricerca storica che di recente, carte alla mano, ha dimostrato come Mussolini fosse perfettamente al corrente della situazione nel paese e dentro il regime e ne fosse connivente.

Ai fini del consenso popolare e per non intaccare gli equilibri di potere all’interno del fascismo, Mussolini scelse di scaricare la colpa delle inefficienze, della corruzione e delle crescenti ristrettezze imposte agli italiani sui “nemici dell’impero e della rivoluzione fascista”: traditori della patria e sabotatori nascosti negli apparati dello stato e nelle fabbriche, accaparratori, ebrei italiani e il famoso complotto delle nazioni demo-pluto-giudaico-massoniche.

Ciarlatani, cigni neri e piani B

Questa lunga introduzione ci riporta all’oggi. Non ho poteri di chiaroveggenza, ragion per cui non posso prevedere quale sarà tra 10, 20 o 30 anni il giudizio sulla fase politico-istituzionale che il nostro paese sta attraversando in questo momento e sul governo nato dal “rapporto contrattuale” tra Lega Nord e Movimento 5Stelle.

Se le prime impressioni contano qualcosa, allora ci troviamo appena all’inizio di un mare di guai, perché al capezzale dell’Italia malata e in piena decadenza sono stati chiamati a furor di popolo i ciarlatani.
Dove hanno parzialmente fallito la terapia lacrime e sangue del professor Monti e le riforme in stile convention motivazionale della forza vendita di Matteo Renzi, dovrebbero riuscire Il Gatto & la Volpe con la loro miracolosa pozione populista fatta di promesse mirabolanti e ossa di drago piumato.

Siamo ancora alle battute iniziali, ma già si scorge la fabbricazione in parallelo di narrazioni da dare in pasto all’opinione pubblica per sviare l’attenzione e, soprattutto, la responsabilità di sacrifici e scelte che dovranno apparire obbligate, prese per causa di forza maggiore o per l'ostilità dei poteri forti che ha precluso ogni alternativa.

Qualora il quadro economico-finanziario del Paese dovesse deteriorarsi e le terapie non convenzionali sperimentate dal governo si rivelassero peggiori della malattia, gli obiettivi di sviluppo irrealizzabili saranno via via sostituiti da surrogati spacciati come vittoria di una nazione libera e orgogliosa, che ha recuperato la sovranità e non si piega a minacce o ricatti.

Dite che ho copiato questo scenario apocalittico da Grecia, Argentina e Venezuela e la propaganda dall’Ungheria di Orban?
Basta ripensare alla tragica esperienza del fascismo e, soprattutto, di quella sua escrescenza che fu la Repubblica Sociale Italiana per constatare che non c’è nulla di veramente originale nelle operazioni di mistificazione.

Ovviamente mi auguro di poter arrivare a scrivere in futuro che quanto sopra è stato solo un parto di fantasia; non ricaverei alcuna soddisfazione dall'essere stato profeta di sciagure.

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venerdì, febbraio 24, 2017

 

letame virtuale



tracciato del social network beast

I liquami verbali che tracimano da gruppi chiusi dal titolo che si descrive da solo come "Fistare Bebe Vio con le sue stesse protesi" e "Pastorizia never dies" e le condivisioni a manetta del video delle due Rom chiuse come bestie in un gabbiotto per i rifiuti a Follonica sono solo due esempi recenti dell'insostenibile bruttura dei social network oggi.

C'è qualcosa di disarmante nella bestiale leggerezza con cui persone apparentemente non stupide, incolte e abbruttite dalla vita trovano normale, divertente, persino cool sciorinare sui social network immagini, contenuti audio/video e commenti degni dei deliri di persone sessualmente represse, intrisi di violenza verbale, privi di qualsiasi rispetto ed empatia verso le vittime.

Il peggio è l'amoralità, la mancanza di consapevolezza e di senso di responsabilità nei confronti di ciò che si pubblica o si condivide sui social network.
Facebook e la virtualità sono vissute come una dimensione carnevalesca in cui le regole sono sospese o sovvertire e tutto è effimero intrattenimento. Alle prime critiche c'è chi fa spallucce, chi palesa il suo analfabetismo funzionale, ma anche chi reagisce sprezzante proclamandosi detentore di un inarrivabile, insindacabile e incompreso intento satirico.
Sarà anche virtuale ma tutto questo concime organico nel ventilatore social rende l'aria irrespirabile.

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sabato, gennaio 07, 2017

 

Le divisioni di Saviano



Gomorra book by Roberto Saviano

«Il Papa? Quante divisioni ha il Papa?», avrebbe chiesto Stalin a Yalta a quanti gli facevano presente le esigenze di Pio XII sull'assetto europeo. La stessa domanda risuona oggi a proposito di Roberto Saviano da Napoli, scrittore e saggista, almeno alla luce delle reazioni tranchant nei toni e miserrime nei contenuti di alcuni noti esponenti della politica nostrana alla sua uscita sogno sindaci africani estrapolata da un’intervista curata da Gianni Riotta per la RAI.

Già, di quante divisioni dispone Roberto Saviano? È un pericoloso arruffapopoli? È il leader in pectore di un movimento politico di massa? Si candida a sindaco di qualche grande città? Ha in tasca la potenza deflagrante della verità assoluta o la soluzione definitiva per sanare l’Italia meridionale dai suoi mali endemici?

Direi niente di tutto questo. Saviano di per se non è un oracolo, un santone o un eroe senza macchia da sollevare su laici altari.
Di mestiere fa lo scrittore, ovverosia campa sul successo di ciò che scrive. E siccome scrive e parla di malavita organizzata e di altri problemi di stringente attualità si documenta, studia, riflette ed esprime opinioni talvolta discutibili ma non del tutto infondate: è così che si è costruito una sua autorevolezza.

Dice anche stronzate, Saviano, che sembra avere un altissimo concetto di se a fronte di una simpatia e di un calore umano tutt’altro che irresistibili e si presta al rituale delle “ospitate” sui media per promuovere le sue opere in uscita. Dov’è lo scandalo?
Dà fastidio, ah come dà fastidio in questo Paese il Roberto Saviano ghibellin fuggiasco con robusto conto in banca; quanto urta l’intellettuale finto-asceta che si permette di levare il dito accusatore senza sporcarsi le mani, il pennivendolo che lucra vendendo la carogna di un’Italia parallela, cinica, molle, malavitosa e decadente.

Ma esiste quest’Italia marcia alle radici o è solo il parto della fantasia di un furbone, di un lavativo che ha trovato il modo di vivere in agiatezza senza faticare?
Forse è proprio qui il punto. Non è in discussione l’esistenza di camorra, sacra corona unita, ndrangheta e mafia, dei racket, della corruzione, del caporalato, delle guerre per il controllo del territorio, ma che sia Saviano a spremere questi bubboni per vendere - bene - i suoi libri: altrove chiamerebbero questo atteggiamento invidia sociale o rancore iconoclasta.

Quanto poi al “sogno un sindaco africano” non significa niente se non si colloca quest'affermazione nel contesto dell’asfissia culturale, politica e amministrativa del Centro-Sud, dove i semi del riscatto e della speranza sembrano puntualmente seccare in una terra diventata sterile.
Prendersela con Saviano perché “fa male all’immagine di Napoli” o perché invade indebitamente il campo della politica è un po’ come avere un orgasmo fissando il dito che indica la luna.

Inciso finale: a scanso di equivoci, mai stato fan di Roberto Saviano.

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domenica, luglio 03, 2016

 

comunicazione tossico-nociva



marty feldman
"Grande è la confusione sotto il cielo" - diceva Mao Tse Dong, non prevedendo che un giorno la sua massima sarebbe stata applicata dal Centro Studi Confindustria e da Il Fatto Quotidiano.

- Il primo si è lanciato in una previsione che attribuisce all'eventuale vittoria del NO al referendum sulle riforme costituzionali 4 punti di PIL in meno, 600.000 nuovi disoccupati e 430.000 persone in povertà nel triennio 2017-2019.
Si tratta di uno scenario catastrofico teoricamente possibile, ma ottenuto assemblando congetture, collegamenti e numeri in modo quanto meno arbitrario. Difficile non sentire nell'aria odore di poco onorevole operazione propagandistica.

- il quotidiano diretto da Marco Travaglio, invece, monta uno scandalo politico pubblicando in prima pagina un articolo sulle presunte dichiarazioni del Sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore (ex SEL) che pare costruito con le stesse tecniche di taglia & cuci del sito Tze Tze.
A Migliore, infatti, viene attribuito l'auspicio di un ammorbidimento del regime di carcere duro ex articolo 41bis, consentendo al gotha della criminalità nazionale l'accesso alle chiamate VoIP.
Il sottosegretario ha smentito categoricamente di aver fatto qualsivoglia riferimento all'articolo 41bis, affermando di aver parlato solo della possibilità di estendere ad altre carceri italiane il progetto pilota in corso a Bollate (MI), dove i detenuti comuni hanno accesso a Skype per tenersi in contatto con i familiari.

Aspettiamo chiarimenti, ma almeno a prima vista sembrerebbe che chi opera nella comunicazione non sappia fare di meglio dello spargere in giro ulteriore mangime tossico.

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venerdì, giugno 03, 2016

 

Accidental heroes



italian marò

Auguro senz’altro un futuro sereno a Girone e Latorre, ma anche un po’ di giustizia (postuma) per i due pescatori indiani ammazzati e dimenticati.
In ogni caso un giorno, forse, sfogliando casualmente meme e articoli di archivio sul caso dei due Marò ci accorgeremo che nella narrazione sconclusionata che è stata costruita su questa vicenda ci sono tutti gli elementi del confuso, intermittente e (quasi sempre) posticcio nazionalismo italiano.

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venerdì, gennaio 08, 2016

 

Agonia



C’è un’esperienza comune a tutti che tendiamo a censurare, tener lontana dai nostri discorsi e che mai e poi mai desideriamo concedere a sguardi indiscreti: quell’ultimo tratto della vita - nostra o delle persone che ci sono care - che precede l’arrivo della morte.
Mi hanno colpito, in questo senso, due schizzi realizzati dalla giornalista-illustratrice di San Francisco Wendy MacNaughton - QUI il suo sito - che tra i tanti soggetti e flash di vita quotidiana ha scelto di dedicare un reportage al tema-tabù dell'agonia.

agonia -©Wendy MacNaughton
Agonia2 -©Wendy MacNaughton

Quelle linee tracciate sulla carta del blocco di appunti contengono le chiavi di un racconto lasciato alla sensibilità di chi guarda, privo della fredda, meccanica mancanza di pudore dell’obiettivo fotografico ma, proprio per questo, aperto a tutti quei dettagli, emozioni, gesti, silenzi e parole inespresse che custodiamo sepolte nella penombra della memoria.

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lunedì, dicembre 28, 2015

 

Mal d'Ajaccio



AjaccioAjaccio, capoluogo della Corsica, è inaspettatamente balzata agli onori della cronaca per quella che potremmo chiamare “La rivolta di Natalecontro gli immigrati nordafricani.
Al grido di “Siamo a casa nostra!” e “Fuori gli Arabi!”, diverse centinaia di manifestanti hanno marciato verso la prefettura del capoluogo isolano per poi proseguire verso il quartiere popolare di Jardins de l’Empereur, sulle colline, dove un gruppo staccatosi dal corteo ha assaltato la piccola sala di preghiera della comunità islamica, cercando di dare alle fiamme alcune copie del Corano, e devastato una rivendita di kebab.

L’antefatto. A scatenare la sommossa sarebbe stato l’agguato teso ai vigili del fuoco e alla polizia locale nella notte del 23 dicembre proprio nel quartiere di Jardins de l’Empereur. Allertati da una telefonata, pompieri e vigili urbani si sono recati nel quartiere per spegnere un incendio, ma ad attendere i mezzi c’era un gruppo di incappucciati che li ha bersagliati di pietre e colpi di mazza.

Fin qui i fatti. Più difficile stabilire se l’agguato sia stata la scintilla che ha fatto deflagrare definitivamente una situazione di tensione ed esasperazione a lungo covata, con un quartiere di fatto sottratto alla legge e trasformato in una enclave dominata dai nordafricani, oppure si sia di fronte a una provocazione studiata a tavolino per arrivare a una prova di forza.

Di sicuro, negli umori della protesta hanno inzuppato per bene il pane il nazionalismo populista e xenofobo del Front National e i coriferi della Destra di casa nostra, prontissimi ad elevare al rango di patrioti esemplari i Corsi scesi in piazza e a giustificare la “ritorsione” attuata.
Altrettanto di sicuro - comunque la si pensi - non ne escono bene né l’immagine di Ajaccio e della Corsica né, per l’ennesima volta, le politiche di inclusione sociale della Francia. Infine, dal punto di vista dei vertici del partito nazionalista corso, fresco di vittoria alle Amministrative, i disordini sono stati il peggior regalo natalizio possibile.

Per quanto mi è dato di vedere, la notizia è stata coperta in modo piuttosto approssimativo dai media italiani, usando quasi esclusivamente la lente del sensazionalismo o dell’opportunismo politico, e qualcosa in tutta la ricostruzione della vicenda mi suona come una moneta falsa.

Che cosa sappiamo, ad esempio, del famigerato quartiere di Jardins de l’Empereur?
Riprendo parte dell’articolo “Les Jardins de l’empereur: ce quartier d’Ajaccio au coeur des tensions” pubblicato da Metronews sabato 27 dicembre.

Jardins de l'empereur - AjaccioSecondo uno studio pubblicato nel 2011 dall’INSEE (l’equivalente transalpino dell’ISTAT n.d.r.), il quartiere è uno dei tre più poveri di Ajaccio (città che conta circa 65.000 abitanti n.d.r.).
Come ha evidenziato la prefettura, copre un ambito piuttosto modesto: 480 case per 1.000 abitanti (rispetto, ad esempio, i 13.000 abitanti del complesso/città satellite di La Grande Borne a Grigny, nel dipartimento di Essonne). I residenti sono per metà inquilini e per metà proprietari di casa.
Secondo l’INSEE, nel quartiere sono sopra la media la disoccupazione, i giovani (più di 1/3 della popolazione è sotto i 29 anni) e i lavori non qualificati, con un reddito medio per nucleo familiare di poco superiore ai 1.000 euro.
Secondo il comune di Ajaccio, gran parte delle abitazioni di questa Z.U.S (Zona Urbana Sensibile) sono da considerare "indegne”.
Tensioni? Sarebbero frequenti, se ci atteniamo alle testimonianze delle persone. Come l’anziano marocchino residente, che ha riferito all’agenzia France Presse: “I giovani qui dettano legge. Quando qualcuno ha detto loro qualcosa si è sentito rispondere: stai zitto o ti bruciamo la macchina”. Secondo un altro residente, dietro i disordini ci sarebbe un piccolo gruppo di giovani: “Sono abbandonati a se stessi dai genitori. Il problema è l'educazione." La zona è tra i settori prioritari individuati dalla "Legge per la città e la coesione urbana" del febbraio 2014.

Corsica stemmaIl ritratto sembra quello di una periferia problematica, marginale e degradata che fa i conti con la frustrazione, il teppismo e la microcriminalità diffusa nelle seconde e terze generazioni di immigrati e di Corsi provenienti dai paesi dell’entroterra: frange di giovani senza reali opportunità di miglioramento o di inserimento se non nel “salto di qualità” in una malavita organizzata che conquisti il controllo del quartiere.
Almeno per ora, il radicalismo islamico o la casbah sembrerebbero estranei a questo orizzonte, mentre l’identità verrebbe trovata e rinsaldata in una dimensione tutta interna al quartiere, nella violenza spicciola, nello spaccio, nel furto e nella ricettazione, oltreché nell’avversione per i rappresentanti dell’autorità statale e di quella cittadina, sentite come estranee, rivali e avverse.

Sociologia un tanto al kg? Buonismo in promozione 3x2? Non lo escludo, ma può anche darsi che sia infondata l’equiparazione sbrigativa alle enclave etniche che si sono radicate spontaneamente in alcuni quartieri popolari di Genova, Sanremo, Padova, Milano e il suo hinterland o alla sharia imposta di fatto in determinate aree urbane della Francia continentale e delle grandi metropoli europee.
Se devo essere sincero, la situazione dei Jardins de l’Empereur mi ricorda più quella di tanti quartieri malfamati del passato e del presente delle nostre città: sia quelli cresciuti caoticamente nelle estreme periferie attorno a complessi di edilizia popolare e convenzionata, sia quelli venutisi a creare nei rioni più degradati dei centri storici: in pratica ovunque si sia concentrata nel tempo l'offerta di immobili a basso costo, in locazione, in subaffitto o in occupazione.

In ogni caso la giustizia-fai-da te della caccia indiscriminata all’immigrato, del calpestare e umiliare l’identità altrui per rivendicare il possesso del territorio e altre dimostrazioni “esemplari” di forza sono soluzioni false e demagogiche, fumo negli occhi sinché le città non si doteranno degli strumenti per programmare in modo concreto la gestione del territorio in termini sia urbanistici sia di flussi della popolazione residente.

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venerdì, dicembre 25, 2015

 

Gasparri dixit



"Ah, se lo dice Maurizio Gasparri... figuriamoci!"

Maurizio GasparriMaurizio Gasparri è un agente provocatore nato, un vero talento naturale nello scatenare la bagarre con un calibrato mix abrasivo di aggressività, arroganza e senso del ritmo, doviziosamente condito con battute grevi e strafottenti.
Su questa dote e su una fedeltà adamantina Gasparri ha costruito una carriera politica estremamente longeva e di successo, con tanti saluti al fegato di quanti da sempre lo accreditano di una modesta intelligenza.

In realtà Maurizio Gasparri ha fiuto per l'uso tattico della comunicazione.
Dopo Matteo Salvini, è il politico di lungo corso che mostra maggior attitudine nel catalizzare le polemiche sui social network (twitter in particolare) con interventi irruenti, capziosi, fuori luogo nei tempi e nel linguaggio.

Gasparri, tuttavia, è carente nell'uso strategico della comunicazione.
Dare pubblicamente dell'idiota al cantautore Biagio Antonacci per essersi espresso in TV a favore dell'adozione da parte di coppie omosessuali e coinvolgere il direttore di RAI1 con un minaccioso "ne parleremo in commissione vigilanza" - peraltro senza neanche aver visto la trasmissione - non sono solo errori di registro o esibizioni muscolari squalificanti.
Ciò che Maurizio Gasparri punta a capitalizzare in termini di pubblicità riflessa, infatti, tende a disperdersi nel discredito per una polemica tirata per i capelli e, nel lungo periodo, rischia di togliergli ogni residua credibilità.

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lunedì, maggio 11, 2015

 

WWFYF: umanità a nudo



real eyes - real lies

Uno sguardo amaro, un'abbuffata di immagini in apparenza disomogenee e disposte in modo casuale, ma che in realtà tesse una rappresentazione cruda e sarcastica di un'umanità folle, violenta e degradata: tutto questo è il "racconto" di WWFYF. Buona visione.

P.S.la "colonna sonora", quanto mai intonata ai contenuti, è Black Water della band Timber Timbre

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giovedì, maggio 07, 2015

 

Vilipendio di cadavere editoriale



unità -logo inverted

Sembrerebbe che L’Unità si trascini una sorta di maledizione. Come se non bastassero i mesi già trascorsi dall’ingloriosa scomparsa dalle edicole e dalle polemiche per l’acquisizione della testata da parte dell’editore Guido Veneziani, fautore di un progetto editoriale “pop & glamour", l’ex quotidiano fondato da Antonio Gramsci è tornato a far parlare di se per due fatterelli incresciosi.

La prima notizia è quella del pignoramento dell’abitazione e di parte dello stipendio subito dall’ex direttore Concita De Gregorio, cui fanno compagnia alcuni giornalisti attualmente a spasso dopo la chiusura del giornale.
Si tratta di un lascito del fallimento della NIE - Nuova Iniziativa Editoriale SpA, editore per oltre un decennio di L’Unità, e dei risarcimenti milionari dovuti a cause per diffamazione a mezzo stampa vinte dai querelanti. Per contratto tali risarcimenti avrebbero dovuto essere ripartiti tra editore (80%), direttore responsabile (10%) e giornalista che ha firmato l’articolo (10%). Dato, però, che NIE SpA in liquidazione risulta insolvente, della sua quota sono stati chiamati a rispondere in solido gli altri due soggetti responsabili. 

Com’era ampiamente prevedibile, la disavventura giudiziaria capitata a Concita De Gregorio era troppo succosa perché non fosse spremuta a dovere da chi a Destra ha sempre visto L’Unità come il fumo negli occhi e per i simpatizzanti pentastellati non ancora sazi di insulti e gogne mediatiche.

La seconda notizia, passata pressoché in sordina, è lo stato di agitazione a oltranza proclamato dai giornalisti del Gruppo Editoriale Veneziani, proprio quello che ha rilevato L’Unità, che lamentano il mancato pagamento della tredicesima e di tre mesi di stipendio.
Ça va sans dire che se il buongiorno si vede dal mattino, per la Nuova Unità di Veneziani si prospetta un ritorno in edicola né rapido né senza sofferenze. 

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lunedì, maggio 04, 2015

 

Over-EXPOsed



Expo 2015 Milano

Magari il mio scetticismo è totalmente fuori luogo. Non escludo a priori che l'impressione che EXPO 2015 sia una colossale operazione di greenwashing cederà il passo all'entusiasmo più sfrenato una volta che varcherò i cancelli e visiterò i padiglioni a Rho.
Tuttavia, anche scacciando dalla mente l'infausto ricordo degli immani sprechi di Italia '90, al momento non mi viene spontaneo allinearmi all'ottimismo di chi profetizza l'effetto taumaturgico del semestre di EXPO sull'economia.
Molti stanno lavorando a pieno regime - questo è indubbio - ma le previsioni sul rapporto costi/benefici mi sembrano tanto premature quanto sovrastimate.
Anche cantando fuori dal coro, però, mi auguro di essere clamorosamente smentito dal bilancio finale.

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venerdì, luglio 25, 2014

 

le parole sono pietre



Blackboard
Words like violence
Break the silence
Come crashing in
Into my little world
Painful to me
Pierce right through me
Can't you understand
Oh, my little girl?

Depeche Mode - Enjoy the Silence

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martedì, maggio 06, 2014

 

Elezioni Europee: un lieto fine da scrivere


Calendar May 25 T

La chiamata alle urne è di quelle che, almeno in teoria, non dovrebbero lasciare spazio all’indifferenza: domenica 25 maggio in tutta Europa si deciderà la composizione del prossimo Parlamento Europeo nella versione con poteri ampliati e rafforzati definita dal Trattato di Lisbona.

Europa? Quale Europa?

È vero, l’Europarlamento dalle nostre parti è un’entità pressoché sconosciuta e remota; una sorta di convitato di pietra che non gode di una reputazione particolarmente positiva.
Invettive come “turisti della democrazia”, argomenti di discussione lunari divenuti paradigmatici come la leggendaria curvatura dei cetrioli, dossier avvelenati su assenteismi e rimborsi viaggio gonfiati degli europarlamentari nonché il risentimento latente verso la moneta unica hanno lasciato il segno. D’altra parte, l’impegno dei singoli parlamentari europei italiani è una coperta troppo corta sul discredito gettato dal vizietto dei partiti di casa nostra di disporre dei seggi europei come buen retiro o come parcheggio dorato per politici deragliati in attesa di ricollocazione in patria.

Personalmente, poi, provo un notevole risentimento nel vedere ancora una volta 1,6 milioni di cittadini europei - nello specifico i miei conterranei - condannati ad avere, nella migliore delle ipotesi, un solo rappresentante in Europa: molto meno di quanto viene garantito a Irlandesi, Lussemburghesi, Maltesi e persino ai Belgi di lingua Tedesca.
Mi piacerebbe poter addossare la colpa di questa frustrazione ormai storica all'euroburocrazia matrigna, ma so perfettamente che il mantenimento dell’infelice e impari Circoscrizione Isole con la ben più popolosa e politicamente influente Sicilia è stato deciso a tavolino da emerite [CENSURA] che siedono a Roma.

A ogni buon conto, chiunque pensasse di disertare la cabina elettorale per disaffezione, euroscetticismo o semplice menefreghismo farebbe bene a ragionare sul fatto che - piaccia o non piaccia - dalla maggioranza che si formerà al Parlamento Europeo dopo il voto del 25 maggio dipenderanno in larga misura le politiche, le regole e gli stanziamenti europei dei prossimi cinque anni in materie estremamente concrete come economia, finanza, commercio, lavoro, pari opportunità, comunicazioni, ambiente, sicurezza alimentare ed energia, tanto per citare alcuni fronti caldi.
A urne chiuse e a giochi fatti, invocare il “not in my name” conterà come il classico 2 di spade quando briscola è bastoni.

Non dire gatto...

Resta aperto, in ogni caso, un problema di fondo in termini di comunicazione: a meno di 20 giorni dall’appuntamento elettorale si può ancora fare qualcosa per ridurre la distanza che separa Bruxelles e Strasburgo dagli elettori italiani, specialmente quelli della fascia anagrafica più esposta all'astensionismo (18-25 anni)?
Purtroppo - o per fortuna - la comunicazione istituzionale del Parlamento Europeo non gode degli stessi ampi margini di discrezionalità e libertà espressiva delle singole liste in campagna elettorale.
Non potendo sfoderare per ironia o per frustrazione machiavellici bikini sui social network, l’ultima arma in ordine di tempo prodotta dalla campagna “ACT, REACT, IMPACT” del Parlamento Europeo è la creatività di un breve cartoon veicolato sul sito #storychangers.eu



Da oggi fino al 9 maggio il finale del frontale tra il gatto e il ragazzo disegnato come il ritratto del perfetto bimbominkia, disinteressato a tutto tranne che al rutto libero e allo skateboard, resterà aperto e, di conseguenza, la storia della disaffezione giovanile verso il voto europeo potrà essere riscritta, quanto meno a livello di video.

I suggerimenti su cosa succederà all’essere senziente (il gatto) dopo l’accidentale scambio di fluidi con la bestia inanimata (il ragazzo, of course) potranno essere postati - in Inglese - direttamente in un box del sito #storychangers.eu con il limite massimo dei 140 caratteri: 5 artisti si incaricheranno di trasformare gli script postati in possibili lieti fine in senso civico ed europeista.

Sarà possibile anche votare per le proposte di finale preferite, comprese quelle già tradotte in videoanimazioni: la versione definitiva di #storychangers, infatti, sarà determinata da una classifica tra le idee più votate.

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lunedì, novembre 11, 2013

 

Esteri: materiali altamente infiammabili


Delta del Niger: illusionismo e inferno

Che le imprese che si occupano di attività geominerarie concernenti l’estrazione e il commercio di minerali o carburanti fossili non facciano un business “pulito” in termini d’impatto ambientale rientra nella categoria dell’ovvio come il mare salato o il ghiaccio ghiacciato.
Altrettanto facilmente comprensibile è che, oltre a rivendicare l’utilità diretta e indiretta delle loro attività, queste imprese cerchino anche di ripulire la loro immagine pubblica.
Ecco allora che le aziende mostrano il volto gentile e rispettabile di chi investe in tecnologie sempre più sostenibili, pubblica bilanci ambientali in cui autocertifica progressi ottenuti nella sicurezza e nelle emissioni nell’ambiente, si fa mecenate di iniziative culturali, sociali o benefiche ecc..

tanker on Bonny River ©PanoramioPoi succede che il fatato castello eretto dalla comunicazione d’impresa sia scosso dalle fondamenta alla prima verifica non autorizzata e filtrata, come sta succedendo a Shell e ENI-Agip per la loro gestione delle attività estrattive nel delta del Niger: forse uno dei luoghi del pianeta più inquinati e inquinanti.

Amnesty International e il Centro per l'ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (CEHRD) hanno messo sul banco degli imputati soprattutto Shell, accusata di aver diffuso dati spudoratamente al ribasso sulla mega fuoriuscita di greggio avvenuta nel 2008, dichiarando di aver perso poco più di 1.600 barili di greggio, mentre un calcolo più realistico fissa il greggio riversato nel suolo e nelle acque in 72 giorni tra 103.000 e 311.000 barili.
La compagnia olandese, inoltre, è accusata - con tanto di prove documentali e video - di aver sistematicamente manipolato i report sulle perdite di greggio lungo le sue pipeline imputandole all’azione di locali “ladri di greggio” anche grazie alla copertura fornita da autorità nigeriane compiacenti, e di mentire dichiarando bonifiche ambientali mai eseguite.

Anche la nostra ENI, che attraverso la controllata Agip ha in concessione aree estrattive assai più limitate nel delta del Niger, non fa una bella figura avendo denunciato nel 2012 ben 474 perdite isolate nelle sue condutture, imputate al sabotaggio dei soliti “ladri di greggio”: quasi il doppio di quelle ammesse da Shell.
È vero, ENI ha dichiarato di pagare regolari risarcimenti e di avere un programma un piano da 200 milioni di Dollari per la messa in sicurezza degli oleodotti nel triennio 2013-15, ma questa spiegazione suona come una tardiva ammissione di una manutenzione non esattamente all’altezza (eufemismo).

Mio malgrado, mi vedo costretto ad ammettere che la comunicazione d’impresa attuata secondo strategie di stakeholder engagement e CSR (responsabilità sociale d’impresa) si rivela spesso null’altro che un raffinato esercizio di ipocrisia, fumo negli occhi di chi non è costretto a respirare ben altre sostanze.
Quasi quasi rivaluto il crudo realismo di Milton Friedman quando contestava sul piano etico ed economico l’impianto della Corporate Social Responsability sostenendo che i manager sono agenti per conto terzi e dipendenti dei proprietari-azionisti e che, pertanto, devono agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi, senza distrarre senza permesso somme per falsi dividendi sociali.


Mozambico: il passato che torna

MozambiqueChi ancora, contro ogni evidenza, nutrisse l'illusione che l'epoca del colonialismo e delle guerre sporche finanziate dagli appetiti di altre nazioni o multinazionali si fosse chiusa nel XX secolo è pregato di tenere d'occhio l'evolversi della situazione in Mozambico.

La ventennale pacificazione dell'ex colonia portoghese, massimo risultato ottenuto dalla diplomazia parallela della Comunità di Sant'Egidio, sta scricchiolando pericolosamente. Frelimo e Renamo, i due gruppi armati che si scontrarono dal 1975 al 1992 e poi si spartirono pacificamente il potere, hanno imbracciato nuovamente le armi l'uno contro l'altro in un tragico ritorno al passato.

Il motivo è squallidamente semplice. La guerra civile era foraggiata da vicini come il Sudafrica e la Rhodesia (oggi Zimbabwe) e dai rapporti di forza tra Occidente e Blocco Sovietico, ma in fondo il Mozambico non faceva gola in quanto ritenuto privo di risorse minerarie o energetiche appetibili. Per questo alla pacificazione, firmata a Roma, non furono frapposti particolari ostacoli.
Negli ultimi anni, però, sono stati scoperti vasti giacimenti di carbone, petrolio e gas naturali, oro e diamanti.
I dirigenti di Renamo e Frelimo non riescono a mettersi d'accordo sulla spartizione di questa colossale torta, e alle loro spalle soffiano sul fuoco nazioni come la Cina e le multinazionali interessate ad accaparrarsi lo sfruttamento delle materie prime.
Tutto come al solito.

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mercoledì, agosto 28, 2013

 

i compiti delle vacanze



A dispetto del titolo, non sono improvvisamente ringiovanito e tornato studentello di belle speranze. È che questo mese ho avuto parecchio da fare e da pensare al di fuori della sfera lavorativa (una volta tanto, alleluia!), ma tutto è rimasto nella testa. Ho lasciato a metà schizzi, e-mail e appunti abbozzati a penna come se, puntualmente, la spinta a concludere l'opera evaporasse senza lasciare traccia.
Si vede che il subconscio aveva deciso che era il momento di staccare e prendersi una vacanza. Così adesso mi tocca rimuovere polvere e ragnatele in quantità industriali da questo blog trascurato e silenzioso.


I have a dream

MLK memorial
Sono passati 50 anni dal memorabile I have a dream di Martin Luther King. Senza azzardare paragoni impossibili e umilianti per il sottoscritto, mi sono chiesto quale potrebbe essere oggi il mio "I have a dream": questo è il risultato.

Sogno di vivere in un Paese dove avere un sogno
non sia una vergogna o il lusso di pochi
Sogno che concetti come interesse comune, onestà e rispetto
non siano più trattati alla stregua di una barzelletta sconcia
Sogno che il talento sia riconosciuto, sostenuto e premiato a tutti i livelli
non solo per il successo e i vantaggi economici che se ne possono ricavare
Sogno di risvegliarmi in un Paese dove la cultura e l’arte
siano considerati valori da coltivare e non inutili zavorre da abbandonare


Non disturbatevi a darmi di gomito e assestarmi calci negli stinchi:
so bene che sto sognando l'Isola che non c’è, o comunque un Paese che non sarà mai l’Italia.


L'inverosimile

Questa pseudo-notizia, ripresa da diversi siti e da alcune persone che stimo per intelligenza e onestà intellettuale senza curarsi di vagliare le fonti, è la dimostrazione lampante di come una grossolana bufala fatta circolare in rete possa avere una vita (virale) lunga e trovare accoglienza anche nelle menti raziocinanti quando soddisfa quel che pensiamo o sospettiamo del personaggio preso a bersaglio.
A scanso di equivoci, non sarò certo io a dipingere Romano Prodi come un santo anacoreta o un Parsifal redivivo, tuttavia c'è di che meditare.


I figli in vacanza a casa

AlbeSara copia

In tutta coscienza so di non essere stato quel che si dice un marito e un genitore esemplare. Inizialmente, le mie aspettative in merito a come andavano interpretati questi ruoli erano piuttosto alte, probabilmente eccessive, poi è andata com’è andata.
Non starò a sciorinare i perché e i percome, le attenuanti generiche e le aggravanti specifiche su cui ho avuto tutto il tempo di arrovellarmi prima di arrivare a una sorta di tregua armata con i sensi di colpa.
Quel che conta, oggi, è che nei 10 giorni ad inizio Agosto in cui ho avuto a casa i miei figli ho sperimentato quanto di più vicino agli ideali che carezzavo un tempo.

È stata una vacanza molto sui generis, visto che gran parte del tempo a disposizione è stato sacrificato al ripasso del programma di filosofia per Sara. Ciò malgrado per Alberto e Sara è stata una vacanza a tutti gli effetti, in cui sono stati bene con me e io con loro.

Mi auguro di tutto cuore che le lunghe conversazioni, rilassate e a tutto campo, abbiano effetti positivi su di loro ben oltre le esigenze contingenti degli esami di riparazione e dei compiti delle vacanze.



È ancora tempo

Sarà per banali ragioni anagrafiche, sarà per la mia storia affettiva, ma questo pezzo me lo sento cucito addosso come pochi.

È ancora tiempo,
tiempo ancora.
È ancora tiempo,
mal'acqua e sole.
È ancora tiempo,
tiempo
furtunatament’
È ancora tiempo
'o sient'.
E coccheduno te vò bbene e basta.
E coccheccosa nun more ma resta.
È ancora tiempo,
dint' 'o core.
È ancora tiempo,
amaro e doce,
'o sient'.
È ancora tiempo,
tiempo,
russ' 'e sera.
È ancora tiempo.
E coccheduno te vò bbene e basta.
E quanno è ‘o vero nun ce sta ritorno.
E coccheccosa nun more ma resta,
resta
nu bello juorno.
È ancora tiempo.
È ancora tiempo,
'o sient’.




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