venerdì, ottobre 05, 2018

 

La lunga coda della propaganda



Se il duce avesse saputo

Siccome ho una certa età, ricordo certe considerazioni piuttosto comuni tra persone cresciute durante il ventennio fascista.

A distanza di diversi decenni dalla fine della guerra, riferendosi alle ruberie, al clientelismo e alla corruzione diffusa nelle gerarchie fasciste, oppure ricordando la deprivazione materiale e alimentare dei negozi senza merci e delle tessere annonarie, tra le righe traspariva un sottofondo di rammarico espresso in conclusioni come: "Ah, se Mussolini fosse stato informato" e "Ah se solo Mussolini avesse saputo che gerarchi, militari e industriali mentivano e tramavano alle sue spalle".

Per inciso, queste tesi "giustificazioniste" non erano monopolio dei simpatizzanti dell’allora Movimento Sociale Italiano. Semmai erano l’eredità comune di un ventennio di propaganda; la lunga coda dell’indottrinamento al consenso e alla rappresentazione di Benito Mussolini come demiurgo che si mescolava alla nostalgia di una generazione per gli anni della sua (terribile) giovinezza.

Di quella generazione rimangono solo pochi superstiti. Ho motivo di credere, tuttavia, che le loro convinzioni non sarebbero state scalfite neanche qualora fossero venuti a conoscenza dei risultati della ricerca storica che di recente, carte alla mano, ha dimostrato come Mussolini fosse perfettamente al corrente della situazione nel paese e dentro il regime e ne fosse connivente.

Ai fini del consenso popolare e per non intaccare gli equilibri di potere all’interno del fascismo, Mussolini scelse di scaricare la colpa delle inefficienze, della corruzione e delle crescenti ristrettezze imposte agli italiani sui “nemici dell’impero e della rivoluzione fascista”: traditori della patria e sabotatori nascosti negli apparati dello stato e nelle fabbriche, accaparratori, ebrei italiani e il famoso complotto delle nazioni demo-pluto-giudaico-massoniche.

Ciarlatani, cigni neri e piani B

Questa lunga introduzione ci riporta all’oggi. Non ho poteri di chiaroveggenza, ragion per cui non posso prevedere quale sarà tra 10, 20 o 30 anni il giudizio sulla fase politico-istituzionale che il nostro paese sta attraversando in questo momento e sul governo nato dal “rapporto contrattuale” tra Lega Nord e Movimento 5Stelle.

Se le prime impressioni contano qualcosa, allora ci troviamo appena all’inizio di un mare di guai, perché al capezzale dell’Italia malata e in piena decadenza sono stati chiamati a furor di popolo i ciarlatani.
Dove hanno parzialmente fallito la terapia lacrime e sangue del professor Monti e le riforme in stile convention motivazionale della forza vendita di Matteo Renzi, dovrebbero riuscire Il Gatto & la Volpe con la loro miracolosa pozione populista fatta di promesse mirabolanti e ossa di drago piumato.

Siamo ancora alle battute iniziali, ma già si scorge la fabbricazione in parallelo di narrazioni da dare in pasto all’opinione pubblica per sviare l’attenzione e, soprattutto, la responsabilità di sacrifici e scelte che dovranno apparire obbligate, prese per causa di forza maggiore o per l'ostilità dei poteri forti che ha precluso ogni alternativa.

Qualora il quadro economico-finanziario del Paese dovesse deteriorarsi e le terapie non convenzionali sperimentate dal governo si rivelassero peggiori della malattia, gli obiettivi di sviluppo irrealizzabili saranno via via sostituiti da surrogati spacciati come vittoria di una nazione libera e orgogliosa, che ha recuperato la sovranità e non si piega a minacce o ricatti.

Dite che ho copiato questo scenario apocalittico da Grecia, Argentina e Venezuela e la propaganda dall’Ungheria di Orban?
Basta ripensare alla tragica esperienza del fascismo e, soprattutto, di quella sua escrescenza che fu la Repubblica Sociale Italiana per constatare che non c’è nulla di veramente originale nelle operazioni di mistificazione.

Ovviamente mi auguro di poter arrivare a scrivere in futuro che quanto sopra è stato solo un parto di fantasia; non ricaverei alcuna soddisfazione dall'essere stato profeta di sciagure.

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martedì, maggio 06, 2014

 

Elezioni Europee: un lieto fine da scrivere


Calendar May 25 T

La chiamata alle urne è di quelle che, almeno in teoria, non dovrebbero lasciare spazio all’indifferenza: domenica 25 maggio in tutta Europa si deciderà la composizione del prossimo Parlamento Europeo nella versione con poteri ampliati e rafforzati definita dal Trattato di Lisbona.

Europa? Quale Europa?

È vero, l’Europarlamento dalle nostre parti è un’entità pressoché sconosciuta e remota; una sorta di convitato di pietra che non gode di una reputazione particolarmente positiva.
Invettive come “turisti della democrazia”, argomenti di discussione lunari divenuti paradigmatici come la leggendaria curvatura dei cetrioli, dossier avvelenati su assenteismi e rimborsi viaggio gonfiati degli europarlamentari nonché il risentimento latente verso la moneta unica hanno lasciato il segno. D’altra parte, l’impegno dei singoli parlamentari europei italiani è una coperta troppo corta sul discredito gettato dal vizietto dei partiti di casa nostra di disporre dei seggi europei come buen retiro o come parcheggio dorato per politici deragliati in attesa di ricollocazione in patria.

Personalmente, poi, provo un notevole risentimento nel vedere ancora una volta 1,6 milioni di cittadini europei - nello specifico i miei conterranei - condannati ad avere, nella migliore delle ipotesi, un solo rappresentante in Europa: molto meno di quanto viene garantito a Irlandesi, Lussemburghesi, Maltesi e persino ai Belgi di lingua Tedesca.
Mi piacerebbe poter addossare la colpa di questa frustrazione ormai storica all'euroburocrazia matrigna, ma so perfettamente che il mantenimento dell’infelice e impari Circoscrizione Isole con la ben più popolosa e politicamente influente Sicilia è stato deciso a tavolino da emerite [CENSURA] che siedono a Roma.

A ogni buon conto, chiunque pensasse di disertare la cabina elettorale per disaffezione, euroscetticismo o semplice menefreghismo farebbe bene a ragionare sul fatto che - piaccia o non piaccia - dalla maggioranza che si formerà al Parlamento Europeo dopo il voto del 25 maggio dipenderanno in larga misura le politiche, le regole e gli stanziamenti europei dei prossimi cinque anni in materie estremamente concrete come economia, finanza, commercio, lavoro, pari opportunità, comunicazioni, ambiente, sicurezza alimentare ed energia, tanto per citare alcuni fronti caldi.
A urne chiuse e a giochi fatti, invocare il “not in my name” conterà come il classico 2 di spade quando briscola è bastoni.

Non dire gatto...

Resta aperto, in ogni caso, un problema di fondo in termini di comunicazione: a meno di 20 giorni dall’appuntamento elettorale si può ancora fare qualcosa per ridurre la distanza che separa Bruxelles e Strasburgo dagli elettori italiani, specialmente quelli della fascia anagrafica più esposta all'astensionismo (18-25 anni)?
Purtroppo - o per fortuna - la comunicazione istituzionale del Parlamento Europeo non gode degli stessi ampi margini di discrezionalità e libertà espressiva delle singole liste in campagna elettorale.
Non potendo sfoderare per ironia o per frustrazione machiavellici bikini sui social network, l’ultima arma in ordine di tempo prodotta dalla campagna “ACT, REACT, IMPACT” del Parlamento Europeo è la creatività di un breve cartoon veicolato sul sito #storychangers.eu



Da oggi fino al 9 maggio il finale del frontale tra il gatto e il ragazzo disegnato come il ritratto del perfetto bimbominkia, disinteressato a tutto tranne che al rutto libero e allo skateboard, resterà aperto e, di conseguenza, la storia della disaffezione giovanile verso il voto europeo potrà essere riscritta, quanto meno a livello di video.

I suggerimenti su cosa succederà all’essere senziente (il gatto) dopo l’accidentale scambio di fluidi con la bestia inanimata (il ragazzo, of course) potranno essere postati - in Inglese - direttamente in un box del sito #storychangers.eu con il limite massimo dei 140 caratteri: 5 artisti si incaricheranno di trasformare gli script postati in possibili lieti fine in senso civico ed europeista.

Sarà possibile anche votare per le proposte di finale preferite, comprese quelle già tradotte in videoanimazioni: la versione definitiva di #storychangers, infatti, sarà determinata da una classifica tra le idee più votate.

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