domenica, gennaio 16, 2011

 

Mid-January Resume



La Calunnia del Sangue

Sarah PalinPotenze e disgrazie degli spin doctor. Sarah Palin, ex candidata repubblicana alla vicepresidenza USA nota per essere la versione intrigante e a stelle-e-strisce di Mario Borghezio per via le sue prese di posizione ultraconservatrici, ruspanti e “di pancia”, ma anche per le sue vistose lacune in fatto di cultura generale, ha stupito tutti con un’uscita colta.

Immediatamente additata come mandante morale della strage di Tucson, dove il ventiduenne Jared Lee Loughner ha aperto il fuoco contro un gruppo che ascoltava la deputata democratica Gabrielle Giffords ferendo gravemente quest'ultima, uccidendo 6 persone e ferendone altre 12, Sarah Palin è insorta con un comunicato in cui ha diffidato la stampa dal fabbricare contro di lei una “Calunnia del Sangue”.

Ora un numero limitato di persone su entrambe le sponde dell’Atlantico sa cosa sia questa “Calunnia del Sangue”.
Il riferimento, infatti, è a una diceria antisemita diffusa nel medioevo che imputava ai “perfidi giudei” la pratica del rapimento e dell’uccisione rituale di bambini cristiani al fine di bere o di impastare il loro sangue nel pane azzimo in occasione della Pasqua ebraica (un esempio alla voce San Simonino su Wikipedia).
Ironia della storia, i cristiani avevano ritorto contro gli ebrei un’accusa infamante circolata a Roma ai primordi del cristianesimo e riportata da alcuni autori classici, ovverosia che l’eucarestia fosse un rito barbaro e truculento che richiedeva il sacrificio di inermi fanciulli.

È evidente che la scelta di un termine così sofisticato, il cui significato poteva essere colto solo da chi è ferrato in storia medievale e dagli intellettuali ebrei, non è farina del sacco della Palin ed è tutto fuorché casuale.
C'è da pensare che lo spin doctor che lavora nello staff di Sarah Palin volesse mandare un messaggio trasversale ai giornalisti e alle lobby ebraiche affinché moderassero i commenti e le reazioni critiche nei confronti dell’ex governatrice dell’Alaska, rea di aver avallato sul suo sito la lista nera dei bersagli del movimento dei Tea Party nella quale Gabrielle Giffords - ebrea, liberale, sostenitrice della ricerca sulle cellule staminali - figurava ai primi posti.

In ogni caso la citazione colta, messa in bocca alla “supercafona” Sarah Palin, ha avuto il suono sgradevole di un avvertimento rozzo e inappropriato, esattamente come le recenti esternazioni dell’eurodeputato Borghezio sugli abruzzesi “peso morto”.


Noi umani

Trovo ammirevole questo video diffuso dalla NASA: spero condividiate.




Rabbia e ironia su Carta da Musica


chitarra pescatrice by Valerio PisanoHai la pretesa di fare l’artista? Cazzi tuoi.
Nel nostro Paese, dove tutti segretamente si sentono scrittori, cantanti, musicisti, pittori e scultori, chi ha qualcosa da esprimere è guardato con sufficienza e compatimento, quasi fosse un disadattato, un mitomane, un ciarlatano o un nullafacente in cerca di un mezzo per sbarcare il lunario a sbafo.

Questo vale per chi esce da Accademie e Conservatori e, a maggior ragione, per personalità eclettiche, fuori dei circuiti e dei salotti che contano, come Donatella D’Angelo e Valerio Pisano.
A quest’ultimo, autore di disegni a penna e creazioni cariche di sardonica ironia, appartiene la chimerica “Chitarra da pesca” dell’immagine.


Cattivo gusto o sapido umorismo?

BMW Advertising
Non è una campagna pubblicitaria recentissima, ma la ripropongo per aprire (se possibile) una piccola finestra di discussione sul buono/cattivo gusto in pubblicità.

Spesso, infatti, ci scandalizziamo - a ragione - degli exploit dei pubblicitari di casa nostra come quello dell’incorreggibile Oliviero Toscani per il Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale (primo piano di peluria pubica femminile), senza avere la percezione di quanto siano frequenti e grevi nell’advertising internazionale gli ammiccamenti al bric à brac erotico maschile.

Questa campagna per BMW, ad esempio, potrebbe essere ribattezzata, in omaggio a un modo di dire prettamente maschile, “Basta che respiri... e abbia una carta di credito Platinum”.
L’ironia starebbe nel rovesciamento dei ruoli rispetto allo stereotipo dell’uomo rattuso (per cui ogni buco è pertuso), capace di copulare meccanicamente con qualsiasi rappresentante del sesso femminile a disposizione nascondendone all'occasione le fattezze non gradite con un cuscino.

Buona settimana

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sabato, gennaio 01, 2011

 

January 1st recap



2010: le novità dal passato

Non l’avrà dato a vedere, ma per l’archeologia e la paleoantropologia il 2010 è stato un anno di fuochi d’artificio, svolte inattese e - qua e là - qualche vistosa scivolata sul marketing del sensazionalismo.

Affari di famiglia

La decodifica del DNA nucleare estratto da resti fossili dell’Uomo di Neanderthal, ad esempio, impresa fino a ieri considerata fantascienza, ha permesso ai ricercatori dell’Istituto Max Planck di Lipsia di identificare un piccolo, ma significativo lascito dei neandertaliani nel codice genetico della popolazione mondiale di oggi, eccezion fatta per gli africani.

Questa prima crepa nella teoria che predicava l’impossibilità di un incrocio fertile tra rami diversi del genere Homo, tenacemente ribadita in tempi recenti anche dal fisico e divulgatore scientifico Antonino Zichichi, è stata allargata dalla sequenziazione del DNA nucleare estratto dalla falange fossile di una bambina di 5/7 anni vissuta circa 40.000 anni fa nei pressi di una grotta di Denisova, nella Siberia meridionale.
La comparazione tra DNA, infatti, ha messo in luce che la bimba di Denisova apparteneva a un terzo ramo evolutivo della nostra specie - affine ai Neanderthal, ma distinto da questi ultimi - sciamato dalla culla africana verso l’Asia in tempi diversi sia rispetto ai primi neandertaliani sia rispetto agli ultimi a essersi messi in cammino, ossia i nostri progenitori diretti.

Inoltre, l’Uomo di Denisova si sarebbe insediato in un’area dell’Asia abbastanza vasta da trovarsi a contatto non solo con i clan dei Neanderthal, ma anche con i nuclei di Sapiens Sapiens in migrazione verso il Pacifico del Sud e l’Oceania, da convivere per un certo tempo e da mescolarsi con essi, considerato che una porzione della sua impronta genetica si ritrova esclusivamente in alcune popolazioni melanesiane e della Guinea Nuova Papua.

Si può ipotizzare che i nostri antenati nomadi, alle prese con le difficoltà di sopravvivere di caccia e raccolta in territori sconosciuti, non abbiano pensato unicamente a sbarazzarsi dei potenziali concorrenti per il cibo, ma talvolta siano ricorsi a forme di scambio e ad alleanze temporanee con le popolazioni preesistenti, mettendo da parte l’inquietudine suscitata dal loro aspetto, così simile e così diverso.


Non si butta via niente

La cueva de el Sidrón, nelle Asturie (Spagna) è al centro di un piccolo giallo preistorico a tinte splatter.
In una sorta di sifone della grotta sono state trovate ammonticchiare numerose ossa umane in un primo momento scambiate per resti risalenti alla guerra civile spagnola, ma in seguito retrodatate a circa 43.000 anni fa.

Gli esami dei periti forensi hanno stabilito che si tratta di ossa appartenenti a una dozzina di individui: uomini, donne e bambini di Neanderthal. Le ossa spezzate, forse per estrarne il midollo, e i segni di incisione e intaccatura nei punti di intersezione dei muscoli lasciano intendere che il gruppo abbia incontrato una fine violenta e sia stato mangiato in un banchetto antropofago.

Secondo uno studioso spagnolo, l’esame del DNA mitocondriale avrebbe stabilito un legame di consanguineità tra alcuni membri del gruppo, probabilmente un clan familiare, ma tali conclusioni sono state giudicate affrettate.
Sulle ossa e sui denti erano sicuramente presenti segni di carenze alimentari e malnutrizione. I Neanderthal trovati a El Sidrón erano cacciatori che avevano patito ripetutamente la fame e che, forse per questo motivo, erano sconfinati nel territorio di caccia rivendicato da un altro clan. Sorpresi e trucidati dai rivali nei pressi della grotta, sarebbero stati divorati senza rimorsi in nome della dura legge della sopravvivenza.

Nell’immagine (© National Geographic), la ricostruzione del probabile aspetto di “Wilma”, ottenuta dai dati antropometrici di uno degli individui di sesso femminile trovati a El Sidrón.


L’esercito perduto nelle sabbie

Narra lo storico greco Erodoto (484-425 A.C) che nel 523 A.C. l’imperatore persiano Cambise II, impadronitosi dell’Egitto, inviò spedizioni militari nel deserto a ovest del Nilo per debellare gli ultimi focolai di resistenza degli egizi, concentrati intorno alle oasi, e creare una testa di ponte in vista della progettata campagna via terra contro Cartagine.

Una di queste armate, forte di circa 50.000 effettivi più servi e schiave, era partita da Tebe diretta alla grande oasi di Siwa con l’obiettivo di metterla a ferro e fuoco e radere al suolo il tempio del venerato oracolo del dio Amon (quello consultato anche da Alessandro Magno in cerca di conferme sulla sua origine semidivina).
Si trattava, quindi, di un gesto con valenze militari, strategiche e politiche.
Tuttavia, l’esercito del Re dei Re non arrivò mai a Siwa perché, in un luogo imprecisato lungo il percorso, venne investito da una gigantesca tempesta di sabbia che seppellì la maggioranza e disorientò i pochi superstiti, condannandoli a vagare nel deserto fino a morire di fame e sete.

Malgrado secoli di ricerche, i resti dell’armata perduta di Cambise non furono mai restituiti dalle sabbie, al punto che si consolidò l’opinione che Erodoto avesse riportato una leggenda priva di fondamento o una diceria diffusa per denigrare la potenza militare persiana, peraltro abbonata a disastrosi infortuni dovuti a disorganizzazione, incompetenza o eccesso di sicurezza.

Questo fino a quando una spedizione geologica e archeologica italo-egiziana guidata dai fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni non si è imbattuta, a circa 150 km da Siwa, in una serie di manufatti di origine achemenide come punte di freccia, l’impugnatura di un pugnale, resti di monili e finimenti di cavalcature. Inoltre, intorno a una grande roccia isolata, la spedizione ha scovato un vero e proprio ossario, probabilmente una piccola parte degli scheletri sepolti sotto metri e metri di sabbia.

La notizia del ritrovamento, circolata a novembre scorso, ha sollevato pesanti critiche e scetticismi: gli stessi Castiglioni sono stati cauti nell’attribuire quanto hanno scoperto all’armata persiana svanita nel deserto.
Tuttavia molte cose collimano: la scelta di una pista alternativa alle carovaniere in vista di sferrare un attacco di sorpresa, l’errore di percorso dovuto all’imprecisione delle mappe in possesso dei persiani, il ritrovamento di resti di pozzi artificiali con cocci di anfore per l’acqua che rispondono alla tattica persiana di disseminare in anticipo l’itinerario di “punti di sosta” dove l’esercito avrebbe trovato di che dissetarsi, la datazione e la fattura dei manufatti, la presenza di molte ossa sotto il costone roccioso che poteva offrire un minimo di riparo nell’imperversare del khamsin.

Mancano all’appello gli equipaggiamenti delle truppe (elmi, scudi, armature), ma ciò è comprensibile se si pensa che nel deserto qualsiasi cosa riutilizzabile è preziosa e che il punto del ritrovamento è stato battuto per secoli dai beduini.


Il gladiatore ritrovato (?)

York, nell’Inghilterra settentrionale, in epoca romana si chiamava Eboracum ed era la città più a nord di tutto l’impero, sede di prefettura, di una legione acquartierata nella vicina fortezza, nonché vivace centro commerciale dove si sperimentava un melting pot ante litteram, confermato dal ritrovamento di sepolture di residenti di origine nubiana, danubiana e dell’Asia Minore, di cui alcuni privi del cranio.

A metà dicembre scorso è circolata la notizia del ritrovamento di un ulteriore scheletro in una sorta di discarica di epoca imperiale.
Dall’analisi delle caratteristiche dell’ossatura si è potuto stabilire che l’uomo doveva essere stato uno spadaccino - o comunque una persona che in vita aveva seguito un lungo addestramento all’uso della spada - e che la sua morte era diretta conseguenza di un duello in cui era rimasto più volte ferito prima di ricevere il fendente definivo al capo.

Il fatto che lo scheletro si trovasse in un’area di pertinenza dell’anfiteatro un tempo esistente a Eboracum ha stuzzicato l’interesse e la fantasia dei media, che hanno subito parlato di “gladiatore ritrovato”, inserendolo così nella scia del celebre film di Ridley Scott.
Forse sarebbe stato il caso di non essere tanto frettolosi nel cercare titoli sensazionalistici, visto e considerato che Eboracum era una città vicina a un confine piuttosto turbolento (quello con i Pitti scozzesi) ed era abitata da un gran numero di persone che per vivere praticavano mestieri pericolosi, anche senza scomodare i ludi gladiatori.
Inoltre, a differenza di quanto capitato allo sfortunato spadaccino, non era usuale che i corpi dei gladiatori morti combattendo nell'arena venissero scaricati come immondizia. Resta aperto, perciò, lo scenario di un agguato o di un regolamento di conti, che renderebbe plausibile la volontà di occultare lo scomodo cadavere.


Anno nuovo, solita brutta aria per la libertà di espressione

La nuova Legge sui Media entrata in vigore in Ungheria il 1 gennaio è un pessimo biglietto da visita per il 2011 sul fronte della libertà di opinione e di stampa.

Fresca d’insediamento alla presidenza di turno dell’Unione Europea, l’Ungheria governata dalla coalizione di centrodestra guidata da Viktor Orban ha approvato un provvedimento che mette sotto tutela tutti i media nazionali, ponendoli di fronte alla minaccia di multe salate qualora i cinque componenti di un’Autorità ad hoc, nominati tra i membri del partito Fidesz al potere, ravvisino “posizioni politicamente non equilibrate” o il “danneggiamento della dignità umana”.

La nuova Autorità potrà visionare i contenuti e i materiali media di radio, televisione, giornali e siti web, imporre restrizioni e costringere i giornalisti a rivelare l’identità delle loro fonti quando le notizie tocchino argomenti rilevanti per la sicurezza nazionale.

È lampante che una legge che concede poteri di controllo e d’interdizione sui media così penetranti a un'authority che non è super partes, bensì diretta espressione della maggioranza al potere, a fronte di deleghe tanto nebulose da poter essere interpretate in modo assolutamente arbitrario, è una clava pronta ad abbattersi su qualsiasi voce critica e sul dibattito politico.

Governo e parlamento magiari se ne sono infischiati dei moniti dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), delle proteste della federazione europea delle agenzie di stampa e dei blandi mugugni del Parlamento Europeo, confermando la gravità della deriva autoritaria e sciovinista che sta alterando i connotati di una nazione fino a ieri considerata paciosa e tollerante.

C’è solo da augurarsi che il pericoloso esempio ungherese non solletichi da noi il desiderio di rimettere in pista le varie e scellerate proposte di legge-bavaglio sulla stampa e su internet.


Ricordi di viaggio


La Posadina B&B - CagliariSono tornato dalla Sardegna in tempo per trascorrere il passaggio dal 2010 al 2011 nel silenzio (relativo) di casa.

Dalla trasferta in terra sarda ho portato con me nuovi ricordi - alcuni felici e gioiosi, altri decisamente non estusiasmanti - e la convinzione che Cagliari sia il posto dove mi sento davvero a casa, sebbene siano passati poco meno di 20 anni da quando mi sono trasferito a Milano.

Nella foto scattata con il cellulare, un dettaglio di La Posadina, il Bed & Breakfast che ho scelto quasi per caso sul web e che si è rivelato una piacevole bomboniera in una zona centrale, ma estremamente tranquilla della città.

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