mercoledì, gennaio 11, 2017

 

Il passo falso del grillo



Mi sono posto una domanda oziosa: come dare una parvenza di senso alla scombinata liaison dangereuse tra il ruspante ed euroscettico MoVimento Cinque Stelle e i vertici del gruppo Liberal-democratico al Parlamento Europeo?

I protagonisti

Beppe GrilloGuy Verhofstadt - ex premier del Belgio, interessato ad aprire le porte dell’ALDE al M5S allo scopo di puntellare la posizione dei Liberal-Democratici come terzo gruppo dell’Europarlamento, ma soprattutto per prenotare per sé la prossima poltrona di prestigio lasciata vacante a Strasburgo o Bruxelles.

I vertici M5S - per cui concludere la trattativa con Verhofstadt e l'ALDE era un’occasione da cogliere perché:
• avrebbero svincolato gli euro-pentastellati dall’alleanza sempre più limitante e improduttiva con l’UKIP di Nigel Farage, poco coinvolto nei lavori dell’Europarlamento da quando ha fatto bingo con la Brexit;
• operando all’interno dell’ALDE, la pattuglia del M5S avrebbe potuto esercitare un’influenza maggiore sulle decisioni dell’Europarlamento;
• ultimo ma non ultimo, c’era una discreta possibilità di ritagliarsi la stessa autonomia decisionale goduta all’interno del gruppo parlamentare EFDD.


Gli ignari

Quasi tutti gli europarlamentari dei due gruppi più la base elettorale del M5S in Italia.


Il feuilleton

L’accordo, strombazzato in Italia come già concluso e solo da ratificare, è saltato miseramente.
Le resistenze, le proteste e le spaccature all’interno dell’ALDE che Verhofstadt aveva sottostimato si sono trasformate in una porta sbattuta in faccia ai Cinque Stelle.
Questi ultimi, non potendo fare altrimenti, hanno inscenato la manfrina del “non ci meritano”, “questa volta abbiamo fatto tremare i poteri forti e loro hanno reagito” ecc. ecc. La verità è che ora pagheranno pegno a Nigel Farage per rientrare nell’EFDD.


Il taxi

yellow cabTutto questo mediocre canovaccio mi ha ricordato una frase di Enrico Mattei: “Uso i partiti allo stesso modo in cui uso i taxi: salgo, pago la corsa e scendo.”
La trattativa è stata il taxi su cui sono saliti due estranei che intendevano raggiungere i rispettivi obiettivi.
Accordarsi era esclusivamente una questione di convenienza: ci sarebbe stato tempo e modo, in seguito, per appianare le siderali divergenze di vedute, per far digerire ai rispettivi parchi buoi l’idea che il rospo da baciare era un bellissimo principe sotto maleficio e, al momento opportuno, separarsi salvando la reputazione.

Sul più bello, però, il taxi ha forato: nemici come prima.

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sabato, gennaio 07, 2017

 

Le divisioni di Saviano



Gomorra book by Roberto Saviano

«Il Papa? Quante divisioni ha il Papa?», avrebbe chiesto Stalin a Yalta a quanti gli facevano presente le esigenze di Pio XII sull'assetto europeo. La stessa domanda risuona oggi a proposito di Roberto Saviano da Napoli, scrittore e saggista, almeno alla luce delle reazioni tranchant nei toni e miserrime nei contenuti di alcuni noti esponenti della politica nostrana alla sua uscita sogno sindaci africani estrapolata da un’intervista curata da Gianni Riotta per la RAI.

Già, di quante divisioni dispone Roberto Saviano? È un pericoloso arruffapopoli? È il leader in pectore di un movimento politico di massa? Si candida a sindaco di qualche grande città? Ha in tasca la potenza deflagrante della verità assoluta o la soluzione definitiva per sanare l’Italia meridionale dai suoi mali endemici?

Direi niente di tutto questo. Saviano di per se non è un oracolo, un santone o un eroe senza macchia da sollevare su laici altari.
Di mestiere fa lo scrittore, ovverosia campa sul successo di ciò che scrive. E siccome scrive e parla di malavita organizzata e di altri problemi di stringente attualità si documenta, studia, riflette ed esprime opinioni talvolta discutibili ma non del tutto infondate: è così che si è costruito una sua autorevolezza.

Dice anche stronzate, Saviano, che sembra avere un altissimo concetto di se a fronte di una simpatia e di un calore umano tutt’altro che irresistibili e si presta al rituale delle “ospitate” sui media per promuovere le sue opere in uscita. Dov’è lo scandalo?
Dà fastidio, ah come dà fastidio in questo Paese il Roberto Saviano ghibellin fuggiasco con robusto conto in banca; quanto urta l’intellettuale finto-asceta che si permette di levare il dito accusatore senza sporcarsi le mani, il pennivendolo che lucra vendendo la carogna di un’Italia parallela, cinica, molle, malavitosa e decadente.

Ma esiste quest’Italia marcia alle radici o è solo il parto della fantasia di un furbone, di un lavativo che ha trovato il modo di vivere in agiatezza senza faticare?
Forse è proprio qui il punto. Non è in discussione l’esistenza di camorra, sacra corona unita, ndrangheta e mafia, dei racket, della corruzione, del caporalato, delle guerre per il controllo del territorio, ma che sia Saviano a spremere questi bubboni per vendere - bene - i suoi libri: altrove chiamerebbero questo atteggiamento invidia sociale o rancore iconoclasta.

Quanto poi al “sogno un sindaco africano” non significa niente se non si colloca quest'affermazione nel contesto dell’asfissia culturale, politica e amministrativa del Centro-Sud, dove i semi del riscatto e della speranza sembrano puntualmente seccare in una terra diventata sterile.
Prendersela con Saviano perché “fa male all’immagine di Napoli” o perché invade indebitamente il campo della politica è un po’ come avere un orgasmo fissando il dito che indica la luna.

Inciso finale: a scanso di equivoci, mai stato fan di Roberto Saviano.

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