sabato, luglio 30, 2011

 

Attenzionando



Mastro Ugolindo

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Ugo Cappellacci si è dichiarato pronto a rimettere la tessera del PDL in segno di protesta.
Già che c'è, Governatore, rifaccia anche la fototessera per i documenti d'identità. Mi dia retta, con tutti i ceffoni che le sono stati rifilati dal "governo amico" sarebbe meglio evitare di trovarsi a dare spiegazioni imbarazzanti.

No, Governatore, non la compatisco. Lei era pienamente consapevole della contropartita politica da pagare per essere collocato sulla poltrona che occupa e godere del modesto appannaggio mensile di 14.600 Euro. Troppo a lungo è stato educato e e remissivo, troppo spesso ha scelto di porgere l'altra guancia, per inciso quella dei sardi di cui avrebbe dovuto rappresentare e difendere gli interessi.
Le occasioni mancate sono tante: dallo scippo del G8 e dei fondi FAS alla vertenza entrate, dalle servitù militari che arricchiscono tutti tranne i sardi alla cessione della Tirrenia, solo per fare qualche esempio.
Chissà se davvero ha capito che è meglio non avere questo governo per amico, che è meglio stare soli che doversi guardare le spalle dai compagni di partito che siedono nei ministeri romani: meglio sardi che mai.


Penati, Pasini e il Sestogate


Filippo Penati e Giuseppe Pasini

Premetto che non dispongo di gole profonde che mi passano informazioni riservate sul Sestogate. Pur abitando a Sesto San Giovanni dal 18 anni, infatti, conosco solo di vista Filippo Penati e Giuseppe Pasini, ovvero due dei protagonisti dell'inchiesta monzese su presunte maxi stecche (leggi tangenti) e strane triangolazioni bancarie legate alla riconversione delle aree industriali dismesse e al sistema del trasporto pubblico nel Nord Milano.
Quelle che seguono sono solo annotazioni personali e notiziole "di contorno".

La prima impressione è che il (presunto) verminaio che è divenuto di pubblico dominio sia solo la punta dell'iceberg, ma anche che non ci sia nulla di scontato sull'esatta natura e le dimensioni di ciò che si trova sotto il pelo dell'acqua.

Ad esempio non mi convince - e un po' me ne dispiaccio - la posizione di Giuseppe Pasini. Come mai una figura stimata come questo ottantenne dall'aspetto da galantuomo "vecchio stampo", arrivato a Sesto nel 1951 da Fossalta di Piave, ha taciuto per tanti anni di essere stato vittima di concussione?
Perché proprio ora e non nel 2007, quando concorreva alla poltrona di sindaco nella lista civica appoggiata dal PDL? Perché non una parola in questi anni che ha trascorso seduto in consiglio comunale come capogruppo della minoranza?

Sorge il sospetto (puramente dietrologico) che Giuseppe Pasini sia stato indotto a scoperchiare il vaso di Pandora da una regia interessata a replicare i risultati ottenuti nel 2006 con le rivelazioni sull'affaire Unipol-Banca Antonveneta, nell'eventualità che l'entropia dell'attuale maggioranza imponga in autunno lo scioglimento anticipato delle Camere.

Un'altra possibile spiegazione è che Giuseppe Pasini, da sempre stratega del Gruppo edile omonimo, abbia deciso di regolare i conti in sospeso con Penati, la giunta sestese e il PD, rei di aver originato le attuali difficoltà dell'azienda tenendo bloccato in comune il suo progetto di riconversione della Falk abbastanza a lungo da rendere necessario uscire dall'affare per non essere trascinati a fondo, svendendo la proprietà dell'area a Luigi Zunino.
Dopo quel bagno di sangue, il Gruppo Pasini è rimasto il nome più importante dell'edilizia sestese, ma il ciclo di espansione avviato con il recupero delle aree ex Magneti Marelli ha subito una battuta d'arresto.
I Pasini hanno ceduto il complesso cinquecentesco di Villa Torretta, recuperato dallo stato di rudere fatiscente e trasformato in albergo di lusso. Inoltre, hanno subito lo smacco del trasloco in altra sede della filiale italiana di Oracle, che da sola occupava quasi per intero la torre del centro direzionale realizzato in una porzione dell'area Marelli.

E arriviamo a Filippo Penati, l’inquisito, fino a pochi giorni fa uno degli uomini più influenti del PD lombardo, Vicepresidente del Consiglio Regionale, ex Presidente della Provincia di Milano, capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani prima che quest’ultimo fosse eletto segretario del PD.

Quando sono arrivato a Sesto, Filippo Penati era vicesindaco nella giunta guidata da Fiorenza Bassoli. Di professione assicuratore, Penati aveva l’aria del quarantenne rampante impegnato a dismettere la polvere e il grigiore da appartniki del PCI-PDS. Si sarebbe detto che Penati fosse il classico quadro tanto abile nel tessere trattative dietro le quinte quanto impacciato e poco comunicativo alla luce del sole.

Nei due mandati da sindaco, Penati si scrolla di dosso legnosità e timidezze: è un vincente, un pragmatico e un moderato nel contesto di un partito che a Milano e in Lombardia litiga, sbanda, arretra e rimedia ceffoni a ogni tornata elettorale.
Penati svecchia la sua immagine in coincidenza con l’elezione - a sorpresa - a Presidente della Provincia di Milano.

La permanenza a Palazzo Isimbardi non è tutta rose e fiori. Le discutibili prese di posizione in tema di ordine pubblico e campi Rom, la contrapposizione aspra con il sindaco di Milano Gabriele Albertini sull’acquisto del 15% dell’autostrada Milano-Serravalle alimentano le contestazioni di chi, a sinistra, taccia Penati di essere un trasformista, un burocrate poco sveglio, velleitario e intimamente conservatore che si è venduto per ingraziarsi i poteri forti.

L’astro di Filippo Penati inizia ad appannarsi dopo la mancata riconferma alla Provincia, battuto dall’anonimo Guido Podestà, e la netta sconfitta alle successive elezioni regionali lombarde.

Resta da capire quanto ci sia di vero nelle dichiarazioni raccolte e nella documentazione in mano alla Procura di Monza. L’ipotesi che nella ex Stalingrado d’Italia fosse stato messo a punto un sistema parallelo e opaco di finanziamento/estorsione di cui beneficiavano singoli componenti delle giunte comunali e le casse del PDS-PD fa cadere le braccia.
Dal dimenticatoio si riaffaccia il ricordo di Primo Greganti, il Compagno G che resistette all'incarcerazione e alle pressioni del Pool Mani Pulite senza rivelare i segreti della doppia contabilità del PCI e i meccanismi con cui il partito della questione morale aveva percepito la sua quota di mazzette in occasione dell’affare Enimont .


huge emptiness

Sunrise @ Monument Valley
The sun rises again,
but who will melt the frost inside my soul?
If only I could reset my mind
If only I could reset my mind
I could spread my wings again

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sabato, luglio 23, 2011

 

storie minute 2



San Bardilio

chiesa di San Bardilio, Cagliari

Le ho dato la caccia per anni ai tempi dell’università scartabellando volumi polverosi e raccolte di dagherrotipi ingialliti senza alcun risultato, al punto di convincermi che non esistesse: invece giusto una settimana fa è saltata fuori in una pagina di Facebook.
Sto parlando di questa foto d’inizio Novecento, scattata da Max Leopold Wagner, che ritrae la facciata dimessa, rosa dall’umidità e dalla salsedine, della chiesa intitolata a San Bardilio martire a Cagliari (immagine ©Ilisso Edizioni/Fondazione Wagner, Nuoro).

Perché mi incuriosiva tanto questa particolare immagine?
Perché la chiesa raffigurata è stata demolita nel 1929 per allargare il cimitero monumentale di Bonaria e, sebbene risalisse all’alto medioevo (se ne hanno notizie dal X secolo), non è stata solo cancellata dal paesaggio, ma anche completamente rimossa dalla memoria.

L’antica Sancta Maria ad Portu Gruttis o Sancta Maria de Portu Salis, edificata ai piedi del colle di Bonaria per essere il fulcro religioso del quartiere portuale romano e alto-medievale di Bagnaria, versava già in precarie condizioni di conservazione quando ne scriveva il Canonico Giovanni Spano, erudito autore della Guida di Cagliari e dei suoi dintorni data alle stampe nel 1856.
Ridotta a un pallido e patetico relitto, sconsacrata, la chiesa di San Bardilio non ha retto al disinteresse dei vivi e alle necessità dell’ultimo riposo dei defunti: è sparita in silenzio, portando con sé nel dimenticatoio un tassello dell’arte e della storia di Cagliari.

Per chi volesse approfondire c’è, neanche a dirlo, questa pagina Wiki.


Clienti infernali

Nel mio lavoro capita di sentire i clienti chiedere e, a volte, pretendere a muso duro cose assurde o irrealizzabili, oppure modifiche ridicole o di pessimo gusto.
Molto spesso il cliente ha un’idea vaga del risultato finale che vuole ottenere: ha bisogno di vedere cosa NON vuole o NON gli piace per dare indicazioni utili al team che lavora sul progetto.
Non potendo, per obblighi di riservatezza, entrare nell’aneddotica dell’agenzia per cui lavoro, ho tradotto qualche passo significativo della raccolta “Clienti venuti dall’inferno”.
angry businessman

Pesi e misure


Cliente: «Il logo distoglie l’attenzione dal testo. Ci piacerebbe che il testo fosse reso più grosso ed evidente»

Il team effettua i cambiamenti e rispedisce il progetto al cliente.

Cliente: «Ci piace come avete reso molto più evidente il testo, però ora il logo non spicca più abbastanza. Potreste evidenziarlo allo stesso modo?»

Più bianco del bianco


Cliente: «Voglio che lo sfondo sia più brillante e più bianco»
Web Designer: «Il colore attuale di sfondo è #FFFFFF: è il massimo del bianco che posso ottenere»
Cliente: «No, ti sto dicendo che può, anzi deve essere più bianco!»

Dopo quasi un ora di discussione al telefono, il cliente invia un file powerpoint con l’immagine di una nuvola e una freccia ad evidenziare l'area con il punto di bianco ritenuto appropriato.
Il web designer misura il colore con lo strumento color picker: è #FFFFFF. Telefona al cliente per avvisarlo che ha inviato il file con le modifiche richieste.

Cliente: «Grazie! Era tanto difficile ammettere che avevi torto?»

Un cliente che sa quello che vuole


Cliente: «Mi piace il design, il logo e le foto, ma lo schema colore non mi fa impazzire…»
Grafico: «Ha in mente qualche colore in particolare?»
Cliente: «No, ma vorrei che somigliasse al bianco e nero, a colori però»

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giovedì, luglio 21, 2011

 

storie minute



Punti di vista

Drama Masks
"Due sono le motivazioni alla radice di tutte le nostre azioni: soddisfare i desideri e sfuggire alla sofferenza.
I mezzi che utilizziamo per raggiungere lo scopo - se costruttivi o distruttivi, aperti al prossimo o meschini, saggi, furbi, folli o criminali - dipendono dall’educazione che abbiamo ricevuto, dalle esperienze che abbiamo fatto e dal livello di consapevolezza delle nostre azioni."
(dal web)

Sembrano le parole di un Marco Aurelio redivivo e digitalizzato. Alla luce di questo punto di vista assumono una parvenza di senso molti nostri comportamenti spiccioli in apparenza insulsi o incoerenti. Però in base a questi presupposti sparirebbero le categorie di bene e male anche su larga scala, nella storia dell'umanità, sostituite da metodi intelligenti e metodi stupidi, violenti e sanguinari di realizzare desideri o di evitare il dolore. Mah!


Spiccioli

Empty pocketsPur di fare cassa hanno architettato una sistematica e spietata spoliazione dei ceti medi e medio bassi.

La manovra di assestamento passerà come un tosaerba su quel poco di magro benessere e sicurezze che resta dopo tre anni di crisi, rivolterà le tasche di dipendenti, pensionati, famiglie, piccoli risparmiatori, nuclei familiari con persone a carico non autosufficienti, lavoratori che sono stati convinti a a destinare parte del magro salario e il TFR a una pensione integrativa.

Poi qualcuno si accorgerà che il paese è stremato, che gli studi dentistici chiudono per mancanza di clienti, che il turismo interno e verso l'estero è tornato a essere un fenomeno elitario, che le spese alimentari sono ulteriormente diminuite, che autovetture, televisori, frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie non trovano acquirenti, che i contadini preferiscono far marcire la frutta sugli alberi, che le buste contenenti bossoli recapitate ad amministratori locali e ai medici delle Commissioni INPS non sono più fatti isolati.

Ma tanto a loro cosa importa? Hanno vinto da tempo il loro biglietto della lotteria, il loro posto al sole.
Ci sarà chi dagli scranni del parlamento leverà il dito contro la deriva giustizialista e dell'antipolitica e qualche alto prelato dichiarerà che l'indignazione non è costruttiva e non è neppure un sentimento cristiano… .

Mi chiedo solo come mai, dato che c'erano, non abbiano pensato di riesumare anche la tassa sul macinato e l'oro alla patria.


Lion

Ho fatto una scelta spericolata, molto lontana dalle mie abitudini: installare Mac OSX 10.7 Lion il giorno stesso in cui Apple l'ha reso disponibile.
Essere impulsivi, però, è quasi sempre una mossa poco giudiziosa, ancor più se di mezzo c'è il sistema operativo.
Mac OSX LionLa decisione di offrire Lion esclusivamente tramite download dal Mac Application Store (MAS) è del tutto legittima e coerente con gli indirizzi del marketing Apple.
Tuttavia scaricare 3,79 Gigabyte è una specie di terno al lotto: se incappi in un momento in cui i server sono intasati di richieste e se il tuo ISP decide di fare manutenzione, com'è successo ieri all'ora di cena, arrivare in fondo diventa un esercizio di santissima pazienza.
Diciamo che mi ci sono voluti 15 minuti per scaricare gli ultimi aggiornamenti propedeutici, circa 50 minuti per il download e mezzora (abbondante) per l'installazione di Lion.

Riavvio ed eccomi finalmente al cospetto del Re Leone.
Sto ancora ringraziando che mi sia stata risparmiata l'introduzione con animazioni, luci e squilli di fanfare quando compare la scrivania del Mac, apparentemente uguale a quella solita. In realtà, Lion ammicca da qualche icona nuova di zecca nel dock e dal nuovo look delle finestre.

Inizio a vedere gli effetti di Lion dal fatto che le icone delle applicazioni più datate – da Photoshop CS ad AppleWorks 6 – sono sbarrate. Apple ha definitivamente cancellato le istruzioni che consentivano al software scritto per la dismessa piattaforma PPC di girare ancora. Mestizia.

Le grane cominciano con il comportamento del browser Safari, che proprio non risponde alle chiamate, e con la suite NeoOffice che non può funzionare senza il supporto per Java (non fornito con Lion).
Il primo tentativo di scaricare il supporto Java fallisce perché Fastweb toglie la connessione; il secondo si inchioda irrimediabilmente a un minuto dalla conclusione. Dopodiché Aggiornamento Software inizia a dare i numeri, seguito a ruota dall'applicazione di assistenza all'installazione.

Preoccupato e incattivito, inizio a recitare litane di invettive e a pensare a una exit strategy per tornare sui miei passi; comunque decido di fare prima un tentativo riavviando il Mac. Miracolo! Lion improvvisamente si mostra docile e tutto ciò che sembrava corrotto o non funzionate si rimette in carreggiata.
In tutto, son tornato a riveder le stelle, sfinito, che era passata mezzanotte e mezzo.

Morale della favola: con i felini informatici di grossa taglia è meglio usare prudenza e, in ogni caso, si fa meno fatica ad andare ad ammirare quelli in carne e ossa in uno zoo safari.

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lunedì, luglio 18, 2011

 

Quattro passi virtuali



Virtual tour

La versione 6x di Google Earth integra a buon livello il servizio Street View. Grazie a questa combinazione ho trascorso qualche ora a fare un tour virtuale di Cagliari, della S.S. 125 “Orientale Sarda”, di Lanusei e del litorale di Arbatax accompagnato da un pizzico di malinconia per le cose che, inevitabilmente, sono cambiate negli anni, molta curiosità e da sprazzi di divertimento.
È stato comunque bello tornare a percorrere certe strade, rivedere certi panorami come se fossi lì, trovare al loro posto “vecchi amici” come le balze scoscese del monte Tricoli quasi che davvero mi aspettassero pazienti.

Monte Tricoli

Anche per le prossime ferie, se tutto andrà bene, trascorrerò giusto qualche giorno in Sardegna e, tanto per cambiare, non ci sarà tempo di effettuare una visita “mordi e fuggi” a Lanusei; questo mio back to the roots sta diventando di anno in anno una sorta di promessa indefinita del tipo “l’anno prossimo a Gerusalemme”.


Shoppers

Se qualcuno ancora pensa che le shopper bag siano una banale comodità priva di identità e forza comunicativa, beh, non ha fatto i conti con la creatività visionaria, furba, provocatoria e persino eccessiva degli studi di design e dei virtuosi della cartotecnica.
Guardate questi esempi e ditemi se possono essere classificati come semplici e anonimi sacchetti per la spesa :o)

Shoppers

P.S: se questi esempi hanno stuzzicato la vostra curiosità, qui trovate una vetrina ben fornita delle idee più bizzarre, innovative e divertenti: enjoy! :-)

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venerdì, luglio 15, 2011

 

Bel Paese Inc.



Patrizia Asproni
«Sono stanca del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Non ne abbiamo più bisogno.
Il patrimonio culturale del Paese deve entrare nella competenza del Ministero dello Sviluppo Economico.»
( Patrizia Asproni, Presidente Confcultura Confindustria )


In via di principio non sarei contrario a un passaggio di consegne tra ministeri, visto che è difficile ipotizzare una gestione del patrimonio culturale, artistico e archeologico nazionale più mortificante, deficitaria e autolesionista di quella del MIBAC targato Sandro Bondi*, ora affidata al pragmatico e discreto Giancarlo Galan.

Tuttavia non sono sicuro della visione che sta dietro questa dichiarazione della responsabile confindustriale per la cultura. Non vorrei che l'auspicio fosse esclusivamente quello di trovare un uditorio più sensibile e malleabile con cui intavolare una trattativa che, en passant, preveda un robusto ammorbidimento dei vincoli e dei poteri di vigilanza.
Si sa, una cosa è il mecenatismo e le sponsorizzazioni, un'altra è la prospettiva di ottenere una corsia preferenziale per concludere buoni affari nel santo, salvifico e patriottico nome della "valorizzazione".


* In realtà avrei una candidata sciaguratamente perfetta per polverizzare i record negativi del MIBAC, ma è meglio che tenga per me il suo nominativo: hai visto mai che i peggiori incubi si avverino?!?

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lunedì, luglio 11, 2011

 

Short lesson





Uno spot "vecchio stile" per il quotidiano britannico The Guardian: una manciata di secondi per spiegare un concetto che dovrebbe essere ovvio, ma che viene tenuto chiuso in un cassetto e/o sacrificato senza tanti rimorsi a tutti i livelli della comunicazione.

La realtà della comunicazione vista da dentro ha ben poco a che vedere con la lezione dello spot di The Guardian.
Dopo un discreto numero di anni nel settore, devo ammettere che ci sono giorni in cui scopro di amare ancora alla follia il mio lavoro di nicchia e altri in cui vedo emergere situazioni che contengono lo stesso meccanismo perverso su cui Paolo Villaggio ha costruito la sua fortuna di autore e e attore comico: situazioni ridicole e amare, grottesche e degradanti.
E io? Ballo a tempo, come tutti in questo circo.

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domenica, luglio 10, 2011

 

worthless papers



Noblesse oblige

Una notizia che in questi giorni è finita sprofondata nella foliazione dei quotidiani fino a essere virtualmente invisibile spiega, meglio di mille parole, la schizofrenia incurabile di questo Paese e il concetto di moralità di chi dovrebbe esserne il custode.

Il fatto: il Comune di Bari aveva avanzato richiesta per accedere al Fondo di Solidarietà per le vittime dei reati di stampo mafioso istituito con la Legge 512/1999 che, fino alla modifica del 2009, garantiva alle persone fisiche e agli enti pubblici il risarcimento dei danni liquidati in sentenza e il rimborso delle spese processuali affrontate per la costituzione in giudizio.
Titolo per tale richiesta erano tre distinti procedimenti per reati di tipo mafioso arrivati a sentenza di condanna.

Il primo no arriva dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, organo del Ministero dell'Interno che gestisce il Fondo, che si giustifica con la sopravvenuta normativa del 2009 che limita il contributo alle sole spese processuali. Il Comune di Bari impugna questa delibera, forte del fatto che le sue richieste sono state avanzate prima di tale modifica normativa.

Ed ecco che entra in scena l’Avvocatura dello Stato, che patrocina il Ministero dell'Interno, la quale, con provvedimento depositato il 27 giugno scorso, boccia l’istanza e spiega che in realtà agli enti pubblici non spetta il becco di un quattrino in quanto non hanno alcun diritto ad accedere al Fondo di Solidarietà.
Viminale
Non solo, l’Avvocatura argomenta che i risarcimenti liquidati in passato sono frutto di un’errata interpretazione della legge e che, pertanto, il Viminale si riserva di adire l’autorità giudiziaria per recuperare quanto “erroneamente versato”.

Ora, se si va a questa pagina del sito del Ministero dell'Interno - link alternativo da copiare e incollare http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/vittime_mafia/ e andare alla voce "Argomenti"- si legge testualmente:
A. Presupposti:

• costituzione di parte civile di persone fisiche o Enti (*) destinatari  di sentenze emesse, successivamente al 30 settembre 1982, nei confronti di imputati: del delitto di cui all'art. 416-bis del c. p.; dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis e dei delitti commessi al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso.
(*) Gli Enti hanno diritto di accesso al Fondo (entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso) limitatamente al rimborso delle spese processuali.

Delle due l’una: o il Viminale non sa che il suo sito istituzionale pubblicizza in modo errato e fuorviante il Fondo di Solidarietà e, in pratica, smentisce se stesso, oppure sta tentando un bel colpo di spugna all’italiana attraverso un’interpretazione palesemente contra legem finalizzata a:
a) non pagare;
b) dissuadere gli enti dal presentare in futuro domande di ammissione al Fondo.

Dobbiamo pensare che tutto ciò sia un monito alle amministrazioni locali a non immischiarsi in processi che riguardano le attività criminose di mafiosi, camorristi, stiddari e affiliati alla ndrangheta svolte sul loro territorio, salvo lo facciano a rischio e a spese loro.
Oppure si vuole coprire una verità inconfessabile: il Fondo di Solidarietà per i reati di tipo mafioso è considerato una spesa inutile, il relitto di una cultura antimafia ormai demodé e fuori corso che, come tale, va strangolato dolcemente, senza far rumore.


Honi soit qui mal y pense


Tremonti trasloca (img)


Rime intinte nella malinconia


Ho scelto una poesia del nicaraguense Francisco Ruiz Udiel, morto suicida ai primi dell'anno.
Vi consiglio di leggere questi versi lasciando fluire la melodia di De Ushuaia a la Quiaca di Gustavo Santaolalla (nel video)

Deja la puerta abierta

A Claribel Alegría

Deja la puerta abierta.
Que tus palabras entren
como un arco tejido por cipreses,
un poco más livianos
que la ineludible vida.Insonnia (img)
Lejos está el puerto
donde los barcos de ébano
reposan con tristeza.
Poco me importa llegar a ellos,
pues largo es el abrazo con la noche
y corta la esperanza con la tierra.
Donde quiera que vaya
el mar me arroja a cualquier parte,
otro amanecer donde la imaginación
ya no puede convertir el lodo
en vasijas para almacenar recuerdos.
Me canso, de despertar,
la luz me hiere cuando ver no quiero,
el viaje a Ítaca nada me ofrece.
Si hubiera al menos un poco de vino
para embriagar los días que nos quedan
       embriagar los días que nos quedan
               que nos quedan.




Lascia la porta aperta

Lascia la porta aperta.
Che le tue parole entrino
come un arco tessuto dai cipressi,
un po’ più leggeri
della ineludibile vita.
Lontano è il porto
dove le barche d’ebano
riposano con tristezza.Cico Ruiz Udiel
Poco m’importa di arrivare a loro,
perché lungo è l’abbraccio con la notte
e breve la speranza sulla terra.
Ovunque io vada
il mare mi scaglia da ogni parte,
un’altra alba dove l’immaginazione
ormai non può trasformare il fango
in vasellame per riporre i ricordi.
Mi stanco, di svegliarmi,
la luce mi ferisce quando vedere non voglio,
il viaggio a Itaca nulla mi offre.
Ci fosse almeno un po’ di vino
per ubriacare i giorni che ci restano
       ubriacare i giorni che ci restano
               che ci restano.

Francisco Ruiz Udiel
(1977-2011)

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venerdì, luglio 08, 2011

 

Frullato misto



Trmon’ t

Costituzione Italiana art. 47 comma 1
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.

paperella da bagnoOK, l’Europa ci impone di rientrare dallo sbilancio del debito pubblico, non è proprio il caso di importare la crisi dalla Grecia e, come al solito, “l’acqua è poca e la papera non galleggia”.
Però tra congelamento di stipendi e pensioni, ticket sulla sanità, aumenti delle addizionali regionali, inflazione che galoppa al 2,7% e, dulcis in fundo, la mirabolante trovata della patrimoniale mascherata sui depositi c’è il rischio che alla paperella sia definitivamente tirato il collo.
Mi chiedo: quale lampada avrà mai strofinato Sua Eccellenza Robin Tax per evocare il genio bislacco che gli ha bisbigliato all’orecchio un provvedimento che condensa tutto quello che un governo NON dovrebbe fare quando allunga le mani sui risparmi dei cittadini?

Siccome ho la memoria lunga, ricordo i furenti anatemi lanciati contro l’allora ministro Visco quando aveva annunciato il proposito di portare al 20% la tassazione sulle rendite finanziarie con criteri di progressività e senza toccare i BOT people.
Ebbene se la coerenza è una virtù, si può dire che dietro il populismo di facciata l’attuale maggioranza sia perfettamente coerente nella sua difesa delle grandi rendite. L’aumento del bollo sul conto titoli, infatti, porta l’imposta da 34,20 a 120 euro per tutti fino al 2013, quando subentreranno due scaglioni: 150 euro per depositi fino a 50.000 euro e 380 euro da 51.000 euro a salire.
Progressività? neanche a parlarne.
Non bisogna essere particolarmente ferrati in matematica per intuire che una gabella di 380 euro farà il solletico a chi ha depositi davvero consistenti, mentre sottrarre 150 euro significa dimezzare gli interessi percepiti da quanti finora hanno messo a BOT 10.000/20.000 euro pensando così di salvaguardare i loro risparmi dal saldo - ormai negativo - dei piccoli conti correnti bancari.

Per finire una domandina facile facile: caro Robin Tax, a chi li piazzerai i tuoi titoli di stato che i piccoli risparmiatori non correranno più ad acquistare alle aste, dando per scontato che non alzerai il loro rendimento per renderli nuovamente “appetibili”?


Minority Report

Sinner or Saint (img)


Val di Scusa

Non ho la vocazione alla dietrologia, benché da un pezzo abbia smesso di fare affidamento sull’obiettività e sulla correttezza di chi gestisce l’informazione in questo Paese.
No TAVHo letto qualche articolo di stampa e diversi commenti in rete, guardato video su Youtube e visionato servizi dei TG nazionali sugli scontri avvenuti in Val di Susa: francamente sono rimasto scettico sia sulla versione ufficiale dei fatti sia sulle tesi della “controinformazione”.
Ovvio che certi rituali, come la conferenza stampa in cui le forze dell’ordine hanno mostrato come trofei le armi improprie sequestrate, mi abbiano ricordato l’incubo e la macelleria del G8 di Genova. Ma da questo a far apparire la guerriglia come mera risposta a provocazioni durante una pacifica scampagnata in mezzo ai boschi il passo è lungo e fin troppo ardito.

In definitiva non ho competenze e informazioni sufficienti per giudicare la reale utilità del progetto della tratta ferroviaria Lione-Torino. A dispetto dello schieramento di tecnici e politici entusiasti di ogni colore, resta l’impressione che l’importanza di questa grande opera sia stata sin dal principio gonfiata ad arte per coprire interessi e appetiti che nulla hanno a che spartire con la mobilità di merci e persone. Aggiungiamoci pure che la gestione politica della ormai decennale procedura è stata quanto di più superficiale e arrogante una certa italietta sa esprimere.

Fossi valsusino, non avrei alcun motivo di accordare fiducia a chi mi promette “compensazioni”, data l’innata inclinazione dello Stato a non onorare le obbligazioni che contrae con i cittadini, oppure a cambiare le regole del gioco o ad accampare sopraggiunti motivi di forza maggiore.
Tuttavia, una volta presi determinati impegni internazionali, uno Stato degno di questo nome dovrebbe dimostrarsi coerente e consequenziale a costo di passare come un rullo compressore sull’inflessibile dissenso dei NO TAV.

Peccato, però, che tutto questo casino e questa violenza porteranno solo a scavare delle inutili e deturpanti gallerie di servizio nel fianco della montagna, dato che pare non vi siano fondi a sufficienza per completare la parte più importante dell’opera.


Jurassic Poop

DinopoopProvate a indovinare cosa reggono in mano questi emuli di Indiana Jones.
Ebbene sì, l'apparenza non inganna: tra i "cacciatori di fossili" c'è chi si è specializzato nella ricerca e nello studio della pupù depositata dai dinosauri.
Dai "regalini" fossili, questi studiosi riescono non solo a risalire alla specie che li scodellava, ma anche alla dieta e allo stato di salute del singolo esemplare.

Pare, inoltre, che milioni di anni non siano stati sufficienti a rendere inodori le feci. Da ciò che ho visto sembra quasi che gli esperti trovassero piacevole annusare la fragranza dei reperti come se fossero pregiati tartufi di Alba.
Mah!

sabato, luglio 02, 2011

 

una certa idea di democrazia



Nell'immagine che segue ho esemplificato, a beneficio dei puri di cuore, l'idea di democrazia rappresentativa, sovranità popolare e perequazione sociale che emerge dagli atti dell'inchiesta sul sodalizio Luigi Bisignani-Alfonso Papa.

tre lupi e un agnello
democrazia: tre lupi e un agnello che mettono ai voti
cosa mangiare a pranzo


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