mercoledì, febbraio 05, 2020
goodbye my town goodbye
"Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti" (Woody Allen).
Dopo tre mesi è già tempo di dire arrivederci a Lanusei. Non avevo trascorso tanto tempo nel mio paese natale da quando facevo praticantato legale; di certo allora non avevo la stessa consapevolezza attuale, acuta sino quasi a essere dolorosa, di sentirmi a casa mia. Tanto meno tre mesi fa pensavo che mi sarei innamorato di questo posto nonostante i problemi e le incertezze riguardo il futuro.
Dovrei essere felice e concentrarmi sull'opportunità, unica e straordinaria, di "tornare in pista" nella città dove vive la mia compagna. La verità è che un po' mi rode lasciare le cose a metà, abbandonare i progetti e i lavori che mi ero ripromesso di fare in primavera dopo aver patito le condizioni tutt'altro che ottimali in cui ho trovato l'appartamento. Pensavo di avere tempo anche per mettere mano a situazioni e comportamenti indescrivibili, oggettivamente inaccettabili.
Forse la fatica più grossa non è quella di sbaraccare e fare nuovamente le valigie, ma rimettermi in discussione ed è giusto che la pianti una buona volta di fare lo struzzo... o lo stronzo.
Post Scriptum: cara Google/Blogspot, capisco che i blog derelitti come questo siano poco appetibili. Con tutto il rispetto, però, "parcheggiarli" sui server meno performanti di cui disponi - almeno a giudicare dai tempi di risposta e di aggiornamento pagina semplicemente imbarazzanti - non è che sia una mossa tanto carina e rispettosa.
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mercoledì, dicembre 25, 2019
A come Aggiornamento
Dall'ultimo post molta acqua è passata sotto i ponti e diverse situazioni sono cambiate. Innanzitutto, ho traslocato e cambiato residenza, tornando a quella delle origini con solo una lieve differenza nel numero civico.
Dopo un quarto di secolo trascorso nello stesso appartamento e facendo la spola tra Sesto e Milano, sbaraccare e far fagotto è stata un'impresa complessa, faticosa e maledettamente costosa, ma meno devastante dal punto di vista emotivo di quanto immaginassi.
Per ragioni contingenti quanto inderogabili, l'itinerario del ritorno in Sardegna è stato simile a un arabesco: Milano, Bari, Roma, Civitavecchia, Arbatax.
Arrivato finalmente nel paesello natio ho dovuto fare amaramente i conti con una condizione fisica precaria e un appartamento rimasto vuoto e disabitato da anni. In poche parole, da novembre nei momenti in cui non ho lavorato o dormito sono stato impegnato full time a sistemarmi e sistemare casa.
Non so cosa mi aspetta nel 2020, ma so già che ho davanti un inverno crudo e insolito: tempo da investire in aggiornamento professionale, studio e progetti, in attesa che arrivi il disgelo su tanti fronti. Ai lettori casuali e di passaggio porgo i miei auguri di BUONE FESTE.
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mercoledì, giugno 12, 2019
le sudate carte
Ai primi di aprile ho iniziato a occuparmi di un progetto cui tenevo particolarmente e che mi ha assorbito full time sino all'alba di ieri, perché non potevo farmi mancare un rush finale convulso e ansiogeno: un saggio monografico di circa 140 pagine che è un po' come una seconda laurea, a trent'anni esatti di distanza da quella conseguita in giurisprudenza.
Mi sono confrontato con un argomento verso cui non avevo alcuna competenza o interesse specifico pregresso: una bella sfida dopo tanti anni trascorsi a occuparmi esclusivamente di comunicazione corporate e di prodotto.
Mi sono divertito, annoiato, preoccupato; ho perso un'infinità di ore di sonno, fumato troppo e bevuto quantità industriali di caffè per entrare in sintonia con la materia, scavare nelle minuzie della bibliografia e nella psicologia dei personaggi coinvolti per arrivare, finalmente, a un'interpretazione originale nonostante la tagliola dei tempi contingentati.
Il mio perfezionismo patologico ha reclamato sino all'ultimissimo secondo modifiche, ampliamenti, sintesi e limature. Per un po' di tempo ancora dovrò evitare di riaprire i file perché so che ciò m'indurrebbe a un lavoro di editing tanto maniacale quanto del tutto inutile, ora che il testo è stato licenziato e il controllo della palla è passato ad altri.
Non avevo né ho ambizioni di diventare uno scrittore. Mi sono solo trovato nelle condizioni di fare un regalo a me stesso e alla persona che in questi anni mi è stata vicina: that's all.
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domenica, novembre 05, 2017
Maniac
Ebbene sì, lo ammetto a fatica, ma anch’io ho assunto comportamenti turpi e inappropriati nei confronti del gentil sesso.
I fatti risalgono a molti anni fa, però ritengo giusto assumermi la responsabilità dell’accaduto.
Tornato dalla mia solita visita al parchetto malfamato e malfrequentato dove, secondo voci di corridoio, andavo a molestare le vecchiette con la scusa di cercare l’ispirazione, mi fermai alla reception per scambiare quattro chiacchiere con la segretaria.
Lei mi dava le spalle, china sulla fotocopiatrice e io, che quel giorno indossavo un trench alla tenente Colombo, proprio non seppi resistere all'insana tentazione... infilate le mani nelle tasche, improvvisai il classico gesto del maniaco sessuale.La poverina colse il movimento con la coda dell’occhio. Non sussultò: fece una vera e propria giravolta acrobatica e, fissandomi con gli occhi sbarrati, esclamò: “Oh santalamadonna!!”.
Dopo qualche secondo tolse le mani dalla bocca e, profferita qualche esclamazione non esattamente da educande, si sciolse in un irrefrenabile moto di ilarità neanche mi fossi mostrato ignudo sotto l’impermeabile :-(
In effetti l’avevo messa sotto shock perché tutto si sarebbe aspettata da me tranne una burla sopra le righe.
Ho grande rispetto per le donne e, malgrado il tempo trascorso da allora, mi affligge il pensiero che qualcosa che ho fatto possa aver offeso e traumatizzato quella persona. Mi rincresce; non riflette ciò che sono.
Mi scuso perciò con l’ex collega per le conseguenze che possono averla tormentata in tutti questi anni a causa del mio comportamento del tutto incongruo.
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giovedì, maggio 26, 2016
A latere
Ho tacitato la ragione, la prudenza e la convenienza ubbidendo alla voce del dovere, che sarà pure un fior di galantuomo ma non è noto per essere buon pagatore. La partita con l'accidia, invece, è ancora maledettamente incerta: sono sotto di diversi goal.
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sabato, aprile 16, 2016
L'altra sponda
Gli omosessuali? Mi fanno schifo! Se solo ci penso mi sale il nazismo
Ieri sera riflettevo su questo giudizio tranchant emerso nel corso di una banale conversazione con un interlocutore non giovanissimo, ma certamente con molte primavere in meno del sottoscritto.
In tutta onestà non so come avrei recepito un'affermazione tanto becera e ottusa una trentina di anni fa. Che io ricordi, proprio non mi ponevo il problema: il mio giudizio sul ventaglio LGBT era piuttosto superficiale, influenzato da chiusure di stampo morale/religioso e basato - se così si può dire - sul senso di fastidio per l'esuberante cattivo gusto delle sue manifestazioni di piazza.
Sarà l'avanzare dell'età che disarticola le classificazioni e smentisce i pregiudizi, in primis l'orrore del maschio eterosessuale all'idea di poter essere degradato da cacciatore a potenziale preda dell'infido gay perennemente in agguato (...), sarà che alla prova dei fatti l'omosessualità - dichiarata o velata - dell'interlocutore si è dimostrata irrilevante ai fini delle relazioni sociali o di lavoro, sta di fatto che oggi l'orientamento sessuale staziona in fondo, molto in fondo alla lista dei pregi e dei difetti che prendo in considerazione nel valutare una persona.
Intelligenza, simpatia, talento, rispetto, gentilezza e lealtà sono doti di gran lunga più interessanti e, sfortunatamente, rare.
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venerdì, maggio 15, 2015
Guerrilla strike in Milan
Tram, autobus e filobus che accumulavano ritardi a causa di guasti improvvisi, convogli della linea 1 della metropolitana che circolavano a singhiozzo, con interminabili soste a ogni fermata ufficialmente per via della “presenza di persone non autorizzate in galleria”, o che andavano improvvisamente fuori servizio scaricando i passeggeri accaldati e frustrati con la vaga promessa di un altro treno in attesa di entrare in stazione.
Cronaca di un venerdì sera a Milano, dove lo sciopero del trasporto pubblico, ufficialmente sospeso per precettazione prefettizia, è andato in scena mascherato da disservizi "a macchia di leopardo".
Una buona occasione per fare una sana camminata che ho sfruttato con la collaborazione di Giove pluvio, che ha ritardato la pioggia sino a quando ho aperto la porta di casa.
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lunedì, febbraio 02, 2015
La storia è anche questione di prospettive, da rivedere
mercoledì, dicembre 03, 2014
Esame di riparazione
The dumbest mistake/ is hidden in the excess of security/ masqueraded as ingenious idea/ it expects a word in excess by you/ and that you, just you/ act like those who piss against the wind:/ at the beginning you feel a comfortable warm/ but then you end up with your clothes wet and smelly."
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lunedì, agosto 25, 2014
Citazione lampo
È un mondo difficile
e vita intensa
felicità a momenti
e futuro incerto.
Tonino Carotone, "Me cago en el amor"
A poche ore dal ritorno alla complicata e - ahimè - asfittica vita lavorativa dopo la pausa estiva, mi ritrovo a passare in rassegna senza il minimo entusiasmo le incognite, i rischi e le poche, magre certezze di cui è disseminato il mio futuro prossimo venturo.
Nelle ultime tre settimane prendermi cura dei figli mi ha in qualche misura costretto ad accantonare le preoccupazioni, ridimensionare l'angoscia e tenere sottotraccia tensioni, discussioni e incomprensioni.
Come sempre, volendo posso dissimulare parecchie cose agli occhi del mondo, ma non mentire a me stesso.
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venerdì, luglio 25, 2014
le parole sono pietre
Words like violence
Break the silence
Come crashing in
Into my little world
Painful to me
Pierce right through me
Can't you understand
Oh, my little girl?
Depeche Mode - Enjoy the Silence
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giovedì, marzo 27, 2014
Il prezzo del sangue
Un’esecuzione in piena regola, dunque, pianificata ed eseguita con freddezza nello stile tipico della criminalità organizzata.
La vittima aveva sì pendenze giudiziarie legate a un’inchiesta su un giro di truffe, ma niente che lo candidasse a bersaglio di una "punizione" tanto eclatante e feroce.
Proprio le modalità inusuali del delitto, insieme alla consapevolezza che solo circostanze fortuite hanno fatto sì che l’esplosione non avesse un bilancio finale ancora peggiore, hanno gettato il paese nello sgomento.
Ancora una volta, esattamente come nel maledetto ferragosto di sangue del 1972, è stata squarciata e messa a nudo la fragilità di un’irragionevole sicurezza: quella di Lanusei oasi (quasi) inviolabile di tranquillità dove, al massimo, si può morire di noia perché “tanto non succede mai niente”.
Senza voler essere irriverente, purtroppo non c’è alcun Arcangelo Michele che veglia alle porte di Lanusei per sbarrare il passo alle fiammate di violenza e al malessere che serpeggia da anni in Ogliastra, estrema periferia al collasso di una Sardegna economicamente in disarmo.
Da una parte, il boato assordante del tritolo non ha fatto precipitare Lanusei dal purgatorio di una decadenza dignitosa e ancora a misura d'uomo all’inferno dell’invivibilità, del sospetto e della paura.
Dall'altra, la morte di Roberto Aresu ha spezzato l'incantesimo, l'illusione che il male restasse a distanza di sicurezza e che la triste contabilità degli omicidi commessi nelle campagne, dei bossoli recapitati nei plichi, delle auto incendiate, delle vigne e degli uliveti devastati, delle rapine agli uffici postali e ai furgoni portavalori potesse solo sfiorare il paese.
La ferita, il lutto e il timore saranno metabolizzati e la quotidianità, con tutti i suoi problemi, tornerà ad avere il sopravvento non per un surplus di cinismo, ma perché così è la vita.
Per tornare a una normalità con i piedi per terra, però, servirà tempo e lo sforzo dei miei compaesani nel risaldare le fila, recuperando una coesione di comunità che forse è stata data per scontata mentre si era sfilacciata, svuotandosi come le strade del centro.
Al momento questa mi sembra la sola risposta perché i Lanuseini non si ritrovino a sospirare sfogliando album di fotografie ingiallite.
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martedì, gennaio 14, 2014
Una lezione sulle cose importanti della vita
Dispotico, scostante, collerico, misantropo, accentratore e spietato, oppure carismatico, trascinante, straordinario motivatore, geniale, visionario, guru: sulla figura di Steve Jobs abbondano le etichette più disparate.
Forse Jobs è stato tutte queste cose insieme, o forse quest'uomo controverso e fallibile, ma dotato di una volontà erculea e di un'intelligenza non comune è stato soprattutto un sagace narratore, capace di circondare l'azienda da lui fondata di un'aura quasi mistica, da autentica leggenda contemporanea.
In ogni caso, nel suo percorso fatto di passaggi dalla polvere agli altari, Steve Jobs aveva appreso parecchie cose su quella strana e inafferrabile vicenda chiamata vita, come dimostra questo estratto di un'intervista rilasciata nel 1995, quando era a capo di NeXT.
(traduzione)
Quando cresci, tendi a prendere per vero che il mondo sia così com'è e che la tua vita sia solo vivere nel mondo, cercare di non sbattere troppo spesso e troppo forte contro il muro, avere una bella vita familiare, divertirti, mettere da parte un po' di soldi.
Questa, però, è una vita molto limitata. La vita, invece, può essere qualcosa di molto più grande una volta che scopri un fatto molto semplice, e cioè che tutto ciò che c’è intorno a te, e che tu chiami vita, è stata fatta da persone che non erano più intelligenti di te. Tu puoi cambiare la vita, puoi influire su di essa, puoi costruire cose che altre persone possono utilizzare.
E nel momento stesso che lo capisci, puoi smuovere la vita ed effettivamente qualcosa succede; sai che se premi da una parte qualcosa uscirà fuori dall'altra, qualcosa che puoi cambiare, che puoi plasmare.
Questa è forse la cosa più importante. Si tratta di scrollarti di dosso questa nozione erronea che la vita è lì e stai solo andando a viverla, invece di abbracciarla, modificarla, migliorarla, lasciare la tua impronta su di essa.
Penso che sia molto importante e, quale che sia il modo in cui lo impari, una volta che l'hai imparato tu vorrai cambiare la vita e renderla migliore, perché per tanti versi è una specie di grosso casino.
E una volta che hai imparato questo, non sarai mai più lo stesso.
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sabato, novembre 16, 2013
Confessioni di un copy malandrino
sabato, settembre 22, 2012
Di piccole e grandi cose
Bigini d’autore
D’altronde, la specializzazione che li ha resi benemeriti agli occhi di migliaia di (ex) studenti era - ed è - il pulp educational, ovverosia i riassunti iper-concentrati e semplificati per sveltire la preparazione di esami e concorsi: materiali da maneggiare con discrezione, quindi, e dei cui servigi nessun cliente, per quanto soddisfatto, si è poi vantato pubblicamente.
Mi viene da sorridere ripensando ai Bignamini, i “bigini” per eccellenza, smilzi e con le loro tristissime copertine in cartoncino da piccola tipografia di paese, esposti in vetrina nella storica “Libreria dello Studente” che aveva sede in Piazzetta Savoia, a Cagliari.
Questo genere di manualistica usa e getta non sempre è di qualità accettabile, ma in molti casi la concisione e la chiarezza espositiva risultano sorprendenti, persino ammirevoli, specie se confrontate con la disperante dispersività e macchinosità di certi libri di testo “ufficiali”.
Condensare bene la complessità di una materia o di un libro in poche pagine è, né più né meno, un’arte. Sfrondare con l’accetta è il meno: bisogna padroneggiare l’argomento e possedere in uguale misura capacità di sintesi e chiarezza di linguaggio. Ragion per cui, faccio tanto di cappello alle case editrici e, soprattutto, ai misconosciuti autori degli umili “bigini”.
Pastafarian
Tutta la storia del trailer del film che descriverebbe Maometto come una figura equivoca e delle reazioni violente che ha suscitato nei paesi arabi a me puzza di gioco di sponda tra fazioni che puntano a lucrare vantaggi da un clima di muro contro muro tra Occidente e Islam.
L’operazione che ha portato alla realizzazione della pellicola di serie Z è avvolta da misteri e nebbie in cui fanno capolino personaggi borderline in qualche modo riconducibili alla lobby islamofoba americana.
Fare scoppiare la “bomba” durante la campagna per la presidenza USA appare, pertanto, una scelta tattica diretta a ottenere la massima risonanza e a recapitare a certi ambienti della destra radicale repubblicana il messaggio: “Hey, non dimenticate che ci siamo anche noi”.
Allo stesso tempo, la pubblicazione on line del trailer è stato un regalo servito su un piatto d’argento al fondamentalismo islamico, che non ha perso l’occasione di far sentire tutto il suo peso mobilitando e manovrando le piazze.
Non fosse una cosa seria, per cui alcune persone hanno perso la vita in Libia e altre sono in pericolo solo perché di nazionalità americana o, genericamente, “occidentali”, la pubblicazione del trailer sarebbe da rubricare come un’azione da perfetti thriller seeker, un po’ come in questo folle spezzone di “Ridere per ridere” di John Landis, interpretato da un quasi irriconoscibile Woody Allen:
A parte tutto questo, che attiene al lato più sudicio della lotta per il potere oscenamente travestita da zelo religioso, la vicenda pone alcuni interrogativi sul senso e sui limiti della libertà di espressione, sulla tolleranza e sul rispetto da dare alle religioni rivelate.
Mi pare che nella parte dell’opinione pubblica occidentale che si ritiene benpensante ci sia poca o nessuna voglia di andare oltre lo stereotipo dell’Islam popolato da individui ignoranti, ottusi e irascibili, spinti al revanscismo e al fanatismo religioso dal bisogno di compensare un ego roso da un irrisolto complesso di inferiorità: in pratica dei poveri di spirito, degli irrecuperabili da compatire e che non è il caso di provocare. Anche nelle versioni più soft e prive di malizia, si tratta di una visione paternalista e falsamente buonista, in cui occhieggia un inconsulto senso di superiorità.
Da altre parti, la virulenza delle reazioni nel mondo arabo è vista solo come l’ennesima conferma che i musulmani - ovunque siano - sono una minaccia; barbari ed eversori della civiltà con cui non è possibile arrivare a una pacifica convivenza, ma solo applicare inflessibilmente la legge del più forte e del “padroni in casa nostra”.
Nell’uno e nell’altro caso si ragiona in termini di masse, si applicano categorie universali senza alcun riguardo e senza alcun rispetto per le persone vere, in carne e ossa.
Tornando a bomba, fino a che punto la libertà di esprimere una opinione, per quanto urticante sia, deve essere piena e incondizionata?
Dove finisce la libertà e inizia la responsabilità?
Dobbiamo accettare forme di censura preventiva alla circolazione delle opinioni e delle idee in nome del politicamente corretto?
Qual è il confine tra la richiesta di rispetto verso le religioni e il larvato ricatto morale per cui qualsiasi critica o ironia su singoli aspetti della religione altrui diventa ipso facto una provocazione inaccettabile?
Quasi quasi mi dichiaro pastafariano.
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domenica, settembre 16, 2012
Segnali da decifrare
Ben ritrovati, più o meno
No, non sono scomparso. La prolungata stasi del blog è dovuta a un rientro al lavoro tra i più pesanti che ricordi: una concentrazione di scadenze ravvicinate da arrivare a notte stremato e troppo poco lucido per postare. Con questi chiari di luna si è costretti a correre, correre, correre come criceti sulla ruota. Non è ancora finita, e penso che la marea inizierà a defluire (forse) a metà ottobre.
Abbiamo solo scherzato
Dal carteggio privato tra Benito Mussolini e Claretta Petacci è emerso che, ancora a una manciata di giorni dal drammatico epilogo della sua tragica avventura alla guida della RSI, l’ex Duce degli Italiani era persuaso che Hitler avrebbe rovesciato le sorti della guerra scatenando la ventilata “arma totale”.
È evidente che lo sprofondo del mercato dell’auto nel nostro paese ha avuto un peso nella rottamazione di Fabbrica Italia, ma ciò non toglie che tutta la vicenda abbia avuto sin dagli esordi lo spiacevole sentore di un bluff, di uno specchietto con cui si sono fatte adescare, per convenienza o sudditanza intellettuale, tante prestigiose allodole che ora tacciono o fanno vista di cadere dal pero.
Lo scatolone vuoto di Fabbrica Italia non è stato inutile per la FIAT, tutt’altro: è stato solo ritirato quando la sua presenza è divenuta superflua e imbarazzante, non prima, però, di aver consentito alla famiglia Agnelli e al suo top manager di racimolare vantaggi concreti in cambio… di quasi nulla.
Agitando lo scatolone e minacciando di metterlo via, infatti, il carismatico Marchionne ha dettato le sue condizioni “prendere o lasciare” in tema di relazioni industriali e di modifica dei contratti negli stabilimenti italiani del gruppo FIAT.
Questa stessa tattica, inoltre, ha consentito a FIAT di godere di una relativa intoccabilità e della massima libertà di azione. Non che fosse particolarmente difficile in un paese dove i governi si guardano bene dall’abbozzare uno straccio di politica industriale o si limitano, pateticamente, ad auspicare che un amministratore delegato trovi il tempo di fissare un incontro chiarificatore.
Ma la consegna del silenzio o, al massimo, del rabbuffo all’acqua di rose è stata osservata anche dalla “libera stampa” italiana, dai partiti e da sindacati più realisti del re.
Era già tutto previsto, come nella malinconica canzone di Riccardo Cocciante.
Il poliziotto buono
Il titolo lasciava poco spazio a equivoci “The Shock Doctrine - The rise of disaster capitalism”.
Sintetizzando, la dottrina dello shock economico è di una semplicità agghiacciante: è necessario creare nella popolazione un senso continuo d’insicurezza e di stress psicologico tale da far diventare accettabile qualsiasi decisione politica ed economica.
Più le ragioni della minaccia appaiono incomprensibili e fuori del controllo dei bersagli, più questi ultimi saranno disponibili a concessioni dolorose nella direzione desiderata da chi tira le fila del gioco.
Nulla di strano che un economista di stampo Liberal come Mario Monti conosca bene le teorie di Friedman e che le abbia in parte mutuate in una dichiarazione di alcuni anni fa - reperibile su YouTube - in cui esaltava il ruolo benefico della crisi come momento maieutico che accelera i tempi del cambiamento e dell'innovazione, vincendo le resistenze delle forze conservatrici.
La domanda è: l'esecutivo tecnico guidato da Mario Monti ha qualche idea sul come passare dalla gestione della fase acuta dello shock economico a quella della ripresa e dell'espansione, oppure è solo il "poliziotto buono" che lavora in tandem con quello cattivo (i mercati) e ora, non sapendo bene che pesci pigliare, si limita a prendere tempo in attesa di ulteriori ordini dall'alto?!?
Non vorrei che la luce che Monti e Passera hanno sostenuto di intravedere alla fine del tunnel sia, come ha ribattuto Marchionne, quella dei fanali del treno che sta sopraggiungendo.
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sabato, luglio 07, 2012
Blending
sulla cattiva strada
Due marchi a lungo sulla cresta dell'onda nel settore della telefonia mobile sono entrati quasi contemporaneamente in una fase di declino che sembra inarrestabile: la canadese Research In Motion (RIM), "mamma" del Blackberry, e la finlandese NOKIA.
RIM non accenna a riprendersi dopo lo sbandamento dovuto alle faide interne al top management. Il tempo perso nello sviluppo e la concorrenza spietata degli smartphone Apple e Samsung hanno diminuito drasticamente l'appeal e le vendite dei Blackberry sia nel mercato consumer sia in quello, tradizionalmente più redditizio, delle aziende.
Per anni è sembrato che NOKIA non dovesse sbagliare un colpo e che potesse guardare dall’alto la concorrenza che si azzuffava per le briciole del mercato. Oggi i segnali sono ben diversi e il marchio annaspa in seconda fila con i conti in profondo rosso.
A ben poco è servito il matrimonio con la nuova piattaforma mobile Microsoft, il cui successo iniziale si è rivelato un fuoco di paglia. Così le vendite mondiali del Lumia 900, che per NOKIA doveva essere lo smartphone del rilancio, hanno ristagnato al punto di non coprire nemmeno le spese.
Rosicone
Non mi sono mai posto seriamente il problema del rapporto tra la condivisione e la proprietà intellettuale sul web e mi secca non poco ammettere che la mia attenzione è stata richiamata da un trascurabile smacco al mio amor proprio.
Che la condivisione, la copia o il linking su internet non comportino fisicamente alcuna asportazione o manomissione non significa automaticamente che per l’autore delle immagini o dei contenuti o per chi detiene i diritti di riproduzione non vi sia potenzialmente un danno, sempre che non abbiano scelto forme di licenza “aperte”.
D’altra parte, il link puro e semplice non è di per se dannoso, anzi fa circolare l’opera aumentandone la visibilità e la notorietà a costo zero.
Lo stesso si può dire delle copie che vengono postate con gli opportuni credit e link nelle didascalie. Altro è il problema di chi copia per poi spacciare - online e offline - l’opera altrui come propria.
In generale, come nel campo musicale e dei video, sarebbe necessario trovare un valido compromesso tra gli interessi di chi crea e quelli di chi usufruisce, non imponendo ai primi di lavorare gratis e per la gloria, ma anche differenziando le tipologie di licenza d’uso per non strozzare il contributo di scouting e di comunicazione virale fornito dagli utenti non commerciali.
Per contenere gli inevitabili raggiri bisognerebbe pensare un sistema obbligatorio di autenticazione dell’utente (iscrizione per rimuovere il blocco di default al download e al linking) e, se è possibile, di protezione tramite waternark che si attivino al processo di stampa.
La mia situazione è ancora diversa.
Faccio ricerca di immagini in funzione dei contenuti che veicolo per divertimento e/o per passione. Ragion per cui, uso immagini che non ho creato e su cui non ho il copyright, provvedendo a inserire i relativi credit e copyright qualora non lo faccia automaticamente la piattaforma.
Non di meno, la ricerca e la selezione delle immagini, insieme alla creazione di contenuti originali in inglese richiedono tempo e impegno.
Per questo sono rimasto piuttosto sconcertato quando ho scoperto casualmente che un’immagine molto particolare che avevo scovato mesi fa e la relativa didascalia, passando di condivisione in condivisione su Pinterest, erano state pubblicate da un gruppo Facebook con un largo seguito (Milky Way Scientists) con il credit image attribuito… a un giapponese, nello specifico uno degli utenti Pinterest nella catena delle ripubblicazioni.
Lo so, fa parte del gioco, ma non nascondo di aver provato un fastidioso bruciore, non dico dove.
Inconti naturalistici
Avvistare per puro caso un esemplare di falco pellegrino mentre volteggia al tramonto nel cielo sopra Sesto San Giovanni e avere il tempo di seguirlo con i binocoli finché non diventa indistinguibile con l’orizzonte: un incontro decisamente fuori programma.
Pavlov?
Ha poco da fare il sarcastico il ministro Corrado Passera citando il ben noto riflesso pavloviano per quanti hanno messo in relazione i 200 milioni di tagli all’università con la stessa somma aggiunta alle dotazioni delle scuole private. Forse il ministro non è consapevole del livello di esasperazione cui è giunto questo Paese.
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giovedì, marzo 08, 2012
8 marzo - dedicato a una donna speciale
sabato, febbraio 25, 2012
Letteralmente
Mio fratello Roberto ha presentato il suo terzo libro a Lanusei. Mi sarebbe piaciuto esserci, invece mi toccherà aspettare i tempi delle poste italiane per leggere questa sua fatica letteraria di cui non so assolutamente niente a parte il titolo: “Il mio Camminare Insieme”.
Ammiro l’intraprendenza e la determinazione nello scrivere di Roberto, più forti della malasorte che ha messo fuori portata o mandato al macero altri progetti professionali e di vita.
Per quanto mi riguarda, ho declinato gli inviti a cimentarmi con qualcosa di più complesso e corposo dei brevi racconti messi online sul sito personale e sul blog su Splinder: due spazi - guarda caso - finiti entrambi nel buco nero della Rete con la chiusura di Yahoo! Geocities prima, e di Splinder poi.
Onestamente, non è mai scattata in me la scintilla creativa che motiva allo sviluppo di un libro, né ho mai pensato che le mie fantasie stralunate potessero interessare qualcuno oltre il sottoscritto, che da anni ne fruisce liberamente ogni notte al posto del sonnifero. :-)
P.S. Ora che ci faccio caso, dovrei fare pulizia nella blogroll eliminando tutti i link ai blog che si appoggiavano alla defunta piattaforma Splinder: in pratica sarebbe un'ecatombe.
Tutto sommato, però, fa quasi tenerezza vedere comparire le miniature snap, ferme a qualche anno fa. E' un po' come sfogliare vecchie cartoline.
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sabato, febbraio 18, 2012
hard times
La crisi? C'è, cavoli se c'è.
La notte è ancora lunga da passare, buia e tempestosa, e solo quando verrà l'alba si potrà fare la conta dei sopravvissuti.
Si ha un bel dire che la comunicazione o è strategica o non è, che la qualità paga, che la professionalità, la creatività, l'analisi degli scenari e dei nuovi linguaggi generano valore aggiunto e altri bla bla bla in parte sinceri, in parte autoreferenziali.
Giusto stamattina ripensavo ad alcuni progetti innovativi messi in pista in questi ultimi anni che giacciono accantonati dopo il debutto in pompa magna. Uno spreco di intelligenze e di risorse che denota, più di 1000 altri dettagli, come la comunicazione aziendale sia ancora utilizzata in funzione prevalentemente tattica, frutto di temporanee convergenze di interessi e convenienze del management più che di una visione strategica condivisa.
Al di là di queste annotazioni di metodo, ho vari motivi per guardare al presente e al prossimo futuro con preoccupazione. Dopo l'estate, il mercato della comunicazione è passato da una morbida curva in discesa a una caduta libera dove tutti - dai grandi gruppi internazionali alle piccole agenzie - sono in fibrillazione nel tentativo di puntellare posizioni sempre più precarie.
La mancanza di liquidità delle aziende è divenuta una costante da monitorare mese per mese, ma anche una comoda scusa per far saltare contratti in essere, lasciando "buchi" da migliaia di Euro in fatture inevase, o per contrattare una robusta sforbiciata alla voce compensi. La tesi reaganiana del "tenere la bestia affamata" viene applicata ad arte anche da "virtuose" corporation che hanno chiuso l'anno fiscale con corposi incrementi di utili e dividendi.
Il risultato, scontato, è che le agenzie sono sempre più in debito d'ossigeno e, pur di continuare a lavorare con una parvenza di margine, tagliano i costi interni ridimensionando le strutture.
Nel mio piccolo, annuso l'odore della crisi nel fatto che dopo qualche anno torno ad avere sul groppone tutto l'editing di agenzia.
Non mi spaventa l'idea in sé di lavorare in una sorta catena di montaggio postindustriale. Mi pesa, piuttosto, l'incognita della mia tenuta fisica e nervosa alla pressione di certe giornate, il riadattamento forzato a certe velocità di esecuzione e la consapevolezza che i miei tempi di recupero da certe tirate oggi non sono più quelli di 5 o 10 anni fa.
Se solo ci fosse qualche soddisfazione spicciola in più in questo dannato lavoro che amo - non so fino a che punto corrisposto - forse il quadro non mi sembrerebbe così a tinte fosche.
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