venerdì, gennaio 22, 2021
Saggezza spicciola
La lezione è semplice, risaputa, persino banale: ci si accorge dell'importanza di ciò che si dà per scontato quando viene a mancare o è temporaneamente compromesso/limitato.
Nel mio caso, alle prese con un persistente problema infiammatorio all'articolazione della gamba destra che provoca irrigidimento, dolori diffusi simil-sciatica e zoppia, mi trovo a benedire quei rari intervalli "random" in cui tutto sembra tornare normale.
Non è un bel modo di iniziare un anno che, prevedo, sarà parecchio complicato.
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mercoledì, febbraio 05, 2020
goodbye my town goodbye
"Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti" (Woody Allen).
Dopo tre mesi è già tempo di dire arrivederci a Lanusei. Non avevo trascorso tanto tempo nel mio paese natale da quando facevo praticantato legale; di certo allora non avevo la stessa consapevolezza attuale, acuta sino quasi a essere dolorosa, di sentirmi a casa mia. Tanto meno tre mesi fa pensavo che mi sarei innamorato di questo posto nonostante i problemi e le incertezze riguardo il futuro.
Dovrei essere felice e concentrarmi sull'opportunità, unica e straordinaria, di "tornare in pista" nella città dove vive la mia compagna. La verità è che un po' mi rode lasciare le cose a metà, abbandonare i progetti e i lavori che mi ero ripromesso di fare in primavera dopo aver patito le condizioni tutt'altro che ottimali in cui ho trovato l'appartamento. Pensavo di avere tempo anche per mettere mano a situazioni e comportamenti indescrivibili, oggettivamente inaccettabili.
Forse la fatica più grossa non è quella di sbaraccare e fare nuovamente le valigie, ma rimettermi in discussione ed è giusto che la pianti una buona volta di fare lo struzzo... o lo stronzo.
Post Scriptum: cara Google/Blogspot, capisco che i blog derelitti come questo siano poco appetibili. Con tutto il rispetto, però, "parcheggiarli" sui server meno performanti di cui disponi - almeno a giudicare dai tempi di risposta e di aggiornamento pagina semplicemente imbarazzanti - non è che sia una mossa tanto carina e rispettosa.
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mercoledì, dicembre 25, 2019
A come Aggiornamento
Dall'ultimo post molta acqua è passata sotto i ponti e diverse situazioni sono cambiate. Innanzitutto, ho traslocato e cambiato residenza, tornando a quella delle origini con solo una lieve differenza nel numero civico.
Dopo un quarto di secolo trascorso nello stesso appartamento e facendo la spola tra Sesto e Milano, sbaraccare e far fagotto è stata un'impresa complessa, faticosa e maledettamente costosa, ma meno devastante dal punto di vista emotivo di quanto immaginassi.
Per ragioni contingenti quanto inderogabili, l'itinerario del ritorno in Sardegna è stato simile a un arabesco: Milano, Bari, Roma, Civitavecchia, Arbatax.
Arrivato finalmente nel paesello natio ho dovuto fare amaramente i conti con una condizione fisica precaria e un appartamento rimasto vuoto e disabitato da anni. In poche parole, da novembre nei momenti in cui non ho lavorato o dormito sono stato impegnato full time a sistemarmi e sistemare casa.
Non so cosa mi aspetta nel 2020, ma so già che ho davanti un inverno crudo e insolito: tempo da investire in aggiornamento professionale, studio e progetti, in attesa che arrivi il disgelo su tanti fronti. Ai lettori casuali e di passaggio porgo i miei auguri di BUONE FESTE.
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domenica, aprile 22, 2018
Missing a bro'
È difficile scrivere di persone che conosci, ancora di più se si tratta di persone cui hai voluto un gran bene e non sono più di questo mondo. Eppure ho bisogno di scriverne per far scivolare la pena, l’oscuro senso di rimorso e per elaborare il senso di perdita.
Ho perso il migliore amico di una vita.
Potrei dire che l’ho perso diversi anni fa perdendolo di vista, come succede non solo per via della lontananza ma anche per quella sorta di pudore che porta a rispettare gli spazi e la riservatezza altrui. Non lo si sarebbe detto, con quella corporatura massiccia, l’espressione severa e la battuta arguta sempre in canna, ma Pierluigi era una persona sensibile, orgogliosa e riservata.
Ricordo ancora la prima volta che lo incrociai per strada. Era una calda mattinata d’inizio settembre, il giorno seguente sarebbe iniziata ufficialmente l’avventura del Ginnasio ed ero di ritorno in paese da una passeggiata verso il Bivio Carmine.
In direzione opposta vidi salire due coetanei mai visti prima che parlottavano tra loro: uno mingherlino con la faccia scaltra e l’altro che sembrava un assiduo frequentatore di palestre.
La prima impressione non fu molto positiva. Quei due potevano essere degli attaccabrighe - pensai - con il piccolo nei panni della mente e quello grosso in quelli del forzuto dall'intelligenza limitata. Finì che ci ritrovammo nella stessa classe e che Pierluigi si dimostrò un ragazzo calmo, educato, con un gran senso dell'ironia e dell'autoironia e con interessi non proprio comuni per i quattordicenni dell'epoca come il body building, i rapaci e le specie in via di estinzione.
Il passaggio da meri compagni di classe, superficialmente in buoni rapporti, ad amici avvenne al liceo e nell’anno della maturità.
All’interno della classe, un gruppetto aveva iniziato a passare insieme il tempo anche fuori dell’orario scolastico per studiare, ma non solo. Ci univa la sensazione di essere alle porte della nostra vita di adulti; ci spalleggiavamo, ci scambiavamo sogni, speranze e timori un po’ come nella canzone di Venditti “Notte prima degli esami”.
Pierluigi si mise con Annamaria, una compagna di classe che viveva in un appartamentino in affitto in paese e che sarebbe stata la sua compagna di vita da allora in poi.
All’università, Pierluigi e Annamaria si iscrissero alla facoltà di medicina e chirurgia e io a quella di giurisprudenza. Sembravamo destinati a perderci di vista: giri diversi, impegni diversi, la loro intimità di coppia che imponeva rispetto e discrezione.
Invece fu proprio allora che la generosità e la disponibilità di Pierluigi vennero fuori e l’amicizia tra noi divenne un punto fermo.
Specialmente dopo che mi staccai da Comunione e Liberazione e intorno a me crollò la rete sociale su cui avevo fatto affidamento, andare a trovare di tanto in tanto Pierluigi e Annamaria nel dopocena divenne un rito estremamente piacevole e rasserenante. Poteva capitare che mi trattenessi a parlare con Pierluigi sino a notte fonda perché lui sapeva come prendermi, o forse sarebbe più corretto dire sopportarmi. Tra noi c’era estrema facilità di discorso, complicità, scambio arricchente di esperienze, interessi, curiosità e cortesie.
C’era un unico argomento implicitamente tabù: gli esami universitari. Sapevo che sia Pierluigi sia Annamaria si erano impantanati ai primi esami e che questo pesava loro molto anche per le scontate ripercussioni nei rapporti con le rispettive famiglie.
Con il senno di poi, posso solo immaginare che quell’esperienza fallimentare sia stata un tarlo che ha scavato in profondità nell’autostima di Pierluigi. Aver “sprecato” quell’opportunità di studio non solo l’aveva costretto a rivedere al ribasso le sue ambizioni, ma era anche il peso umiliante di dover ancora dipendere economicamente dai suoi e di essersi dimostrato non all’altezza della fiducia riposta in lui.
Si dava da fare in ogni modo; era sempre disponibile a dare una mano nei lavori in campagna dai suoi e dai genitori di Annamaria, ma tutto questo, evidentemente, era solo un ripiego temporaneo e insoddisfacente.
Continuammo a frequentarci anche dopo la mia laurea. Quando poi, trasferitomi a Milano, decisi di sposarmi fu per me del tutto naturale scegliere Pierluigi come “best man”.
Gradualmente, però, i nostri rapporti divennero sempre più rarefatti e saltuari, le reticenze sul suo presente più ampie. Di internet e dei social neanche a parlarne. Tuttavia quando ci si trovava, in Sardegna, era come se non ci fossimo mai persi di vista e, dentro di me, lui continuava a essere una presenza certa.
E si arriva al presente, inaspettato e doloroso.
Un messaggio da parte di mio fratello m’informa di aver avuto la conferma di una voce giunta casualmente da una fonte poco attendibile: Pierluigi era morto a metà marzo.
Incredulità, sconcerto, dolore lancinante. Com’era stato possibile che una cosa così enorme fosse passata sotto silenzio? Perché? Cos'era successo?
La ragione è venuta a galla con pudore: Pierluigi si è suicidato, a quanto pare al culmine di un periodo depressivo, e ora riposa nel cimitero del suo paese. La famiglia ha gestito il lutto nel massimo riserbo.
Avrei potuto fare qualcosa per evitare questo epilogo? Avrei potuto essergli vicino invece di limitarmi a pensare come sarebbe stato bello incontrarlo nuovamente e parlare come ai vecchi tempi?
E Annamaria? Prima o poi riuscirò a parlare con lei, anche se onestamente non so cosa mai potrò dirle che non sia dannatamente inutile.
Pierluigi era una bella persona, quasi un fratello per me, e il mondo mi sembra più vuoto e solitario senza la nostra amicizia.
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lunedì, agosto 14, 2017
digestione difficile
giovedì, dicembre 15, 2016
Anti-antivirus
Gli antivirus sono cosa buona, utile e giusta fintanto che non pretendono di prendere il controllo totale del browser impedendone di fatto l'utilizzo.
Avast, purtroppo, ha dimostrato questa insana e precocissima propensione alla paranoia da sicurezza, istigando Firefox - già severo di suo - e iCab a rifiutare tassativamente l'accesso a normalissimi e protetti indirizzi https quali quelli di Gmail, Facebook, Pinterest, Flickr e del servizio di home banking.
Se voleva essere un test sulle mie doti di pazienza e mite rassegnazione, beh, è finito ingloriosamente nel cestino insieme ad Avast.
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giovedì, dicembre 01, 2016
Apotropaico
Un’immagine come questa ha risvegliato il ricordo, lontano nel tempo, di un ciondolino scoperto da bambino in una vecchia scatola di latta tra ditali, spille, bottoni e monetine fuori corso. Era una minuscola mano serrata a pugno appartenuta - venni a sapere - alla primissima infanzia di mio padre.
Ingenuamente, non capivo cosa fosse quella lieve protuberanza tra l'indice e il medio che sembrava un’imperfezione, una sbavatura. Ero ben lontano dall'immaginare che quell'oggetto fosse una mano fi*a, un amuleto oggi desueto che veniva indossato legato al polso a difesa da s’ogru malu: il malocchio.
Oggi fare la fi*a è solo un gesto volgare o, in altre parti del mondo, un modo spiccio per esprimere il rifiuto di fare qualcosa.
Nulla che spartire con il significato apotropaico del ninnolo, vestigia di remoti rituali contro l’invidia malevola intesi a mettere i bambini e la fertilità, sia femminile che maschile, sotto la magica protezione della vulva di una divinità (Iside, Astarte, Venere, Giunone).
Superstizione, senza dubbio, tuttavia provo rispetto per i sentimenti materni di mia nonna o di chi fece quel dono tanto particolare, conservato con discrezione nel ripiano più alto della credenza di cucina, mezzo secolo fa.
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sabato, marzo 26, 2016
desslisia-dislessia
Mettersi nei panni altrui non è facile, tanto più quando non riusciamo a immaginare cosa si provi a vivere una situazione anomala rispetto a ciò che consideriamo l'assoluta "normalità".
Un disturbo alle facoltà di apprendimento (DSA), ad esempio, è qualcosa di difficile da concepire perché si tratta di un freno nascosto, elusivo, che non interferisce né con l'intelligenza né con le facoltà sensoriali, motorie o di socializzazione.
E' arduo mettersi nei panni di un ragazzino in età scolare che abbia una forma anche lieve di dislessia, disgrafia o discalculia. Ciò che si percepisce dall'esterno è solo la lentezza tormentosa e la fatica - fisica e mentale - nella decodifica di un testo, nella stesura di un compito scritto o in quello che un tempo si definiva far di conto.
Da genitori, la reazione standard è raddoppiare gli sforzi, gli esercizi di lettura, scrittura e calcolo aritmetico, nella speranza che un allenamento intensivo possa vincere le resistenze e gli impacci di un figlio che sembra "poco portato" o incline a perdere facilmente la concentrazione.
Nelle aule scolastiche, poi, il problema si amplifica all'ennesima potenza nel confronto con il resto della classe e gli insegnanti. Se anche un professore avesse il vago sentore di un DSA dietro le difficoltà di un alunno che non si applica, mancano il tempo, le competenze e le risorse per intervenire.
Tornando al problema di "visualizzare" il disturbo, mi ha colpito il simulatore dell'esperienza di lettura di un dislessico che trovate a questo indirizzo. Trovo che nella sua semplicità senza pretese sia un esperimento riuscito, ma soprattutto istruttivo.
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giovedì, luglio 02, 2015
Condizionamenti
Flegetonte sta picchiando duro: traspirazione a 1000 malgrado il ventilatore acceso non-stop e, ovviamente, grande consumo d'acqua per reidratarsi.
Ed è proprio il ricorso più frequente al rubinetto che mi ha fatto pensare a quanto siano profondi e duraturi i condizionamenti acquisiti: nello specifico, quello del razionamento idrico.
Ancora oggi, dopo oltre 20 anni di permanenza in Lombardia, quando apro il rubinetto del lavello o del lavandino una parte di me teme che il getto si riduca rapidamente a un gocciolio e che dalle tubature arrivi il risucchio gorgogliante delle bolle d'aria.
È stato decisamente più facile liberarsi dell'abitudine di acquistare i fardelli di acqua minerale al supermercato che togliersi l'incubo dell'acqua di rete erogata solo poche ore al giorno.
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domenica, maggio 24, 2015
Amore e rancore
“Non lo odio, ma se lo ammazzassi starei molto meglio”
“Se un giorno riceverai una pallottola in fronte, sappi che sarò stata io”
Cenere alla cenere, terra alla terra: anche l'amore muore.
Non ci si libera dei ricordi, delle solenni promesse, dei giorni felici e di quelli più amari con la stessa facilità con cui si tinteggia casa o si dismettono gli abiti vecchi.
Qualcosa resta, indugia in cerca di soddisfazione o di una spiegazione che non sia banale e avvilente.
"Ma dove, dov'è il tuo amore? Ma dove è finito il tuo amore?" Avrei preferito che la risposta non fosse che si è disciolto nel rancore.
L'immagine è del fotografo rumeno Marius Filipoiu
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giovedì, maggio 14, 2015
rimedi alle serate storte
Quelle sere che ti guardi intorno e vedi il vuoto che ti circonda. Quelle sere che non puoi rifiutarti di ammettere che la tua malandata scialuppa è inclinata e imbarca acqua. Quelle sere che viene una voglia fottuta di mollare baracca & burattini ed emulare Bartleby Lo Scrivano rispondendo "Preferirei di no" a qualsiasi richiesta, puoi aspettare che passi oppure curarti con il fado: fa meno male di altri rimedi.
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sabato, maggio 09, 2015
In vacanza da Facebook
Ogni tanto è salutare staccare la spina dalle abitudini social che divengono troppo ingombranti, e Facebook è la prima della lista.
Aspettavo solo un pretesto, la classica spintarella per piantarla di bighellonare nei fatti altrui e mettere in vetrina i miei: è arrivato sotto forma di un insignificante, ma fastidioso battibecco sulla mia bacheca, solitamente avvolta in una letargica tranquillità.
Niente saluti commossi dalla poppa della nave in partenza, tanto prima o poi dalla crociera si torna... (scongiuri d'ufficio). ;-)
[L'illustrazione è del disegnatore satirico John Holcroft ]
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domenica, febbraio 22, 2015
Lost & Found
Abbracciarsi un po’ goffamente, raccontarsi esistenze come al solito stropicciate, ridere, emozionarsi e prendersi in giro affettuosamente mentre, davanti ai mojito, si accavallano resoconti di eventi e disastri accumulatisi in mesi di silenzio e lontananza.
Fuori è un sabato sera milanese sferzato da una pioggia gelida e sappiamo che la rimpatriata sarà breve, ma va bene lo stesso. Sembra impossibile che siano passati quasi nove anni da quando ci siamo conosciuti attraverso i rispettivi blog, finendo per fare comunella nonostante le differenze di età, sesso, carattere e situazioni sentimentali.
Ne abbiamo viste e passate parecchie. Senza volerlo, abbiamo accumulato in archivio materiale a sufficienza per una sit-com: interminabili conciliaboli notturni, concerti, mostre, cene improvvisate, tensioni e incomprensioni, lunghi silenzi di imbarazzo, frustrazione e gelosia, momenti di crisi, traslochi, scelte lavorative e di vita che sembravano definitive e poi finite su un binario morto.
Quel pregresso condiviso stasera non è contato, mentre è stato importante che ci si sia ritrovati senza conti in sospeso, per il puro piacere di rivedersi così come siamo oggi. Grazie e gracias a la vida per quanto beffarda e matrigna.
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lunedì, agosto 25, 2014
Citazione lampo
È un mondo difficile
e vita intensa
felicità a momenti
e futuro incerto.
Tonino Carotone, "Me cago en el amor"
A poche ore dal ritorno alla complicata e - ahimè - asfittica vita lavorativa dopo la pausa estiva, mi ritrovo a passare in rassegna senza il minimo entusiasmo le incognite, i rischi e le poche, magre certezze di cui è disseminato il mio futuro prossimo venturo.
Nelle ultime tre settimane prendermi cura dei figli mi ha in qualche misura costretto ad accantonare le preoccupazioni, ridimensionare l'angoscia e tenere sottotraccia tensioni, discussioni e incomprensioni.
Come sempre, volendo posso dissimulare parecchie cose agli occhi del mondo, ma non mentire a me stesso.
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venerdì, febbraio 28, 2014
Obituary calls
Ci sono piccole cose che ti segnano il tempo. Disseminate con apparente casualità, stanno lì a dimostrarti che sì, stai invecchiando, e senza neanche passare per l’anticamera della saggezza.
C’è, ad esempio, quell’accentuarsi del pessimismo che ti fa storcere il naso dinanzi a un governo nazionale appena nato in cui scorgi il perpetuarsi, al di là delle sigle di partito, del marketing politico autoreferenziale degli ultimi 20 anni nonché l’apoteosi di quella comunicazione che privilegia la forma sulla sostanza, il contenitore sul contenuto e la narrazione sull’ideazione.
Ma ancor di più ti accorgi del tempo che passa, inesorabile, da certe telefonate in teleselezione che prendono una piega, per così dire, “obituaria”.
«Pronto? »
«Ueeeeee! Marce’!!»
«Oooh, ciao! come state?»
«Non c’è male, insomma. Zoppico da tre giorni, Xxxxxx è a letto con la bronchite, Yyyyyy dovrebbe fare una visita oculistica...»
«Andiamo bene!!!»
«Eeeh... sai com’è. Piuttosto, hai presente Tizio ?»
«Mmm... Aspe’... Sì!»
«È morto. Hanno fatto il funerale l’altro ieri»
«Taddannu! E non era neanche così anziano»
«Scherzi?!? La buonanima aveva 87 anni. Stava male già da un po’»
«Ah! Poveretto»
«E di tzia Caia ti ricordi?»>
«Non mi dire che pure lei...»
«No no... è ricoverata in ospedale: femore rotto»
«Merda, ma come è successo?»
«Pare un capogiro mentre scendeva dalle scale. Sai chi altro è morto da poco?»
«...»
Il mio mondo perde pezzi e somiglia sempre più alla pagina dei necrologi: ca@@o.
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sabato, febbraio 08, 2014
Radici
Che perda cravada intr ‘e su coru
s'ammentu ‘e tie est dolu ki non sanat
Del posto in cui si nasce non si riesce quasi mai a dire qualcosa di nuovo, di sapido e di profondo che vada oltre la banalità del risaputo o della parafrasi di qualche fonte abusata.
Nel mio caso, poi, si aggiunge l’amarognola consapevolezza di una membrana di estraneità mai venuta meno, come se io e il mio paese di origine - Lanusei - ci fossimo studiati per anni mantenendo le distanze.
A un’analisi razionale, persino la mozione degli affetti e l’orgoglio nel proclamarmi, in ordine decrescente di importanza “Lanuseino, Ogliastrino, Sardo, Italiano, cittadino del mondo” si rivelano per ciò che sono: il bisogno di ancorare a una narrazione più grande la definizione del sé e la volontà ostinata di appartenere a una storia che non m'appartiene più.
Lanusei è l’ambivalenza della memoria che ricama sui ricordi piacevoli, alterandoli affinché siano più dolci e struggenti, mentre sigilla quelli scomodi nella luna nera dell’inconscio con il loro carico di schegge taglienti d'incomunicabilità, disprezzo, derisione, senso di alienazione e lutto.
Lanusei è una ferita che non rimargina. Lanusei è una spina nel fianco che non smette di dolere; è il battito del cuore che viene a mancare ogni volta che penso alla resa al fatalismo della mia famiglia d’origine e a quel poco che resta del mio passato già destinato all’oblio.
Quando sono partito per andare a lavorare non pensavo che sarei rimasto lontano tanto a lungo. Senza alcuna vergogna ammetto, però, che mi sentivo sollevato dall’angoscia di non trovare spazio per realizzarmi e dare un senso a quell’accozzaglia di interessi enciclopedici che, messi insieme, non facevano una professione spendibile in paese.
A Milano mi lega unicamente il lavoro, anche se troverei difficile rinunciare ai suoi ritmi, alle sue risorse e a certe sue comodità. Non si tratta d'ingratitudine: nemmeno quando ho messo su famiglia ho smesso del tutto di sognare un ritorno a casa che non fosse forzato, a capo chino o con i piedi in avanti.
Forse c’è un po’ di spirito di rivalsa in questo sogno tenuto nel cassetto, ma preferisco pensare che sia voglia di serenità, di ritrovare quella parte di me rimasta ad ammirare il panorama in cima a pissicuccu.
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mercoledì, agosto 28, 2013
i compiti delle vacanze
A dispetto del titolo, non sono improvvisamente ringiovanito e tornato studentello di belle speranze. È che questo mese ho avuto parecchio da fare e da pensare al di fuori della sfera lavorativa (una volta tanto, alleluia!), ma tutto è rimasto nella testa. Ho lasciato a metà schizzi, e-mail e appunti abbozzati a penna come se, puntualmente, la spinta a concludere l'opera evaporasse senza lasciare traccia.
Si vede che il subconscio aveva deciso che era il momento di staccare e prendersi una vacanza. Così adesso mi tocca rimuovere polvere e ragnatele in quantità industriali da questo blog trascurato e silenzioso.
I have a dream
Sono passati 50 anni dal memorabile I have a dream di Martin Luther King. Senza azzardare paragoni impossibili e umilianti per il sottoscritto, mi sono chiesto quale potrebbe essere oggi il mio "I have a dream": questo è il risultato.
Sogno di vivere in un Paese dove avere un sogno
non sia una vergogna o il lusso di pochi
Sogno che concetti come interesse comune, onestà e rispetto
non siano più trattati alla stregua di una barzelletta sconcia
Sogno che il talento sia riconosciuto, sostenuto e premiato a tutti i livelli
non solo per il successo e i vantaggi economici che se ne possono ricavare
Sogno di risvegliarmi in un Paese dove la cultura e l’arte
siano considerati valori da coltivare e non inutili zavorre da abbandonare
Non disturbatevi a darmi di gomito e assestarmi calci negli stinchi:
so bene che sto sognando l'Isola che non c’è, o comunque un Paese che non sarà mai l’Italia.
L'inverosimile
Questa pseudo-notizia, ripresa da diversi siti e da alcune persone che stimo per intelligenza e onestà intellettuale senza curarsi di vagliare le fonti, è la dimostrazione lampante di come una grossolana bufala fatta circolare in rete possa avere una vita (virale) lunga e trovare accoglienza anche nelle menti raziocinanti quando soddisfa quel che pensiamo o sospettiamo del personaggio preso a bersaglio.
A scanso di equivoci, non sarò certo io a dipingere Romano Prodi come un santo anacoreta o un Parsifal redivivo, tuttavia c'è di che meditare.
I figli in vacanza a casa
In tutta coscienza so di non essere stato quel che si dice un marito e un genitore esemplare. Inizialmente, le mie aspettative in merito a come andavano interpretati questi ruoli erano piuttosto alte, probabilmente eccessive, poi è andata com’è andata.
Non starò a sciorinare i perché e i percome, le attenuanti generiche e le aggravanti specifiche su cui ho avuto tutto il tempo di arrovellarmi prima di arrivare a una sorta di tregua armata con i sensi di colpa.
Quel che conta, oggi, è che nei 10 giorni ad inizio Agosto in cui ho avuto a casa i miei figli ho sperimentato quanto di più vicino agli ideali che carezzavo un tempo.
È stata una vacanza molto sui generis, visto che gran parte del tempo a disposizione è stato sacrificato al ripasso del programma di filosofia per Sara. Ciò malgrado per Alberto e Sara è stata una vacanza a tutti gli effetti, in cui sono stati bene con me e io con loro.
Mi auguro di tutto cuore che le lunghe conversazioni, rilassate e a tutto campo, abbiano effetti positivi su di loro ben oltre le esigenze contingenti degli esami di riparazione e dei compiti delle vacanze.
È ancora tempo
Sarà per banali ragioni anagrafiche, sarà per la mia storia affettiva, ma questo pezzo me lo sento cucito addosso come pochi.
È ancora tiempo,
tiempo ancora.
È ancora tiempo,
mal'acqua e sole.
È ancora tiempo,
tiempo
furtunatament’
È ancora tiempo
'o sient'.
E coccheduno te vò bbene e basta.
E coccheccosa nun more ma resta.
È ancora tiempo,
dint' 'o core.
È ancora tiempo,
amaro e doce,
'o sient'.
È ancora tiempo,
tiempo,
russ' 'e sera.
È ancora tiempo.
E coccheduno te vò bbene e basta.
E quanno è ‘o vero nun ce sta ritorno.
E coccheccosa nun more ma resta,
resta
nu bello juorno.
È ancora tiempo.
È ancora tiempo,
'o sient’.
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mercoledì, febbraio 13, 2013
Still alive (maybe)
domenica, maggio 20, 2012
earthquake
Questa domenica cupa e piovosa è iniziata una manciata di minuti dopo le 4 AM. Stavo dormendo come un ciocco quando Monica mi ha destato dicendo che c'era appena stata una scossa di terremoto, lunga e molto forte. Incredibile ma vero, non avevo sentito nulla sebbene il letto avesse sobbalzato come una vettura che passi sopra una serie di dossi.
Per deformazione professionale, il primo impulso è stato quello di alzarmi, accendere il Macbook e andare a caccia di maggiori informazioni. Invece sono rimasto a letto, tenendo per me la sensazione di fastidio per la stupidità di quel riflesso: a che pro drizzare le antenne virtuali quando non puoi renderti utile in alcun modo?
C'è qualcosa di larvatamente cinico e voyeuristico in questa smania di essere "testimoni", o meglio spettatori di qualcosa che sta avvenendo a centinaia di km.
Per questo, pur comprendendo il dovere di cronaca, ho fatto fatica a guardare le dirette dei TG dove era quasi palpabile l'attesa che avvenisse qualcosa di drammatico da riprendere.
Nel primo pomeriggio c'è stata la replica: magnitudo 5.1. Anche questa volta Monica è stata la prima a percepire la scossa e a indicarmi il lampadario del soggiorno che ondeggiava. Solo in quel momento ho avvertito come una vibrazione nel divano su cui ero seduto: qualcosa di simile al passaggio sotto casa di un trasporto speciale, niente di più di una lieve e spiacevole sensazione durata il tempo di un sospiro.
In Emilia è stato un altro momento di terrore, qui no: qui la vita ha continuato a ronzare pigramente sotto la pioggia come se nulla fosse.
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sabato, febbraio 25, 2012
Letteralmente
Mio fratello Roberto ha presentato il suo terzo libro a Lanusei. Mi sarebbe piaciuto esserci, invece mi toccherà aspettare i tempi delle poste italiane per leggere questa sua fatica letteraria di cui non so assolutamente niente a parte il titolo: “Il mio Camminare Insieme”.
Ammiro l’intraprendenza e la determinazione nello scrivere di Roberto, più forti della malasorte che ha messo fuori portata o mandato al macero altri progetti professionali e di vita.
Per quanto mi riguarda, ho declinato gli inviti a cimentarmi con qualcosa di più complesso e corposo dei brevi racconti messi online sul sito personale e sul blog su Splinder: due spazi - guarda caso - finiti entrambi nel buco nero della Rete con la chiusura di Yahoo! Geocities prima, e di Splinder poi.
Onestamente, non è mai scattata in me la scintilla creativa che motiva allo sviluppo di un libro, né ho mai pensato che le mie fantasie stralunate potessero interessare qualcuno oltre il sottoscritto, che da anni ne fruisce liberamente ogni notte al posto del sonnifero. :-)
P.S. Ora che ci faccio caso, dovrei fare pulizia nella blogroll eliminando tutti i link ai blog che si appoggiavano alla defunta piattaforma Splinder: in pratica sarebbe un'ecatombe.
Tutto sommato, però, fa quasi tenerezza vedere comparire le miniature snap, ferme a qualche anno fa. E' un po' come sfogliare vecchie cartoline.
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