martedì, novembre 29, 2011

 

half-light zone


fall 028 by norbert maier
Quanto dolore
rimorso
e desolazione
vivono ancora nei recessi della memoria.
Frammenti di passato
schivati come lebbrosi
stanotte non cessano di battere alle pareti.

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sabato, novembre 26, 2011

 

Passaggio a Nord-Ovest



Avere una prospettiva
per cui valga la pena di lottare e affrontare sacrifici
è sempre meglio dell’immobilismo sgomento di chi si è già arreso.


Sappiamo tutti che Mario Monti e il suo esecutivo tecnico sono come il luminare chiamato d’urgenza al capezzale di un malato in condizioni critiche per praticare un intervento chirurgico particolarmente complesso e rischioso.

Super Monti
Per ora, tuttavia, l’80% degli italiani guarda al nuovo governo con benevolenza e rispetto, piacevolmente stupito dai toni sobri e low profile con cui l’ex Commissario UE e la sua squadra si sono presentati, distanti anni luce dallo stile chiassoso e inconcludente dell’era Berlusconi.

Il cambio della guardia a Palazzo Chigi ha restituito un minimo di credibilità alle istituzioni. Nel Paese circola un’aria nuova, una timida speranza di poter vedere la luce alla fine del tunnel, anche se si sa in partenza che sarà pagata a caro prezzo.
Quando i nodi verranno al pettine, però, Mario Monti e i suoi good old boys avranno bisogno dello stellone italico dei giorni migliori, perché quello che si chiede loro è una sorta di mission impossible disseminata di incognite e trabocchetti.

Nei 2 anni scarsi che rimangono al termine naturale della legislatura, infatti, Mario Monti dovrebbe dimostrare a noi italiani, ai mercati finanziari e ai controllori UE, BCE e FMI che è possibile avviare misure drastiche di riduzione della spesa e del debito pubblico e farle marciare insieme a interventi mirati a stimolare la crescita economica: una quadratura del cerchio che in termini macroeconomici è facile come tenere insieme il diavolo e l’acquasanta.

Oltre ai 1900 miliardi di Euro di debito pubblico che ci fanno ballare al ritmo imposto dai mercati finanziari, c’è un immane problema di sostenibilità e di equità da risolvere in un’ottica di stabilizzazione di lungo periodo del quadro economico, peraltro senza che ci sia un manuale di istruzioni cui affidarsi, dato che le “ricette” che girano da anni - in primis la terapia neoliberista autorevolmente “sponsorizzata” da FMI e World Bank che passa sotto il nome di Washington consensus- all’atto pratico hanno dimostrato di essere inefficaci quando non nefaste.

Come se non bastasse che la coperta è sempre più corta e che lo spazio di manovra per l’Italia si fa sempre più stretto, l’azione del governo tecnico dovrà confrontarsi con l’incognita della tenuta politica della grosse koalition che a parole dichiara di appoggiarlo in parlamento.
Il rischio che al minimo intoppo o all’approssimarsi della campagna elettorale tornino a galla litigiosità, insofferenze, ripicche e interessi di bottega è oggettivamente altissimo. Tante cose sono cambiate in Italia, ma non un tratto distintivo infame che nell’attuale classe dirigente si ritrova elevato all’ennesima potenza: l’opportunismo, il calcolo cinico del tornaconto personale o tribale anteposto al bene comune, lo scaricare sugli altri le responsabilità dei fallimenti tenendosi pronti a rivendicare meriti, prebende e dividendi in caso di successo.

Con tutto ciò auguro di tutto cuore a Mario Monti di trovare per noi il “Passaggio a Nord-Ovest”, perché l’alternativa è una sola: accomodarci ad ascoltare le allegre marcette suonate dall’orchestrina del Titanic.

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mercoledì, novembre 16, 2011

 

Il porto delle nebbie



La nave fantasma

Nel giorno in cui è stata varata la squadra dell'esecutivo Monti, mi sono appisolato mentre dalla finestra osservavo il paesaggio urbano trasfigurato da un nebbione gelido. Ho avuto una breve visione da incubo. Dalla nebbia fitta all'improvviso compariva, come una nave fantasma, il relitto corroso e sconquassato del governo Berlusconi.

In piedi sul castello di prua stavano, immobili e in gramaglie, le non indimenticabili "ministre" Meloni, Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo, mentre la polena raffigurava una Daniela Santanché arruffata e con la bocca oscenamente spalancata in un petulante grido muto.

governo fantasma

Forse ancora non mi capacito che quella sciagura sia alle nostre spalle, consegnata al giudizio della storia.


Spleender

Girano voci sempre più insistenti su una prossima chiusura della piattaforma Splinder. Per quanto da tempo declinante, Splinder rappresenta un pezzo di storia della blogosfera italiana e una parte, sia pure marginale, della mia esperienza di blogger.
logo splinderSu Splinder, infatti, era ospitato il mio primissimo blog, intitolato Press-a-poco. Lo chiusi dopo poco più di un mese, stufo di dover lottare invano contro l’incompatibilità tra i browser di cui disponevo e l’editor integrato.
D’altra parte Splinder, anche nei momenti di massimo splendore, è stata tutto meno che una piattaforma priva di problemi e malfunzionamenti, vittima del fenomeno di moda che aveva contribuito ad alimentare.
Viene da sorridere ripensando agli avvisi “l’utente xy ha visitato il tuo profilo” che facevano capolino a qualsiasi ora si facesse login e alle strategie promozionali messe in atto da chi era assetato di visibilità o aspirava allo status di blogstar; ovviamente, tutto questo avveniva prima che king kong Facebook salisse sul ring.
Pur avendo preso stabilmente dimora su Blogger/Blogspot, ho conservato legami con Splinder, con i blog che ho frequentato e i blogger che ho conosciuto.
Pensare che la piattaforma possa dissolversi mi disorienta: è come se sapessi che da un momento all’altro verrà meno un puntello della memoria.

[Addenda]: lo shutdown di Splinder ora è ufficiale e ha una data certa: 31 gennaio 2012 (Fonte: Rearwindow).

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mercoledì, novembre 09, 2011

 

Acque agitate


Berlusconi in troubles

C’è qualcosa di tragico, di grandioso e di sordido insieme, nel tratto (ci si augura) finale della parabola politica di Silvio Berlusconi.

C’è chi ha goduto senza ritegno alle immagini del Presidente del Consiglio che, durante una pausa del G20 a Cannes, cerca di dissimulare contrarietà e imbarazzo vedendosi deliberatamente isolato e ignorato dai presenti.
C’è chi ha scosso il capo interpretando come segno di protervia e di distacco dalla realtà la scelta di trascorrere la notte prima dello showdown in compagnia di una delle sue giovani e avvenenti “creature politiche”.
A me, che pure detesto cordialmente Berlusconi per ciò che ha incarnato e incarna, la vista di questo shogun disarcionato e ridotto a una (relativa) impotenza ha fatto pena, rabbia e imbarazzo; le stesse sensazioni che talvolta provo incrociando la mia faccia sbattuta e invecchiata riflessa dallo specchio.

D’altra parte Silvio Berlusconi È, a suo modo, uno specchio degli italiani, o almeno di una certa Italia.
Al di là della propaganda di regime, quest’uomo scaltro, persuasivo e pervasivo è stato capace di farsi accettare, per amore o per calcolo, come “uno di loro” da classi sociali diverse.
Paladino e protettore agli occhi della piccola borghesia, dei liberi professionisti e degli artigiani; garante degli scambi di favori che hanno consentito al salotto confindustriale di spremere ancora qualcosa dalle rendite di posizione.
Il vero miracolo scellerato di Silvio Berlusconi, tuttavia, è stato riuscire a (ri)dimensionare e omologare culturalmente una nazione alle debolezze, ai vizi e agli umori più retrivi di larga parte dei suoi abitanti, invece di provare a cambiarla in meglio, come avrebbe dovuto e potuto.

Ho anteposto gli interessi del Paese ai miei” - avrebbe dichiarato il Nostro dopo essere stato a colloquio con l’inquilino del Quirinale.
Come nobile epitaffio non sarebbe male, però sento salire lungo la gola un’irresistibile voglia di rispondergli a muso duro: “C'è sempre una prima volta. Quanto meno adesso sai cosa si prova.”

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sabato, novembre 05, 2011

 

L'inverno del nostro scontento



Gli ultimi giorni di Pompei

Last days of Pompei

“… i ristoranti sono pieni, le località di vacanza fanno il tutto esaurito, è difficile trovare posto sugli aerei, i consumi sono stabili…

Un dubbio: siamo sul set di “Gli ultimi giorni di Pompei”, vero?
Intanto la nostra credibilità come Paese è a livello da baraccone, tanto che ci spediscono i dottor Stranamore del FMI per monitorare se facciamo i compiti a casa o siamo nullafacenti dediti ai baccanali.

Sta cominciando un altro inverno del nostro scontento, forse il peggiore, altro che storie.


Graecia capta

Georgios PapandreouUmanamente mi dispiace per Georgios Papandreou, avviato a uscire di scena anticipatamente, senza applausi né ringraziamenti, dopo due anni drammatici al timone di una Grecia in caduta libera.

Il figlio del discusso, populista e carismatico Andreas Papandreou è stato vittima di un destino beffardo, o forse non era la persona più adatta a gestire una mission impossibile: portare in salvo una nazione finita sul lastrico, di fatto commissariata dai creditori internazionali che hanno imposto misure di austerità al tempo stesso difficilmente sostenibili, non risolutive e, ovviamente, impopolari.

Le speranze di cambiamento, di ritrovata serietà e moralità che avevano accompagnato il PASOK e Papandreou al governo sono appassite dinanzi all'entità del dissesto finanziario ereditato da un decennio di bilanci pubblici truccati (pratica cui il PASOK non è stato immune).

Finché ha potuto, Georgios Papandreou “ci ha messo la faccia” firmando provvedimenti di emergenza sempre più devastanti e umilianti un po’ per senso del dovere, molto più per mancanza di alternative.
Gli costerà caro il puntiglio di non aver gettato la spugna per tempo, di essersi abbarbicato alla poltrona di primo ministro ignorando i segnali di isolamento all’interno del suo stesso partito.
Comunque vadano le cose, difficilmente Papandreou otterrà una chance per riabilitarsi e scrollarsi di dosso l’odiosa etichetta di perdente.


Fuga dalle campagne

Sul quotidiano Sardegna 24 del 3 novembre ho letto un’intervista di Umberto Cocco ad Angelino Olmeo, allevatore, tecnico, già docente di colture agricole, sul miraggio della chimica verde.

Green ChemistryConcordo con il pessimismo di Olmeo: impiantare in Sardegna o adattare un impianto chimico esistente alla trasformazione di materie prime vegetali in plastica, biodiesel o bioetanolo è un cavallo di Troia.
Dietro lo scenario ottimistico dei posti o di lavoro e di un potente incentivo all’agricoltura isolana c’è solo la volontà di ottenere la concessione a produrre energia. Ben presto, infatti, si "scoprirebbe" (surprise surprise) che approvvigionarsi sull’isola, se anche fosse fattibile attraverso monocolture idonee, non è conveniente rispetto alla materia prima d’importazione.

Si ripeterebbe a 30 anni di distanza quanto successe con la barbabietola da zucchero una volta che lo zuccherificio di Villasor venne chiuso e smantellato: il tracollo di una coltura redditizia divenuta totalmente improduttiva e il conseguente processo di riconversione forzata, chiuso in abbondante perdita per gli agricoltori del Medio Campidano.

Ciò che mi ha colpito maggiormente, però, sono queste tristi e “profetiche” parole di Olmeo:
«La mia, dei 60-65 anni, è l’ultima generazione di campagna. Ci stiamo più che per i redditi che produce, per sentimento, per tradizione, perché non potremmo far altro. Ma mio figlio non ce lo mando. Il dramma è questo. Quando, fra venti o trent’anni, scopriremo in ritardo che bisogna produrre alimenti per sfamarci, non ci sarà più nessuno dei nostri nipoti capace di farlo, e le zone interne saranno deserto, i paesi spopolati, nessun presidio ambientale in collina.»


Closing Time



Quest'immagine di Melancholik su Flickr, dall'eloquente titolo "closing time", mi ha fatto pensare alle persone che ho conosciuto in momenti tormentati e turbolenti della loro vita. Ovviamente questa è solo la mia interpretazione: ognuno filtra le immagini secondo la sua sensibilità ed esperienza.

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giovedì, novembre 03, 2011

 

Crisis? What crisis??



Dovessi giudicare gli effetti della crisi economica sul potere d’acquisto e sul tenore di vita degli italiani prendendo come indicatore unicamente un campione casuale delle autovetture che transitano sotto la finestra di casa in un sabato pomeriggio qualsiasi, dovrei concludere che:

LuxurycarsGià, perché nel giro di pochi minuti mi capita di veder sfilare in ordine sparso il contenuto di un numero di QuattroRuote con i principali modelli di classe medio-alta e alta dei listini Audi, BMW, Porsche, Mercedes, Lexus, Jaguar, Range Rover, PSA, WW, Honda, Nissan, Alfa Romeo e Lancia.

Età media delle autovetture in circolazione, tutte rigorosamente fiammanti come appena uscite dal concessionario, max 1,5/2 anni. Prezzi di listino: abbondantemente sopra la soglia dei 30.000 €.

Inevitabilmente le utilitarie, nuove o con diverse stagioni impietosamente stampate sulla carrozzeria, recitano la parte delle umili comprimarie in mezzo a tanto profluvio di SUV, maxi fuoristrada e berline di rappresentanza che portano a spasso quella classe indefinita di liberi professionisti, commercianti, manager e imprenditori che pubblicamente "sta alle pezze", ma che in privato apre i portafogli pur di sfoggiare uno status-symbol semovente.

A pensare male si fa peccato, tuttavia...

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