sabato, novembre 05, 2011
L'inverno del nostro scontento
Gli ultimi giorni di Pompei
“… i ristoranti sono pieni, le località di vacanza fanno il tutto esaurito, è difficile trovare posto sugli aerei, i consumi sono stabili…”
Un dubbio: siamo sul set di “Gli ultimi giorni di Pompei”, vero?
Intanto la nostra credibilità come Paese è a livello da baraccone, tanto che ci spediscono i dottor Stranamore del FMI per monitorare se facciamo i compiti a casa o siamo nullafacenti dediti ai baccanali.
Sta cominciando un altro inverno del nostro scontento, forse il peggiore, altro che storie.
Graecia capta
Umanamente mi dispiace per Georgios Papandreou, avviato a uscire di scena anticipatamente, senza applausi né ringraziamenti, dopo due anni drammatici al timone di una Grecia in caduta libera.
Il figlio del discusso, populista e carismatico Andreas Papandreou è stato vittima di un destino beffardo, o forse non era la persona più adatta a gestire una mission impossibile: portare in salvo una nazione finita sul lastrico, di fatto commissariata dai creditori internazionali che hanno imposto misure di austerità al tempo stesso difficilmente sostenibili, non risolutive e, ovviamente, impopolari.
Le speranze di cambiamento, di ritrovata serietà e moralità che avevano accompagnato il PASOK e Papandreou al governo sono appassite dinanzi all'entità del dissesto finanziario ereditato da un decennio di bilanci pubblici truccati (pratica cui il PASOK non è stato immune).
Finché ha potuto, Georgios Papandreou “ci ha messo la faccia” firmando provvedimenti di emergenza sempre più devastanti e umilianti un po’ per senso del dovere, molto più per mancanza di alternative.
Gli costerà caro il puntiglio di non aver gettato la spugna per tempo, di essersi abbarbicato alla poltrona di primo ministro ignorando i segnali di isolamento all’interno del suo stesso partito.
Comunque vadano le cose, difficilmente Papandreou otterrà una chance per riabilitarsi e scrollarsi di dosso l’odiosa etichetta di perdente.
Fuga dalle campagne
Sul quotidiano Sardegna 24 del 3 novembre ho letto un’intervista di Umberto Cocco ad Angelino Olmeo, allevatore, tecnico, già docente di colture agricole, sul miraggio della chimica verde.
Concordo con il pessimismo di Olmeo: impiantare in Sardegna o adattare un impianto chimico esistente alla trasformazione di materie prime vegetali in plastica, biodiesel o bioetanolo è un cavallo di Troia.
Dietro lo scenario ottimistico dei posti o di lavoro e di un potente incentivo all’agricoltura isolana c’è solo la volontà di ottenere la concessione a produrre energia. Ben presto, infatti, si "scoprirebbe" (surprise surprise) che approvvigionarsi sull’isola, se anche fosse fattibile attraverso monocolture idonee, non è conveniente rispetto alla materia prima d’importazione.
Si ripeterebbe a 30 anni di distanza quanto successe con la barbabietola da zucchero una volta che lo zuccherificio di Villasor venne chiuso e smantellato: il tracollo di una coltura redditizia divenuta totalmente improduttiva e il conseguente processo di riconversione forzata, chiuso in abbondante perdita per gli agricoltori del Medio Campidano.
Ciò che mi ha colpito maggiormente, però, sono queste tristi e “profetiche” parole di Olmeo:
«La mia, dei 60-65 anni, è l’ultima generazione di campagna. Ci stiamo più che per i redditi che produce, per sentimento, per tradizione, perché non potremmo far altro. Ma mio figlio non ce lo mando. Il dramma è questo. Quando, fra venti o trent’anni, scopriremo in ritardo che bisogna produrre alimenti per sfamarci, non ci sarà più nessuno dei nostri nipoti capace di farlo, e le zone interne saranno deserto, i paesi spopolati, nessun presidio ambientale in collina.»
Closing Time
Quest'immagine di Melancholik su Flickr, dall'eloquente titolo "closing time", mi ha fatto pensare alle persone che ho conosciuto in momenti tormentati e turbolenti della loro vita. Ovviamente questa è solo la mia interpretazione: ognuno filtra le immagini secondo la sua sensibilità ed esperienza.
Etichette: black hole, Foreign Office, immagini, Sardegna
Comments:
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Dispiace anche a me per il Primo Ministro greco e concordo con la tua analisi.
Diversamente da Berlusconi, Papandreou non ha accampato scuse ed ha fatto le riforme che andavano fatte, mettendoci la faccia.
Lui si' che e' uno statista.
Diversamente da Berlusconi, Papandreou non ha accampato scuse ed ha fatto le riforme che andavano fatte, mettendoci la faccia.
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2015-12-22keyun
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