giovedì, maggio 29, 2008

 

Uscire dal guscio




Questo breve spezzone del film Me and you and everyone we know mi ha fatto sorridere e riflettere. C’è qualcosa di buffo e di tenerissimo, infatti, nel comportamento della protagonista (Miranda July) che, nel silenzio e nella solitudine della sua stanza, usa un paio di ballerine rosa per ricostruire ogni passaggio dell’incontro avuto con un galante e attraente sconosciuto.

Ognuno di noi è capacissimo di fare cose bizzarre e vagamente assurde nell’intimità, quando è al riparo dai giudizi altrui, e nell’atteggiamento della giovane donna trovo un ché di candidamente adolescenziale. Filmando con la videocamera i suoi piedi, lei sembra cercare conferme e, soprattutto, il coraggio di osare, di seguire l’istinto piegando l’insicurezza e la paura di aver preso un abbaglio.

Vederla così seria e assorta fa passare in secondo piano l’aspetto surreale della scena e le buffe ballerine rosa pasticciate con il pennarello che fanno tanto Il favoloso mondo di Amelie.
La vita provvede a renderci cinici e navigati, ma abbiamo pagato tutti il prezzo di uscire dal guscio, di rischiare la faccia e il ridicolo cercando quel qualcuno per cui non siamo trasparenti, quello che dopo mille disillusioni e amari risvegli ci fa tornare a credere che in fondo siamo davvero unici e speciali.


L’autrice e attrice

Miranda July è, per così dire, una mia vecchia conoscenza. Circa un anno fa, su questo scalcinato blog mi sono occupato dell’originale e spiritoso sito web che Miranda ha realizzato per promuovere la sua raccolta di racconti brevi No one belongs here more than you (se non l’avete ancora visitato, l’indirizzo è questo).
Ciò che allora ignoravo è che dietro lo humour e la garbata autoironia del sito c’è l'intelligenza di un’artista poliedrica. Scrittrice, musicista, attrice e regista indipendente, Miranda July tra le altre cose ha vinto nel 2005 la Camera d’Or al Festival di Cannes proprio con il lungometraggio Me and you and everyone we know.

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mercoledì, maggio 28, 2008

 

Nelle pelle altrui



the bear surgeon
Su La Magia della Scrittura ultimamente si scrive spesso di linguaggio della salute e dell’importanza della comunicazione in campo medico.

L’argomento può sembrare astratto e poco attraente finché non iniziamo a riflettere sui tanti casi spiccioli in cui ci siamo trovati in difficoltà nel comprendere qualcosa d’importante o di essenziale che riguardava la salute nostra o dei nostri familiari.
C’è solo l’imbarazzo della scelta: dalle volte che abbiamo maledetto la pessima grafia del medico di famiglia tentando di decifrare le prescrizioni stenografate su una ricetta a quando siamo usciti interdetti e confusi dal consulto di uno specialista che ha liquidato sbrigativamente le nostre preoccupazioni quasi fossero bagatelle indegne della sua attenzione e del suo prezioso tempo.

Talvolta i problemi di comunicazione in campo medico si presentano con l’aspetto banale e dimesso dei foglietti informativi contenuti nelle confezioni dei farmaci, non a caso chiamati comunemente “bugiardini”, ma in altre occasioni si affacciano nei momenti più drammatici dell’esistenza di un individuo e dei suoi cari, com’è avvenuto giusto 10 anni fa con l’esplodere del “caso Di Bella”, la controversa terapia antitumorale proposta dal Dott. Luigi Di Bella.
Difficile spiegare a chi non c’è passato cosa significhi veder balenare una tenue speranza di salvezza e - sebbene si resti scettici - desiderare di afferrarla per poi doversi arrendere all’evidenza che è una chimera irraggiungibile, che non ci sarà né modo né tempo per tentare.

Cittadino, degente, essere umano

C’è un’altra esperienza - più comune ma non per questo meno sconvolgente e dolorosa - che mette a nudo la complessità del rapporto tra medici e pazienti, le invisibili barriere culturali, linguistiche e di sensibilità che possono separare chi detiene la conoscenza e chi ha estremo bisogno di capire e di essere rassicurato: il ricovero in ospedale.

Le strutture di cura non sono mete di villeggiatura, questo è sin troppo ovvio, ma è solo vivendo in prima persona la degenza che si ha una percezione chiara di cosa sia la fragilità, la vulnerabilità psicologica di una persona separata dal suo ambiente, dalle sue abitudini, dalla libertà di scelta.
Il gesto di spogliarsi degli abiti per indossare pigiami, camicie da notte e vestaglie è il simbolo visibile del passaggio dalla condizione di cittadino allo status di degente: una sottile e momentanea mortificazione e una parziale perdita di identità che sono un tributo accettabile alla speranza di essere restituiti quanto prima al mondo integri e in salute.

D’altra parte, la struttura ospedaliera è una comunità che ha regole inderogabili codificate per garantire prima di tutto il suo buon funzionamento. Il degente non può far altro che adattarsi assumendo un atteggiamento di subordinazione e di paziente remissività poiché la vita, la salute e il benessere futuri sono nelle mani di altri e dipendono da eventi su cui non ha controllo.

Non è un caso che visitare gli infermi e i carcerati siano annoverate tra le Opere di Misericordia: la degenza in ospedale, infatti, crea un bisogno relazionale di gran lunga superiore all’usuale.
Il “tempo morto”, l’inattività, l’essere confinati in un letto spesso nell’impossibilità di provvedere personalmente alle più elementari esigenze fisiologiche creano una dipendenza fortissima dai contatti umani rassicuranti e la necessità, altrettanto impellente, di ottenere risposte dal personale medico e paramedico.
E qui entrano in scena la sensibilità e la preparazione, non solo tecnica, di chi deve deve prendere decisioni che influiscono direttamente sulla salute del paziente.

Da una parte, il medico curante non può e non deve lasciarsi coinvolgere dal carico di ansia e di sofferenza che ha dinanzi e di cui è spettatore attivo. Dall’altra ci si può chiedere se l’applicazione formale del consenso informato sia da sola sufficiente a sollevare lo staff medico dalla responsabilità morale e professionale di fornire informazioni e delucidazioni comprensibili al ricoverato.

Senza voler fare ingiuste e ingiustificate generalizzazioni, l’impressione è che la necessità di spalmare il tempo a disposizione tra molti pazienti, unite alla convinzione che le prestazioni intese come erogazione puntuale delle terapie rappresentino una risposta assistenziale auto-evidente, portino i medici ospedalieri a non esporsi e a non uscire dalla neutralità scientifica del “medicalese” quando non lo ritengano inevitabile o strettamente indispensabile.
Forse si è indotti a trascurare che le capacità diagnostiche e la perizia professionale non hanno nulla a che vedere con un’effettiva conoscenza della sofferenza fisica e psicologica che c'è dall'altra parte del fonendoscopio. L’abilità e l’esperienza, infatti, non dovrebbero far dimenticare che attività di routine come, ad esempio, le endovene, le cateterizzazioni, i prelievi o il posizionamento di sondini creano tensione, dolore e angoscia che andrebbero stemperati con il dialogo, le attenzioni e comportamenti tali da minimizzare il disagio.

In definitiva, in un’attività delicata come quella medica non si dovrebbe sottovalutare un’elementare verità: la cosa più difficile è mettersi nella pelle degli altri.

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Intervallo



Una breve pausa con un'illusione ottica, tanto per gradire :-)



Cosa vedete in questa immagine? La befana o il profilo di un'elegante signora abbigliata come nella belle-epoque?

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giovedì, maggio 22, 2008

 

Fantasie e illusioni



Cos’è la fantasia? Ve lo siete mai chiesti?

fantasiaLa parola fantasia, che ha la sua radice nel greco φανταζο (mostro, faccio apparire), secondo la definizione del dizionario De Mauro sarebbe la “facoltà della mente umana di creare o rappresentare immagini, fatti e situazioni che traggono ispirazione dalla realtà, anche discostandosene liberamente, o di inventarne di irreali”.

Il termine fantasia evoca valutazioni contrastanti: alcuni la considerano un dono individuale, una capacità di astrazione strettamente imparentata al talento creativo e artistico, altri la deprecano come ozioso fantasticare, come evasione dal rigore della razionalità che denota una regressione allo stato infantile.
In ogni caso, la fantasia resta una dimensione elusiva e imprevedibile su cui non abbiamo un controllo totale.
Sono state sviluppate diverse tecniche per stimolare la fantasia e possiamo sempre “spegnerla” arrestando con un atto di volontà la corrente del divagare. Tuttavia non governiamo, se non in modo molto approssimativo, i processi di elaborazione della mente quando questa si distacca dal piano della realtà: è un po’ come imboccare un sentiero di cui ignoriamo le molteplici diramazioni e la destinazione.

Ma cos’è che ci spinge a un’attività di dubbia utilità come fabbricare immagini, sensazioni o situazioni che si discostano dalla realtà, sovrapponendosi ad essa anche solo per il tempo di un battito di ciglia?
Cos’è che rende così seducenti le alternative alla concretezza del reale?
Che senso hanno queste messe in scena (ricollegandosi al significato dell’etimo greco) che si avvicinano ai sogni senza condividerne, almeno in apparenza, la funzione neurobiologica?

Sono domande che - io penso - non possono avere una risposta univoca, come d'altronde non ne hanno le intuizioni, l’empatia o l’innamoramento.
Probabilmente si avvicina alla verità il sospetto che abbiamo bisogno di costruire favole, le nostre Mille e una notte in miniatura, per allargare le prospettive sul futuro rispetto ai dati nudi e crudi recepiti dai sensi.
In altre parole, i sogni a occhi aperti e le congetture cui talvolta ci abbandoniamo servirebbero per proiettare in un futuro prossimo e verosimile le risposte ai desideri e agli interrogativi più profondi.
Basterebbe la fantasia di qualcuno - un padre, un amore, qualcuno.
Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio,
in questa terra che non vuole parlare.

(Alessandro Baricco - “Oceano Mare”)


Illusioni e incubi

Dall'immaginazione alla suggestione il passo è (relativamente) breve.
Credo sia esperienza comune a tutti i bambini "scoprire" immagini fantastiche non solo nelle nuvole di passaggio, ma anche nelle venature e negli intarsi del legno dei mobili, nel pavimento e nei decori delle carte da parati.
Da grandi, queste fantasie trovano da sempre sfogo individuando forme vagamente umane o di animali nelle rocce scolpite dalla forza degli elementi.
In alcuni casi, come nell'Orso di Palau (Sardegna) o nell'Elefante dell'Incavallicata che vedete nella foto a lato, la natura raggiunge effetti artistici e di verosimiglianza davvero sorprendenti.



Un discorso a parte merita un fenomeno che agli inizi degli anni '70 fece rumore in Spagna: "Las caras de Bélmez", dal nome del paesino andaluso di Bélmez de la Moraleda, nella provincia di Jaén.
Me ne sono ricordato oggi, per caso, visitando il blog a tema storico di Sabry.

Nel 1971, sul pavimento della cucina di una casa di Bélmez iniziarono ad affiorare macchie che, a dire della proprietaria, resistevano a qualsiasi tentativo di rimozione chimica e persino alla copertura con uno strato di cemento.
la casa delle facceQueste macchie progressivamente andarono a definire un volto umano vagamente somigliante alla reliquia del Sacro Volto acheropita conservata nella Cattedrale di Jaén.
La notizia fece presto il giro della regione e della Spagna, attirando frotte di turisti e pellegrini (fino a 10.000 nei fine settimana) con tanto di biglietteria all'ingresso e di vendita di foto prodotte in serie dal fotografo locale.
Il bello è che a fare compagnia alla prima faccia se ne aggiunsero altre, sempre abbozzate rozzamente ma non meno inquietanti, tanto più che si scoprì che l'abitazione sorgeva sopra un'area di sepoltura utilizzata dal medioevo al XVI secolo. Vennero effettuate analisi chimiche e spettrografiche, che però esclusero la presenza di incisioni o pigmenti di colore.

Tuttavia la notorietà della casa delle facce di Bélmez fu di breve durata. I giornali che avevano alimentato il caso, lo smontarono parlando apertamente di episodio truffaldino, puntando l'indice sugli affari d'oro che stavano facendo i proprietari della casa e, di riflesso, i loro conpaesani. Malgrado trenta anni nel dimenticatoio, in Spagna c'è ancora chi sostiene che quello di Bélmez sia stato il più grande fenomeno paranormale in Spagna.

Davanti a casi del genere - e sono tanti anche in Italia, tra cui anche quello recente di un osso di seppia con una presunta immagine di Gesù - non resta che affermare che ognuno è libero di credere in quel che vede o immagina di vedere, specie se corrisponde a quanto desidera vedere.

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mercoledì, maggio 21, 2008

 

Una riflessione da leggere



un esempio (tra i tanti) di ubriachezza ideologica molesta


Il Barbiere della Sera è tornato in pista (ottima notizia).
Tra gli articoli in evidenza vi segnalo caldamente la lettura di questa riflessione di Luigi Irdi.

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lunedì, maggio 19, 2008

 

Come pioveva...


raining cats & dogs
Questa scampolo di primavera avanzata si è esibito in un sublime passo del gambero aprendo le cateratte del cielo per regalare brume e colori degni della verde Irlanda.
Sono reduce dalla Cresima di mia figlia tanto generosamente innaffiata dall’alto da sembrare un battesimo collettivo “per immersione” e da una serata conclusa con una sontuosa abbuffata di pesce per pochi intimi in un minuscolo ristorantino in zona Stazione Centrale.
Posso solo ringraziare le amicizie che mi hanno dato l’imbeccata giusta, perché dall’esterno il locale sembrava un inno all’anonimato, al “vorrei ma non posso”.
Tra l’altro, per tutta la serata conviviale sono stato bersagliato da scatti fotografici non autorizzati che mi hanno pizzicato in pose a dir poco ridicole e così ora mi tocca confidare nel buon cuore dei paparazzi improvvisati. L’auspicio è che la lieta serata non sia un intermezzo fugace, la classica rondine che non fa primavera, sebbene i presagi non siano dei più favorevoli... .


Legal Alien

Sarebbe bello immaginare che la pioggia sia scesa a purificare la terra e l’aria malsana che grava intorno a noi, ma non è così. E’ come se l’Italia si sia trasformata in una megera che russa ubriaca e ci stordisce con un alito che sa di denti guasti e di cattiva digestione.

È l’Italia ipocrita, egoista e intollerante che blatera ossessivamente di emergenza sicurezza, l’Italia dei sindaci travestiti da sceriffi della Zero Tolerance, delle ronde fai-da-te e delle prove tecniche di pogrom giustificate e benedette dai media.
È l’Italia dove i massimi rappresentanti del Comune e della Provincia di Milano hanno la faccia tosta di dichiarare alla stampa come fosse una novità fresca di giornata che nelle baraccopoli abusive sorte intorno al capoluogo lombardo gravitano oltre 22.000 persone tra Rom e altri immigrati di dubbia regolarità.
È l’Italia dove anche chi ha le carte in regola, è ben inserito e si sente italiano a tutti gli effetti inizia ad avere la spiacevole sensazione di essere guardato con occhi diversi e di dover dimostrare di non avere nulla a che spartire con gli immigrati clandestini dell'ultima ondata.

Forse mi si sono appannati gli occhiali, ma questa Italia non somiglia più al mio Paese. Oppure sono io lo straniero: “I’m an alien, I’m a legal alien....

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martedì, maggio 13, 2008

 

Cronache minimali



Quanto tutto questo precipita simpaticamente sulla tua testa come un blocco di travertino e di lì, con indefettibile precisione, casca sugli zebedei, allora non c’è scampo: puoi solo iniziare a rivalutare i più microscopici lati positivi della vita.

- Rallegrarti dei pochi giorni ancora che tengono unite a te circa 5 mensilità del tuo sudato stipendio prima che la mannaia del Fisco e l’INPS provvedano a separarvi per sempre

- Goderti il mese scarso di grazia in cui i bambini andranno ancora a scuola, i mici romperanno le scatole nottetempo e la consorte potrà scuotere la testa facendoti notare che hai un caratteraccio di m...

- Sorridere quando il medico di famiglia, scorrendo il referto delle analisi del sangue, ti fa i complimenti per i valori eccellenti e loda la tua corretta alimentazione.
A te sembra di perdere i pezzi per strada, ti servi con le peggio schifezze del kebabbaro vicino all’agenzia (quando ti ricordi di pranzare) e hai un'esistenza sregolata che dondola pericolosamente sul filo della resistenza fisica e della sanità mentale.

Però forse dovresti guardare il tramonto su Milano e sussurrare come Rossella O' Hara: “Domani è un altro giorno”.

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sabato, maggio 10, 2008

 

Presenze immaginarie


Questa settimana sono rimasto solo soletto a casa a lavorare, anche nottetempo, visto che il resto della famiglia era temporaneamente in trasferta.
A parte i soliti rumori del traffico che venivano dalla finestra aperta e i gatti che, con tonfi e miagolii, segnalavano i loro giochi in cucina, non mi sono mai sentito solo.

Ci sono stati dei momenti, infatti, in cui la sensazione di essere osservato si è fatta talmente forte da farmi formicolare la nuca e costringermi a distogliere di scatto lo sguardo dal Mac.
Siccome ho passato da un bel pezzo l’età in cui ci s'inventa l’amichetto invisibile, prendo questo genere di "esperienze" con leggerezza e filosofia. Se spiriti e angeli custodi esistono realmente, tutto quel che chiedo è che mi usino la cortesia di annunciarsi per tempo e in modo molto, ma molto “soft”.

Verso le due del mattino di giovedì sono stato in parte accontentato.

Casualità o suggestione creata da un filo di ricordi evocato dalla musica che in quel momento passava su iTunes (Over & Over dei Fleetwood Mac), fatto sta che dal divano alle mie spalle è arrivato, inatteso, il suono lieve e soffocato di qualcuno che si accomoda.
Voltandomi ero pronto a fulminare i gatti con un urlaccio, scordando che avevo chiuso la porta della stanza proprio per non avere le due piccole pesti tra i piedi.
La penombra della stanza, rischiarata solo dal monitor e da una minuscola lampada da tavolo, creava ombre ingannevoli sulla seduta del divano, che però appariva vuota a parte i cuscini e un libro.
La tentazione di saltare dalla sedia era forte, ma ho deciso di far finta di nulla. Solo che l’impressione di avere due occhi attenti piantati addosso non mi dava tregua, senza contare che di tanto in tanto il maledetto divano si rifaceva vivo con rumorini e occasionali scricchiolii.
Datemi pure del mentecatto, ma ho iniziato a chiedermi chi o cosa fosse l'ospite venuto a farmi compagnia.

Un’oretta dopo, ultimato bene o male il lavoro, ho iniziato a chiudere le applicazioni aperte con l'intenzione di spegnere il computer e di buttarmi a letto. Proprio in quel momento ho percepito come uno spostamento d’aria a un fianco e il lieve tepore che normalmente è prodotto dal campo termico di un corpo che sta a pochi centimetri di distanza dal tuo.
Senza voltarmi, ma con il cuore che batteva all’impazzata, ho pronunciato sottovoce il nome di una persona cara scomparsa tanti anni fa; quella a cui pensavo mentre ascoltavo Over & Over.

E’ durato poco più di un istante, ma ho avvertito come la pressione leggerissima di un dito scorrere sulla mia testa fino all’attaccatura dei capelli sulla nuca. Immediatamente dopo è subentrata la sensazione che la stanza si fosse vuotata di colpo, di essere davvero solo.
Con la punta dell'indice, piano, ho rimosso una lacrima scesa sullo zigomo, ho tirato un bel respiro profondo e, dandomi ad alta voce dell’idiota, ho spento il Mac.

Over & Over

Potresti avere bisogno di me
e sapresti in che modo
Non sprecare il nostro tempo
Tutto quel che devi fare
è pronunciare il mio nome
e io sarò da te comunque
Ancora e ancora
Ancora e ancora

Non respingermi lontano
non lasciarmi in disparte
Cosa posso fare
per tenerti vicino?

Ancora e ancora
Ancora e ancora

(Christine McVie - Fleetwood Mac. CD Tusk)

venerdì, maggio 09, 2008

 

Voglia di paradiso


Marina di Caderdu
(foto: Marco Lai a.k.a Bruvura)

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giovedì, maggio 08, 2008

 

L'eSSecutivo


"Madames et monsieurs, les jeux sont fait", nasce il nuovo governo Berlusconi, il primo esecutivo della storia repubblicana e dell'Occidente a essere stato costruito usando il sistema della raccolta punti.

Sì, avete capito bene: gli incarichi sono stati distribuiti tra chi, all'interno della maggioranza, aveva accumulato più punti fedeltà, come al supermercato.

Più che un esecutivo, un essecutivo in stile Esselunga.

Buoni sconto a tutti!



P.S: non vale che mi rispondiate che il precedente governo era una succursale della Coop.
P.P.S: provate a indovinare chi, nel nuovo governo, merita il soprannome di Mascarpone Latino :D

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mercoledì, maggio 07, 2008

 

A cervello spento



Quando tutto ciò accade con agghiacciante banalità e nell'indifferenza di molti, mi risuonano in mente alcune parole di "Se questo è un uomo"
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa, andando per via,
Coricandovi, alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

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martedì, maggio 06, 2008

 

Randomize



Diario di bordo:
Ieri sono piovute dal cielo piccole, ma gustose soddisfazioni


Che sia nato qui il “problema di comunicazione” con Tor Pignattara e le altre periferie che hanno votato in massa per Gianni Alemanno?

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