sabato, novembre 02, 2013
La pubblicità russa
L'idea di partenza è carina, non il massimo dell'originalità s'intende, ma impattante quanto basta per catturare l'attenzione di chi transita in auto. Al centro del cartellone pubblicitario, infatti, campeggia una giovane coppia che fissa l'obiettivo mentre è stretta in un tenero abbraccio.
Che c'è di strano?
C'è che si tratta di una coppia non convenzionale, specie per il pubblico USA, formata da un soldato americano e da una musulmana con addosso gli indumenti che li identificano a colpo d'occhio: lui in mimetica e basco, lei avvolta nel tradizionale niqab.
La relazione d'amorosi sensi è ribadita dalla fede nuziale che spicca all'anulare di lei. Inoltre, la tagline in alto a sinistra esplicita ulteriormente il concetto: #betogether, ossia stare insieme, essere uniti.
Le premesse romantiche e idealiste di un amore che supera qualunque ostacolo di lingua, cultura e religione deragliano fragorosamente allorché l'attenzione si concentra sulla scritta in basso a destra, dove nome e natura del prodotto reclamizzato si svelano al pubblico. Si tratta, con tutta evidenza, di uno spray decongestionante specifico per chi russa.
Ed è su questa transizione emotiva e concettuale che si gioca l'efficacia della campagna, perché il cartellone sarà ormai sfilato alle spalle di chi è in macchina quando il pretestuoso collegamento tra visual e prodotto si "incastrerà" nella mente dell'osservatore. Niente di macchinoso o di raffinato: solo la promessa di un'intesa di coppia rafforzata dall'assenza di rumori molesti nell'intimità della camera da letto.
Tutto qui???
Sì, più o meno, perché negli USA questa campagna sta facendo discutere per un altro aspetto: la provocazione, calcolata ma abbondantemente all'acqua di rose, nei confronti degli strati più conservatori della società americana, che difatti sono scandalizzati dall'uso strumentale e, a loro dire, indecoroso dell'immagine delle forze armate.
Mah... tanto RUMORE per nulla.
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giovedì, novembre 12, 2009
Ba Ba Baciami Piccina
Lo spot che segue, realizzato dall’agenzia Del Campo Nazca Saatchi & Saatchi di Buenos Aires, è a suo modo un piccolo gioiello di bravura e di furbizia.
The Kiss, questo il titolo dello spot, è un delizioso meccanismo a orologeria che svela progressivamente una piccola trama romantica affidandosi esclusivamente a immagini e musica.
D’altra parte, il parlato non è necessario perché lo spettatore capisca cosa ci fa una giovane vestita da sposa nel bel mezzo di una piana desolata e perché mai corra a limonare con un ragazzo che, evidentemente, non è il promesso sposo (e non aggiungo altro per non guastarvi la visione).
Il plot è un classico nel filone che va da Romeo e Giulietta in poi, tuttavia gli autori dello spot sono dei simpatici mascalzoni che mescolano con abilità romanticismo e humour surreale, rendendo così fresca e godibile la narrazione-bonsai.
Il prodotto pubblicizzato, presenza incombente sulla scena, viene rivelato solo nei secondi finali; a quel punto, però, chi non sarebbe disposto a perdonarlo? :-)
(Un ringraziamento speciale a Ads of the World )
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giovedì, gennaio 29, 2009
Recycled wisdom
Yesbutters and Whynotters
Yesbutters don't just kill ideas.
They kill companies, even entire industries.
The yesbutters have all the answers.
Yesbut we're different.
Yesbut we can't afford it.
Yesbut our business doesn't need it.

Yesbut we can't explain it to our shareholders.
Yesbut let's wait and see.
All the answers. All the WRONG answers.
Whynotters move Companies.
The next time you're in a meeting,
look around and identify
the yesbutters, the notnowers and the whynotters.
God bless the whynotters.
They dare to dream. And to act.
By acting, they achieve what others see as unachievable.
Why not, indeed?
Before the yesbutters yesbut you right out of business.
(Trad.)
I "Sì ma" e i "Perché no?"
I "Sì ma" non uccidono solo le idee
uccidono le aziende, persino interi settori industriali.
I "Sì ma" possiedono tutte le risposte.
Sì, ma noi siamo diversi
Sì, ma non ce lo possiamo permettere
Sì, ma non ci serve
Sì, ma non lo possiamo comunicare ai dipendenti
Sì, ma non lo possiamo spiegare agli azionisti
Sì, ma aspettiamo e stiamo a vedere
Tutte le risposte. Tutte le risposte SBAGLIATE
I "Perché no?" fanno progredire le aziende
La prossima volta che entri in riunione, guardati intorno e individua i "Si ma", i "Non ora" e i "Perché no?".
Dio benedica i "Perché no?"
Loro osano seguire i sogni e metterli in pratica.
Agendo, realizzano ciò che altri considerano irrealizzabile.
Perché no, dunque?
Prima che le obiezioni dei "Si ma" ti portino dritto alla rovina.
Per alcuni di voi questo "manifesto" è una vecchia conoscenza. Più o meno una dozzina d'anni fa, infatti, circolava tra i manager "rampanti" e c'era persino chi lo teneva appeso in ufficio a mò di memo.
Per quale motivo, allora, riciclo un testo datato e risaputo?
Perché i Yesbutter, i Notnowers e i Whynotter non sono creature immaginarie o una fauna esclusivamente aziendale: siamo noi.
Ognuno di noi, messo di fronte a scelte impegnative, scomode o non prive di rischi, reagisce a seconda dei casi come un Yesbutter, un Notnower o un Whynotter.
Certo, dopo aver letto il testo chi è che non vorrebbe riconoscersi nell'atteggiamento positivo, "visionario", libero da impacci del Whynotter?
Però, anche se è duro ammetterlo, è più facile ritrovarsi cuciti addosso i panni del Yesbutter, di chi fa resistenza passiva a cambiamenti né cercati né voluti, bensì subiti.
Arrivati al dunque, di colpo scopriamo quanto sia difficile rimettersi in discussione, rinunciare ad abitudini consolidate, punti di riferimento acquisiti, progetti e sogni nel cassetto.
Non dobbiamo vergognarci di non essere liberi di rispondere Sì a qualsiasi "chiamata". Il punto, piuttosto, è se siamo disposti ad ammettere con noi stessi le ragioni autentiche del nostro atteggiamento, rinunciando a nasconderci dietro alibi di comodo od obiezioni di facciata.
Pensiamoci.
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martedì, ottobre 21, 2008
Discopathy

Gli ultimi casi lampanti di contagio sono la campagna Vodafone, attualmente in programmazione, e quella recente per Conserve Italia e la bevanda Yoga AQ: entrambe, infatti, sono andate a pescare nella Disco Music anni ‘70.
• Vodafone è andata a riesumare “More More More” (1976), brano che fece conoscere agli italiani l’americana Andrea True.
A dirla tutta, per le fortune del disco in Italia furono determinanti più i trascorsi di Andrea True che gli arrangiamenti orecchiabili, il ritmo ballabile o le doti canore.
Astutamente, infatti, l’ufficio stampa della casa discografica aveva fatto filtrare per tempo la notizia pruriginosa - peraltro vera - che Andrea True aveva alle spalle una carriera di attrice di successo nei film a luci rosse.
• Per il lancio di Yoga AQ, invece, è tornato miracolosamente a maramaldeggiare il marziale Carl Douglas, autore di un unico successo mondiale, quel “Kung Fu Fighting” ripreso anche nella colonna sonora del film Disney Kung-Fu Panda.
Cosa ci aspetta prossimamente?
Saranno rispolverati e “sdoganati” altri eroi, eroine e comparse della Disco Music che fu?
Tornerà in auge la Disco made in München che sfornò Donna Summer, i Boney M e le Silver Convention?
Riscopriremo forse il baffuto italo-francese Cerrone?
Che oscura fine avranno mai fatto:
- Tony Camillo Bazooka (Disco dynomite)
- The Incredible Bongo Band (Bongo Rock)
- Roberta Kelly (Zodiacs)
- Thema Houston (Don't leave me this way)
- Carol Douglas (Doctor's orders)
- Ritchie Family (The best disco in town, Life is music)
- Dan-I (Monkey chop)
- Patrick Hernandez (Born to be alive)
- Michael Zager Band (Let's all chant)
- Mather Father Sister & Brother (TSOP)
- Trammps (Disco Inferno)
- Gibson Brothers (Come to America, Cuba)
- Anita Ward (Ring my bell)
- l’indiana Asha Putli (The devil is loose)
- le spagnole Baccara, nonne putative delle Las Ketchup (Yes, sir, I can boogie)?
Non ditemelo: sono interrogativi che da anni vi tolgono il sonno :-)
Non credete, però, che sia meglio citare con un pizzico d'ironia questa gente che da un pezzo ha attaccato il microfono al chiodo piuttosto che imbattersi nei programmi televisivi condotti dal "necroforo" Carlo Conti, dove impazzano gli imbarazzanti e sfiatati spettri della canzone italiana dell'epoca?
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giovedì, ottobre 02, 2008
Pronto Soccorso per collezionisti dell'inutile

Se fate parte della popolazione over 30 c'è un'alta probabilità che abbiate conosciuto almeno una persona patologicamente portata a saturare tutto lo spazio disponibile con pile di riviste, appunti scarabocchiati su pezzetti di carta, biglietti ferroviari, cartoline illustrate, scontrini della spesa, accendini esauriti, golfini infeltriti e improbabili souvenir della gita aziendale a Ladispoli.
Mai incontrata gente del genere? Fortunelli, perché per convincere queste persone a separarsi dai loro memorabilia è necessario metterle con le spalle al muro, letteralmente, altrimenti è garantito che troveranno una scusa, un appiglio qualsiasi per rinviare l'ora delle grandi pulizie. Lo so per esperienza diretta dato che, per l'appunto, sono il prototipo di questi collezionisti dell'inutile.
[Nota Bene] Se siete ancora celibi/nubili e intendete restare tali, vi consiglio di non sopravvalutare l'efficacia repulsiva sulla vita sentimentale di rivelazioni come quella fatta pocanzi: chi è determinato ad attentare al vostro status di single non si lascia dissuadere facilmente, anzi potrebbe entusiasmarsi all'idea di redimervi.[/]
Per chi, come il sottoscritto, tende ad attaccarsi sentimentalmente al più insignificante cazzillo evocativo, oppure ha fatto del "metto da parte, si sa mai torni utile" una religione, l'uscita dal tunnel del ciarpame è dolorosamente semplice: essere drastici, rapidi, chirurgici.
Prendete e buttate senza esitazioni, tenendo gli occhi chiusi, così da non dare tempo al demone del collezionista di indurvi al ripensamento.
Nei casi più gravi può essere opportuno assicurarsi l'irrecuperabilità dei cimeli appena cestinati imbrattandoli con liquidi o altre sostanze sgradevoli. In questo modo vi sarà più facile tenere sotto controllo l'impulso di correre a ravanare istericamente nel cassonetto condominiale.
Il WC, infine, è un'opzione rischiosa: potreste pagare con il conto dell'idraulico un eccesso di confidenza con lo sciacquone.
Ma il neurone no
Avete una vaga idea di quanti neuroni sono occupati da informazioni obsolete, stupide o inutili? D'accordo che con una dotazione di circa 100 miliardi di neuroni il rischio di ritrovarseli tutti occupati è relativamente basso, però ci sono occasioni in cui le nozioni inattendibili o avariate che hanno messo casa nel vostro cervello fanno perdere tempo e garantiscono una porca figura da ignorante.

L'altro pomeriggio, ad esempio, stavo parlando di prodotti-icona del Made in Italy in una riunione di un team di progetto.
A un certo punto ho scantonato e mi sono incartato come un Lindòr nel tentativo di ricordare l'identità del personaggio raffigurato sull'etichetta del formaggio Belpaese Galbani.
Vedendomi in difficoltà con una forma di Belpaese appesa sulla punta della lingua, i presenti hanno solidarizzato e la riunione è deragliata per far posto a una babele di congetture e memorie d'infanzia.
Al culmine del caos creativo, un neurone è arrivato in mio soccorso porgendomi il nome dell'abate Stoppani.
Sembrava fatta, caso chiuso e lodi per il copy enciclopedico.
Sennonché un collega va a verificare su Google e viene fuori che sono anni, oramai, che l'abate dalle candide chiome è sparito dall'etichetta del Belpaese, epurato nel nome del restyling. La magia si dissolve di colpo: tutti guardano stizziti l'orologio e il copy vorrebbe tanto essere trasparente.
Post Scriptum
Vedi come funzionano i neuroni: mentre buttavo giù questo post, le sinapsi hanno lavorato per conto loro affacciando con insistenza alla coscienza frasi sparse nelle quali in questo momento mi riconosco.
Sono cascami di "Seta" di Baricco, o almeno la memoria mi suggerisce questa attribuzione.
Era uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla. Si sarà notato che osservano il loro destino come i più sono soliti osservare una giornata di pioggia.
È uno strano dolore morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.
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giovedì, maggio 08, 2008
L'eSSecutivo

Sì, avete capito bene: gli incarichi sono stati distribuiti tra chi, all'interno della maggioranza, aveva accumulato più punti fedeltà, come al supermercato.
Più che un esecutivo, un essecutivo in stile Esselunga.
Buoni sconto a tutti!
P.S: non vale che mi rispondiate che il precedente governo era una succursale della Coop.
P.P.S: provate a indovinare chi, nel nuovo governo, merita il soprannome di Mascarpone Latino :D
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giovedì, ottobre 04, 2007
Diario minimo
Soddisfazioni bonsai

Acronimi, acronimi ovunque: oggi non c'è settore che non abbia il suo bravo fardello di abbreviazioni criptico/simboliche, il suo gergo iniziatico di matrice anglofona. Marketing e comunicazione non sfuggono a questa regola: tanto per dire, la società per cui lavoro ha per nome un acronimo di marketing.
Sono del parere che non si dovrebbe mai abusare degli acronimi, utilizzarli come orpelli che "fanno figo", imporli all'interlocutore con il rischio di complicargli la vita, se non di farlo sentire escluso dalla comprensione.
Tuttavia...
Tuttavia proprio l'altro giorno, leggendo una mail privata, ho fatto caso a un passaggio estremamente significativo. Chi mi ha scritto, infatti, ha utilizzato una formula convenzionale che nel gergo dei comunicatori è definita con un acronimo: K-K-K, per esteso Kiss-Kick-Kiss (Bacio-Calcio-Bacio).
In sintesi sono stato cortesemente invitato a defilarmi, ma la pillola è stata indorata inserendola tra due considerazioni positive.
Che io abbia individuato la presenza di una formula K-K-K non cambia di una virgola la sostanza del messaggio, però vuoi mettere la soddisfazione di sentirmi erudito avendo richiamato una nozioncina che per anni è rimasta inutilizzata? ;-)
Ben fatto, Mr. Copy

"L'ottimismo è pensare che domani ti sposi e non pioverà.A mio modesto avviso, il copy era ispirato e ha fatto un ottimo lavoro, anche se nel complesso l'ultimo spot UniEuro è tutto fuorché memorabile.
La felicità è vedere che tua moglie con i capelli bagnati è bellissima"
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martedì, luglio 24, 2007
Tra serio e faceto
Vide Omar quant’è bello

Poi il colpo di scena: si scopre che la primula rossa del fondamentalismo armato in Iraq e la sua sigla affiliata ad Al Qaeda in realtà non sono mai esistiti.
Un attore si è prestato a dare volto e voce al nuovo feroce Saladino e, per rendere ancora più credibile la cosa, il vero leader della rete terrorista irachena, l'egiziano Ayyub al Masri, ha inscenato un finto giuramento di fedeltà a Omar al Baghdadi, messa in scena filmata che è stata puntualmente diffusa via internet e ripresa dai media.
E poi qualcuno mi venga ancora a dire che i fondamentalisti islamici sono una massa di cenciosi che vivono avvolti nell'oscurità del medioevo e non capiscono un tubo di marketing non convenzionale, comunicazione e guerra psicologica.
(immagine catturata dal video Dove sta ‘o mullah )
Private Investigation

Masticare l’inglese non è strettamente necessario per capire di cosa tratta il video.
Come dire, la tecnologia (in questo caso il servizio Google Earth) può anche essere amichevole, ma se finisce nella mani sbagliate può essere devastante.
Il SarchiaiPhone

Fatalmente, il discorso è caduto sull’iPhone, il nuovissimo cellulare firmato Apple che è divenuto un fenomeno globale ancora prima di arrivare fisicamente nelle mani dei consumatori U.S.A. (in Europa forse farà capolino verso Natale).
Per ora di questo nuovo oggetto del desiderio conosciamo le foto pubblicate dai giornali e poco d'altro. In compenso, però, sulle sue caratteristiche e sulle sue prestazioni circolano incredibili panzane, come sta a dimostrare questo breve dialogo.
- «Ho sentito che con l’iphon ci si può fare il caffè, radersi la barba, guardare la televisione, ascoltare musica e telefonare, oltre ad asciugarsi i capelli...»
- «Eccome no! Guarda che Apple ha studiato pure un accessorio venduto a parte che si collega all'iPhone tramite un cavetto USB: si chiama iBrator...»

- «E’ quello che stai pensando... solo che non è mai esistito, zucchina!!»
:-)
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giovedì, maggio 24, 2007
Ripescati in rete
Oggi è decisamente una giornata nata storta. Mi sento insofferente e irascibile come un grizzly che si sia svegliato con il mal di denti, tant'è che in queste ore sono stato straordinariamente prodigo nel distribuire urbi et orbi epiteti irriferibili.
Vorrei essere lontanissimo da questa scrivania, rintanarmi nella solitudine dei boschi della mia Ogliastra, ma all'Enterprise rispondono con un disco registrato "Stiamo cercando il suo taxi, la preghiamo di attendere...".
"Ma vafangule pure tu, va!!"
Ora che vi ho debitamente aggiornato su mezz'etto di cavoli miei, passiamo ad altro.
Nei miei web-vagabondaggi ho ripescato due siti originali, due modalità non convenzionali di autopromozione.

Questo sito ci riesce benissimo, a dimostrazione di come, partendo da una buona idea, sia possibile ottenere il massimo risultato con mezzi artigianali.
Trovo geniale la scelta di presentare il volume unicamente attraverso foto a tutta pagina scattate in cucina, con la superficie del frigorifero usata come lavagna per testi scritti a pennarello.
È come trovarsi ad assistere a uno spettacolino casalingo, con la spiritosa e autoironica padrona di casa che ci intrattiene facendo della presentazione del suo libro una scusa per prendersi gioco dei cliché sulle promozioni editoriali "serie".
In definitiva, il sito non vende direttamente il libro, non ci offre indicazioni sul suo contenuto. In compenso, però, www.noonebelongsmorethanyou.net "vende" in modo diretto ed efficace l'intelligenza, la simpatia e l'originalità di chi l'ha scritto: tutte doti che sono "carburante" di prima scelta per il marketing virale.

Tanto di cappello alla signorina che si è prestata a esibirsi in un repertorio di smorfie, ammiccamenti, strabuzzare d'occhi e gesti scomposti da very out of cozza, ma qual è il senso di questa provocazione? Dove si vuole andare a parare?
Anche se si trattasse della "fase uno" di una campagna teaser, ho l'impressione che il messaggio sia stato occultato talmente bene da risultare incomprensibile (almeno al sottoscritto).
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martedì, aprile 17, 2007
C'è da spostare una vacca
(in metropolitana)

Non si tratta di un bovino in carne, ossa, zoccoli e corna, bensì di una lucida riproduzione in scala leggermente ridotta, capace tuttavia di assolvere il compito di attirare l'attenzione e sconcertare i numerosi viaggiatori di passaggio.
Per deformazione professionale, penso subito a un'imboscata dei ragazzi di Ninja Marketing o di altri guerriglieri del Bush Marketing, tanto più che sul costato della vacca campeggia quel che ha l'aria d'essere un messaggio pubblicitario tracciato in lettere d'oro.
Noto che diversi astanti, superato lo stupore, si mantengono a distanza di sicurezza dalla bizzarra apparizione, quasi temessero di restare coinvolti in qualche burla in stile Candid Camera.
Cerco di capire il senso della messinscena, sconcertato dal vago riferimento a Bluetooth della scritta, ma soprattutto dall'invito ad odorare gli zoccoli dorati della bestia.
Mi viene in mente il biblico Vitello d'Oro. In fondo, chinarsi sugli zoccoli di un simulacro bovino non è solo un gesto abbastanza ridicolo, ma sposta anche il labile confine semantico che nella nostra lingua separa odorare e adorare.
Inoltre, la pubblicità cos'altro è se non uno dei feticci più appariscenti della nostra società?
Inizio a sospettare che l'installazione sia una provocazione artistica, però arrivato in ufficio non trovo lumi sfogliando le news di Google e Yahoo.
Solo a tarda sera arriva la soluzione dell'arcano: la mucca nera fa parte della Cow Parade, uno degli eventi organizzati in occasione del Salone del Mobile di Milano e della settimana milanese del design.
La Cow Parade è una mostra a tema d'arte contemporanea itinerante nata una decina d'anni fa da un'idea dello svizzero Pascal Knapp.
Per una settimana, perciò, una mandria di un centinaio di bovini in vetroresina, personalizzati da artisti, stilisti, designer, architetti e fotografi di diverse nazionalità, pascolerà pacificamente in diversi angoli di Milano, tra cui varie stazioni della metropolitana.
A questo punto, inevitabile, scatta la citazione-tormentone (Piero Manzoni mi perdoni): le "mucche d'artista" cosa possono produrre una volta ultimata la digestione?? ;-)
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