giovedì, giugno 03, 2021
blog e dintorni
Ho letto che Donald Trump ha oscurato il blog che aveva aperto nemmeno un mese fa. Probabile che su questa scelta abbia pesato la riattivazione degli account Twitter e Instagram di Trump, più adatti allo stile aggressivo e alla retorica "flash bang" dell'ingombrante ed egolatra ex presidente americano, ma pare anche che il blog si sia dimostrato inadatto a generare interesse, dibattito e traffico.
La notizia relativa alla comunicazione dell'ex POTUS mi ha fatto ricordare che da mesi sto lasciando andare alla deriva questo blog derelitto..
La mancanza di aggiornamenti è dovuta un po'a pigrizia, unn po' ai carichi di lavoro (per fortuna qualche spicciolo si porta a casa), ma soprattutto al fatto che nell'anno domini 2021 non ha senso curare un blog personale quando i tempi d'attesa per caricare o aggiornare la schermata da PC con connessione in fibra performante vanno dai 2 ai 5 minuti (con lo smartphone, invece, l'accesso è questione di una manciata di secondi).
Ok, i contenuti non sono certo da Premio Pulitzer e una piattaforma gratuita come Blogger/Blogspot è come il proverbiale caval donato cui non si guarda in bocca, pur tuttavia portare avanti la relazione d'amorosi sensi con il blog in queste condizioni assume i contorni della perversione sadomaso.
Etichette: comunicazione, vita da blogger
mercoledì, dicembre 25, 2019
A come Aggiornamento
Dall'ultimo post molta acqua è passata sotto i ponti e diverse situazioni sono cambiate. Innanzitutto, ho traslocato e cambiato residenza, tornando a quella delle origini con solo una lieve differenza nel numero civico.
Dopo un quarto di secolo trascorso nello stesso appartamento e facendo la spola tra Sesto e Milano, sbaraccare e far fagotto è stata un'impresa complessa, faticosa e maledettamente costosa, ma meno devastante dal punto di vista emotivo di quanto immaginassi.
Per ragioni contingenti quanto inderogabili, l'itinerario del ritorno in Sardegna è stato simile a un arabesco: Milano, Bari, Roma, Civitavecchia, Arbatax.
Arrivato finalmente nel paesello natio ho dovuto fare amaramente i conti con una condizione fisica precaria e un appartamento rimasto vuoto e disabitato da anni. In poche parole, da novembre nei momenti in cui non ho lavorato o dormito sono stato impegnato full time a sistemarmi e sistemare casa.
Non so cosa mi aspetta nel 2020, ma so già che ho davanti un inverno crudo e insolito: tempo da investire in aggiornamento professionale, studio e progetti, in attesa che arrivi il disgelo su tanti fronti. Ai lettori casuali e di passaggio porgo i miei auguri di BUONE FESTE.
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martedì, agosto 13, 2019
Tumblr e il "bacio della morte"
Nel maggio 2013 Marissa Mayer, rampante manager strappata a Google per rilanciare le sorti declinanti di Yahoo!, staccò senza battere ciglio un assegno da 1,1 miliardi di $ per acquistare la piattaforma di microblogging e social network TUMBLR.
All'epoca Tumblr era in pista da poco più di 6 anni e, benché molto meno popolare e visibile di Facebook o Twitter, era spinto da un tam-tam che lo dipingeva come il social "figo", libero da censure, vetrina di creativi multimediali, cyberpoeti emergenti, intellettuali alternativi, esteti e spiriti inquieti; in poche parole, una sorta di club sotterraneo "per molti ma non per tutti".
La notizia dell'acquisto fece scalpore non solo e non tanto per l'entità della somma pagata, quanto per la mancanza di una logica e di una strategia di integrazione. Yahoo!, oltretutto, aveva la fama di fare shopping di applicazioni promettenti salvo poi affossarle per cambi di strategia o mancanza di investimenti in sviluppo.
Nel 2017 Verizon rileva Yahoo! per 4,4 miliardi di $ e dà un benservito multimilionario a Marissa Mayer.
La nuova proprietà inizia a fare ordine e a dismettere ciò che non considera strategico. Così nel 2018 vende Flickr e mette sul mercato anche Tumblr che, nel frattempo, ha perso parte del suo fascino e del traffico utenti a causa della contestata decisione di mettere al bando immagini e contenuti considerati sessualmente espliciti/pornografici.
E si arriva all'oggi, con la notizia della vendita della piattaforma ad Automattic, l'azienda che detiene la proprietà e gestisce WordPress, per una cifra definita inferiore ai 20 milioni di $. Secondo alcune voci, l'accordo sarebbe stato concluso a 3 milioni di $. In ogni caso, si tratterebbe di una valutazione irrisoria, infinitesimale rispetto a quella agli steroidi anabolizzanti dell'epoca Mayer.
In questa parabola della finanza ai tempi del Web c'è spazio per un finale quasi ironico. E' stato scritto - ma è da verificare - che prima di vendere ad Automattic, Verizon abbia ricevuto un'altra manifestazione d'interesse all'acquisto di Tumblr, ma l'abbia respinta. Il potenziale acquirente, infatti, sarebbe stato uno dei colossi della pornografia in Rete: il portale PornHub.
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mercoledì, marzo 28, 2018
Punishment
“Quando Dio vuole punirci, esaudisce i nostri desideri”
TRUE
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sabato, novembre 25, 2017
Castway
Nostalgia, nostalgia canaglia. Da qualche giorno sono entrato per curiosità in un gruppo chiuso di Facebook dal titolo che non lascia adito a fraintendimenti: “Naufraghi di Splinder”.
Mi sono sentito un po’ un impostore tra di loro visto che sulla piattaforma Splinder, chiusa ai primi del 2012, ho pubblicato poco o nulla né si può dire che abbia lasciato il segno, mentre chi commenta ha vissuto intensamente quella stagione irripetibile di creatività e socialità malgrado Splinder.
Già, la sorte spettata a quel servizio resta uno degli esempi più eclatanti in Italia di come l’acquisto multimilionario da parte di un gruppo grosso, ma con il core business altrove e un management non all'altezza, possa essere il bacio della morte per i fiori di serra del web.
Tornando al gruppo, l’atmosfera non poteva che essere quella dei raduni di ex liceali e compagni di classe, dove ci si ritrova vent'anni dopo con l’imbarazzo di farsi riconoscere o di frugare nella memoria in cerca della scintilla di un ricordo in comune.
Il tutto, però, gestito senza affanno, con garbo, affettuosa sollecitudine e spigliatezza. L’onda della nostalgia dei bei tempi andati e il piacere di ritrovarsi non fanno perdere la consapevolezza che la vita è andata avanti, altrove o di traverso in certi casi.
Molti dopo Splinder hanno aperto un blog altrove, ma “non è stata più la stessa cosa”; diversi hanno smesso di scrivere. Un po’ tutti si sono sentiti dispersi, tagliati fuori, periferici rispetto a un flusso che ormai passa altrove, frammenti in caduta libera di una galassia perduta… naufraghi di Splinder, appunto.
Un ultimo appunto: sono abbastanza vecchio da avere una collezione di ricordi nostalgici di altre e più lontane stagioni nelle quali mi sono sentito parte di qualcosa di più grande e di importante: i baracchini CB, le radio libere, i newsgroup, i forum e la chat tra utenti Mac quando la Mela morsicata non era ancora l’acclamata griffe di dispositivi hi-tech di lusso. Oggi guardo i fenomeni social con occhio disincantato e il freno a mano tirato e non è che mi senta privilegiato. C’è qualcosa di peggio dell’innamorarsi di un'idea ed è il non innamorarsi più.
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domenica, agosto 27, 2017
prova tecnica
lunedì, luglio 24, 2017
scrittura etilica
Pensa che ci ripensa, in mezzo ai casini in cui sta precipitando la mia esistenza sconclusionata quel che mi rode e non riesco a perdonare è una frase cretina scappata in un momento di malumore: "questa roba l'ha scritta un ubriaco".
Permaloso al cazzo, as usual.
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venerdì, febbraio 24, 2017
letame virtuale
I liquami verbali che tracimano da gruppi chiusi dal titolo che si descrive da solo come "Fistare Bebe Vio con le sue stesse protesi" e "Pastorizia never dies" e le condivisioni a manetta del video delle due Rom chiuse come bestie in un gabbiotto per i rifiuti a Follonica sono solo due esempi recenti dell'insostenibile bruttura dei social network oggi.
C'è qualcosa di disarmante nella bestiale leggerezza con cui persone apparentemente non stupide, incolte e abbruttite dalla vita trovano normale, divertente, persino cool sciorinare sui social network immagini, contenuti audio/video e commenti degni dei deliri di persone sessualmente represse, intrisi di violenza verbale, privi di qualsiasi rispetto ed empatia verso le vittime.
Il peggio è l'amoralità, la mancanza di consapevolezza e di senso di responsabilità nei confronti di ciò che si pubblica o si condivide sui social network.Facebook e la virtualità sono vissute come una dimensione carnevalesca in cui le regole sono sospese o sovvertire e tutto è effimero intrattenimento. Alle prime critiche c'è chi fa spallucce, chi palesa il suo analfabetismo funzionale, ma anche chi reagisce sprezzante proclamandosi detentore di un inarrivabile, insindacabile e incompreso intento satirico.
Sarà anche virtuale ma tutto questo concime organico nel ventilatore social rende l'aria irrespirabile.
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giovedì, maggio 14, 2015
rimedi alle serate storte
Quelle sere che ti guardi intorno e vedi il vuoto che ti circonda. Quelle sere che non puoi rifiutarti di ammettere che la tua malandata scialuppa è inclinata e imbarca acqua. Quelle sere che viene una voglia fottuta di mollare baracca & burattini ed emulare Bartleby Lo Scrivano rispondendo "Preferirei di no" a qualsiasi richiesta, puoi aspettare che passi oppure curarti con il fado: fa meno male di altri rimedi.
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sabato, maggio 09, 2015
In vacanza da Facebook
Ogni tanto è salutare staccare la spina dalle abitudini social che divengono troppo ingombranti, e Facebook è la prima della lista.
Aspettavo solo un pretesto, la classica spintarella per piantarla di bighellonare nei fatti altrui e mettere in vetrina i miei: è arrivato sotto forma di un insignificante, ma fastidioso battibecco sulla mia bacheca, solitamente avvolta in una letargica tranquillità.
Niente saluti commossi dalla poppa della nave in partenza, tanto prima o poi dalla crociera si torna... (scongiuri d'ufficio). ;-)
[L'illustrazione è del disegnatore satirico John Holcroft ]
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domenica, febbraio 22, 2015
Lost & Found
Abbracciarsi un po’ goffamente, raccontarsi esistenze come al solito stropicciate, ridere, emozionarsi e prendersi in giro affettuosamente mentre, davanti ai mojito, si accavallano resoconti di eventi e disastri accumulatisi in mesi di silenzio e lontananza.
Fuori è un sabato sera milanese sferzato da una pioggia gelida e sappiamo che la rimpatriata sarà breve, ma va bene lo stesso. Sembra impossibile che siano passati quasi nove anni da quando ci siamo conosciuti attraverso i rispettivi blog, finendo per fare comunella nonostante le differenze di età, sesso, carattere e situazioni sentimentali.
Ne abbiamo viste e passate parecchie. Senza volerlo, abbiamo accumulato in archivio materiale a sufficienza per una sit-com: interminabili conciliaboli notturni, concerti, mostre, cene improvvisate, tensioni e incomprensioni, lunghi silenzi di imbarazzo, frustrazione e gelosia, momenti di crisi, traslochi, scelte lavorative e di vita che sembravano definitive e poi finite su un binario morto.
Quel pregresso condiviso stasera non è contato, mentre è stato importante che ci si sia ritrovati senza conti in sospeso, per il puro piacere di rivedersi così come siamo oggi. Grazie e gracias a la vida per quanto beffarda e matrigna.
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martedì, febbraio 17, 2015
Sanremo memories
Lo confesso: dal 10 al 14 febbraio ho fatto una delle esperienze più inconsuete, sconcertanti, latu sensu sciagurate e divertenti degli ultimi anni: vedere e commentare ogni serata del 65º Festival della Canzone Italiana, a.k.a. Sanremo.
Potevo disertare, come ho fatto senza rimorsi per una quindicina d’anni, visto che non ero neanche precettato per motivi professionali. E sì che di ragioni per snobbare anche quest’edizione di Sanremo ne avrei avute diverse, a cominciare dal presentatore e direttore artistico Carlo Lampados Conti, esperto nel confezionare rimpatriate di vecchie glorie scongelate nonché spontaneo ed evocativo quanto un impiegato del Catasto (senza offesa per nessuno). La seconda e non meno importante ragione per disertare è la musica che gira intorno a Sanremo che, a mio modo di vedere, salvo rarissime eccezioni nasce già marinata nella formaldeide.
Scodellato in cotanto loggione mentre mi stavo occupando di amenità come l’internazionalizzazione del comparto agroalimentare e il trattamento delle infezioni alle vie urinarie avrei potuto legittimamente estraniarmi e limitarmi a fare tappezzeria. Al contrario, ho deciso di mettermi in gioco: à la guerre comme à la guerre.
Mi sono lasciato coinvolgere dal turbinio di notifiche, dai continui giochi di sponda e dalle battute fulminanti che comparivano scoppiettando come fuochi d’artificio sulla pagina del divano virtuale.
D’altra parte, senza questi piacevoli diversivi avrei avuto una rapida reazione di rigetto al lexotan del paludato rituale sanremese e all’intossicazione da canzoni scontate, omologate nelle metafore “alate” e negli arrangiamenti al più banale FM Pop in salsa melodica.
Guarda caso, malgrado gli svariati passaggi in gara, la mia memoria sembra aver rimosso il ricordo dei pezzi presentati da Grignani, Raf, Nesli, Dear Jack, Atzei, Fabian, Fragola, Moreno, Masini, Chiara, Britti e Tatangelo.
Paradossale ma vero, mi sono rimasti in mente il refrain dell'energetico brano di Nek e, all'opposto, proposte d’insolita bruttezza come Elisa dei Kutso e Vita d’Inferno del duo Biggio & Mandelli, scombinato tentativo di cabaret-canzone che aspirava (forse) a essere “alta”, ispirandosi a Jannacci e a Cochi & Renato, ma che è rimasta a al di sotto del più abbordabile livello dei Gatti di Vicolo Miracoli.
Sanremo è stata anche l’ennesima celebrazione dell’osmosi con le fabbriche dei talent e i ramificati circuiti che oggi collegano industria discografica, syndacation radiofoniche e agenti nella promozione di vere e proprie "scuderie" di artisti. Non è casuale che sia arrivato il trionfo di una delle canzoni a mio parere più leziose, trite e banali del mazzo, eseguita a ugole spiegate dal trio degli pseudo enfant prodige del belcanto italico: Il Volo.
Per il resto, a parte i siparietti obituari spalmati su ogni puntata vista la recente ecatombe di big della musica italiana, la 65ma edizione del Festival di Sanremo ha vissuto momenti francamente imbarazzanti con i monologhi di Siano e Pintus.
Passi per l’emozione, passi per la difficoltà di ottenere un briciolo di risposta empatica dai Findus seduti in platea, ma non so ancora assistere con cinismo allo spettacolo di un artista che perde il filo mentre saccheggia il repertorio alla frenetica quanto vana ricerca di una battuta, di un colpo d'ala che raddrizzi un’esibizione che sta deragliando.
Dal naufragio delle ospitate comico/brillanti è uscito indenne e immacolato Giorgio Panariello, ma solo in virtù del fatto che padroneggia con mestiere la scena e i tempi della comicità televisiva. Panariello ha dato al pubblico esattamente ciò che ci si aspettava da lui, distribuendo salomonicamente graffi (in verità poco più che buffetti) e caramelle per non scontentare nessuno.
Quest’esperienza da divanista mi ha cambiato la vita? Ha cambiato il mio giudizio su Sanremo? Nope. Però è stata piacevole e mi ha ricordato che semel in anno licet insanire, ecchecazzo.
Etichette: musica e spettacoli, neurocopy deliri, The Smoking Pipe, vita da blogger
mercoledì, dicembre 03, 2014
Esame di riparazione
The dumbest mistake/ is hidden in the excess of security/ masqueraded as ingenious idea/ it expects a word in excess by you/ and that you, just you/ act like those who piss against the wind:/ at the beginning you feel a comfortable warm/ but then you end up with your clothes wet and smelly."
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lunedì, agosto 25, 2014
Citazione lampo
È un mondo difficile
e vita intensa
felicità a momenti
e futuro incerto.
Tonino Carotone, "Me cago en el amor"
A poche ore dal ritorno alla complicata e - ahimè - asfittica vita lavorativa dopo la pausa estiva, mi ritrovo a passare in rassegna senza il minimo entusiasmo le incognite, i rischi e le poche, magre certezze di cui è disseminato il mio futuro prossimo venturo.
Nelle ultime tre settimane prendermi cura dei figli mi ha in qualche misura costretto ad accantonare le preoccupazioni, ridimensionare l'angoscia e tenere sottotraccia tensioni, discussioni e incomprensioni.
Come sempre, volendo posso dissimulare parecchie cose agli occhi del mondo, ma non mentire a me stesso.
Etichette: copy e dintorni, frattaglie di me, vita da blogger
venerdì, dicembre 20, 2013
Hasta la próxima
sabato, novembre 30, 2013
Infima astuzia o grossolana ignoranza?
La collezione di accuse generalizzate e di affermazioni infamanti del tutto gratuite induce a pensare che il blogger abbia cognizioni appena superficiali, approssimative e per stereotipi della realtà sarda, ma soprattutto che consideri i sardi alla stregua di una fastidiosa colonia di parassiti che, oltre a infettare e devastare l’isola, succhia risorse preziose all’economia italiana.
Pertanto, la Sardegna sarebbe un paradiso se solo i sardi non fossero mai esistiti, ma poiché - purtroppo - esistono, sarebbe una liberazione se decidessero di tagliare i ponti con l’Italia e andassero alla deriva nel Mediterraneo per i fatti loro.
La requisitoria del blogger si commenta da sola. Il punto è capire il perché di una simile colata di disprezzo.
Forse è proprio vero che sotto la patina di ipocrisia, buoni sentimenti ed educazione noi italiani siamo ancora irriducibilmente e ottusamente tribali, campanilisti, tendenzialmente ostili verso qualsiasi "forestiero" come ai tempi in cui, al Nord, qualcuno esponeva in vetrina il cartello "vietato l'ingresso ai cani e ai meridionali/ai sardi". Oggi l'attenzione si è spostata verso gli immigrati, come dimostra ampiamente il tasso di intolleranza e di ferocia verbale dei commenti sui social network ogni qual volta si sfiori l’argomento, ma in memoria restano sempre le vecchie etichette spregiative da applicare a calabresi, siciliani, napoletani/campani, romani e sardi.
Questo non spiega, tuttavia, le ragioni di un attacco frontale ai sardi giunto a distanza di giorni dall’alluvione e, per giunta, anomalo rispetto alle tematiche dominanti del blog.
Resta aperto, perciò, il dubbio se sia stata un’inconsulta esplosione di astiosità e di ignoranza o, quel che sarebbe peggio, una squallida provocazione in puro stile troll studiata a tavolino per conquistare un quarto d’ora di visibilità.
Etichette: Sardegna, vita da blogger, web
sabato, novembre 16, 2013
Confessioni di un copy malandrino
sabato, ottobre 26, 2013
Scivolando oltre il bordo
An evening with Ariela
C’entrano, perché in un uggioso giovedì sera di fine ottobre l’orso in questione ha fatto uno strappo alla routine casa-ufficio-casa per andare ad ascoltare gli argomenti di cui sopra.
Sfidando la contrarietà del fato, palesatasi con un guasto al treno della metropolitana che l’ha scodellato a metà strada in compagnia di centinaia di altri passeggeri imbufaliti, il plantigrado si è recato niente meno che alla presentazione di due libri di e su Alessandro Fersen.
D'altra parte, a spingere l'orso lontano dalla tana era un’occasione non facilmente ripetibile: conoscere di persona Ariela, di passaggio al Franco Parenti di Milano per presentare i due libri di suo padre, di cui una riedizione di un testo filosofico del 1936 e una raccolta di appunti.
Dopo anni di simpatici scambi sui reciproci blog e su Facebook è stato piacevolissimo incontrare questa pimpante signora zeneise trasferitasi da circa mezzo secolo nel kibbutz di Bar Am, nel nord della Galilea a un tiro di schioppo dalla frontiera con il Libano.
Al di là dell’aspetto prettamente social di abbandonare per una volta la dimensione mediata e virtuale del web, l’appuntamento serale con Ariela, la Fondazione Fersen e con un assaggino del mondo di Alessandro Fersen è stato puro food for thought.
Dove stiamo andando?
Avete presente quei momenti in cui ci si astrae dall'appiattimento sul presente e sul flusso caotico di azioni e reazioni, ritrovandosi ad osservare la propria vita come dall'alto di un balcone?
Beh, in uno di quei (rari) momenti di lucida astrazione mi è venuto spontaneo chiedermi dove cavolo stiamo andando noi italiani, chi realmente sieda al volante al di là del chiacchiericcio inconcludente e delle sagome senza spessore della politica da salotto e se, per caso, la sensazione di fluttuare pericolosamente nel vuoto sia non il frutto di una cattiva digestione, bensì la mal dissimulata realtà di un volo incontrollato verso il fondo del baratro.
A riportarmi bruscamente al piano terra ha provveduto il pensiero molesto, per non dire peggio, di schiattare avendo nelle orecchie la voce e la risatina di Renato Brunetta: ca@@o che incubo.
Etichette: Cultura, Pausa, vita da blogger
mercoledì, agosto 28, 2013
i compiti delle vacanze
A dispetto del titolo, non sono improvvisamente ringiovanito e tornato studentello di belle speranze. È che questo mese ho avuto parecchio da fare e da pensare al di fuori della sfera lavorativa (una volta tanto, alleluia!), ma tutto è rimasto nella testa. Ho lasciato a metà schizzi, e-mail e appunti abbozzati a penna come se, puntualmente, la spinta a concludere l'opera evaporasse senza lasciare traccia.
Si vede che il subconscio aveva deciso che era il momento di staccare e prendersi una vacanza. Così adesso mi tocca rimuovere polvere e ragnatele in quantità industriali da questo blog trascurato e silenzioso.
I have a dream
Sono passati 50 anni dal memorabile I have a dream di Martin Luther King. Senza azzardare paragoni impossibili e umilianti per il sottoscritto, mi sono chiesto quale potrebbe essere oggi il mio "I have a dream": questo è il risultato.
Sogno di vivere in un Paese dove avere un sogno
non sia una vergogna o il lusso di pochi
Sogno che concetti come interesse comune, onestà e rispetto
non siano più trattati alla stregua di una barzelletta sconcia
Sogno che il talento sia riconosciuto, sostenuto e premiato a tutti i livelli
non solo per il successo e i vantaggi economici che se ne possono ricavare
Sogno di risvegliarmi in un Paese dove la cultura e l’arte
siano considerati valori da coltivare e non inutili zavorre da abbandonare
Non disturbatevi a darmi di gomito e assestarmi calci negli stinchi:
so bene che sto sognando l'Isola che non c’è, o comunque un Paese che non sarà mai l’Italia.
L'inverosimile
Questa pseudo-notizia, ripresa da diversi siti e da alcune persone che stimo per intelligenza e onestà intellettuale senza curarsi di vagliare le fonti, è la dimostrazione lampante di come una grossolana bufala fatta circolare in rete possa avere una vita (virale) lunga e trovare accoglienza anche nelle menti raziocinanti quando soddisfa quel che pensiamo o sospettiamo del personaggio preso a bersaglio.
A scanso di equivoci, non sarò certo io a dipingere Romano Prodi come un santo anacoreta o un Parsifal redivivo, tuttavia c'è di che meditare.
I figli in vacanza a casa
In tutta coscienza so di non essere stato quel che si dice un marito e un genitore esemplare. Inizialmente, le mie aspettative in merito a come andavano interpretati questi ruoli erano piuttosto alte, probabilmente eccessive, poi è andata com’è andata.
Non starò a sciorinare i perché e i percome, le attenuanti generiche e le aggravanti specifiche su cui ho avuto tutto il tempo di arrovellarmi prima di arrivare a una sorta di tregua armata con i sensi di colpa.
Quel che conta, oggi, è che nei 10 giorni ad inizio Agosto in cui ho avuto a casa i miei figli ho sperimentato quanto di più vicino agli ideali che carezzavo un tempo.
È stata una vacanza molto sui generis, visto che gran parte del tempo a disposizione è stato sacrificato al ripasso del programma di filosofia per Sara. Ciò malgrado per Alberto e Sara è stata una vacanza a tutti gli effetti, in cui sono stati bene con me e io con loro.
Mi auguro di tutto cuore che le lunghe conversazioni, rilassate e a tutto campo, abbiano effetti positivi su di loro ben oltre le esigenze contingenti degli esami di riparazione e dei compiti delle vacanze.
È ancora tempo
Sarà per banali ragioni anagrafiche, sarà per la mia storia affettiva, ma questo pezzo me lo sento cucito addosso come pochi.
È ancora tiempo,
tiempo ancora.
È ancora tiempo,
mal'acqua e sole.
È ancora tiempo,
tiempo
furtunatament’
È ancora tiempo
'o sient'.
E coccheduno te vò bbene e basta.
E coccheccosa nun more ma resta.
È ancora tiempo,
dint' 'o core.
È ancora tiempo,
amaro e doce,
'o sient'.
È ancora tiempo,
tiempo,
russ' 'e sera.
È ancora tiempo.
E coccheduno te vò bbene e basta.
E quanno è ‘o vero nun ce sta ritorno.
E coccheccosa nun more ma resta,
resta
nu bello juorno.
È ancora tiempo.
È ancora tiempo,
'o sient’.
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