sabato, aprile 29, 2017

 

Il lato non affilato della memoria





Ieri notte ho avuto notizie di una persona persa di vista quasi 40 anni fa: una bella persona conosciuta per poco tempo, ma di cui serbavo un bel ricordo.
Mi ero sempre ripromesso di informarmi ma, data la lontananza, il lunghissimo silenzio e la complicazione di non essere compaesani, non sapevo come farlo con la dovuta discrezione, senza infastidire o generare inutili incomprensioni.

Per me la fregatura sta nel fatto che, nella memoria, le amicizie con cui non ho più contatti restano esattamente come le ho lasciate: gli anni, le rughe e i capelli grigi, i matrimoni riusciti o deragliati, i figli e i problemi di salute sono tutte esperienze con cui non devono fare i conti, anche se sono perfettamente consapevole che si tratta di un artificio, una costruzione mentale, qualcosa di totalmente irreale.

Tornando a bomba, per farla breve ho saputo che questa persona così solare, simpatica e alla mano è morta circa 8 anni fa.
Il diabete, che già condizionava la sua vita quando la conobbi, se l'è portata via scavandola lentamente e silenziosamente, goccia a goccia, saccheggiando i suoi talenti un pezzo per volta.
Non so come spiegare cosa ho provato venendo a sapere che era morta da tempo: è stato come riaffacciarsi in una stanza della casa in cui si è cresciuti e trovarla vuota, in rovina, polverosa e silenziosa.

Non me la sono sentita di chiedere maggiori ragguagli sulla sua vita: sarebbe stato fuori luogo mettere in imbarazzo il mio interlocutore con domande indiscrete e personali, in ogni caso irrilevanti. Preferisco tenermi il calore del ricordo di un'amicizia adolescenziale e immaginare che la persona che conobbi abbia avuto la vita piena, negli affetti, nel lavoro e nel sociale, che meritava.

La memoria è un'arma a doppio taglio, ma qualche volta si ha la possibilità di scegliere la parte non affilata.

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domenica, febbraio 22, 2015

 

Lost & Found



amici affettuosi

Abbracciarsi un po’ goffamente, raccontarsi esistenze come al solito stropicciate, ridere, emozionarsi e prendersi in giro affettuosamente mentre, davanti ai mojito, si accavallano resoconti di eventi e disastri accumulatisi in mesi di silenzio e lontananza.

Fuori è un sabato sera milanese sferzato da una pioggia gelida e sappiamo che la rimpatriata sarà breve, ma va bene lo stesso. Sembra impossibile che siano passati quasi nove anni da quando ci siamo conosciuti attraverso i rispettivi blog, finendo per fare comunella nonostante le differenze di età, sesso, carattere e situazioni sentimentali.

Ne abbiamo viste e passate parecchie. Senza volerlo, abbiamo accumulato in archivio materiale a sufficienza per una sit-com: interminabili conciliaboli notturni, concerti, mostre, cene improvvisate, tensioni e incomprensioni, lunghi silenzi di imbarazzo, frustrazione e gelosia, momenti di crisi, traslochi, scelte lavorative e di vita che sembravano definitive e poi finite su un binario morto.
Quel pregresso condiviso stasera non è contato, mentre è stato importante che ci si sia ritrovati senza conti in sospeso, per il puro piacere di rivedersi così come siamo oggi. Grazie e gracias a la vida per quanto beffarda e matrigna.

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domenica, giugno 12, 2011

 

pizzini ispiratori



regola di vita

Woody Allen Quote

chiedere scusa




Buona settimana

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domenica, aprile 24, 2011

 

Bona Paska Manna


Paskamanna011

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domenica, settembre 26, 2010

 

LampredottoPost



Durex ADV
Niente Resume per questo giro.
Ho troppa confusione in testa per prestare attenzione alle discussioni e agli schizzi di... ahem... "fango" che si susseguono nel teatrino della politica-avanspettacolo, per seguire il dibattito letterario o musicale o per presenziare alla mostra - pur stuzzicante - dedicata a Salvador Dalì al Palazzo Reale.

In questi giorni, passo con rapidità sconcertante dalla malinconia più cupa a sprazzi di vitalità e di (cauto) ottimismo sul futuro apparentemente insensati, considerato che sono state appena consegnate a un avvocato le chiavi di oltre 20 anni di vita privata perché provveda a chiudere definitivamente il portone.

In poche parole, al momento mi definirei un bidone arrugginito, ammaccato e sbilenco, ma non in disarmo né infelice.


See ye next time.

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sabato, gennaio 30, 2010

 

The storm above us





"Se guardo il tuo cielo,
opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura?
"

(dal Salmo 8)


Dedicato a una persona splendida, di una gentilezza squisita ma anche forte e coraggiosa, che pochi giorni fa ha salutato una figlia che nessun amore, per quanto grande, poteva ancora trattenere su questa terra.

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lunedì, dicembre 15, 2008

 

The Big Chill


MD super82 airplaneAppena salito a bordo dell’aereo che mi avrebbe portato a Cagliari passo a fianco di uno steward. La sua voce mi suona familiare, così lo squadro e lo riconosco, quasi non credendo ai miei occhi. Mi trovo faccia a faccia, infatti, con un ex amico d’infanzia che abitava nella mia stessa strada e con cui ho fatto tutte le scuole elementari.
Sono passati oltre 15 anni dall’ultima vota che ci siamo incrociati di sfuggita in paese, tuttavia anche lui mi riconosce e così, raggiunta la quota di navigazione, ci sistemiamo in coda all’aeromobile per chiacchierare in tutta tranquillità.
La coincidenza che ci ha fatto incontrare sullo stesso volo potrebbe non ripetersi più e anche le rituali promesse di scambiarci mail vanno prese con beneficio d’inventario, lo sappiamo entrambi, però va bene anche così.

Mi è venuto spontaneo ricollegare questo episodio alla corsa alle “rimpatriate” che nella popolarità di Facebook ha un ruolo secondo solo all’effetto moda e al gusto (molto italiano) di “spettegolare” dicendo la propria sui fatti altrui.
Non ho niente contro questa ricerca del tempo perduto perché sino a non molto tempo fa ero incline a dare ascolto a quello che ho battezzato come il mio “istinto del cane da pastore”, ovverosia la tentazione di riportare all’ovile i frammenti dispersi della mia vita sociale e affettiva. Non c’era niente da fare: a dispetto che fossero trascorsi anni, lustri o interi decenni nel più assoluto silenzio e malgrado la razionalità tuonasse indignata, continuavo a sentire certe persone come pezzi vivi del mio cuore, a vedere la separazione come un fatto temporaneo o una minuscola ferita mai rimarginata.

Solo che mi manca poco ad arrivare alle 47 primavere, l’elenco dei missing è cresciuto sino a diventare spesso e ingombrante come una rubrica telefonica e - meglio sardi che mai - ho cambiato atteggiamento in materia.
Il passato, anche quello più intenso e condiviso, è qualcosa che sta alle mie spalle ed è solo affar mio, per cui i rapporti sociali li giudico e li gestisco per ciò che sono nel presente.

Per questo, per quanto guardi con allegria e indulgenza alla ricomparsa virtuale di volti e nomi un tempo cari, so di non aver bisogno di improbabili conferme affettive o di rimpatriate.
Si può anche provare nostalgia per quegli istanti in cui due anime sono sembrate così vicine da sfiorarsi, ma non al punto di chiudere gli occhi dinanzi a meri gadget o scadenti imitazioni. Non so se è questione che sono diventato troppo esigente, troppo vecchio o troppo orso, ma così stanno le cose.
Il Grande Freddo (The Big Chill) non è solo un bel film dolce-amaro.

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martedì, novembre 25, 2008

 

Parole in dono




So che le parole che seguono hanno un sapore tra l'abboccato e il new age.
"La vita è l'arte dell'incontro", scriveva Vinicius De Moraes, ma è anche costellata di distacchi, contrasti, incomprensioni, scelte, persone che non hanno mai dubbi sulla strada da prendere e altre che a ogni bivio indugiano sino a estenuarsi.
La vita è fatta di parole di benvenuto e di lacrime silenziose.

Sino a non molto tempo fa tacevo a lungo. Ascoltavo tutti, però m'intestardivo ad avere l'ultima parola, quasi mai a ragione. A volte, tuttavia, saper tacere è necessario, come quando le parole sono state consumate sino all'ultimo insulto e vaticinio di sventura: "Morirai solo". Ti ringrazio, Pandora che fosti amica diletta, ma non è questo che temo, non oggi almeno, perché anche in un'ecatombe ognuno fa l'ultimo viaggio in solitudine.

Anche il distacco è un'arte. Disgraziatamente non sono stato a scuola dagli stoici, per cui in simili frangenti l'istinto e una natura permalosa mi portano piuttosto a scuotere la polvere dai calzari. Ameya, però, mi ha regalato questo frammento di serenità e qui lo depongo in dono a chi vorrà leggere.
Se ami saprai che tutto inizia e tutto finisce e che c'è un momento per l'inizio e un momento per la fine e questo non crea una ferita. Non rimani ferito, sai che quella stagione è finita.
Non ti disperi, riesci a comprendere e ringrazi l'altro: “Mi hai dato tanti bei doni, mi hai donato nuove visioni della vita, hai aperto finestre nuove che non avrei mai scoperto da solo. Adesso è arrivato il momento di separarci, le nostre strade si dividono”. Non con rabbia, non con risentimento, senza lamentele e con infinita gratitudine, con grande amore, con il cuore colmo di riconoscenza.
Se sai come amare, saprai come separarti.
OSHO

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venerdì, novembre 21, 2008

 

As time goes by



wall clock

Non puoi riportare indietro l'orologio della vita quando ti accorgi di aver usato male il tuo tempo perdendo qualcosa d'importante.
Non puoi chiedere al maiale di suonare il violino o fare il merletto.
Non puoi pretendere rispetto, presenza e amicizia senza essere disposto a darne.


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mercoledì, novembre 12, 2008

 

Cose che capitano



Tapiro di ghisa

tapiroDevo dirti una cosa” esordisce Anna, la Junior Copy, non appena siedo alla scrivania di ritorno da un evento in centro.
Potrebbe non aggiungere altro perché a quel punto so già cosa sta per dire: se ne va, ha trovato un altro lavoro. È così, ha vinto un concorso regionale e prenderà servizio ai primi di dicembre.

Sono felice per lei, ci mancherebbe altro, però dentro sento crescere una gran tristezza perché mi sono affezionato a questa ragazza posata e riflessiva, ma anche capace di scherzare (vedi la gag nel post "Corto circuito") e di sopportare senza scomporsi i miei modi bruschi, gli scatti d’umore e il turpiloquio cui mi lascio andare quando ho la luna di traverso, oltre ad affiancarmi nello smazzare il carico di lavoro.
Non penso minimamente alle conseguenze lavorative, al fatto che dovrò nuovamente mettermi a vagliare curriculum, fissare appuntamenti e selezionare un nuovo collaboratore.
In 16 anni di lavoro posso dire di avere fatto il callo al turnover, tuttavia forse per la prima volta mi sento attapirato come uno zio che veda la nipotina prediletta lasciare casa per andare sposa.


Stile e dintorni

Stile e dintorniFrancesca, una mia ex collega, è una persona squisita con cui sono rimasto in cordiali rapporti.
Dotata dello charme e della naturale eleganza delle autentiche signore dell’alta borghesia, Francesca cela dietro l’inappuntabile cortesia e il sorriso cordiale un coraggio e una tempra che le hanno permesso di superare traversie che avrebbero steso una mandria di tori.

Da qualche tempo Francesca si dedica alla sua ultima iniziativa: Stile e Dintorni, un web magazine nel quale raccoglie, seleziona e segnala prodotti, accessori, curiosità e iniziative che a suo giudizio meritano di essere integrati nel personal lifestyle.

Francesca non è la sola a curare un sito internet che propone spunti, idee e tendenze, ma Stile e Dintorni ha la sua impronta in quella leggerezza e quel garbo nel porgere le informazioni senza imporre, strillare o mettersi in cattedra.
A volte, davvero, lo stile È la persona.

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giovedì, novembre 06, 2008

 

Resume (Thursday Edition)


Obamarama

ObamaSpockNon ti leggerò le stelle nel vino perché questi sono i giorni della festa e del riposo dopo tanta fatica.

Ti auguro coraggio, spalle robuste e fortuna, ché di buona sorte e dello scudo di amici fidati avrai molto bisogno nell’ora delle scelte difficili.
Che l’invidia dei mediocri non ti sfiori, l’adulazione non possa insudiciarti con la sua bava e l’ebbrezza del potere non arrivi mai a guastarti, uomo.



Il respiro del drago

Spigolature di notizie per geek e internettiani incalliti.
logo WiredIniziamo con Wired. Il mensile americano di nuove tecnologie che a metà degli anni ‘90 era diventato l’arbitro che decretava cosa fosse wired e cosa tired nell’effervescente mondo dell’Information Technology, avrà la sua edizione italiana a partire da febbraio 2009.
La domanda è se questo innesto voluto da Conde Nast non arrivi fuori tempo massimo in un Paese che di suo è assai poco tecnofilo e dove i periodici cartacei di qualità vivono esistenze risicate, sempre a un passo dalla bombola dell’ossigeno.
Auguri a Riccardo Luna, direttore già al lavoro sul nascituro Wired italiano.

MozillaDue buone notizie per i sempre più numerosi supporter del draghetto Mozilla.
La prima è che il browser Firefox ha raggiunto una quota di diffusione mondiale del 20%.
In altre parole, oggi 1 utente su 5 usa Firefox per navigare in Internet. In Europa, poi, la diffusione di Firefox e dei suoi “cugini” è superiore alla media, attestandosi intorno al 30%.
Visto che siamo in argomento, completiamo il quadro del mercato dando il resto dei numeri.
Chrome, il browser creato da Google, al momento è accreditato dello 0,74%, l’ottimo e sottovalutato Opera è appena una frazione più in alto (0,75%), mentre Safari staziona al 6,70%.
La rincorsa al moloch Internet Explorer si prospetta ancora lunga e faticosa. Microsoft, infatti, ha in cassaforte oltre il 70% del mercato mondiale dei browser.
la seconda notizia ha un retrogusto amarognolo e riguarda Eudora.
La software house Qualcomm getta la spugna, sospende lo sviluppo dello storico client di posta elettronica - un tempo molto apprezzato e diffuso - e ne cede i diritti alla Mozilla Foundation.
A quanto è dato sapere, Eudora è destinata a rinascere con il nuovo nome di Penelope.


Dedicato

anonimavatar
Angels with silver wings
shouldn't know suffering
I wish I could take the pain for you
If God has a master plan
that only He understands
I hope it's your eyes He's seeing through.

Depeche Mode - Precious

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lunedì, ottobre 20, 2008

 

Fuori programma


cascate di Acquafraggia by Oscarsuc71
Cascate di Acquafraggia - Piuro (SO) ©Oscarsuc71 on Flickr

Chiacchierare, passeggiare, sorridere, stare bene: sintesi di una domenica pomeriggio a spasso per la Valchiavenna in compagnia di Melavvelenata.

Grazie Nika.

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lunedì, ottobre 13, 2008

 

Corto Circuito



La seguente scena si è consumata nell'OAC (Oscuro Antro del Copy) in un ordinario lunedì pomeriggio di lavoro....
Copy: “Ieri sera ho sentito per radio un pezzo di Cimabue..
Junior Copy: “Chi?
Copy: “Porca trota... Ligabue, volevo dire Ligabue!! Cimabue c’entra proprio un Beato Angelico
Junior Copy (ridendo): “Ma vaffangiotto!

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sabato, ottobre 11, 2008

 

Resume (Saturday Edition)


Ipse Dixit

Se lo dice lui bisogna toccarsi” sbotta con amara ironia uno dei taxisti della notte con cui ho maggiore familiarità.
Il Lui in questione è l'esimio Giulio Tremonti, che alla radio sta ripetendo per l’ennesima volta che gli stati nazionali salveranno la finanza, le banche e i soldi dei risparmiatori.
W l’ottimismo, ma come dare torto al taxista?

Black Friday

Venerdì è stata una giornata “particolare”.
Nell’ordine, di primo mattino si è sparsa la voce che ero morto e che sul Corriere della Sera era stato pubblicato il mio necrologio. Uno dei titolari dell’azienda, che da un’oretta stava ricevendo sms e mail allarmate, ha fatto irruzione nella mia stanza in puro stile CSI per accertarsi se ero ancora tiepido... .

Superata la fase in cui ho dovuto girare per l’agenzia con le mani incrociate sul petto e regalare numeri da giocare al Lotto, sono andato ad accomodarmi su una panchina per concedermi una pipata e passare in rassegna i quotidiani.
In quel frangente non ho notato che c’era in agguato una pallina di gomma da masticare depositata da qualcuno in vena di raffinatezze: inutile dire che la cicca ha “solidarizzato” con i calzoni del completo blu notte.

Durante la pausa pranzo, poi, ricevo una curiosa mail in cui il mittente mi invita espressamente a mandarlo alla toilette. Che malinconia essere scaduti al rango di sostituto del Guttalax.

Siccome non bastava il caso di omonimia del mattino, poco prima di uscire dall'agenzia mi arriva una e-mail contenente documentazione fiscale. Per qualche minuto resto a fissare, ipnotizzato, la cifra in fondo alla pagina, poi rileggo e noto che il destinatario è una ditta di Cagliari che ha un indirizzo di posta elettronica quasi uguale al mio.

Cattivi propositi

Tra poco esco per andare a massacrarmi in una cena con compaesani in trasferta. Sono arrivati armati di pessime intenzioni, almeno a giudicare dall’arsenale liquido stivato con cura nel bagagliaio dell’auto.
Mi ci vuole proprio un po’ di sano delirio: cururgionis di patata (bere), far festa all’arrosto (bere), cantare (bere), cazzeggiare (bere)... e il cielo non voglia che qualcuno s’azzardi a fare il riassunto dei cari estinti nel natio borgo selvaggio!





Voglio una cosa più o meno così:


Ci sarà tempo, domani, per uscire dalla catalessi.
A si biri :-)

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domenica, settembre 07, 2008

 

R as Revenge


Quanto pensate di essere vendicativi in una scala da 0 a 10?
Stamattina mi sono svegliato con due nomi in testa, nomi di persone con cui in un lontano passato ho avuto conti in sospeso e sono arrivato anche alle mani. Li avevo cancellati, rimossi dalla memoria insieme al ricordo di una momentanea, totale perdita di autocontrollo.
Si dice che la vendetta sia un piatto che va consumato freddo per essere gustato: non è cosa per me.
Mi chiedo, però, come mi comporterei il giorno che vedessi la persona che più detesto al mondo in pericolo di vita: andrei in suo soccorso da "buon samaritano" o non muoverei un dito facendo finta di non vedere?
E voi?

Giusto per restare in tema, ecco un video di Lily Allen che dimostra - se mai ce ne fosse bisogno - che è (quasi) meglio farsi caricare da un elefante piuttosto che avere a che fare con una donna vendicativa :-)

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domenica, luglio 13, 2008

 

Un sorriso sotto i baffi


E la chiamano estate, questa estate... Ieri sera, di ritorno da una pizzata in ottima compagnia, ho fatto appena in tempo a tuffarmi in un bar prima che tra Piazzale Loreto e Viale Monza si scatenasse una furibonda grandinata.
I chicchi erano della dimensione giusta per un sontuoso long drink on the rocks; non li vedevo altrettanto bene come shampoo antiforfora: formula troppo aggressiva :-)

Bueno, in un'ordinaria domenica di pulizie domestiche ci sta bene una pausa di buonumore. Ho selezionato per voi alcune delle buffe immagini feline che mi arrivano sul Mac da I can has Cheezburger tramite un piccolo Widget.
Sarà pure la solita inutility americana, ma non mi vergogno di sorridere sotto i baffi... da gatto. :D

cheezburger 1

cheezburger 2

cheezburger 3

cheezburger 4

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mercoledì, marzo 26, 2008

 

Skypewalkers??



Che io sia soggetto di dubbia moralità e dalle frequentazioni discutibili è ... fuori discussione.
Tuttavia, le mie turpi gesta impallidiscono al cospetto della mente malata e visionaria dei miei giovani compari SkypeWalkers: autori, registi e protagonisti di questo delirante filmato, girato praticamente sotto il mio naso.

Io m’ero preparato la mia brava calzamaglia grigio-topo in Movil, la pancera d’ordinanza del Dottor Gibaud e il mantello in finto-lamè da Anomaloman, ma un SuperEroso come me può sperare al massimo in un sequel e in una particina da controfigura di Chewbacca. GRUNT!!

Whatelse? Ah sì... accattatevillo :-)

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venerdì, marzo 21, 2008

 

Buona Pasqua



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sabato, febbraio 09, 2008

 

B.day


Se todos fossem iguais a você

Siano la tua vita e il tuo cammino di pace e di amore
La tua vita è una bella canzone d'amore
Apri le tue braccia e canta l'ultima speranza,
la speranza divina di amare in pace.

Se tutti fossero come te
che meraviglia sarebbe vivere
Una canzone nell'aria
una donna che canta
una città che canta, che sorride, che chiede,
che gode la bellezza di amare
come il sole, come un fiore, come la luce
Amare senza mentire, senza soffrire.

Esisterebbe una verità,
una verità che oggi nessuno vede,
se tutti a questo mondo fossero come te.

(V.De Moraes - A.C.Jobim)


Prendila così, non possiamo farne un dramma. E che sarà mai un altro passetto d'avvicinamento alla boa del mezzo secolo, in cui anche il sottoscritto (ammesso che ci arrivi) potrà dire di essere uno "splendido cinquantenne"...
Beh, splendido è un aggettivo che fa a botte con il bacarozzo dall'aria stravolta che vedo riflesso allo specchio certe mattine, ma è proprio per questo che mi garba: fa simpatia come le ingenue spacconate dei ragazzini o concedersi il lusso di strologare su come spendere un patrimonio multimilionario graziosamente piovuto dal cielo.
In una giornata che torna a essere dedicata al silenzio e alla pietas, mi piacerebbe avere il tempo di provare se entro ancora nei panni di quella persona meno ruvida, assillata e sgualcita dal disincanto che ammicca dalle foto ingiallite. Mi piacerebbe anche bussare al cuore di quanti hanno arricchito la mia vita per portare via asprezze e incomprensioni.
Però volere non è volare, per cui mi accontenterò di qualcosa di molto meno ambizioso come un sorriso in più e un brindisi "alla vita".

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sabato, gennaio 12, 2008

 

Il sorriso di Giada



Per i suoi compagni di scuola Giada era “Giada la grassona” e “Giada la matta”.
Per Valeria, l’anziana commessa del bar pasticceria Morselli, Giada era la bambina che la domenica e nelle feste comandate entrava tenuta per mano dal padre e si rimpinzava all’inverosimile di pasticcini, praline e cioccolata, assorta e apparentemente ignara degli sguardi accigliati o commiserevoli dei clienti di passaggio.
Pochi facevano veramente caso a quella bambina silenziosa e vestita come una principessina sovrappeso. D’altra parte, nella sua passeggiatina domenicale Giada non concedeva attenzioni a nessuno all’infuori del papà e dei dolci. Tutte queste io le avrei avrei apprese con il tempo.


Conobbi Giada un pomeriggio che passai a riprendere Martina, mia figlia, che era andata a giocare all’oratorio della parrocchia. Tagliando, come al solito, per i giardinetti dietro la chiesa, fui attirato dalle urla che provenivano da un crocchio di ragazzini poco distante. Mi avvicinai, preoccupato che Martina fosse coinvolta in quella che aveva tutta l’aria di essere una zuffa.
Al mio arrivo, il cerchio si aprì di colpo e vidi due ragazzini che infierivano su una loro coetanea: uno la teneva ferma e l’altro la tempestava di pugni e calci. Lei gridava e singhiozzava, cercava disperatamente di divincolarsi dalla stretta e gemeva a ogni colpo subito.
Mi occorse un attimo per far allontanare i due aggressori, molto di più per trattenere la vittima che, pur se pesta e inzaccherata di erba e di fango, si agitava determinata a vendicarsi.
Non trovai di meglio che cercare di calmarla mentre l’accompagnavo al vicino oratorio. Dall’occhiata significativa e dalle parole del sacerdote capii che la bambina non era nuova a situazioni burrascose.
Tornando a casa, Martina mi raccontò che la bambina soccorsa era “quell’antipatica grassona di Giada”, una coetanea che “per fortuna frequentava in un’altra classe”.
Tutti a scuola conoscevano Giada e se ne tenevano a distanza. “Sai, papà, quella lì è una spostata” - esclamò Martina battendo significativamente l’indice sulla tempia - “Magari non ti accorgi neanche che c’è, poi a un tratto ti salta addosso urlando come una matta che hai rubato le sue figurine o che le hai detto parole brutte.


Quella sera stessa rividi Giada. Era sulla porta di casa accompagnata da un’anziana e minuta signora che dichiarava di essere la nonna.
A parte il bernoccolo sulla fronte, il livido che andava scurendosi appena sotto lo zigomo e il labbro inferiore gonfio, Giada era ben diversa dalla furia scarmigliata che aveva cercato di mordermi la mano come ringraziamento per il mio intervento.
Raccontando quanto sapevo dell’accaduto del pomeriggio, ebbi modo di osservare il comportamento di Giada. Qualcosa in lei mi incuriosiva e metteva a disagio. M’inquietava la sua apparente mancanza di reazioni, il passaggio repentino da occhiate colme di interesse verso Martina, che intanto fingeva di essere intenta a finire i compiti, a sguardi vacui quando, evidentemente, percepiva di essere al centro dell’attenzione degli adulti.
E poi c’era un altro dettaglio che mi tornò in mente solo in seguito: neanche quando la nonna l’accarezzava e la blandiva, Giada accennava l’abbozzo di un sorriso.


Nelle settimane successive non ebbi ulteriori occasioni di rivedere Giada. Mi preoccupai, però, il giorno in cui mia moglie e Martina m’informarono che Giada aveva preso l’abitudine di seguire a distanza Martina per un pezzo di strada quando tornava a casa dall’oratorio.
Quella sera volli verificare la cosa. All’oratorio notai come Giada, costantemente relegata ai margini dei giochi di gruppo, cercasse ogni pretesto per richiamare l’attenzione di Martina e quanto fosse contrariata quando mia figlia la respingeva, preoccupata e infastidita.
La situazione poteva prendere una brutta piega - pensai - se davvero Giada aveva l’inclinazione a improvvisi scatti di violenza. Per fortuna, proprio in quel momento la nonna di Giada apparve al cancello e la nipotina si dispose docilmente a seguirla.
Inutile dire che feci la mia bella ramanzina a Martina per l’atteggiamento che aveva tenuto. Tuttavia intuivo che mia figlia non era per nulla convinta: non avrebbe mai accettato spontaneamente Giada come amica, un po’ per timore dei comportamenti di lei un po’ per la vergogna di essere vista fraternizzare con “la matta”.


C’erano domande che restavano senza risposta: come mai né io né mia moglie avevano mai visto la mamma o il papà di Giada? Perché alla sua età, la bambina veniva lasciata libera di seguire di nascosto Martina dopo l’orario dell’oratorio? Perché sia a me che a mia moglie era rimasta la spiacevole impressione che dietro quello sguardo velato si nascondesse tanto dolore?
In ogni caso, cosa potevamo fare e chi eravamo noi per impicciarci dei fatti di un’altra famiglia?


La scuola era terminata da pochi giorni quando, un sabato poco dopo le due del pomeriggio, Giada fece comparsa sul marciapiede davanti casa. Sostava e guardava fisso verso casa nostra, sola.
La prima ad accorgersene fu Martina. Io e mia moglie decidemmo di aspettare un po’ prima di fare qualsiasi passo. Poi - con le buone e con le cattive - convincemmo Martina ad andare a chiamare Giada prima che prendesse un’insolazione. Restammo a osservare l’approccio dalla finestra del soggiorno, pensando che Giada sarebbe scappata o avrebbe rifiutato l’invito. Invece le due bambine tornarono insieme verso la porta di casa.
Senza darlo troppo a vedere, per tutto il pomeriggio ci demmo il cambio per controllare che le due bambine fossero tranquille e rilassate. Le vedemmo impegnate a confabulare fittamente, poi a giocare insieme.
Giada sembrava particolarmente attratta da uno dei peluche della cameretta di Martina: un grande cucciolo di tigre dal pelo folto e perennemente arruffato; la vedemmo più volte intenta a spazzolarlo con cura.


Venne l’ora di telefonare ai genitori di Giada per avvertirli che la bambina era a casa nostra e che, se loro erano d’accordo, sarebbe potuta restare anche a cena. Al numero dettatoci da Giada rispose la nonna. Dalla cornetta, la voce della signora esprimeva contrarietà, non sorpresa.
Ci disse che il padre della bambina era fuori città per lavoro e che la madre era indisposta, ma che sì, Giada poteva restare, ovviamente se la cosa non ci creava troppo incomodo.
Fu una serata piacevole per tutti. Tenemmo d’occhio le reazioni della nostra piccola ospite, ma ci accorgemmo di essere a nostra volta sotto osservazione. Con la coda dell’occhio, infatti, scorsi Giada che mi lanciava occhiate scrutatrici. Nei confronti di mia moglie e di Martina, invece, dimostrava una sorta di basita adorazione. Mancava solo un dettaglio: che le labbra di Giada si stirassero in un sorriso capace di sollevare quelle benedette guance paffute e di illuminare il viso.


Per tutto il mese di Luglio, Giada fu una sorta di figlia adottiva. Non che venisse ogni giorno a farci visita, ma ormai era una di casa.
Frammento dopo frammento, con l’aiuto determinante di Martina che raccoglieva le confidenze di Giada, si composero le possibili risposte alle domande sul conto della bambina che ci eravamo posti tempo addietro.
La sofferenza di Giada era iniziata circa due anni addietro, allorché la madre aveva iniziato a manifestare i primi sintomi rilevanti di turbe psichiche.
Nella memoria della bambina erano rimaste scolpite le terribili scenate per la cameretta lasciata in disordine o per la sua lentezza nel fare colazione. Non poteva dimenticare il suo peluche preferito gettato deliberatamente nel caminetto, il rumore della porta della camera da letto che veniva sbattuta e chiusa a chiave, le ore interminabili passate nell’andito a piangere, bussare, supplicare e attendere che la madre decidesse di perdonarla.
Il padre adorato, spesso assente diversi giorni la settimana, quando tornava a casa si sforzava di sopperire in qualche modo alla mancanza di cure e d'affetto.
Già provata, Giada aveva vissuto come un abbandono l’essere mandata per due mesi presso uno zio paterno, dimostratosi anaffettivo e violento.
La situazione era parzialmente migliorata quando la nonna materna si era trasferita da loro, dividendosi tra le cure alla figlia e l’accudimento della nipote.


Giada cenò con noi anche la sera immediatamente precedente la nostra partenza per le ferie estive. D’accordo con Martina, avevamo preparato per lei una piccola sorpresa da consegnare quando l’avremmo riportata a casa dei suoi. Vedendola immalinconita per l’imminente distacco, però, decidemmo di anticipare i tempi. A fine cena, perciò, Martina portò in soggiorno il voluminoso pacco, consegnandolo tutta trepidante all’amichetta.
La reazione di Giada alla vista del grande tigrotto di peluche fu fulminea. Si alzò, scaraventò a terra il giocattolo, spinse da parte con violenza l’esterrefatta Martina e corse alla porta di casa. Prima che ci riprendessimo dalla sorpresa, Giada aveva scantonato per qualche via laterale.
Ci volle tempo per ritrovarla ancora singhiozzante e ranicchiata ai piedi di un albero in un angolo del giardino dietro la parrocchia. Il breve percorso in macchina verso casa sua si svolse nel più completo silenzio. Eravamo tesi, imbarazzati e afflitti per aver causato una reazione del genere.
Al momento del commiato, Martina allungò esitante a Giada il peluche che sino a quel momento aveva tenuto stretto a sé e le mormorò: - “Se non lo vuoi come regalo, almeno tienilo finché non torniamo, così lui si sentirà meno triste e solo.
Alla luce del lampione assistetti a un piccolo miracolo. Giada stava sorridendo; sorrideva davvero a tutti noi, a dispetto dei grossi lucciconi che stavano scendendole piano lungo le guance.




Questo post/papocchio è stato scritto per simpatia nei confronti dell’iniziativa dello Scarabocchio di Comicomix, per ricordare il sorriso di un bimbo e aiutare altri bambini a continuare a sorridere.

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