mercoledì, giugno 12, 2019
le sudate carte
Ai primi di aprile ho iniziato a occuparmi di un progetto cui tenevo particolarmente e che mi ha assorbito full time sino all'alba di ieri, perché non potevo farmi mancare un rush finale convulso e ansiogeno: un saggio monografico di circa 140 pagine che è un po' come una seconda laurea, a trent'anni esatti di distanza da quella conseguita in giurisprudenza.
Mi sono confrontato con un argomento verso cui non avevo alcuna competenza o interesse specifico pregresso: una bella sfida dopo tanti anni trascorsi a occuparmi esclusivamente di comunicazione corporate e di prodotto.
Mi sono divertito, annoiato, preoccupato; ho perso un'infinità di ore di sonno, fumato troppo e bevuto quantità industriali di caffè per entrare in sintonia con la materia, scavare nelle minuzie della bibliografia e nella psicologia dei personaggi coinvolti per arrivare, finalmente, a un'interpretazione originale nonostante la tagliola dei tempi contingentati.
Il mio perfezionismo patologico ha reclamato sino all'ultimissimo secondo modifiche, ampliamenti, sintesi e limature. Per un po' di tempo ancora dovrò evitare di riaprire i file perché so che ciò m'indurrebbe a un lavoro di editing tanto maniacale quanto del tutto inutile, ora che il testo è stato licenziato e il controllo della palla è passato ad altri.
Non avevo né ho ambizioni di diventare uno scrittore. Mi sono solo trovato nelle condizioni di fare un regalo a me stesso e alla persona che in questi anni mi è stata vicina: that's all.
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mercoledì, gennaio 17, 2018
Amicizie e Sorellanze (da Buzzfeed)
martedì, giugno 20, 2017
Tiresiatyricon
Sulla figura di Tiresia, l’indovino per eccellenza nel mondo antico, sono fioriti diversi miti sin dai tempi di Omero.
Figlio di Evereo e della ninfa Cariclo, Tiresia viene tratteggiato come un cittadino tebano senza doti sovrannaturali e dalla vita ordinaria sino al giorno in cui, accidentalmente, viene a contatto con il mistero della metamorfosi.
Andato a passeggio sulle pendici del monte Citerone, Tiresia s’imbatte in una coppia di serpi attorcigliate nell’amplesso nel mezzo del sentiero.
Forse infastidito dalla mancanza di pudore, Tiresia separa i due rettili con un bastone finendo per colpire duramente la femmina. Mal gliene incoglie, perché si ritrova immediatamente trasformato in donna.
In questo frangente Tiresia dimostra non comuni doti di adattabilità, abbracciando senza drammi la sua nuova identità di genere di cui sperimenta tutte le sfaccettature fisiche, emotive, sociali e sessuali.
Trascorsi sette anni, Tiresia si ritrova nuovamente davanti una coppia di serpenti in amore. Ammaestrata dal ricordo di quanto avvenuto, Tiresia questa volta si premura di colpire il maschio. Ça va sans dire, Tiresia torna a essere un uomo.
La faccenda, sia pure straordinaria, sarebbe finita nel dimenticatoio se Zeus, reso disinibito da troppe libagioni, non si fosse impelagato in un’accanita discussione con sua moglie Hera.
Motivo del contendere era chi, tra uomini e donne, ricavasse maggior piacere dall’atto sessuale. Il padre degli dei sosteneva fosse la donna, mentre Hera era irremovibile nell’indicare l'uomo.
Non arrivando a un compromesso ai coniugi divini sovviene quanto accaduto a Tiresia, così lo convocano sull’Olimpo per fare da giudice alla disputa. Messo alle strette, Tiresia dichiara - con più onestà che tatto - che la donna può arrivare a provare un piacere tre volte superiore a quello dell'uomo.
Non tollerando di essere contraddetta e sentendosi smascherata, l’infuriata Hera si vendica privando Tiresia della vista.
Zeus, che non può annullare il gesto di sua moglie, per risarcire il malcapitato gli dona il potere della chiaroveggenza e una vita lunga sette volte la media dei mortali.
Tiresia morirà ultracentenario lontano da Tebe: secondo alcuni di congestione, essendosi abbeverato all’acqua gelida di una fonte mentre era in fuga dalla città messa al sacco. Secondo altri muore di sfinimento durante il viaggio di trasferimento a Delo in compagnia di sua figlia, anch’essa indovina.
Arrivato negli inferi Tiresia convince Ade, Signore dell’Oltretomba, a lasciargli il dono della preveggenza. Per questo nell’Odissea Ulisse consulta l’ombra di Tiresia per sapere se, quando e in che modo potrà fare ritorno a Itaca.
Dal mito alla farsa
La metamorfosi da uomo in donna e viceversa, la curiosità e l’esplorazione delle potenzialità insite nelle differenze non solo fisiche tra i sessi troveranno nelle Metamorfosi di Ovidio una sistemazione poetica elegante, ma in epoca romana non mancheranno di stuzzicare la produzione di parafrasi e parodie scurrili del mito.
In una di queste Tiresia, cittadino e marito integerrimo, subisce le ire del dio Apollo, che ha allacciato una tresca con l’avvenente e giovane moglie.
Ferito nell’onore, Tiresia dà in escandescenze il giorno in cui, tornato a casa, scopre i due amanti in flagrante. Nell’accesso d’ira Tiresia arriva a rovesciare sul talamo il contenuto di un braciere provocando ustioni alla virilità del dio, al momento in forma d’uomo. Sofferente e infuriato per tanta mancanza di reverenza, Apollo si vendica trasformando all’istante Tiresia in donna, pensando così di prendere due piccioni con una fava: sbarazzarsi di un infimo rivale e umiliarlo a morte.
Qualche tempo dopo, il dio si ricorda della sua vittima e si reca in incognito a Tebe, pronto a godersi lo spettacolo di un Tiresia caduto in disgrazia e oggetto di scherno.
Resta, perciò, sbigottito trovando l’ex cittadino modello intento a concedersi con evidente soddisfazione prima a un nerboruto carrettiere, poi a un alto magistrato della città.
Costretto a fare la fila confuso in mezzo a un campionario di tebani allupati, finalmente Apollo riesce ad appartarsi e a scambiare quattro chiacchiere con Tiresia. Si arrende così all'evidenza che il mortale non ha alcun rimpianto per ciò che ha perduto, anzi benedice la sventura che le ha fatto scoprire quanto limitate fossero le sue esperienze di uomo rispetto al piacere che il corpo e la mente di una donna possono provare. Malgrado sia un dio, però, Apollo è in imbarazzo: non riesce a simulare un appetito erotico per Tiresia benché quest’ultima s’industri allo scopo. Delusa, Tiresia si lascia sfuggire: “Tra tutti i figli d'uomo belli e brutti, giovani o canuti solo tu, o straniero, ti sei mostrato incerto, incapace di ardere come uno stoppino bagnato e di farmi sentire desiderata, simile a una dea!”
Indispettito, Apollo abbandona il travestimento. Indifferente alle lacrime e alle suppliche, ritrasforma un'affranta Tiresia in uomo, per di più cieco a causa dell'esposizione all'insopportabile fulgore divino.
Tuttavia, punto dal rimorso di essersi comportato in modo meschino e timoroso del giudizio degli altri dei, in extremis Apollo concede a Tiresia il dono della preveggenza.
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mercoledì, novembre 30, 2016
Quotation
Io conosco la risposta. La risposta è che mai e poi mai devi fare affidamento su un’altra persona per la tua pace interiore.
Se lo fai resterai fregato anche se in buona fede: non oggi, forse, ma prima o poi.
Devi - che ne so - imparare a vivere con te stesso. Devi imparare a rassettare il letto da solo e a preparare la tavola per uno senza sentirti patetico. Devi essere forte, fiducioso e compiaciuto di te stesso e non dare la minima impressione di essere incapace di arrangiarti senza quella certa stramaledetta persona.
Devi fingere, di brutto.
Armistead Maupin, da More Tales of the City
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sabato, giugno 11, 2016
Vecchie canzoni & cronaca nera
Sono andato a riascoltare un vecchio hit di Riccardo Cocciante: “Quando finisce un amore”.
Sono passati oltre 40 anni dall’uscita dell’album che conteneva questa canzone, un must per generazioni di cuori infranti in vena di lacrime. Tuttavia, riascoltato oggi, il testo di Cocciante acquista una sua attualità in relazione all'epidemia di casi di femminicidio.
Quando una relazione finisce in malo modo si può realmente arrivare al punto di smarrire per mesi la ragione e la dignità tormentati dal senso lacerante di perdita e dal desiderio ossessivo di riavere la persona che è uscita dalla propria vita, fosse anche solo per il tempo di riscrivere un finale troppo brutto, sciatto, “sbagliato”, inaccettabile per l’orgoglio ferito.
Si dice che “ciò che non ammazza fortifica” e queste esperienze di buio e sofferenza sono, in un certo senso, una medicina molto amara ed educativa.
Oggi però le relazioni sembrano sempre più spesso minate da quel senso morboso di possesso che nasce in uomini dalle identità insospettabilmente fragili e incomplete, incapaci di elaborare il distacco, di concepire il fatto che la (ex) partner non è più - e probabilmente non è mai stata - un’estensione naturale e necessaria della loro esistenza.
Lo scollamento dei loro punti di riferimento affettivi diventa una sciagura, un cataclisma cosmico da scongiurare e da negare a ogni costo. Se non possono trattenerla a forza, ricattarla emotivamente e inchiodarla alla loro dipendenza, allora la donna deve pagare il prezzo più caro possibile per il torto di “essere cambiata”: va braccata, umiliata, impaurita, cancellata.
Imboccano una scorciatoia distruttiva per fuggire dal disagio e dalla sofferenza: massacrano di botte, sfregiano e ammazzano per poi mormorare tra i singhiozzi: “ma io l’amavo”.
Mi sono domandato se questi uomini abbiano mai capito chi hanno avuto accanto, se l’abbiano mai ascoltata sul serio, se non abbiano solo tollerato che avesse un’individualità, un’autonomia di giudizio sintanto che era il docile oggetto del loro “amore”.
Al momento non vedo una risposta certa, un’equazione risolvibile, un possibile vaccino.
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sabato, aprile 16, 2016
L'altra sponda
Gli omosessuali? Mi fanno schifo! Se solo ci penso mi sale il nazismo
Ieri sera riflettevo su questo giudizio tranchant emerso nel corso di una banale conversazione con un interlocutore non giovanissimo, ma certamente con molte primavere in meno del sottoscritto.
In tutta onestà non so come avrei recepito un'affermazione tanto becera e ottusa una trentina di anni fa. Che io ricordi, proprio non mi ponevo il problema: il mio giudizio sul ventaglio LGBT era piuttosto superficiale, influenzato da chiusure di stampo morale/religioso e basato - se così si può dire - sul senso di fastidio per l'esuberante cattivo gusto delle sue manifestazioni di piazza.
Sarà l'avanzare dell'età che disarticola le classificazioni e smentisce i pregiudizi, in primis l'orrore del maschio eterosessuale all'idea di poter essere degradato da cacciatore a potenziale preda dell'infido gay perennemente in agguato (...), sarà che alla prova dei fatti l'omosessualità - dichiarata o velata - dell'interlocutore si è dimostrata irrilevante ai fini delle relazioni sociali o di lavoro, sta di fatto che oggi l'orientamento sessuale staziona in fondo, molto in fondo alla lista dei pregi e dei difetti che prendo in considerazione nel valutare una persona.
Intelligenza, simpatia, talento, rispetto, gentilezza e lealtà sono doti di gran lunga più interessanti e, sfortunatamente, rare.
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lunedì, settembre 14, 2015
Messaggi nella bottiglia messi in piazza
È piovuto così, corredato di foto in giacca e cravatta molto anni '70, lo stupefacente annuncio a scopo matrimoniale ancora fresco di pubblicazione sulla timeline di un gruppo Facebook che seguo.
Nel suo essere allo stesso tempo inaspettato, anacronistico e inappropriato, quest'annuncio francamente mi spiazza. Infierire sarebbe sin troppo facile, ma anche ingeneroso e irrispettoso nei confronti di uno sconosciuto, di un ospite che si è reso vulnerabile al pubblico dileggio.
Ci sarebbe altro da dire sull'uso quanto meno approssimativo dei social media e da eccepire sullo stereotipo della donna sarda come angelo del focolare, ma al momento provo soprattutto tristezza e irritazione, quasi fossi stato io a mettere in piazza la mia solitudine.
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domenica, maggio 24, 2015
Amore e rancore
“Non lo odio, ma se lo ammazzassi starei molto meglio”
“Se un giorno riceverai una pallottola in fronte, sappi che sarò stata io”
Cenere alla cenere, terra alla terra: anche l'amore muore.
Non ci si libera dei ricordi, delle solenni promesse, dei giorni felici e di quelli più amari con la stessa facilità con cui si tinteggia casa o si dismettono gli abiti vecchi.
Qualcosa resta, indugia in cerca di soddisfazione o di una spiegazione che non sia banale e avvilente.
"Ma dove, dov'è il tuo amore? Ma dove è finito il tuo amore?" Avrei preferito che la risposta non fosse che si è disciolto nel rancore.
L'immagine è del fotografo rumeno Marius Filipoiu
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martedì, maggio 07, 2013
O mia o di nessun altro
venerdì, marzo 08, 2013
Un 8 marzo qualsiasi
giovedì, marzo 08, 2012
8 marzo - dedicato a una donna speciale
martedì, novembre 29, 2011
half-light zone
Quanto dolore
rimorso
e desolazione
vivono ancora nei recessi della memoria.
Frammenti di passato
schivati come lebbrosi
stanotte non cessano di battere alle pareti.
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martedì, febbraio 01, 2011
Scampoli di ordinaria umanità
Redivivo e rotabile

Il black-out negli aggiornamenti è dovuto al fatto che sciropparsi 18 ore di viaggio su convogli ferroviari notturni a lunga percorrenza non è una cosetta di tutto riposo, specialmente quando alla soglia delle 50 primavere manca giusto un’incollatura.
Nel mio caso, la scoperta di questa forma di turismo alternativo del weekend ha in primo luogo solide ragioni affettive che, da sole, bastano e avanzano a giustificare la latitanza da blog, forum, newsgroup e social network.
Ma al di là di ogni altra considerazione, viaggiare nottetempo su e giù per lo Stivale mi ha dato l’opportunità di stare a stretto contatto (in tutti i sensi) con la realtà di un Paese in viaggio, con un’umanità pendolare che nei fine settimana si sottopone a massacranti maratone trascinandosi dietro una babele di trolley, borsoni e pacchetti di ogni misura.
Se l’orgoglio, la nostalgia e la fatica avessero una forma, questa sarebbe una valigia stipata all’inverosimile, mentre ci sono pochi dubbi che l’odore caratteristico sarebbe quello pungente del velo di traspirazione che ristagna dentro scompartimenti che, per contrasto, hanno la stessa temperatura iniziale delle celle frigorifere di un macello industriale.
Superato il caos del trovare sistemazione, i volti rattrappiti in maschere di stanchezza e di tensione nervosa si distendono, i cellulari cinguettano senza sosta frasi rassicuranti e appuntamenti antelucani ribaditi a parenti e amici, s’inizia a guardarsi intorno per capire chi siano e fino a che punto ci si possa fidare dei vicini di posto. Nei casi migliori, si arriva a essere accompagnati al primo degli stentati intervalli di sonno da gradevoli chiacchierate a ruota libera tra occasionali compagni di pena.
Già, la pena: perché il privilegio di viaggiare sulla rete ferroviaria italiana da Milano ad Ancona, Foggia, Crotone o Reggio Calabria a prezzi mediamente accessibili si paga con l’afflizione di vagoni standard disegnati 30 anni fa per tratte considerevolmente più brevi e, soprattutto, in dispregio dell’ergonomia.
L’educazione - che purtroppo resta un optional - e lo spirito di sopravvivenza consigliano istintivamente i passeggeri ad assumere posture a “S”, con il bacino e le gambe fuori asse pur di poter incastrare queste ultime a lato di quelle del dirimpettaio; il collo e il capo penosamente in torsione alla ricerca di un punto d’appoggio sui rilievi laterali dei poggiatesta.
La consapevolezza di dover affrontare ore e ore di viaggio ingabbiati in spazi insufficienti porta allo spasimo il desiderio di allungare liberamente le gambe e, allo stesso tempo, scoraggia chi non siede “lato corridoio” dall’alzarsi per cercare la toilette fintanto che lo stimolo non diventa un’urgenza indifferibile.
Pur in queste condizioni di scomoda precarietà, viaggiare in notturna fa scoprire dai finestrini scorci di un’Italia meno gretta e abbruttita, quasi pacificata e poetica nel suo essere temporaneamente riportata dal sonno a uno stato d’innocenza. Mi scuserete, ma trovo che in questi tempi volgari e sgraziati non sia poco.
Flattened morality

Se fino a ieri, però, l’aspirazione a sistemarsi si sfogava in giocate compulsive al Gratta e Vinci, nell’inseguimento di improbabili numeri “ritardatari” o dell’ennesimo jackpot multimilionario, oggi emerge la disponibilità ad accettare qualsiasi proposta indecente, tanto più ignobile se le uniche fiches da giocare alla roulette sono le grazie giovanili di una figlia o di una nipote da promuovere nella dura competizione per vellicare le attenzioni lascive di tal culo floscio (sic!), potentissimo e attempato satrapo.
Solo qualche anno fa avremmo liquidato il tutto come materiale di scarto di un dozzinale feuilleton ambientato nell’Europa del feudalesimo e nella decadenza dell’impero ottomano.
Purtroppo siamo stati costretti a ricrederci dalla cronaca giudiziaria, a fare dolorosamente i conti con una torbida acquiescenza morale, con occhi levati al cielo e sorrisetti condiscendenti a mezza bocca che fanno sembrare l’Italia un’unica, degradata parrocchia del malaffare.
Si fa strada un dubbio: siamo certi di essere diversi dai genitori-lenoni della porta accanto, oppure la nostra pretesa incorruttibilità è subordinata al fatto che ci manca l'occasione per saltare sul luccicante carro della tentazione?
In ogni caso, se pure fossimo radicalmente diversi non culliamoci nell’illusione "pronta cassa" fornitaci dalla lettura dei forum e degli aggiornamenti dei social network: salvo sporadiche eccezioni, quella è solo la proiezione virtuale della nostra piccola riserva indiana.
Intanto c’è da scommettere che se la squallida cronaca dei festini e della vita esagerata del potentissimo sultano cadrà nel dimenticatoio o verrà astutamente oblata per vie traverse, ci sarà pronto il vitello grasso da immolare per il ritorno alla ragione del nonno prodigo.
Per la sorte delle “jeunes filles” sacrificate senza troppi rimpianti sull’altare della doppia morale e della convenienza politica, invece, ci sarà giusto lo spazio di una lacrimuccia edificante su qualche trafiletto a margine, condita dall'untuosa consapevolezza che tanto all'orizzonte non si prospetta alcuna "crisi di vocazioni”.
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sabato, dicembre 25, 2010
Christmas Recap
Finis Terrae

La cosa peggiore è la sensazione che si sia perso del tutto il controllo sui processi in atto a livello mondiale e, di conseguenza, il potere decisionale sulle nostre esistenze. Quello che potrai fare o mangiare da oggi a un mese può essere sconvolto in qualsiasi momento dal giudizio insindacabile di un gruppo di sconosciuti comodamente seduti nel board di un’agenzia di rating.
Tutto questo mentre a casa nostra chi è demandato a dare risposte spaccia per cure ricette casalinghe efficaci quanto un’Aspirina gettata nella bocca di un vulcano in eruzione, troppo preso com’è dalla lotta per conservare o conquistare il potere su una minuscola crosta che galleggia su un mare di pus.
WikiMax
“I partiti sono come un taxi: io salgo, pago la corsa e scendo”. Il cinismo di Enrico Mattei nel brandeggiare la politica oggi è replicato su larga scala, spesso inconsapevolmente e con esiti ripugnanti, da mezze figure lontanissime dalla statura del defunto Mattei.

Nel 2007, conversando “Off-the-Record” con l’ambasciatore USA, D’Alema si sarebbe lasciato andare a un giudizio lapidario sulla magistratura, bollata come “la più grave minaccia allo Stato italiano”.
Ora il D’Alema-pensiero è notoriamente un distillato sottile, così sottile che è verosimile si sia perso nella traduzione. Però è altrettanto plausibile che l’astuta volpe del Tavoliere si sia fatta fregare ancora una volta dal demone dello statista in cerca della definitiva consacrazione e dal compiacimento nel rivendicare per se il ruolo di Game Master della sinistra italiana, l’unico che merita di essere introdotto a certe tavole e di siglare patti davanti alla crostata.
Poveri noi.
Memories
Perduta
Il tuo sguardo
rimpianto
il tuo sorriso
perduto
i tuoi occhi azzurrinella profonda
oscura
irrimediabile
assenza
che mi lascia senza te
quando non sono capace
di respirare un’aria che non è tua
di contemplare la terra che ti ignora
di amare nuovamente
la vita che non è vita
dei miei giorni senza te
il tuo sguardo nei miei occhi
il tuo sorriso nella mia anima
la tua vita andata nella speranza cieca
di un percorso che compio,
giorno dopo giorno, senza te,
avvolta nel calore sicuro della tua ombra
ugualmente
senza te
ugualmente
per sempre con te
nel sogno senza sogno
del tuo amore per me.
Martha Canfield
Martha Canfield è nata a Montevideo nel 1949. Dal 1977 vive e lavora a Firenze, dove è docente di Lingua e Letteratura ispanoamericana.
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domenica, settembre 26, 2010
LampredottoPost

Niente Resume per questo giro.
Ho troppa confusione in testa per prestare attenzione alle discussioni e agli schizzi di... ahem... "fango" che si susseguono nel teatrino della politica-avanspettacolo, per seguire il dibattito letterario o musicale o per presenziare alla mostra - pur stuzzicante - dedicata a Salvador Dalì al Palazzo Reale.
In questi giorni, passo con rapidità sconcertante dalla malinconia più cupa a sprazzi di vitalità e di (cauto) ottimismo sul futuro apparentemente insensati, considerato che sono state appena consegnate a un avvocato le chiavi di oltre 20 anni di vita privata perché provveda a chiudere definitivamente il portone.
In poche parole, al momento mi definirei un bidone arrugginito, ammaccato e sbilenco, ma non in disarmo né infelice.
See ye next time.
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mercoledì, agosto 18, 2010
Summing Up

Quando vedi brillare negli occhi di una persona cara una ritrovata gioia di vivere; una felicità arrivata per caso, inaspettata e insperata al punto da sembrare tratta di peso dalle pagine di un rotocalco rosa, ma che le sta dando il coraggio di osare, di sfidare convenienze e convenzioni sociali
ALLORA
tieni per te l'altra faccia della moneta, anche se è arroventata e ti apre piaghe nella carne.
Affronti i momenti di stravolgimento, le emergenze quotidiane, le discussioni e le recriminazioni con una lucidità insolita. Fai quello che ritieni giusto e lasci che l'orgoglio contuso, il disprezzo e i giudizi taglienti scivolino via perché sai per chi e per cosa stai combattendo.
Questo è il riepilogo (provvisorio) delle mie ferie agostane, bivio tra un passato che si chiude con il botto e un futuro da inventare.
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venerdì, febbraio 19, 2010
Coming around, again
Le belle notizie si fanno attendere e arrivano con il contagocce. Le notizie spiacevoli, in compenso, sono più dirette: te le ritrovi davanti all'improvviso come un muro piazzato di traverso subito dopo una curva.
Le parole in questi frangenti pesano infinitamente: sia quelle che si dicono sia quelle che, per qualsiasi motivo, hanno perso l’occasione di essere pronunciate.
Esattamente un anno dopo, ecco servito il remake di una situazione già vissuta, ma non per questo meno carica di tensione: la tua e quella della persona che vive sulla sua pelle questo secondo giro di roulette.
Cerchi di non sommare le due cose; cerchi dentro la fiducia per dire “ce la faremo... ce la farai, baby, non può piovere per sempre”.
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giovedì, novembre 12, 2009
Ba Ba Baciami Piccina
Lo spot che segue, realizzato dall’agenzia Del Campo Nazca Saatchi & Saatchi di Buenos Aires, è a suo modo un piccolo gioiello di bravura e di furbizia.
The Kiss, questo il titolo dello spot, è un delizioso meccanismo a orologeria che svela progressivamente una piccola trama romantica affidandosi esclusivamente a immagini e musica.
D’altra parte, il parlato non è necessario perché lo spettatore capisca cosa ci fa una giovane vestita da sposa nel bel mezzo di una piana desolata e perché mai corra a limonare con un ragazzo che, evidentemente, non è il promesso sposo (e non aggiungo altro per non guastarvi la visione).
Il plot è un classico nel filone che va da Romeo e Giulietta in poi, tuttavia gli autori dello spot sono dei simpatici mascalzoni che mescolano con abilità romanticismo e humour surreale, rendendo così fresca e godibile la narrazione-bonsai.
Il prodotto pubblicizzato, presenza incombente sulla scena, viene rivelato solo nei secondi finali; a quel punto, però, chi non sarebbe disposto a perdonarlo? :-)
(Un ringraziamento speciale a Ads of the World )
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domenica, ottobre 18, 2009
6900 B.C: un dramma

Il sole aveva mandato l'ultimo flebile saluto scendendo sotto la linea dell'orizzonte quando gli abitanti del villaggio si allontanarono dalla sepoltura.
La vita era dura: tutti sapevano quanto fosse dura persino in quel posto dove il clima non era mai troppo rigido, il miglio, il farro e la spelta si trovavano in abbondanza, la caccia dava quasi sempre qualcosa da mangiare e il mare non era mai avaro di doni.
Seppellire la giovane madre con il suo bambino, però, era stato più di quanto molti potessero sopportare. Nessuno li aveva potuti curare: né uomo, né sciamano, né divinità.
Da alcune stagioni lei era troppo debole e malata per rendersi utile, persino per uscire brevemente dalla capanna. Quella tosse squassante, cattiva, non l'abbandonava mai, né di giorno né la notte, e aveva ghermito anche il suo bambino, la benedizione, il sole della sua vita.
Chi poteva, lasciava qualcosa sulla soglia: del pesce cucinato, un pugno di farina, un po' di carne arrostita, nocciole e frutta, se gli dei erano benevoli e c'era abbastanza da mangiare.
Ora tutto si era concluso. Madre e figlio avevano finito di soffrire a poche ore di distanza l'uno dall'altra. Li avevano sepolti insieme, mettendo il bambino tra le braccia di sua madre perché non fossero separati, perché lei continuasse a proteggerlo e accudirlo nell'oltretomba.
Ancora pochi mesi e il villaggio sarebbe stato abbandonato per sempre; il Mediterraneo se lo sarebbe preso, seppellendolo.
8000 anni dopo, una équipe di archeologi sommozzatori ha scoperto il villaggio del pre-neolitico a una profondità tra gli 8 e i 12 metri a pochi km da Haifa (Israele), in un luogo chiamato Atlit-Yam.
Sono state riportate alla luce anche le sepolture poco distanti dalle abitazioni, tra cui quelle di una donna dell'età di circa 25 anni e del suo bambino.
L'esame dei reperti ossei ha rivelato la "firma" inconfondibile del loro killer: Mycobacterium Tubercolosis o Bacillo di Koch, in altre parole TBC, la tubercolosi.
Si pensava che la TBC - o "mal sottile" - fosse un problema abbastanza recente, invece era presente e in agguato sin dall'alba dell'umanità.
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giovedì, luglio 30, 2009
Friday crispy salad
L'agenda della vergogna

Le tracce del taccuino che Borsellino portava sempre appresso si perdono nel momento in cui l'allora Procuratore Ayala consegna la borsa del collega, rinvenuta sul luogo della mattanza, a un Carabiniere che poi si allontana dalla scena del delitto.
Il militare, un alto ufficiale dell'Arma identificato grazie ad alcune foto, afferma di aver consegnato la borsa al magistrato di turno.
Diciotto anni dopo, questo è quanto sappiamo su una falla assurda, inconcepibile e vergognosa nelle indagini.
Anche a non indulgere in esercizi di dietrologia, è fin troppo evidente che in tutte le vicende oscure e drammatiche che costellano la storia di questo Paese ci sono all'opera mani ignote che provvedono a occultare documenti, registrazioni, interi archivi così che determinate informazioni non divengano di pubblico dominio.
Non sapremo mai cosa contenesse l'agenda rossa del giudice Borsellino, se sia stata distrutta per proteggere interessi inconfessabili oppure custodita per esercitare il potere che deriva dal possesso delle informazioni.
Però queste sono domande oziose, puri vaneggiamenti agli occhi di un popolo tranquillo, assuefatto all'idea di vivere in un grande Mulino Bianco.
Goodbay Yahoo!

Poco male, dato che sono anni, ormai, che utilizzo quello spazio come magazzino/archivio, ripromettendomi di completare la ristrutturazione.
Oggi scopro, leggendo il blog di Marco Freccero, che Yahoo passa armi e bagagli sotto le insegne di Microsoft.
Il tempo ci dirà se questo matrimonio, a suo tempo sdegnosamente rifiutato dal CdA di Yahoo, funzionerà con soddisfazione di tutti, inclusi gli sposi.
D'altra parte Yahoo paga la mancanza di una coerente strategia di sviluppo, innovazione e miglioramento dei servizi. Yahoo si è trasformata in una grossa azienda, ma essere grossi non significa essere grandi, specialmente se non si sa dove andare.
- P.S. Per i pochi che se lo fossero chiesti, quella strana homepage grigia di Yahoo! non è un falso pacchiano. Yahoo! si presentava così quando per tutti era sinonimo di fare una ricerca su internet, prima che sorgesse la stella della grande "G" -
Amore e languore
Love me like a river doesAmami come un fiume
attraversa il mare
Amami come un fiume
infinitamente
Amami come un fiume
Baby non avere fretta, non sei una cascata
Amami e basta
Amami come un mare che ruggisce
turbinami intorno
Amami come un mare che ruggisce
inondami
Amami come un mare che ruggisce
Baby non avere fretta, non sei una cascata
Amami e basta
Amami come la terra stessa
ruotami intorno
Amami come la terra stessa
il cielo di sopra, il suolo di sotto
Amami come la terra stessa
Baby non avere fretta, non sei una cascata
Amami e basta
Melody Gardot
Non sei mioNon sei
nella mia vita
al mio fianco
non mangi alla mia tavola
né ridi né canti
né vivi per me.
Siamo estranei
tu
e me stessa
e la mia casa.
Sei un estraneo
un ospite
che non cerca
che non vuole
più che un letto
a volte.
Che posso fare
se non cedertelo.
Ma io vivo da sola.
Lettera II
Sei lontano nel sud
lì non sono le quattro
sdraiato nella tua sedia
appoggiato al tavolo nel bar
nella tua camera
buttato su un letto
tuo o di qualcuno
che vorrei cancellare - penso a te
non a chi cerca
accanto a te lo stesso che voglio io -.
Penso a te
ormai da un’ora
forse mezza
non so.
Quando mancherà la luce
saprò che sono le nove
stirerò il copriletto
m’infilerò il vestito nero
mi darò una pettinata.
Andrò a cena fuori
è ovvio. Ma a una certa ora
tornerò in questa stanza
mi butterò sul letto
e allora il tuo ricordo
che dico
il mio desiderio di vederti
che tu mi guardi
la tua presenza d’uomo che mi manca nella vita
incominceranno come ora
Incominci nella sera
che ormai è notte
a essere
l'unica cosa
che m’importa al mondo.
Idea Vilariño
(Montevideo 1920-2009)
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