domenica, giugno 29, 2008

 

Stormy weather


Su Milano Nord e dintorni si è appena dileguata una tempesta: una tromba d'aria in miniatura che ha scaricato una pioggia torrenziale tra saettare di lampi, fragore di tuoni e turbinanti raffiche di vento.
Potevo non partecipare allo spettacolo? Certo che no!
Infatti, al piano di sopra qualcuno aveva lasciato spalancata la porta-finestra del pianerottolo e l'acqua aveva già dato vita a un'allegra e rumorosa cascatella sulla tromba delle scale. Il lato eroico e quello infinitamente stupido della mia natura non hanno saputo resistere a un simile invito all'azione.
Mi vesto ed esco di casa sentendomi ganzo come Bruce Willis in Armageddon. Dopo due minuti sono di ritorno, conciato come un mix tra Gene Kelly in Cantando sotto la pioggia, un ranocchio che non si è trasformato in principe e Mister Maglietta Bagnata.
Già, certe scene escono bene solo nei film.

Consoliamoci con un video in tema. Si tratta della versione per solo pianoforte di Weather Storm dei Massive Attack eseguita da Craig Armstrong.

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mercoledì, giugno 25, 2008

 

Il paradiso può attendere?


su sirboni(Su Sirboni - Photo by perOni)

su sirboni(Su Sirboni - Photo by Bruvura)

Porto Giunco(Porto Giunco - Photo by perOni)



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lunedì, giugno 23, 2008

 

E venne il giorno...



... Il giorno che anche La Meringa salutò abbassando il sipario. Più che uno stillicidio, è in atto una silenziosa moria dei blog che mi hanno accompagnato, interessato e coinvolto.
Annachiara, aka La Meringa, è l’ultima in ordine di tempo ad aver annunciato l’ammainabandiera.
Nulla da eccepire sulla sua scelta, per l’amor del cielo, ma intanto il deserto intorno a me continua ad avanzare e le oasi di dialogo diventano sempre più rare e distanziate.
Continuo ad aggiornare questo blog perché la scrittura è una grossa parte della mia vita, è un piacere, un demone e un vizio peggiore del caffè.
Però, francamente non ci tengo a candidarmi per il Premio Highlander.

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domenica, giugno 22, 2008

 

Incubi e fiabe



Operazione bocche cucite

Con tutto quello che sta succedendo c'è da avere i brividi anche se si inizia a sudare dal caldo. Ho ascoltato con amarezza e frustrazione Marco Travaglio spiegare dal blog di Beppe Grillo quali saranno gli effetti concreti dell'emendamento sulle intercettazioni e sulla rivelazione di atti giudiziari inserito nel sedicente "pacchetto sicurezza".
Chiariamo un punto: la sicurezza dei cittadini è l'ultima delle preoccupazioni di chi ha voluto e ha steso l'emendamento.
Gli obiettivi sono altri, e consistono nel mettere sotto controllo e depotenziare le attività d'indagine delle Procure da un lato, e dall'altro nel tenere sotto ricatto i giornalisti e i loro editori affinché tacciano ed evitino di ficcanasare dove non sono graditi.
La conseguenza di questo emendamento è che in futuro ben difficilmente si arriverà a scoperchiare imponenti casi di malaffare e reati di notevole gravità perché l'ipotesi di reato da cui partono le indagini non consente più l'uso di intercettazioni ambientali o l'acquisizione di tabulati telefonici e, in ogni caso, sino alla celebrazione di un processo noi cittadini non potremo sapere alcunché.
Dite che esagero? Andate a cercare il video di Travaglio su YouTube, oppure leggetevi la nota dell'UNCI sul Barbiere della Sera a questo indirizzo e poi ne riparliamo.

Vi regalo una favola



Dopo le cattive notizie di cui sopra, proporre l'ascolto di una favola africana può sembrare un'istigazione a evadere dalla realtà, seguendo il luminoso (si fa x dire) esempio della leadership del Partito Democratico.
Tuttavia, nelle favole si nasconde sempre qualche lezione utile non solo ai bambini. Perciò, se ne avete l’occasione, dedicate qualche minuto a questa fiaba raccontata da quello straordinario affabulatore radiofonico che risponde al nome di Massimo Villa.

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venerdì, giugno 20, 2008

 

Planet-X



Oggi su un portale ho letto che due astronomi dell’università di Kobe (Giappone), servendosi di un nuovo modello elaborato al computer, avrebbero scoperto la presenza di un pianeta sconosciuto che si nasconderebbe dietro il piccolo e lontanissimo Plutone, pur essendo di dimensioni superiori a quest’ultimo.
Questa scoperta che, se confermata, riaprirebbe formalmente la discussione sull’esistenza del fantomatico Pianeta X (nel senso di decimo e di sconosciuto) all’estrema periferia del sistema solare vagheggiata dagli scrittori di fantascienza e negata dalla scienza, mi ha costretto a rivedere di corsa le mie arrugginite cognizioni di astronomia.

E sì che una delle cose di cui andavo fiero da bambino era proprio la conoscenza del sistema solare. Grazie a una bella illustrazione su un atlante geografico e alle informazioni ricavate dalla biblioteca di casa, infatti, ero in grado di citare a memoria i 9 pianeti in ordine di lontananza dal sole e il relativo numero di satelliti.
Non che fosse difficile: in fondo ufficialmente Giove contava 12 satelliti, Saturno 9, Urano 5, Marte e Nettuno 2 e noi la nostra solitaria Luna.

Perbacco, quante cose sono cambiate da allora!
Tanto per dire, un’enciclopedia per ragazzi della fine anni ‘50 ipotizzava che sotto la cappa di nuvole che copre Venere ci fosse una sorta di piovoso e pittoresco Jurassic Park, non quella rovente (temperatura media al suolo +464º C) e desolata pentola a pressione satura di anidride carbonica rivelata dalle sonde americane e russe.
Oggi poi, anche potendo contare su una buona memoria, è un’impresa riuscire a tenere a mente il numero e il nome delle lune che ruotano intorno a Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
Sedna pictureNel 1996, inoltre, il povero e timido Plutone è stato inopinatamente “declassato” da pianeta a pianeta nano o planetoide, andando a far compagnia ai misteriosi Eris, Sedna, Issione, Orco e Varuna che orbitano in quel remoto e gelido spazio oltre Nettuno compreso tra la Fascia di Kuiper e la Nube di Oort.

L’immagine raffigura un possibile incontro ravvicinato con Sedna, un pianetino da cui il sole deve apparire appena più grande e luminoso di Venere prima dell’alba sui nostri cieli e nel quale la temperatura non supera mai i -250º C.
Sospetto che non fosse per la distanza che lo rende un tantino fuori mano, gli autori dell’Isola dei Famosi mollerebbero i Caraibi per questo posticino tanto discreto quanto assolutamente vergine e disagiato.

Secondo la discussa classificazione imposta nel ‘96 dall’Unione Astronomica Internazionale, nemmeno il presunto corpo celeste che gioca a nascondino dietro l’orbita di Plutone può aspirare alla dignità di pianeta.
Chissà, forse è anche per questo che sino a oggi il nuovo Planet-X si è rifiutato di mostrarsi in pubblico, come quegli studenti che marinano la scuola coscienti di rimediare un’insufficienza all’interrogazione. :-)

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Hard Times


misittu

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martedì, giugno 17, 2008

 

Web Sailing



Oggi parlare di web browser è interessante su per giù quanto discutere di unghie incarnite o di furuncoli sui glutei. Perdonatemi, perciò, se confesso di avere un debole per questo genere di applicazioni.
La cosa che mi affascina maggiormente è il fatto che oggi ci sono tanti eccellenti browser in competizione tra loro, ognuno sviluppato e perfezionato con un lavoro non indifferente dietro le quinte, e tutti o quasi disponibili con la formula della licenza d'uso gratuita (quel papiro scritto in legalese che compare durante l'installazione e che quasi mai viene letto prima di fare click su "accetto").
A prima vista, dunque, sembrerebbe che lo sviluppo di un web browser sia un'impresa in perdita, da cui non ci ricava direttamente neanche di che pagare la bolletta della luce: strano, no?

Give 'em a try

"Toglietemi tutto, ma non Explorer!"
"Guai a chi tocca Safari!"
A scatola chiusa compro solo Arrigoni - recitava uno spot dell'epoca di Carosello. Oggi succede più o meno la stessa cosa per i programmi informatici. Intendiamoci, non c'è niente di male a utilizzare esclusivamente ciò che si è abituati a trovare nel computer una volta installato il sistema operativo. Internet Explorer per i PC e Safari per i Mac sono lo standard in casa loro e non si può affermare che siano delle oneste fetecchie, tuttaltro (ahem...meglio precisare che uno dei due si è riabilitato, o mi si allunga il naso).

Tuttavia c'è tutto da guadagnare a guardarsi intorno e a sperimentare qualche alternativa, se si ha lo spazio, il tempo e la possibilità di farlo.
Browser diffusi come Firefox e Opera, ma anche il giovane e promettente Flock (solo per restare tra i programmi disponibili per PC, Mac e Linux) offrono prestazioni, affidabilità e funzionalità tali da far cambiare opinione anche al più abitudinario dei naviganti.

Ecco una brevissima panoramica aggiornata:


Firefox 3

firefox 3
Chissà se oggi il neonato Firefox 3 ha battuto veramente il record di download. E’ ancora troppo presto per pronunciarsi, ma a parte il giudizio soggettivo sul grigio Leopard sfoggiato dalla versione Mac, questa terza incarnazione della Volpe di Fuoco mi ha impressionato per velocità e reattività: un'autentica saetta rispetto a Firefox 2.
Il team di volontari della Mozilla Foundation ha fatto un gran bel lavoro.


Opera 9.50

Opera 9.50
Nel suo nuovo look tutto sfumature di grigio, Opera 9.50 appare un po’ incupito, ma resta molto veloce e, nel complesso, un signor browser che cura la sicurezza durante la navigazione.

Flock 1.2.1

Flock 1.2.1
Se non avete mai sentito parlare di Flock, è tempo di fare la sua conoscenza. Questo cuginetto di Firefox offre una serie di funzioni integrate molto comode per chi carica, condivide o sfoglia immagini su Flickr (o altri servizi simili) e per chi vive intensamente il social networking.

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lunedì, giugno 16, 2008

 

Dopo Travaglio, il blog-bavaglio?



Oggi la lettura di Punto Informatico è stata fonte di una spiacevole sorpresa. Avete presenti quelle quattro o cinque righe pro-forma con cui si avverte che “Questo blog NON può essere considerato prodotto editoriale in quanto il suo aggiornamento avviene senza alcuna periodicità”?

Ormai tutti davamo per inutile quella precauzione, figlia di un allarme rientrato sull’applicabilità ai blog della Legge 62/2001, promossa dall’allora ministro Urbani, che imponeva anche ai siti informativi, con aggiornamenti costanti o meno, l’obbligo di registrazione presso l’apposito registro nelle cancellerie dei tribunali e di provvedere, tra l’altro, alla produzione di copie cartacee e/o in digitale di ogni aggiornamento da depositare presso l’Archivio di Stato di Firenze.

Nessuno, allora, prese sottogamba l'arretratezza culturale e il potenziale liberticida di una legge formulata in modo generico (per non dire ambiguo), anche perché le sanzioni previste per gli inadempienti spegnevano sul nascere qualsiasi lampo d’ironia.
La Legge Urbani, infatti, confermava e aggiornava le disposizioni dell’articolo 16 della Legge 8 febbraio 1948 numero 47 sulla cosiddetta Stampa Clandestina: in soldoni, sino a 2 anni di reclusione o, in alternativa, l’irrogazione di una multa piuttosto salata.
Inoltre, andava considerato anche il reato di Divulgazione di stampa clandestina (art. 663-bis Codice Penale) che prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa nei confronti di chiunque diffonda con qualsiasi mezzo stampa clandestina (cioè senza i crismi della registrazione in tribunale e via enumerando).

Come accennavo sopra, proclamare esplicitamente che il nostro piccolo blog non andava considerato alla stregua di un prodotto editoriale e perciò non era tenuto a rispettare i vincoli della legge sull'Editoria sembrava una precauzione superflua, superata dalle ripetute precisazioni e rassicurazioni provenienti da autorevoli fonti ministeriali, sennonché....
Sennonché ci ha pensato il Tribunale di Modica, con una sua recente pronuncia, a fare carta straccia di ogni passata certezza.

Il Tribunale siciliano, infatti, ha condannato a una sanzione pecuniaria un blogger perché il suo blog d’informazione era pubblicato senza ottemperare agli obblighi della Legge sull’Editoria e, in particolare, quello della periodicità dell’aggiornamento.
I giudici, pertanto, hanno equiparato quel blog alla Stampa Clandestina.

C’è di che essere allarmati. Se la sentenza del Tribunale di Modica dovesse fare scuola, cosa possibilissima in Italia, nessun blogger di buon senso si sognerebbe di sobbarcarsi le fatiche, le spese e le rogne per tenere aperto un blog che si occupa anche di attualità e di informazione.
Sarebbe un altro piccolo passo verso lo svuotamento delle garanzie dell’articolo 21 della Costituzione che solo qualche editore o giornalista in vena di miope corporativismo potrebbe ritenere utile e giustificato.
Come direbbe Bertold Brecht, a furia di essere indifferenti alle libertà emendate, alle censure e alle epurazioni che non ci toccano direttamente, prima o poi si finisce nel mirino senza che sia rimasto qualcuno che si levi in nostra difesa.

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Not too seriously



Quando un’immagine sa comunicare in modo immediato e comprensibile come questa, pubblicata da Ally Bawx su Flickr, ogni commento diventa superfluo :-)

Buona settimana (smettesse di piovere...).

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mercoledì, giugno 11, 2008

 

Immagine e immaginazione



Prima di tutto, per gustare davvero il fascino di questa foto di Giovigio dovete assolutamente andare a vederla nella dimensione massima a questo indirizzo su Flickr.
Suggestiva, vero?
Non avete anche voi la sensazione di essere trasportati dentro l'immagine?
Provate a immaginare, a vivere con i sensi la meraviglia e la magia di quel momento.

Siete all'interno di una piccola casa cantoniera in aperta campagna, immersi in una penombra fresca e protettiva che odora di pietra grezza, di intonaco e legno asciugati e consumati dal tempo.
Tutto quello di cui avete bisogno è essere lì, assorti a contemplare quel panorama solenne e selvaggio, a saziarvi la vista e il cuore di quella luce, di quei colori, di quella solitudine di cui state assorbendo la forza e la quiete con ogni cellula.
Un soffio di vento fa frusciare le foglie degli alberi e vi porta alle narici l'aroma inconfondibile di un fico e della sua linfa arroventata dal sole.

Come si può descrivere la sensazione che si prova sentendosi parte di tutto questo, l'emozione che ti ha sopraffatto, che ti fa vibrare dentro e che vorresti non finisse mai?

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lunedì, giugno 09, 2008

 

Agrifollia



A lume di naso (il mio e il vostro), cosa possono avere in comune un trader coreano, un imprenditore agricolo del lodigiano, i clandestini che sbarcano a Lampedusa, la diplomazia degli affari degli USA e dei singoli Paesi dell'Unione Europea, le multinazionali delle sementi e degli antiparassitari, i governi dell’India e dell’Argentina e noi, semplici consumatori preoccupati per i continui ritocchi verso l’alto dei prezzi al dettaglio di pane, pasta, riso, carne, latte, olio, frutta e ortaggi?

In apparenza nulla.

Eppure un legame c’è: sottile, indiretto, trasversale, fatto di interessi che si intrecciano, coincidendo o entrando in conflitto a seconda delle circostanze.
Il legame è rappresentato dall’attività di ciascuno di questi soggetti in una lunga catena che ha al centro materie prime molto particolari: i prodotti agricoli, ovverosia quanto di più indispensabile esista al mondo subito dopo l’acqua potabile, ciò che per milioni di persone fa la differenza tra la vita e la morte.

Da tempo i prezzi dei prodotti agricoli sono in fase di crescita e, secondo gli esperti, si tratta di una tendenza destinata a durare. Le cause vengono indicate nella concomitanza di fattori apparentemente slegati tra loro:
Quello che la maggior parte degli analisti e dei mezzi di comunicazione non sono inclini ad ammettere apertamente è che con questo stato di cose si va concretizzando lo spettro di una crisi alimentare planetaria senza precedenti.

Al recente summit della FAO, che si è occupato anche degli effetti del rincaro dei prodotti agricoli, si sono sentite ripetere le solite ricette liberiste: migliorare la produttività dell’agricoltura nei paesi in via di sviluppo e orientarla al mercato; nel frattempo, si vedrà di tamponare le situazioni locali di emergenza trasferendo parte del surplus agricolo esistente sotto forma di aiuti umanitari.

Queste soluzioni sembrano ignorare, per convenienza e/o per partito preso, un fatto lampante: l’agribusiness mondiale costruito negli ultimi decenni oggi è un giocattolo fuori controllo, una macchina che macina profitti monstre a vantaggio di pochi e va collocando bombe ad orologeria in giro per il mondo. Come dice il proverbio, però, “chi semina vento, raccoglie tempesta”.

Dagli anni ‘60 a oggi, la politica estera di USA e CEE in materia di produzioni agricole è stata quella di esportare nel resto del mondo il loro modello agroindustriale, allettando i paesi emergenti con la promessa di ricchezza, benessere e sviluppo raggiungibile attraverso l’adozione dei pacchetti tecnologici "all-inclusive" (macchine agricole, concimi di sintesi, sementi ad alta resa e antiparassitari).
La modernizzazione planetaria dell’agricoltura sembrava una combinazione “win-win”: per i Paesi dell’Occidente industrializzato, infatti, la vendita di forniture agricole è stata sia un business lucroso per le imprese nazionali sia un fattore di stabilizzazione nello scacchiere geopolitico, creando o consolidando legami non soltanto commerciali.
Dall’altro lato, c’erano le prospettive di guadagno certo sia per le aziende agricole acquirenti sia per le economie nazionali dei Paesi in via di sviluppo, che potevano contare sugli introiti garantiti dalle quote di produzione destinabili all’esportazione.

Quali sono i difetti in questo ciclo “virtuoso”?
- In primis, il modello agroindustriale “occidentale” ha favorito il mantenimento e l’allargamento dei latifondi esistenti poiché risulta efficiente e remunerativo solo quando è applicato su larga scala.
Inoltre, la meccanizzazione nei campi richiede l’impiego di pochi addetti, rendendo superfluo il ricorso estensivo alla manodopera in realtà locali dove non esistono alternative all’agricoltura.
- In secondo luogo, i pacchetti agricoli creano una dipendenza costante dai fornitori di sementi geneticamente manipolate e brevettate nonché di antiparassitari, pesticidi e diserbanti - non di rado aspetti curati da un’unica grande multinazionale agrochimica - con spese di esercizio insostenibili per i piccoli coltivatori, che appena possono svendono e fanno fagotto.
- La maggiore produttività garantita dall’agricoltura industriale e “orientata al mercato” ha mostrato un ulteriore rovescio della medaglia: ha creato monocolture che hanno profondamente alterato gli ecosistemi locali e sottratto spazi a quell’agricoltura mista che garantiva l’autosufficienza alimentare delle comunità locali.

E infine ci sono i paradossi macroscopici.
Prendiamo il caso dell’Argentina, da sempre grande produttore ed esportatore di carni bovine, che si trova a dover trovare un complicato compromesso tra la remuneratività dell’export e il fabbisogno interno che resta scoperto e che, combinato all’inflazione, fa schizzare in alto il prezzo al dettaglio della carne.

Oppure prendiamo il caso dell’India, divenuta uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali di riso senza che questo abbia ridotto la percentuale di popolazione che vive ben al di sotto della soglia di povertà.

Infine, gli effetti paradossali si vedono anche nell’agricoltura di casa nostra. Oggi le piccole imprese agricole che vogliono far quadrare i conti tendono a concentrarsi sulle colture di primizie in serra. Il prezzo spuntato per le produzioni in campo, infatti, spesso è talmente basso da rendere antieconomico effettuare la raccolta, con tanti cari saluti a noi consumatori che paghiamo frutta e verdura a prezzi da boutique.

Un’agricoltura globalizzata che produce squilibri sociali, indigenza e fame, un’agricoltura di rapina che impoverisce le risorse del territorio ed è in balia delle speculazioni finanziarie tradisce il suo compito basilare, che è dare da vivere e nutrire.
Se vi siete chiesti perché, ovunque nel mondo, la gente abbandona le campagne per inurbarsi nelle megalopoli o emigrare in cerca di miglior fortuna, ora avete in mano una delle possibili risposte.

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venerdì, giugno 06, 2008

 

Troppo onore


diecielode Oh santi numi! Contro ogni logica, anche questo scalcagnatissimo blog ha ricevuto la sua piccola onorificenza virtuale.
La gratifica è piovuta inaspettata quanto il passaggio a volo radente di un facocero alato e non starò a menare il can per l'aia: ebbene sì, mi ha lusingato.
Ringrazio per l'attestato di stima la tangueira Smilla, adorabile testa calda e penna cangiante, salmastra e silvestre, imprevedibile nel suo passare dalle spigolosità dialettiche al più delicato degli acquerelli introspettivi.

A quanto ho capito, questo premio D eci e Lode (non è un errore di stUmpa) è un meme che circola in rete replicandosi attraverso nomination. La cosa mi mette in imbarazzo perché per me la stima è qualcosa che traspare senza bisogno di gesti simpatici, ma anche vistosi.

A ogni buon conto, ecco alcuni dei miei D eci e Lode:

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martedì, giugno 03, 2008

 

Lui si è rotto, io pure


effetto chicchi di riso
Alla fine, a forza di cadute accidentali, il telecomando del televisore di casa è andato in avaria.
Poco male: questo guasto mi offre una ghiotta opportunità per smentire un'immeritata (secondo me) fama di teledipendente e teleutOnto, ma soprattutto mi dà un incentivo in più per non frequentare i peep-show che hanno sostituito l'informazione politica e parlamentare nei tiggì nazionali.

Il telecomando si è rotto, ma ben prima di lui sono io a essermi rotto le scatole di fare, volente o nolente, il voyeur catodico quando dall'altra parte dello schermo va in onda il dovere di petting multicanale che ha rimpiazzato il mai troppo compianto dovere di cronaca.
Passi che siamo nel bel mezzo della luna di miele tra chi confeziona l'informazione televisiva e chi ora è "l'editore di riferimento" (Bruno Vespa dixit), ma saranno bene cavoli miei se spengo il moccolo invece di reggerlo.

Diciamo pure che il mio lungo e tormentato rush verso la grande incognita delle ferie estive adesso ha un insignificante punto interrogativo in meno e un lillipuziano punto fermo in più.

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Alone and bewildered


broken thread
Un nodo si tende mentre altri si disfano
sempre più veloci.
Gli occhi si cercano
supplicando rassicurazioni
che l'orgoglio fa morire in gola.
Il gelo assale senza parole
è il silenzio su un piatto
lasciato intatto nella penombra.

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