mercoledì, dicembre 23, 2020

 

Alieni ortodossi a New York




Bill De Blasio, Sindaco di New York, ha fama d’essere persona di larghe vedute. Per costringerlo a elevare una sanzione da 15.000 $, perciò, ci deve essere dietro un motivo serio.

Lo schiaffo degli ultraortodossi

Destinatari della multa sono i vertici cittadini della setta chassidica Satmar, ala fondamentalista dell’ebraismo ortodosso che si concentra a Williamsburg (Brooklyn) e nel sobborgo di Kyrias Joel, contando nella sola Grande Mela su 65.000/75.000 aderenti.

A far saltare la mosca al naso di De Blasio è stata la sfacciata violazione delle disposizioni anti Covid-19 su assembramenti, distanze di sicurezza e uso di mascherine in occasione delle nozze del nipote di Aaron Teitelbaum, uno dei due grandi rabbini che si spartiscono la guida della setta, organizzate in gran segreto in una sinagoga di Williamsburg e celebrate alla presenza di migliaia di fedeli festanti (la capienza massima della sinagoga è di circa 7.000 persone).

C'era stato un precedente:
a ottobre, le nozze del nipote del gran rabbino Zalman Teitelbaum, fratello minore e acerrimo rivale di Aaron, erano state forzatamente ridotte ad appena 50 invitati dopo la minaccia di divieto da parte del Governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo.
I seguaci di Aaron hanno fatto tesoro della lezione riuscendo a mantenere il segreto più assoluto sui preparativi delle nozze. Poi, non contenti di aver eluso le norme dimostrando di infischiarsene della pandemia che sta flagellando gli Stati Uniti, a cose fatte hanno avuto l’impudenza di vantarsene pubblicamente con un articolo dai toni entusiastici comparso sul giornale in Yiddish della setta.

Chi sono i chassidim Satmar?

Stiamo parlando di una delle più numerose e potenti frange dell’ebraismo ultra-ortodosso, forte di circa 120.000 adepti sparsi tra USA, Israele, Olanda, Argentina e altre nazioni.

I tratti distintivi dello chassidismo Satmar sono l’estrema, letterale aderenza alle norme religiose, il totale rifiuto della moderna cultura laica, il fervente anti-sionismo, l’autoisolamento sia nei confronti dei non-ebrei sia verso il resto del mondo ebraico, l’autorità indiscussa del Rabbino su qualsiasi decisione rilevante nella vita del fedele e il sostegno all’educazione e alla comunicazione in Yiddish.
Non è un caso se a Kyrias Joel, 26.000 abitanti, il 91,5% dei residenti comunica in Yiddish in casa contro il 6,5% che utilizza l’inglese e ben il 46% dichiara di “non parlare bene o non parlare affatto l’inglese”.

Le origini della setta sono in Transilvania, regione oggi in gran parte entro i confini della Romania, ma fino alla prima guerra mondiale all’interno della cosiddetta Grande Ungheria e dell’impero Austro-ungarico. Il nome Satmar altro non è che la traslitterazione in Yiddish di Szatmárnémeti, l’odierna Satu Mare, città transilvana dove il rabbino Joel Teitelbaum aveva acquisito largo seguito tra la fine del XIX e la prima parte del XX secolo.

Nel giugno del 1944 Joel Teitelbaum scampò all’annientamento nazista della popolazione ebraica ungherese grazie ai suoi seguaci che raccolsero un’ingente somma per consentirgli di salire sul cosiddetto Treno di Kastner, il convoglio merci che trasportò 1.684 ebrei ungheresi da Budapest alla Svizzera dietro il pagamento di una cospicua somma di denaro alle autorità germaniche.
Dalla Svizzera, Rabbi Joel si spostò prima nella Palestina sotto mandato britannico e successivamente a New York dove, a guerra finita, riorganizzò la sua comunità tra gli ebrei di origine ungherese e mitteleuropea.
La famiglia Teitelbaum è di fatto una dinastia rabbinica (cosa non rara nell'ebraismo ultraortodosso) attualmente divisa tra i due nipoti di Rabbi Joel, ed è anche un piccolo impero: alla morte del padre degli attuali leader, avvenuta nel 2006, il patrimonio della setta era stimato in 1 miliardo di Dollari tra beni immobili, attività e conti correnti.

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domenica, dicembre 13, 2020

 

L'eredità di Trump in politica estera



Prima o poi qualcuno scriverà un’articolessa o un saggio tracciando un bilancio ponderato della politica estera statunitense durante la presidenza di Donald J. Trump.

Della gestione della politica estera da parte dell’amministrazione Obama si è scritto che fu disastrosa, incoerente, inefficace e che il Nobel per la Pace fu del tutto immeritato: c’è sicuramente del vero in queste critiche.

Si può, però, dar credito a chi di Trump fa il panegirico descrivendolo come il primo presidente in oltre un secolo a non essere entrato in guerra, il brillante stratega che ha rivitalizzato la politica estera USA con il suo approccio volitivo, decisionista e poco convenzionale, il patriota e faro dell’Occidente che ha restaurato la grandeur a stelle-e-strisce fuori dei confini americani?

Quasi a ridosso dei titoli di coda del suo controverso mandato, Trump ha messo a segno l’ennesimo colpo diplomatico nel filone della cosiddetta “Pace di Abramo” convincendo il Marocco a normalizzare i rapporti diplomatici con Israele in cambio del riconoscimento USA dell’annessione marocchina dell’ex Sahara Spagnolo.

Ed è proprio questa diplomazia mercantilista e del baratto, pilastro della politica estera di Trump insieme alla tattica "del bastone e della carota” nelle trattative commerciali, che dovrebbe essere messa sotto la lente d’ingrandimento e analizzata nei singoli dossier separando le poste in attivo e le perdite.

Dall'Ucraina al Sudan passando per Iraq, Siria, Israele, Yemen, EAU, Arabia Saudita e Somalia, senza dimenticare Afghanistan, Iran, Venezuela, Messico, Russia, Turchia, Libia, le nazioni africane della fascia subsahariana e le relazioni tutt'altro che facili con i partner NATO qual è e quanto potrà risultare ingombrante l'eredità di Donnie?
Si tratta di un lavoro che esula dalle mie scarse competenze e risorse, per cui posso unicamente sperare di poter beneficiare da lettore dell'acume di analisti di spessore.

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