sabato, agosto 08, 2015

 

A35: quando il rischio è calcolato



Autostrada A35 brebemi

C'era una volta in Lombardia, nemmeno tanti anni fa, il progetto di una nuova autostrada tra Milano e Brescia che avrebbe dovuto alleggerire il traffico sull'analogo tronco dell'autostrada A4 Milano-Venezia.

Per indorare la pillola dell'ennesimo consumo di territorio e dare dimostrazione di efficienza e modernità, la Regione Lombardia guidata dall'ineffabile Celeste (Roberto Formigoni) aveva garantito che la realizzazione della nuova A35 - nota con l'acronimo di Bre.Be.Mi - sarebbe stata interamente finanziata dal consorzio di imprese Brebemi SpA, il quale sarebbe rientrato dagli investimenti attraverso l’incasso dei pedaggi.

Alla fine, però, i conti non tornano: l’opera finisce per costare il doppio del preventivo (2,4 miliardi di euro contro 1,42) e il traffico sui 62 km della A35 resta circa 1/3 di quello previsto anche a causa di un pedaggio di 15 cent/km contro i 7 cent/km della A4 che corre poco più a nord.

A rigor di logica, un’opera costruita in regime di project financing che si rivela sottoutilizzata ed economicamente non sostenibile è un grosso problema per chi l'ha finanziata. Nella migliore delle ipotesi, infatti, la società di gestione dovrebbe rassegnarsi a posticipare di parecchi anni il punto di breakeven senza battere cassa all'erario.
Ma siamo in Italia, per cui i soldi dei contribuenti italiani e lombardi andranno a mettere una toppa da 360 milioni di euro sui calcoli sbagliati di regione Lombardia e delle imprese: alla faccia del project financing e del capitale di rischio.

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sabato, agosto 01, 2015

 

Sceriffi DIY



sheriff badge

Un TSO che ha come epilogo drammatico la morte della persona che sarebbe dovuta andare in trattamento per problemi psichici, un Carabiniere ricoverato in ospedale con diverse fratture e lesioni al cranio e il suo superiore indagato per omicidio colposo: fin qui l’estrema sintesi di un triste fatto di cronaca avvenuto a Carmignano, un paesino della bassa padovana.

Come era prevedibile le reazioni dei familiari, che accusano i militi dell’Arma di aver ammazzato il congiunto disarmato e seminudo, e soprattutto l’apertura di un fascicolo per omicidio colposo a carico del Carabiniere che ha sparato stanno scatenando le solite, sterili polemiche sulla giustizia cieca e sbilanciata a favore di rei e violenti.

Facendo la tara sul funzionamento spesso imprevedibile e contraddittorio della macchina giudiziaria, in un Paese normale e di persone mediamente istruite non ci sarebbe nulla di scandaloso in un atto della magistratura che è dovuto e indispensabile per svolgimento delle indagini, tanto più necessarie per accertare l’esatta dinamica di un episodio concitato conclusosi con la morte di un uomo.
Per taluni commentatori dei social, invece, il caso andrebbe chiuso subito, accontentandosi di una ricostruzione giornalistica in apparenza lineare:

Per il partito degli sceriffi c’è abbastanza per un immediato encomio solenne ai Carabinieri coinvolti e per scaraventare all’inferno l’energumeno impazzito, senza la minima pietà per un giovane uomo che non era un erculeo minus habens, bensì una persona descritta come sensibile, piena di interessi, talentuosa ma anche mentalmente fragile.
Secondo i giustizialisti da social network, anzi, è troppo poco che il proiettile andato a bersaglio sia stato solo uno ed è tutta colpa delle leggi (di merda) e dei giudici se i cittadini non possono difendersi ed essere difesi come si deve dalle forze dell’ordine.

Per quanto mi riguarda, se l’encomio arriverà a indagini concluse sarà ben meritato.

A parte questo, però, si dimentica o si ignora del tutto il fatto che il nostro ordinamento giuridico è particolarmente severo e restrittivo in materia di ricorso alle armi, dettando precise condizioni perché il loro uso sia legittimo anche da parte delle forze di polizia nell’adempimento del loro dovere (art 53 c.p, con riferimenti agli articoli 51 e 52 c.p).

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