lunedì, luglio 24, 2017

 

scrittura etilica



Pensa che ci ripensa, in mezzo ai casini in cui sta precipitando la mia esistenza sconclusionata quel che mi rode e non riesco a perdonare è una frase cretina scappata in un momento di malumore: "questa roba l'ha scritta un ubriaco".
Permaloso al cazzo, as usual.

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sabato, novembre 16, 2013

 

Confessioni di un copy malandrino



masked copywriter

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giovedì, gennaio 29, 2009

 

Recycled wisdom


Yesbutters and Whynotters

Yesbutters don't just kill ideas.
They kill companies, even entire industries.

The yesbutters have all the answers.
Yesbut we're different.
Yesbut we can't afford it.
Yesbut our business doesn't need it.
Yesbut we couldn't sell it to our workforce.
Yesbut we can't explain it to our shareholders.
Yesbut let's wait and see.

All the answers. All the WRONG answers.

Whynotters move Companies.

The next time you're in a meeting,
look around and identify
the yesbutters, the notnowers and the whynotters.
God bless the whynotters.
They dare to dream. And to act.
By acting, they achieve what others see as unachievable.
Why not, indeed?
Before the yesbutters yesbut you right out of business.

(Trad.)
I "Sì ma" e i "Perché no?"

I "Sì ma" non uccidono solo le idee
uccidono le aziende, persino interi settori industriali.

I "Sì ma" possiedono tutte le risposte.
Sì, ma noi siamo diversi
Sì, ma non ce lo possiamo permettere
Sì, ma non ci serve
Sì, ma non lo possiamo comunicare ai dipendenti
Sì, ma non lo possiamo spiegare agli azionisti
Sì, ma aspettiamo e stiamo a vedere

Tutte le risposte. Tutte le risposte SBAGLIATE

I "Perché no?" fanno progredire le aziende

La prossima volta che entri in riunione, guardati intorno e individua i "Si ma", i "Non ora" e i "Perché no?".
Dio benedica i "Perché no?"
Loro osano seguire i sogni e metterli in pratica.
Agendo, realizzano ciò che altri considerano irrealizzabile.
Perché no, dunque?
Prima che le obiezioni dei "Si ma" ti portino dritto alla rovina.

Per alcuni di voi questo "manifesto" è una vecchia conoscenza. Più o meno una dozzina d'anni fa, infatti, circolava tra i manager "rampanti" e c'era persino chi lo teneva appeso in ufficio a mò di memo.
Per quale motivo, allora, riciclo un testo datato e risaputo?
Perché i Yesbutter, i Notnowers e i Whynotter non sono creature immaginarie o una fauna esclusivamente aziendale: siamo noi.
Ognuno di noi, messo di fronte a scelte impegnative, scomode o non prive di rischi, reagisce a seconda dei casi come un Yesbutter, un Notnower o un Whynotter.

Certo, dopo aver letto il testo chi è che non vorrebbe riconoscersi nell'atteggiamento positivo, "visionario", libero da impacci del Whynotter?
Però, anche se è duro ammetterlo, è più facile ritrovarsi cuciti addosso i panni del Yesbutter, di chi fa resistenza passiva a cambiamenti né cercati né voluti, bensì subiti.
Arrivati al dunque, di colpo scopriamo quanto sia difficile rimettersi in discussione, rinunciare ad abitudini consolidate, punti di riferimento acquisiti, progetti e sogni nel cassetto.
Non dobbiamo vergognarci di non essere liberi di rispondere a qualsiasi "chiamata". Il punto, piuttosto, è se siamo disposti ad ammettere con noi stessi le ragioni autentiche del nostro atteggiamento, rinunciando a nasconderci dietro alibi di comodo od obiezioni di facciata.
Pensiamoci.

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venerdì, marzo 07, 2008

 

Gimme some good news, please


Non so voi, ma per me è un periodo davvero grigio.
Sul lavoro sono state settimane di autentico calvario, peggio di trovarsi intrappolati in galleria, e adesso devo vedermela con il fisico, i nervi e i neuroni che minacciacciano lo sciopero generale.
L'unica nota positiva è che dopo anni di inutili raccomandazioni, invocazioni, strepiti e pugni battuti sul tavolo, da metà mese dovrei poter contare nuovamente sull'aiuto di un junior copy.
Uso il condizionale perché non ho ancora scelto il candidato al martirio tra gli aspiranti che si sono presentati per un colloquio e perché temo che il prescelto se la darà a gambe dopo un "assaggino" di ciò che lo aspetta (il carico di lavoro e, peggio ancora, la convivenza con il sottoscritto).

Se sulla mia disastrata scrivania "piovono pietre", non è che fuori le cose vadano tanto meglio, anzi. Trovatemi un solo fatto di attualità, politica o costume che giustifichi un sorriso che non somigli a un rictus.
Siamo messi male, talmente in astinenza da buone notizie che persino una bufala spaziale come l'annuncio che la RAI ha cancellato Porta a Porta dal palinsesto oppure che il Popolo delle Libertà otterrà alle elezioni tanti voti quanti sono gli abitanti della Repubblica di San Marino ci indurrebbe a ballare la macarena sopra i tavoli.

Chiudo con un'informazione di servizio: a titolo sperimentale ho inserito una piccola radio all'interno del blog. Mi auguro che la musica trasmessa, che propone "random" brani presenti nella mia libreria di iTunes, sia sopportabile.

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giovedì, ottobre 04, 2007

 

Diario minimo



Soddisfazioni bonsai

Acronimi, acronimi ovunque: oggi non c'è settore che non abbia il suo bravo fardello di abbreviazioni criptico/simboliche, il suo gergo iniziatico di matrice anglofona. Marketing e comunicazione non sfuggono a questa regola: tanto per dire, la società per cui lavoro ha per nome un acronimo di marketing.


Sono del parere che non si dovrebbe mai abusare degli acronimi, utilizzarli come orpelli che "fanno figo", imporli all'interlocutore con il rischio di complicargli la vita, se non di farlo sentire escluso dalla comprensione.
Tuttavia...
Tuttavia proprio l'altro giorno, leggendo una mail privata, ho fatto caso a un passaggio estremamente significativo. Chi mi ha scritto, infatti, ha utilizzato una formula convenzionale che nel gergo dei comunicatori è definita con un acronimo: K-K-K, per esteso Kiss-Kick-Kiss (Bacio-Calcio-Bacio).
In sintesi sono stato cortesemente invitato a defilarmi, ma la pillola è stata indorata inserendola tra due considerazioni positive.
Che io abbia individuato la presenza di una formula K-K-K non cambia di una virgola la sostanza del messaggio, però vuoi mettere la soddisfazione di sentirmi erudito avendo richiamato una nozioncina che per anni è rimasta inutilizzata? ;-)


Ben fatto, Mr. Copy

capelli bagnati
"L'ottimismo è pensare che domani ti sposi e non pioverà.
La felicità è vedere che tua moglie con i capelli bagnati è bellissima
"
A mio modesto avviso, il copy era ispirato e ha fatto un ottimo lavoro, anche se nel complesso l'ultimo spot UniEuro è tutto fuorché memorabile.

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lunedì, marzo 26, 2007

 

Think Ironic



adv

L'ironia in pubblicità è un ingrediente che va dosato con molta attenzione.
In questo caso, l'accoppiata visual+headline è godibile e convincente, sopperendo alla debolezza di una body copy scontata e troppo enfatica.

Perfetta la chiusura "*fonte: un panel di donne deluse...".

Lascio a voi il piacere di commentare e, please, non sparate sul pianista! :D

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venerdì, gennaio 12, 2007

 

Riservato ai copy


poltrona da barbiere
Di tanto in tanto faccio un salto nella bottega virtuale de Il Barbiere della Sera, un sito che trovo stimolante anche se, a rigore, è una voce di quel mondo del giornalismo che per il copy editoriale rappresenta "l'altro lato della barricata".
A sorpresa, ieri sera la mia attenzione è stata calamitata da questo contributo e dai commenti ad esso collegati, visto che l'argomento è niente meno che (rullino i tamburi) la figura del copy.

Gli anni passano, ma a quanto pare intorno al lavoro del copywriter si continua a fare confusione.
Da un lato certi giudizi sprezzanti che ho letto mi sono sembrati frutto d'ignoranza e di una spocchia sesquipedale, quasi che l'infiocchettare marchette fosse un'esclusiva dei copy e che scrivere di prodotti fosse una forma particolarmente abietta di prostituzione intellettuale.
Dall'altro, i copywriter scontano la loro storica incapacità di spiegare in cosa consista la loro professione e il loro ruolo nella comunicazione senza passare per imbonitori, aggregatori di fuffa o scrivani sopravvalutati.
"Sutor ne ultra crepidam" dicevano i latini per richiamare all'ordine chi elargiva consigli o critiche gratuite su argomenti estranei alle sue competenze. Sarebbe bene che si meditasse su questa massima prima di sputare sentenze su un lavoro che non si conosce "di prima mano".

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