sabato, febbraio 08, 2014
Radici
Che perda cravada intr ‘e su coru
s'ammentu ‘e tie est dolu ki non sanat
Del posto in cui si nasce non si riesce quasi mai a dire qualcosa di nuovo, di sapido e di profondo che vada oltre la banalità del risaputo o della parafrasi di qualche fonte abusata.
Nel mio caso, poi, si aggiunge l’amarognola consapevolezza di una membrana di estraneità mai venuta meno, come se io e il mio paese di origine - Lanusei - ci fossimo studiati per anni mantenendo le distanze.
A un’analisi razionale, persino la mozione degli affetti e l’orgoglio nel proclamarmi, in ordine decrescente di importanza “Lanuseino, Ogliastrino, Sardo, Italiano, cittadino del mondo” si rivelano per ciò che sono: il bisogno di ancorare a una narrazione più grande la definizione del sé e la volontà ostinata di appartenere a una storia che non m'appartiene più.
Lanusei è l’ambivalenza della memoria che ricama sui ricordi piacevoli, alterandoli affinché siano più dolci e struggenti, mentre sigilla quelli scomodi nella luna nera dell’inconscio con il loro carico di schegge taglienti d'incomunicabilità, disprezzo, derisione, senso di alienazione e lutto.
Lanusei è una ferita che non rimargina. Lanusei è una spina nel fianco che non smette di dolere; è il battito del cuore che viene a mancare ogni volta che penso alla resa al fatalismo della mia famiglia d’origine e a quel poco che resta del mio passato già destinato all’oblio.
Quando sono partito per andare a lavorare non pensavo che sarei rimasto lontano tanto a lungo. Senza alcuna vergogna ammetto, però, che mi sentivo sollevato dall’angoscia di non trovare spazio per realizzarmi e dare un senso a quell’accozzaglia di interessi enciclopedici che, messi insieme, non facevano una professione spendibile in paese.
A Milano mi lega unicamente il lavoro, anche se troverei difficile rinunciare ai suoi ritmi, alle sue risorse e a certe sue comodità. Non si tratta d'ingratitudine: nemmeno quando ho messo su famiglia ho smesso del tutto di sognare un ritorno a casa che non fosse forzato, a capo chino o con i piedi in avanti.
Forse c’è un po’ di spirito di rivalsa in questo sogno tenuto nel cassetto, ma preferisco pensare che sia voglia di serenità, di ritrovare quella parte di me rimasta ad ammirare il panorama in cima a pissicuccu.
Etichette: frattaglie di me, Pausa, Ricordi, Sardegna
Comments:
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Io conosco poco la sardegna, ma ho tanti amici sardi. Tutti accomunati dalla struggente nostalgia per la loro terra...
Però (lo scrivo da sarda rimasta in terra sarda) quanta tristezza non poter realizzare i propri sogni, la propria personalità, nel luogo in cui si nasce, così bello e così crudele.
certo definire "accozzaglia di interessi enciclopedici" la tua base culturale sa tanto di insalata mista invece è un menu completo dall'antipasto al dolce ...al dolce che non ti piace più
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