domenica, luglio 10, 2011
worthless papers
Noblesse oblige
Una notizia che in questi giorni è finita sprofondata nella foliazione dei quotidiani fino a essere virtualmente invisibile spiega, meglio di mille parole, la schizofrenia incurabile di questo Paese e il concetto di moralità di chi dovrebbe esserne il custode.
Il fatto: il Comune di Bari aveva avanzato richiesta per accedere al Fondo di Solidarietà per le vittime dei reati di stampo mafioso istituito con la Legge 512/1999 che, fino alla modifica del 2009, garantiva alle persone fisiche e agli enti pubblici il risarcimento dei danni liquidati in sentenza e il rimborso delle spese processuali affrontate per la costituzione in giudizio.
Titolo per tale richiesta erano tre distinti procedimenti per reati di tipo mafioso arrivati a sentenza di condanna.
Il primo no arriva dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, organo del Ministero dell'Interno che gestisce il Fondo, che si giustifica con la sopravvenuta normativa del 2009 che limita il contributo alle sole spese processuali. Il Comune di Bari impugna questa delibera, forte del fatto che le sue richieste sono state avanzate prima di tale modifica normativa.
Ed ecco che entra in scena l’Avvocatura dello Stato, che patrocina il Ministero dell'Interno, la quale, con provvedimento depositato il 27 giugno scorso, boccia l’istanza e spiega che in realtà agli enti pubblici non spetta il becco di un quattrino in quanto non hanno alcun diritto ad accedere al Fondo di Solidarietà.
Non solo, l’Avvocatura argomenta che i risarcimenti liquidati in passato sono frutto di un’errata interpretazione della legge e che, pertanto, il Viminale si riserva di adire l’autorità giudiziaria per recuperare quanto “erroneamente versato”.
Ora, se si va a questa pagina del sito del Ministero dell'Interno - link alternativo da copiare e incollare http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/vittime_mafia/ e andare alla voce "Argomenti"- si legge testualmente:
A. Presupposti:
• costituzione di parte civile di persone fisiche o Enti (*) destinatari di sentenze emesse, successivamente al 30 settembre 1982, nei confronti di imputati: del delitto di cui all'art. 416-bis del c. p.; dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis e dei delitti commessi al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso.
(*) Gli Enti hanno diritto di accesso al Fondo (entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso) limitatamente al rimborso delle spese processuali.
Delle due l’una: o il Viminale non sa che il suo sito istituzionale pubblicizza in modo errato e fuorviante il Fondo di Solidarietà e, in pratica, smentisce se stesso, oppure sta tentando un bel colpo di spugna all’italiana attraverso un’interpretazione palesemente contra legem finalizzata a:
a) non pagare;
b) dissuadere gli enti dal presentare in futuro domande di ammissione al Fondo.
Dobbiamo pensare che tutto ciò sia un monito alle amministrazioni locali a non immischiarsi in processi che riguardano le attività criminose di mafiosi, camorristi, stiddari e affiliati alla ndrangheta svolte sul loro territorio, salvo lo facciano a rischio e a spese loro.
Oppure si vuole coprire una verità inconfessabile: il Fondo di Solidarietà per i reati di tipo mafioso è considerato una spesa inutile, il relitto di una cultura antimafia ormai demodé e fuori corso che, come tale, va strangolato dolcemente, senza far rumore.
Honi soit qui mal y pense
Rime intinte nella malinconia
Ho scelto una poesia del nicaraguense Francisco Ruiz Udiel, morto suicida ai primi dell'anno.
Vi consiglio di leggere questi versi lasciando fluire la melodia di De Ushuaia a la Quiaca di Gustavo Santaolalla (nel video)
Deja la puerta abierta
▪ A Claribel Alegría
Deja la puerta abierta.
Que tus palabras entren
como un arco tejido por cipreses,
un poco más livianos
que la ineludible vida.
Lejos está el puerto
donde los barcos de ébano
reposan con tristeza.
Poco me importa llegar a ellos,
pues largo es el abrazo con la noche
y corta la esperanza con la tierra.
Donde quiera que vaya
el mar me arroja a cualquier parte,
otro amanecer donde la imaginación
ya no puede convertir el lodo
en vasijas para almacenar recuerdos.
Me canso, de despertar,
la luz me hiere cuando ver no quiero,
el viaje a Ítaca nada me ofrece.
Si hubiera al menos un poco de vino
para embriagar los días que nos quedan
embriagar los días que nos quedan
que nos quedan.
Lascia la porta aperta
Lascia la porta aperta.
Che le tue parole entrino
come un arco tessuto dai cipressi,
un po’ più leggeri
della ineludibile vita.
Lontano è il porto
dove le barche d’ebano
riposano con tristezza.
Poco m’importa di arrivare a loro,
perché lungo è l’abbraccio con la notte
e breve la speranza sulla terra.
Ovunque io vada
il mare mi scaglia da ogni parte,
un’altra alba dove l’immaginazione
ormai non può trasformare il fango
in vasellame per riporre i ricordi.
Mi stanco, di svegliarmi,
la luce mi ferisce quando vedere non voglio,
il viaggio a Itaca nulla mi offre.
Ci fosse almeno un po’ di vino
per ubriacare i giorni che ci restano
ubriacare i giorni che ci restano
che ci restano.
Francisco Ruiz Udiel
(1977-2011)
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