lunedì, novembre 11, 2013

 

Esteri: materiali altamente infiammabili


Delta del Niger: illusionismo e inferno

Che le imprese che si occupano di attività geominerarie concernenti l’estrazione e il commercio di minerali o carburanti fossili non facciano un business “pulito” in termini d’impatto ambientale rientra nella categoria dell’ovvio come il mare salato o il ghiaccio ghiacciato.
Altrettanto facilmente comprensibile è che, oltre a rivendicare l’utilità diretta e indiretta delle loro attività, queste imprese cerchino anche di ripulire la loro immagine pubblica.
Ecco allora che le aziende mostrano il volto gentile e rispettabile di chi investe in tecnologie sempre più sostenibili, pubblica bilanci ambientali in cui autocertifica progressi ottenuti nella sicurezza e nelle emissioni nell’ambiente, si fa mecenate di iniziative culturali, sociali o benefiche ecc..

tanker on Bonny River ©PanoramioPoi succede che il fatato castello eretto dalla comunicazione d’impresa sia scosso dalle fondamenta alla prima verifica non autorizzata e filtrata, come sta succedendo a Shell e ENI-Agip per la loro gestione delle attività estrattive nel delta del Niger: forse uno dei luoghi del pianeta più inquinati e inquinanti.

Amnesty International e il Centro per l'ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (CEHRD) hanno messo sul banco degli imputati soprattutto Shell, accusata di aver diffuso dati spudoratamente al ribasso sulla mega fuoriuscita di greggio avvenuta nel 2008, dichiarando di aver perso poco più di 1.600 barili di greggio, mentre un calcolo più realistico fissa il greggio riversato nel suolo e nelle acque in 72 giorni tra 103.000 e 311.000 barili.
La compagnia olandese, inoltre, è accusata - con tanto di prove documentali e video - di aver sistematicamente manipolato i report sulle perdite di greggio lungo le sue pipeline imputandole all’azione di locali “ladri di greggio” anche grazie alla copertura fornita da autorità nigeriane compiacenti, e di mentire dichiarando bonifiche ambientali mai eseguite.

Anche la nostra ENI, che attraverso la controllata Agip ha in concessione aree estrattive assai più limitate nel delta del Niger, non fa una bella figura avendo denunciato nel 2012 ben 474 perdite isolate nelle sue condutture, imputate al sabotaggio dei soliti “ladri di greggio”: quasi il doppio di quelle ammesse da Shell.
È vero, ENI ha dichiarato di pagare regolari risarcimenti e di avere un programma un piano da 200 milioni di Dollari per la messa in sicurezza degli oleodotti nel triennio 2013-15, ma questa spiegazione suona come una tardiva ammissione di una manutenzione non esattamente all’altezza (eufemismo).

Mio malgrado, mi vedo costretto ad ammettere che la comunicazione d’impresa attuata secondo strategie di stakeholder engagement e CSR (responsabilità sociale d’impresa) si rivela spesso null’altro che un raffinato esercizio di ipocrisia, fumo negli occhi di chi non è costretto a respirare ben altre sostanze.
Quasi quasi rivaluto il crudo realismo di Milton Friedman quando contestava sul piano etico ed economico l’impianto della Corporate Social Responsability sostenendo che i manager sono agenti per conto terzi e dipendenti dei proprietari-azionisti e che, pertanto, devono agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi, senza distrarre senza permesso somme per falsi dividendi sociali.


Mozambico: il passato che torna

MozambiqueChi ancora, contro ogni evidenza, nutrisse l'illusione che l'epoca del colonialismo e delle guerre sporche finanziate dagli appetiti di altre nazioni o multinazionali si fosse chiusa nel XX secolo è pregato di tenere d'occhio l'evolversi della situazione in Mozambico.

La ventennale pacificazione dell'ex colonia portoghese, massimo risultato ottenuto dalla diplomazia parallela della Comunità di Sant'Egidio, sta scricchiolando pericolosamente. Frelimo e Renamo, i due gruppi armati che si scontrarono dal 1975 al 1992 e poi si spartirono pacificamente il potere, hanno imbracciato nuovamente le armi l'uno contro l'altro in un tragico ritorno al passato.

Il motivo è squallidamente semplice. La guerra civile era foraggiata da vicini come il Sudafrica e la Rhodesia (oggi Zimbabwe) e dai rapporti di forza tra Occidente e Blocco Sovietico, ma in fondo il Mozambico non faceva gola in quanto ritenuto privo di risorse minerarie o energetiche appetibili. Per questo alla pacificazione, firmata a Roma, non furono frapposti particolari ostacoli.
Negli ultimi anni, però, sono stati scoperti vasti giacimenti di carbone, petrolio e gas naturali, oro e diamanti.
I dirigenti di Renamo e Frelimo non riescono a mettersi d'accordo sulla spartizione di questa colossale torta, e alle loro spalle soffiano sul fuoco nazioni come la Cina e le multinazionali interessate ad accaparrarsi lo sfruttamento delle materie prime.
Tutto come al solito.

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