lunedì, dicembre 28, 2015

 

Mal d'Ajaccio



AjaccioAjaccio, capoluogo della Corsica, è inaspettatamente balzata agli onori della cronaca per quella che potremmo chiamare “La rivolta di Natalecontro gli immigrati nordafricani.
Al grido di “Siamo a casa nostra!” e “Fuori gli Arabi!”, diverse centinaia di manifestanti hanno marciato verso la prefettura del capoluogo isolano per poi proseguire verso il quartiere popolare di Jardins de l’Empereur, sulle colline, dove un gruppo staccatosi dal corteo ha assaltato la piccola sala di preghiera della comunità islamica, cercando di dare alle fiamme alcune copie del Corano, e devastato una rivendita di kebab.

L’antefatto. A scatenare la sommossa sarebbe stato l’agguato teso ai vigili del fuoco e alla polizia locale nella notte del 23 dicembre proprio nel quartiere di Jardins de l’Empereur. Allertati da una telefonata, pompieri e vigili urbani si sono recati nel quartiere per spegnere un incendio, ma ad attendere i mezzi c’era un gruppo di incappucciati che li ha bersagliati di pietre e colpi di mazza.

Fin qui i fatti. Più difficile stabilire se l’agguato sia stata la scintilla che ha fatto deflagrare definitivamente una situazione di tensione ed esasperazione a lungo covata, con un quartiere di fatto sottratto alla legge e trasformato in una enclave dominata dai nordafricani, oppure si sia di fronte a una provocazione studiata a tavolino per arrivare a una prova di forza.

Di sicuro, negli umori della protesta hanno inzuppato per bene il pane il nazionalismo populista e xenofobo del Front National e i coriferi della Destra di casa nostra, prontissimi ad elevare al rango di patrioti esemplari i Corsi scesi in piazza e a giustificare la “ritorsione” attuata.
Altrettanto di sicuro - comunque la si pensi - non ne escono bene né l’immagine di Ajaccio e della Corsica né, per l’ennesima volta, le politiche di inclusione sociale della Francia. Infine, dal punto di vista dei vertici del partito nazionalista corso, fresco di vittoria alle Amministrative, i disordini sono stati il peggior regalo natalizio possibile.

Per quanto mi è dato di vedere, la notizia è stata coperta in modo piuttosto approssimativo dai media italiani, usando quasi esclusivamente la lente del sensazionalismo o dell’opportunismo politico, e qualcosa in tutta la ricostruzione della vicenda mi suona come una moneta falsa.

Che cosa sappiamo, ad esempio, del famigerato quartiere di Jardins de l’Empereur?
Riprendo parte dell’articolo “Les Jardins de l’empereur: ce quartier d’Ajaccio au coeur des tensions” pubblicato da Metronews sabato 27 dicembre.

Jardins de l'empereur - AjaccioSecondo uno studio pubblicato nel 2011 dall’INSEE (l’equivalente transalpino dell’ISTAT n.d.r.), il quartiere è uno dei tre più poveri di Ajaccio (città che conta circa 65.000 abitanti n.d.r.).
Come ha evidenziato la prefettura, copre un ambito piuttosto modesto: 480 case per 1.000 abitanti (rispetto, ad esempio, i 13.000 abitanti del complesso/città satellite di La Grande Borne a Grigny, nel dipartimento di Essonne). I residenti sono per metà inquilini e per metà proprietari di casa.
Secondo l’INSEE, nel quartiere sono sopra la media la disoccupazione, i giovani (più di 1/3 della popolazione è sotto i 29 anni) e i lavori non qualificati, con un reddito medio per nucleo familiare di poco superiore ai 1.000 euro.
Secondo il comune di Ajaccio, gran parte delle abitazioni di questa Z.U.S (Zona Urbana Sensibile) sono da considerare "indegne”.
Tensioni? Sarebbero frequenti, se ci atteniamo alle testimonianze delle persone. Come l’anziano marocchino residente, che ha riferito all’agenzia France Presse: “I giovani qui dettano legge. Quando qualcuno ha detto loro qualcosa si è sentito rispondere: stai zitto o ti bruciamo la macchina”. Secondo un altro residente, dietro i disordini ci sarebbe un piccolo gruppo di giovani: “Sono abbandonati a se stessi dai genitori. Il problema è l'educazione." La zona è tra i settori prioritari individuati dalla "Legge per la città e la coesione urbana" del febbraio 2014.

Corsica stemmaIl ritratto sembra quello di una periferia problematica, marginale e degradata che fa i conti con la frustrazione, il teppismo e la microcriminalità diffusa nelle seconde e terze generazioni di immigrati e di Corsi provenienti dai paesi dell’entroterra: frange di giovani senza reali opportunità di miglioramento o di inserimento se non nel “salto di qualità” in una malavita organizzata che conquisti il controllo del quartiere.
Almeno per ora, il radicalismo islamico o la casbah sembrerebbero estranei a questo orizzonte, mentre l’identità verrebbe trovata e rinsaldata in una dimensione tutta interna al quartiere, nella violenza spicciola, nello spaccio, nel furto e nella ricettazione, oltreché nell’avversione per i rappresentanti dell’autorità statale e di quella cittadina, sentite come estranee, rivali e avverse.

Sociologia un tanto al kg? Buonismo in promozione 3x2? Non lo escludo, ma può anche darsi che sia infondata l’equiparazione sbrigativa alle enclave etniche che si sono radicate spontaneamente in alcuni quartieri popolari di Genova, Sanremo, Padova, Milano e il suo hinterland o alla sharia imposta di fatto in determinate aree urbane della Francia continentale e delle grandi metropoli europee.
Se devo essere sincero, la situazione dei Jardins de l’Empereur mi ricorda più quella di tanti quartieri malfamati del passato e del presente delle nostre città: sia quelli cresciuti caoticamente nelle estreme periferie attorno a complessi di edilizia popolare e convenzionata, sia quelli venutisi a creare nei rioni più degradati dei centri storici: in pratica ovunque si sia concentrata nel tempo l'offerta di immobili a basso costo, in locazione, in subaffitto o in occupazione.

In ogni caso la giustizia-fai-da te della caccia indiscriminata all’immigrato, del calpestare e umiliare l’identità altrui per rivendicare il possesso del territorio e altre dimostrazioni “esemplari” di forza sono soluzioni false e demagogiche, fumo negli occhi sinché le città non si doteranno degli strumenti per programmare in modo concreto la gestione del territorio in termini sia urbanistici sia di flussi della popolazione residente.

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