lunedì, novembre 24, 2025
La propaganda sulla pelle dei bambini
Che sui social l’avvocato e influencer Simone Pillon non si capaciti che sia in Germania che in Italia esistano norme che vengono applicate anziché essere piegate alle convenienze della propaganda ormai non fa quasi testo.
D’altra parte l’ex senatore leghista si accoda alle dichiarazioni tranchant e incendiarie del segretario politico della Lega, vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini, che sul caso della famiglia andata a vivere in un bosco nel territorio del comune di Palmoli (Chieti) ha parlato di “sequestro” di tre bimbi avvenuto “in maniera indegna, preoccupante, pericolosa e vergognosa”.
Ancora più difficile è giustificare le affermazioni del Guardasigilli Carlo Nordio, ex magistrato, secondo cui “strappare un bambino alla famiglia è un atto estremamente doloroso e grave”, promettendo l’invio di ispettori per “accertamenti approfonditi” sull’operato del tribunale dei minori.
In questa che somiglia a una replica della tambureggiante sceneggiata allo scoppio dell’inchiesta sul cosiddetto “caso Bibbiano”, ciò che si tralascia sistematicamente è descrivere per esteso i retroscena, che non sembrano collimare con la favola populista sulla famigliola felice che ha come unica colpa quella di voler praticare pacificamente uno stile di vita alternativo.
Non si dice, in primis, che il nucleo familiare era già sotto osservazione da parte dei servizi sociali non perché versasse in stato di indigenza, ma perché i genitori stavano eludendo i solleciti a eseguire i lavori indispensabili a rendere meno precarie le condizioni abitative per i loro figli, tra l’altro declinando l’offerta del Comune di Palmoli a trasferirsi temporaneamente in un alloggio nel centro storico durante l’esecuzione degli interventi per dotare l’abitazione nel bosco di luce, acqua e riscaldamento in una zona nota per gli inverni particolarmente inclementi.
Non si dice, inoltre, che la vicenda ha subito un’accelerazione dopo un accertamento sanitario.
I bambini sono stati portati in Pronto Soccorso per sospetta intossicazione alimentare causata dal consumo di funghi; fatto che di per sé può capitare in qualsiasi famiglia. A insospettire gli operatori e ad attivare le verifiche sarebbe stato il comportamento dei piccoli durante la visita medica, descritto come fortemente atipico per la loro età.
Gli atti riferiscono che i genitori avrebbero rifiutato il consenso a visite neuropsichiatriche infantili richieste per valutare i bimbi, appurato che questi ultimi non frequentavano coetanei né praticavano attività sportive, sociali o educative: una deprivazione relazionale che qualsiasi tribunale dei minori reputa rischiosa per lo sviluppo psicofisico di un bambino.
A seguito degli accertamenti, inoltre, sono venute a galla irregolarità non marginali sul piano educativo. I genitori, infatti, avrebbero omesso sia le comunicazioni annuali sia di far sostenere ai figli gli esami di idoneità: adempimenti prescritti per legge quando si opta per l’istruzione parentale.
Senza minimizzare l’impatto emotivo sui bambini dell’allontanamento dall’abitazione di famiglia, infine, si tratta pur sempre di un provvedimento temporaneo e prudenziale che coinvolge la madre, che è sotto valutazione come accade in tanti altri procedimenti analoghi.
Da tutto ciò emergono, secondo me, alcune considerazioni:
• uno dei lavori più ingrati in questo strampalato Paese è quello degli assistenti sociali, chiamati a decifrare e gestire situazioni delicate e di disagio con risorse sempre più risicate, costantemente esposti all’essere mostrificati e accusati di incompetenza, insensibilità, pregiudizio o favoritismi;
• al momento il modo con cui il caso della famiglia nel bosco di Palmoli viene raccontato da esponenti della maggioranza di governo e dai media ha tutta l’aria di essere l’ennesimo trionfo della “politica dell’inciviltà”, della propaganda bava alla bocca costruita cinicamente sulla pelle dei bambini e sull’assunto - tanto diffuso quanto erroneo - che i figli minorenni siano proprietà esclusiva e insindacabile di chi li mette al mondo;
• si sta distorcendo un intervento attuato dallo Stato in linea con la legge e la giurisprudenza consolidata per alimentare la sfiducia nello Stato. Il tempo sarà pure galantuomo, nel frattempo però la macelleria sociale fa i suoi comodi, sicura com’è che non sarà chiamata a risponderne.
Etichette: bambini, Palmoli, propaganda
giovedì, novembre 06, 2025
Mamdani e Al Smith: lezioni americane
Molti post sui social celebrano l’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York.
Quello del 34nne appartenente a una minoranza, musulmano ed esponente della sinistra socialista del partito democratico è un successo eclatante e niente affatto scontato, specie se si pensa che all’atto della sua nomination molti opinionisti scossero la testa ritenendo che i Dem, tuttora inebetiti dalla sconfitta alle presidenziali, avessero compiuto una scelta suicida.
Tuttavia questo post non è dedicato alla vittoria di Mamdani, bensì a un altro politico Dem di New York, Al Smith, a cui è toccato in sorte il dubbio onore di essere ricordato quasi esclusivamente per la batosta alle elezioni presidenziali del 1928, una delle peggiori mai patite dal partito democratico.
Che c’entra un looser con Mamdani?
Albert “Al” Smith aveva diverse cose in comune con il nuovo primo cittadino della Grande Mela: era orgogliosamente newyorchese, nipote di immigrati (italiani e irlandesi), appartenente a una minoranza religiosa in quanto cattolico, su posizioni liberali e attento al sociale. A differenza di Mamdani, Smith pagò a caro prezzo ciò che lo distingueva.
Per due volte governatore dello Stato di New York, nel 1928 Al Smith sfidò alle presidenziali il candidato repubblicano Edgar Hoover, ministro del commercio uscente sotto la presidenza di Calvin Coolidge.
La sua campagna elettorale, però, andò a schiantarsi contro tre “grandi P”: Pregiudizio, Proibizionismo e Prosperità.
• Pregiudizio
Contro Al Smith si scatenò una virulenta campagna stampa che pescava nella radicata avversione dei protestanti - specie luterani e battisti - nei confronti dei cattolici e del papato. Diversi giornali locali scrissero che, se eletto, Smith avrebbe anteposto l’obbedienza al Papa alla fedeltà alla costituzione e agli interessi degli Stati Uniti. Si insinuò che il candidato Dem intendesse limitare la libertà di leggere la Bibbia e si arrivò a presentare petizioni per chiedere che ai “papisti” fosse applicata l’interdizione ai pubblici uffici sul modello dei Test Act del Regno Unito.
• Proibizionismo
I legami di Smith con l'élite industriale, politica e finanziaria di New York e la sua pragmatica contrarietà alla legge che aveva messo al bando la fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcolici finirono per esasperare la diffidenza e lo spirito di rivalsa dell’America rurale verso la concentrazione di potere e l'amoralità delle grandi città.
• Prosperità
La campagna elettorale di Smith, infine, non fu capace di colmare lo svantaggio dovuto al fatto che buona parte dell'opinione pubblica attribuiva agli ultimi due presidenti repubblicani il merito di un boom economico che, a un anno dal crack di Wall Street, sembrava ancora inarrestabile.
Lezioni americane
Il responso delle urne fu devastante per i Dem: Hoover vinse a valanga anche in stati tradizionalmente feudo democratico, mentre Smith uscì sconfitto persino a New York, sia pure con uno scarto di circa un migliaio di voti.
A distanza di poco meno di un secolo tante cose sono cambiate negli States, ma altre continuano a esistere e a condizionare l’esito delle elezioni, specie nell’attuale panorama polarizzato, dominato da un personaggio manipolatore e divisivo come Donald J. Trump. Per quanto agli antipodi, la vittoria di Zohran Mamdani e la cocente sconfitta di Al Smith contengono un piccolo ammonimento: meglio non ostinarsi a guardare a quanto accade negli USA attraverso le lenti della vecchia Europa.
Etichette: Dem, Mamdani, Smith, USA
domenica, novembre 02, 2025
Ufficiale e whistleblower: riscatto o crisi dell’etica?
Mi ha colpito il caso del maggior generale Yifat Tomer-Yerushalmi, il procuratore generale militare israeliano che ha rassegnato le dimissioni dall’incarico e confermato di essere il whistleblower che ha fatto pervenire ai media il video shock su un gruppo di soldati che picchiavano e violentavano un detenuto palestinese nel famigerato centro di detenzione militare di Sde Teiman, nel sud di Israele.
Difficile pensare che l’alto ufficiale, considerata dalla comunità internazionale troppo indulgente nei confronti della condotta dei soldati in tempo di guerra, non fosse consapevole di avere tutto da perdere: stipendio, carriera, reputazione e amicizie, con in aggiunta la prospettiva di essere incriminata per reati quali rivelazione di atti coperti da segreto e attentato alla sicurezza dello Stato.
Altrettanto difficile ritenere che, rendendo pubblica la prova delle violenze in stile Abu Ghraib nei centri di detenzione militari, Tomer-Yerushalmi avesse sottostimato le reazioni dell’estrema destra ultranazionalista seduta nella coalizione di governo.
Si può solo ipotizzare che stretto nel fuoco incrociato delle critiche alla procura militare, accusata da un lato di insabbiare sistematicamente le denunce sulle condizioni di vita e i trattamenti degradanti cui sarebbero sottoposti i reclusi palestinesi, dall’altro di minare la coesione nazionale e lo sforzo bellico a Gaza dando peso a voci diffamatorie, il procuratore abbia inteso mandare un segnale irrituale ma forte ai contestatori: in nessun caso l’avvocatura con le stellette è disponibile a derogare agli standard etici che le IDF si sono date.
In tal senso depone la lettera di dimissioni presentata al capo di stato maggiore, nella quale Yifat Tomer-Yerushalmi si è assunta la responsabilità di aver approvato la fuga di notizie, motivandola con la volontà di contrastare la propaganda rivolta contro le autorità militari incaricate di applicare la legge.
Com'era prevedibile, il commento del governo Netanyahu, affidato al ministro della difesa Israel Katz, è stato tagliente: “L'avvocato generale militare si è dimesso, e giustamente. Chiunque diffonda calunnie contro i soldati delle IDF è indegno di indossare l'uniforme delle IDF”.
Lascio aperto il quesito se l’iniziativa dell’ex procuratore generale israeliano segni un riscatto - sia pure parziale, momentaneo e discutibile nelle modalità - dell’etica oppure ne certifichi la crisi.
Etichette: IDF, Israele, whistleblower
domenica, ottobre 05, 2025
Arte e antisemitismo
Non è una notizia fresca di giornata, tuttavia continua a produrre un certo clamore nel mondo dell’arte e sul web il procedimento penale in corso nei confronti del pittore barese Giovanni Gasparro, artista quotato non solo in Italia come autore di soggetti a tema sacro.
Gasparro è chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 604-bis c.p, ovvero “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” per un suo dipinto del 2000 raffigurante il martirio di Simonino da Trento e per alcuni commenti a riguardo postati sulla sua pagina Facebook.
Oltre a rischiare una condanna da 6 mesi a 4 anni di reclusione, nelle more del processo Gasparro si è visto rimuovere le sue opere dal catalogo di una esposizione in programma alla pinacoteca della città metropolitana di Bari.
Una vicenda storica rognosa
Un excursus storico è necessario per spiegare come un episodio locale di cronaca nera avvenuto 550 anni fa possa ancora essere argomento di controversie.
Tutto ha inizio a Trento il 23 marzo 1475 - giovedì santo - allorché il padre del piccolo Simone Unverdorben denuncia alle autorità la sparizione del bimbo. Il giorno di Pasqua, Simone viene ritrovato cadavere in una roggia nei pressi dell'abitazione di un ebreo con ferite tali da far ipotizzare la morte per dissanguamento.
Sull’onda di voci incontrollate e di un clima di diffuso antigiudaismo, le indagini si indirizzano sulla pista dell’omicidio a sfondo magico-rituale maturato in seno alla locale comunità ebraica “in odio ai cristiani”.
Diciotto ebrei vengono arrestati e sottoposti a tortura finché non confessano: saranno tutti arsi al rogo. Le esecuzioni non placano la persecuzione. Nel mirino dell’inquisizione e del suo braccio secolare finiscono anche diverse donne, accusate di complicità nell’omicidio e di avere usato il sangue della vittima per impastare il pane azzimo secondo lo schema della diceria nota come delitto del sangue.
Dal punto di vista giudiziario e sociale la vicenda si chiude con una bolla emanata dal principe-vescovo di Trento Johannes Hinderbach, massima autorità religiosa e civile nonché aperto sostenitore della tesi colpevolista, nella quale si fa divieto agli ebrei di risiedere in città. In risposta, i rabbini avrebbero pronunciano un anatema su Trento e la sua popolazione.
Sul piano religioso, Hinderbach non perde tempo nell’avviare la pratica per la beatificazione del fanciullo, ma la Santa Sede concederà il suo benestare solo nel 1588.
Si arriva al 1965, anno in cui il culto del beato Simonino viene soppresso dalle autorità ecclesiastiche.
Simonino è rimosso dal martirologio della chiesa cattolica, le sue reliquie sono traslate dalla chiesa di San Pietro a Trento in una sepoltura anonima ed è abolita anche la tradizionale processione religiosa del 23 marzo in cui venivano esposti ai devoti i presunti strumenti utilizzati per il martirio.
D’altra parte tenere in vita una venerazione popolare basata sugli esiti di un processo che, se non pilotato, appariva pesantemente inquinato da pregiudizi antisemiti si scontrava con il nuovo clima di distensione nelle relazioni con le altre confessioni religiose ispirato dal Concilio Vaticano II conclusosi da poco, tradottosi - tra l’altro - in un gesto dal forte significato simbolico come la rimozione dalla liturgia della millenaria invocazione “per la conversione dei perfidi giudei”.
Torniamo al presente
Giovanni Gasparro si è liberamente ispirato per il suo dipinto alla consolidata iconografia sul martirio di Simonino da Trento, rielaborata secondo uno stile personale che si richiama alla pittura tardo-rinascimentale e metafisica mescolate a una peculiare cura per l'espressività e la resa tridimensionale delle figure.
Simonino, pertanto, è rappresentato circondato da una turba di uomini eccitati e compiaciuti per la cattura. L’origine israelita degli aguzzini è suggerita dall’abbigliamento e dal ricorso quasi caricaturale a tratti fisici quali i nasi adunchi, le folte barbe e le peot (i boccoli portati dagli ebrei ortodossi).
Ed è proprio nell’uso di stereotipi storicamente impiegati per diffamare gli ebrei, combinato all’allarme per il montare dell’antisemitismo a seguito del sanguinoso assedio di Gaza da parte dell'esercito israeliano, che si fonda la denuncia sporta dal rabbino capo di Roma e dal presidente dell’UCEI.
Se si arriva a comprendere la reazione delle comunità ebraiche italiane dinanzi a un’opera e a un post su Facebook percepiti come provocatori, non si può sfuggire a una domanda scomoda:
può la libertà di espressione di un artista essere censurata e punita basandosi su una delle possibili interpretazioni che ne viene data?
In altre parole, non è eccessivo e pericoloso che un dipinto sia fatto rientrare nella fattispecie dell’articolo 604-bis come istigazione a commettere violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ?
Etichette: antisemitismo, arte, Gasparro
sabato, settembre 20, 2025
Eugenetica
Mi sono imbattuto in un caso umano e giudiziario che fece scalpore negli USA a cavallo tra le due guerre mondiali per il suo malsano intreccio di ricchezza, avidità e un argomento fortememte controverso: la sterilizzazione forzata a fini eugenetici.
La vicenda inizia nel 1921, allorché “passa a miglior vita” l’ingegnere, inventore e imprenditore di successo Peter Cooper Hewitt. Nel testamento, il defunto dispone che 1/3 del suo patrimonio - stimato in circa 61 milioni di Dollari al valore attuale - vada alla seconda moglie Marion Andrews Brugiere, mentre i 2/3 andranno alla loro figlia Ann Cooper Hewitt, allora bambina.
Si sa, “l’inferno è lastricato di buone intenzioni” e nel testamento era inclusa una clausola: qualora Ann fosse morta prematuramente senza lasciare prole, l’intera eredità sarebbe andata alla madre.
Questa disposizione si dimostrerà sciagurata, dato che Marion Andrews Brugiere pare sia stata una madre del tutto priva di istinto materno, interessata unicamente a soddisfare i suoi costosi passatempi: il gioco e l’alcool.
Di conseguenza, a dispetto della sua condizione di ricca ereditiera, Ann Cooper Hewitt sarebbe cresciuta in uno stato di costante isolamento e di deprivazione affettiva, trattata con freddezza e ostilità da una madre che la considerava null’altro che un intralcio e una impresentabile deficiente.
Condannata alla sterilità
Il peggio arriva nel 1934. Alla vigilia del raggiungimento della maggiore età, Ann si sente male avvertendo lancinanti fitte all’addome. Ricoverata in una clinica privata, le viene sbrigativamente diagnosticata un’appendicite e pochi giorni dopo è operata.
Durante la convalescenza, Ann scopre che in sala operatoria le sono state asportate anche le tube di Falloppio, condannandola a non poter procreare. Viene a sapere, inoltre, che sua madre ha pagato sottobanco medici e chirurghi sia per la salpingectomia sia per alterare la cartella clinica, facendo risultare legale la sterilizzazione in quanto praticata su un “soggetto affetto da disabilità cognitiva”.
Ann non si perde d’animo: assume un avvocato e, sfidando lo scandalo, intenta una causa penale e civile per lesioni personali gravi contro sua madre e i medici coinvolti. Benché in giudizio sia provata l’insussistenza del deficit cognitivo, il lungo ed estenuante procedimento penale ai conclude senza la condanna della madre degenere. La causa civile termina con un accordo stragiudiziale e il pagamento di un risarcimento di 150.000 Dollari.
Conseguenze
Marion Andrews Brugiere muore d’infarto tre anni dopo la fine della battaglia legale. Ann Cooper Hewitt continuerà la sua vita non da favola: farà in tempo a sposarsi cinque volte prima di morire di tumore a soli 40 anni.
Nonostante il clamore suscitato da una causa legale che sfiorava famiglie facoltose e molto in vista nell’alta società, la vicenda di Ann Cooper Hewitt non produsse alcuna revisione o restrizione al ricorso alla sterilizzazione forzata.
Fino a pochi decenni fa, tale pratica ha continuato a essere tollerata e utilizzata in vari Stati su giovani e ignare donne appartenenti a minoranze (in primis gli afroamericani) recatesi nelle strutture sanitarie per interventi di tutt’altro genere.
La copertura legale era costituita da generiche diagnosi di tare ereditarie che, se trasmesse, avrebbero potuto produrre individui inclini a comportamenti antisociali e al crimine.
In ultimo, perché interessarsi a un caso che risale a quasi un secolo fa? La risposta è semplice: l’eugenetica non è definitivamente morta e consegnata al passato. Temo che aspetti solo qualcuno che la sdogani in qualche forma socialmente accettabile.
Etichette: eugenetica, sterilizzazione
martedì, settembre 09, 2025
farfallone amoroso?
“Non più andrai, farfallone amoroso,
notte e giorno d'intorno girando
delle belle turbando il riposo”
[ W.A. Mozart: da “Le nozze di Figaro” ]
In genere non bado agli annunci e ai contenuti sponsorizzati sui social media perché o non li trovo interessanti o li considero alla stregua di specchietti per le allodole.
Oggi, però, mi ha incuriosito la comparsa di un inusuale annuncio su Facebook: procaci signore/signorine che si autopromuovono attraverso selfie scattati a torso nudo. Ridotte alle dimensioni di thumbnail, quelle forme generose finiscono per avere la stessa sensualità delle polene sui velieri di un tempo, ma tant’è.
Non che mi scandalizzi o mi si imbizzarrisca l'ormone per così poco. Tuttavia, considerata la pruderie di Facebook, intransigente sui centimetri di pelle esposti alla vista, quelle poppe al vento mi sono sembrate non solo anomale e fuori posto, ma anche sottilmente inquietanti.
Poiché sui social come Facebook qualsiasi contenuto venga mostrato all'utente è selezionato dall'algoritmo in base a una profilazione, dovrei desumere che per qualche insondabile motivo sono catalogato come potenziale farfallone amoroso; sia pure ridendo all'idea, non ne sono per niente onorato.
Etichette: Facebook, social, web





