mercoledì, maggio 17, 2006

 

La comunicazione ai tempi del colera

La mia ultradecennale esperienza nella comunicazione d’impresa e i miei trascorsi di account executive mi hanno insegnato sul campo il valore di un proverbio dei native americans: “non giudicare nessuno senza aver camminato per tre lune nei suoi mocassini”. Per questo motivo non riesco ad essere spietato e mordace quando analizzo le incoerenze, le ipocrisie e i compromessi al ribasso che rappresentano il retrobottega di qualsiasi agenzia di comunicazione.

Non è escluso che prima o poi ci sarà la tanto agognata ripresa del mercato, che i soldi torneranno a circolare non solo come vaghe promesse o entità virtuali.
Per ora, però, il new business va avanti tra indicibili difficoltà. Portare a casa qualsiasi contratto significa il più delle volte corteggiare e compiacere cretini in carriera che hanno fatto della furbizia spicciola la coperta della loro mediocrità e aziende dai nomi roboanti che si comportano come il più pidocchioso dei piazzisti.
Le trattative sono diventate il suk degli equivoci, delle promesse un tanto al chilo. Ma in quest’allegra atmosfera da sagra del "chi imbroglia chi" anche i sudatissimi contratti si rivelano dichiarazioni d’amore a tempo: per l’esattezza, il tempo necessario a verificare se le fatture inevase hanno raggiunto il punto di non ritorno.
Più che di nuovi account, copywriter, art director e grafici esecutivisti, le agenzie di comunicazione hanno urgente bisogno di reclutare bravi consulenti legali: e con questo ho detto tutto.

Squadernate le ben note miserie esterne, resterebbe molto da dire sui tanti panni sporchi della professione, sui risvolti meno nobili del day by day d’agenzia. Per carità, niente di scandaloso, niente che non si veda o non si viva in qualsiasi comunità aziendale, non di meno al rutilante circus della pubblicità e delle relazioni pubbliche calza a pennello questa fulminante definizione: “un barile di merda coperto da uno strato di miele spesso due dita”.
Non credo sia indispensabile spiegare chi viva o come si viva ai due livelli del barile.
Io sto dalla parte dei peones della comunicazione, dell’esercito invisibile, sottopagato e perennemente ricattabile degli stagisti, dei cocopro e dei galeotti della partita IVA imposta. Tuttavia la comunicazione ai tempi del colera è anche questo; questo è il piatto in cui mangio tutti i giorni, volere o volare, questa è la cinica, bastardissima femme fatale che mi ha sedotto e stregato facendomi trastullare con le parole.


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