lunedì, gennaio 08, 2007

 

Gibran



L’Anima
gibran self-portrait
Il grande Dio separò un’anima dalla Sua essenza e creò la bellezza dentro di lei.
Le diede la dolcezza delle brezze serali, la fragranza dei fiori selvatici, la soavità del chiaro di luna.
Le diede anche una coppa di felicità dicendo: “Bevine solamente quando avrai dimenticato il passato e non ti preoccuperai più del futuro”.
Le porse la coppa della tristezza dicendo: “Bevi e apprendi l’essenza della gioia di vivere”.
Seminò in lei un amore pronto ad abbandonarla al primo segno di appagamento e una dolcezza pronta ad abbandonarla alla prima parola di orgoglio.
Dal cielo inviò la conoscenza per guidarla sui sentieri della verità.
Nel suo profondo pose il discernimento per scrutare nell’invisibile.
Creò in lei una brama che fluisce con i sogni e corre con gli spiriti.
La ammantò di un desiderio intessuto dagli angeli con i fili dell’arcobaleno.
Poi, pose in lei l’oscurità dello sconcerto – l’immagine della luce.
Quindi Dio, nella sua grandezza, prese del fuoco dalla fucina dell’ira, vento dal deserto dell’ignoranza, sabbia dalle rive del mare dell’arroganza e polvere dalle orme del tempo.
Così plasmò l’uomo. Lo dotò di un potere cieco che s’infiamma nella pazzia e si smorza nella lascivia. Creò in lui la vita che è immagine della morte.
Dio, nella sua grandezza, sorrise e pianse, e con uno sguardo d’amore eterno e senza confini sposò l’uomo alla sua anima.
Gibran

In un uggioso lunedì mattina milanese, in un luogo in apparenza alieno alla poesia, mi sono giunti all'orecchio versi che sapevano d'altrove, che ho riconosciuto perché in passato li ho letti, assorbiti e (molto) amati. Appartenevano a "Il Profeta" del poeta, filosofo e pittore libanese Gibran Khalil Gibran, un'opera che è stata il breviario mistico per quelli della mia generazione.
D'altra parte, come si poteva non amare un poeta che sapeva riunire ecletticamente la religiosità cristiano-maronita e Nietzsche, il romanticismo francese del XIX secolo e il misticismo arabo? Uno che parlando di sé scriveva:
"Sono una nube,
e nella nube è la mia solitudine,
la mia fame e la mia sete.
La calamità è che la nube, la mia realtà,
anela di udire qualcun'altro che dica:
«Non sei solo in questo mondo
ma siamo due, insieme,
e io so chi sei tu»
"?

Sono andato a cercare su Internet il passo ascoltato, visto che tanti anni fa la mia copia de Il Profeta ha iniziato a passare per tante mani senza più far ritorno, come si usava tra universitari fuorisede perennemente squattrinati.

Poco fa mi è arrivata una mail e - straordinaria coincidenza - conteneva un altro brano di Gibran, quello sull'anima che ho trascritto sopra.
Mi domando che messaggio ci sia in questo ripetuto soffio di poesia.

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Comments:
anche la poesia è un meme, vaga semplicemente, a volte viene colto, a volte no.
la prima volta che ho sentito un brano de "il profeta" è stato durante il matrimonio di una mia amica. un'altra amica, non cattolica, ha avuto il permesso di leggerlo al posto di una delle letture tradizionali. era il brano sul matrimonio, e da allora non posso fare a meno di regalarlo a tutti gli amici che, a vario titolo, incontrano l'amore. purchè sappiano cogliere il messaggio.
 
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