venerdì, giugno 01, 2007

 

1992


Nineteen-ninetytwo, pronunciato in inglese il 1992 ha un suono quasi carezzevole, come di foglia che, cadendo, compia l’ultima giravolta in aria prima di posarsi al suolo.
Per noi italiani, invece, 1992 evoca lontanamente la sonorità cupa di un rombo di tuono, di quella semi-mitica tempesta che fece piovere monetine all’indirizzo di Bettino Craxi all’uscita dell’Hotel Raphael e fece conoscere l’umiliazione del carcere a uomini politici, boiardi di stato, top manager e capitani d’industria.

Il 1992 è stato riportato agli onori della cronaca dal Lider Massimo, al secolo Massimo Dalema, che ha affermato di fiutare nell’aria lo stesso odore di esasperazione e di rivolta contro la politica che si respirava nei giorni di Tangentopoli.

Dalle colonne de La Stampa, Giuseppe De Rita ha rincarato la dose dipingendo un quadro della situazione ancora più fosco.
Il presidente del Censis, infatti, ha sostenuto che oggi gli italiani non hanno né energie né voglia di perdere tempo a ribellarsi contro il comportamento della classe politica, preferendo l’arma dell’evasione fiscale, del negare le risorse a un sistema vessatorio e scialacquatore. Se poi si verrà beccati se ne riparlerà, ma nel frattempo arrivederci e salutami a sorrete.

A parte il non trascurabile dettaglio che per moltissimi italiani è impossibile occultare all’erario anche il classico spillo, per cui la rivolta fiscale paventata dall’esimio professor De Rita suona come un’involontaria presa per il culto, vediamo di ragionare sul nocciolo della questione: l’antipolitica.

• Antipolitica è considerare marcia alla radice - infetta e infettante - una casta autoreferenziale di politicanti parolai e inetti, parassiti che assorbono le energie di un’intera nazione senza restituire niente.
• Antipolitica è vagheggiare segretamente (ma neanche tanto) l’azzeramento totale dell’attuale rappresentanza politica e sindacale, con la messa la bando dei politici di professione e la contemporanea imposizione di una severissima riforma moralizzatrice.
• Antipolitica è il rifiuto pregiudiziale, tassativo, di qualsiasi confronto, mediazione o soluzione di compromesso su qualsiasi posizione di principio che si ritenga giusta e sacrosanta.
• Antipolitica, infine, è ritenere che le cose cambierebbero se si lasciasse carta bianca a manager e imprenditori di successo “prestati” alla politica, perché tanto “anche mia nonna, che ha la quinta elementare, sarebbe capace di far quadrare i conti dello Stato meglio del ministro delle finanze”.

In questo atteggiamento diffuso confluisce il disgusto e il disincanto di chi ha l'età per guardare a quel 1992 di Mani Pulite come a una rivoluzione mancata, una manovra gattopardesca fatta per cambiare tutto senza cambiare nulla, pilotata nell’ombra da chi aveva interesse a mettere le mani sulle leve del potere scalzando chi allora occupava la stanza dei bottoni.
Purtroppo, appare evidente che i rincalzi, i colonnelli e gli ex “giovani turchi” saliti al potere in questa fasulla Seconda Repubblica non sono mostri, non hanno subito alcuna particolare mutazione genetica: sono solo lo specchio della mediocrità, del cinismo e dell’arrivismo in cui è sprofondata la società di questo Paese a tutti i livelli.
Proprio per questo sarò anche pessimista, ma mi chiedo se avrebbe senso - potendo - fare tabula rasa, se nella società civile esista una nuova classe dirigente pronta a emergere, personaggi capaci, volenterosi e disinteressati disposti a sostituire da un giorno all’altro chi siede in parlamento e, soprattutto, a fare di meglio.

Domani, 2 giugno, cadrà l’ennesimo compleanno della Repubblica e della Costituzione repubblicana, per tanti versi rimasta lettera morta.
Che malinconia dover rimpiangere ancora una volta la dipartita di quanti contribuirono a stendere un testo talmente elevato dal punto di vista civile ed etico da essere disconosciuto e ritenuto insopportabilmente "serio" nell’italietta salottiera, ipocrita e cialtrona di oggi.

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Comments:
Mamma mia quanta verità nelle tue parole..le sottoscrivo in pieno..e nel mio piccolo cerco di fare il mio dovere di cittadina della Repubblica Italiana...non sò se bastera'.. :-)
 
A me i nostri politici fanno veramente schifo. E questa festa purtroppo non la sento per nulla proprio perchè la politica italiana mi fa rivoltare, sono solo un branco di arraffoni che di buttano fango addosso per avere ciò che vogliono e che noi non ci sognamo nemmeno... E poi ci stupiamo se gli italiani diventano patriottici solo quando sentono l'inno di Mameli cantato in uno stadio di calcio. Chissà perchè.
 
... il mio 2 giugno si sta consumando lentamente in balia del mal di schiena e dei film più melensi della storia. Ho appena terminato "Tristano e Isotta", per dire, eh.
Un brindisi alla malasanità con dell'ottimo Sagrantino direttamente nell'elmo di Scipio.
Prosit!
 
@Angie @La Coniglia
- la mia è solo un'analisi pessimistica, purtroppo. Quel che manca è una soluzione, qualcosa che ci consenta di passare dal disprezzo alla proposta, dalle parole alla concretezza.
Abbiamo tutte le ragioni del mondo x essere rancorosi e diffidenti verso la politica e i politici e, come succede con il pallone, siamo una nazione di commissari tecnici, però all'atto pratico serve ritirarsi sdegnati sull'Aventino e "non disturbare il manovratore"?
 
@littledaisy
- auguri x la schiena e, per dimenticare gli affanni del tempo passato, beviamo sagrantino o vino moscato :-)
 
scusa sai la risposta ritardata, ma ero occupata ad intrattenere Pino Scaccia...
se mi impegno, la prossima volta mi risponde anche Clooney!
Evviva la repubblica!!!
 
Lo sai che ogni volta che sento un Italiano parlare di politica mi colpisce soprattutto la rassegnazione stampata negli occhi? Ma non demordiamo: viva sempre la Repubblica!
 
@Annachiara
- ebbrava Annachiara! :-)

@Smilla
- anche se lo spettacolo è quello che è, mai dermordere! :-)
 
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