lunedì, settembre 20, 2021

 

Negli scomodi panni del femminicida



Fossi una persona saggia dovrei tenermi alla larga da argomenti d’attualità in cui l’opinione pubblica è fortemente polarizzata. Siccome nonostante la canizie la saggezza tarda ad arrivare, uso questo blog in disarmo per azzardare una riflessione sul femminicidio o, meglio ancora, sul protagonista in negativo: l’omicida.

Per quella che è la mia insignificante esperienza di vita, noi uomini non siamo ancora entrati del tutto nell’ordine di idee che i ruoli all’interno delle coppie sono diventati fluidi, che le scelte vanno discusse e contrattate e, sopratutto, che il compito di adattarsi alla convivenza e alle sue scomodità non è più a carico esclusivo delle donne.

Vorremmo avere ancora il controllo della situazione senza l’incomodo di stare a discutere, chiedere, trovare compromessi, esporre apertamente sentimenti, malumori e dubbi senza l’ansia di difendere prerogative o di uscire sminuiti dal confronto con la persona che diciamo di amare.
Ci manca l’elasticità per accettare la libertà delle donne e non sappiamo parlare di noi, pretendendo però di essere capiti e rispettati.

Per questo ho scritto un abbozzo senza pretese di lettera, sulla falsariga di quelle che gli omicidi lasciano in giro per spiegare le ragioni del loro gesto, nella quale ho raccolto alcune delle cose che gli uomini non amano dire apertamente o confessano fuori tempo massimo. Il mio "esperimento di scrittura" nuon vuole minimamente essere un elogio del femminicida o di un certo vittimismo maschile che definirei "tossico".

Ovviamente in ogni femminicidio fa storia a sé e ci sono milioni di sfumature determinanti che non ho potuto né vagamente abbozzare né riportare in poche righe. Amen.


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