sabato, novembre 23, 2024
Ricordi cagliaritani
Una delle cose che meno apprezzo di Facebook è il refresh della timeline mentre sto leggendo un post e, magari, sto valutando se commentare. Salvo che non conosca o abbia memorizzato l’account, quel post scompare e buonanotte al secchio.
È successo anche per un post dedicato a una delle vestigia più inosservate - o meno valorizzate - della Cagliari medievale: la Torre dello Sperone, nota anche come Torre degli Alberti, di San Michele o di Portuscalas, nel quartiere storico di Stampace.
Eppure si tratta della più antica tra le quattro torri superstiti delle mura erette alla Repubblica di Pisa nei 109 anni (1215-1324) di sua presenza e domino su Cagliari; anni decisivi nel modellare l’impianto della città moderna.
Per questo motivo mi è saltato il ghiribizzo di scrivere un "appunto cagliaritano".
Un passo a ritroso nel tempo
La Karales romana e bizantina, composta da più agglomerati urbani in riva al mare e nell’immediato entroterra, si spopola a partire di primi del VIII secolo d.C.. La città, infatti, discontinua e sprovvista di mura è un bersaglio inerme per le incursioni delle flotte che partono dal Nord Africa islamizzato per razziare e catturare schiavi.
L’Impero Romano d’Oriente, di cui la Sardegna è formalmente provincia, non è in grado di prestare soccorsi, troppo impegnato com’è a difendere quel che resta dei suoi domini in Italia e a lottare per la sua stessa sopravvivenza, con Costantinopoli per due volte stretta d’assedio dagli Arabi. Inutile aspettarsi aiuto anche da Longobardi e Franchi, non attrezzati per affrontare una guerra navale.
Così gran parte della popolazione di Karales e le massime autorità cittadine si trasferiscono in cerca di riparo sulle sponde della vasta laguna di Santa Gilla. Quell’insediamento è la culla da cui emerge un abbozzo di regno autoctono, con l’arconte bizantino che si trasforma prendendo il titolo di Giudice e assumendo le prerogative di un sovrano, sia pure con una carica in parte elettiva.
Sant’Igia è la capitale e la residenza elettiva del Giudice di Cagliari, della cancelleria e dell’arcivescovo, sebbene fino alla seconda metà del XI secolo la corte giudicale rimanga itinerante per non dare riferimenti alle scorrerie saracene.
Le ingerenze pisane e la fine del giudicato
Riconnessi alla sfera culturale ed economica dell’Italia e dell’Europa alto medievale dopo l’intervento congiunto di Pisa e Genova, alleate per sventare la minaccia rappresentata dalle basi stabilite in Sardegna dall’emiro maiorchino Mujāhid ibn ʿAbd Allāh (italianizzato in Mugetto o Museto), i quattro giudicati sardi sono troppo fragili per non dipendere dalla protezione non disinteressata delle repubbliche di Pisa e Genova e del papato, destinandosi a fare la fine delle pedine sacrificabili nei giochi di potere dell’epoca.
In particolare Pisa, in competizione con Genova per la supremazia nel Mediterraneo occidentale, non tarda a prendere di fatto il controllo sui commerci e sulla politica dei giudicati sfruttandone le rivalità e le successioni dinastiche complicate dagli intrecci di parentela tra le quattro casate regnanti.
Si arriva al 1215, anno in cui il nobile pisano Lamberto Visconti, giudice consorte di Gallura, attacca il Giudicato di Cagliari, prende in ostaggio la giudicessa Benedetta e il marito ed estorce loro la concessione del colle disabitato che era stato l’acropoli di Karales per edificarvi una cittadella fortificata, Castel di Castro, ad uso esclusivo dei Pisani: viene così posta la prima pietra del quartiere Castello e della Cagliari moderna.
Troppo tardi gli ultimi due giudici di Cagliari tentano di sottrarsi alle ingerenze pisane stipulando accordi con Genova e cacciando i pisani dalla rocca cagliaritana. La reazione di Pisa è un’armata di terra e navale rafforzata da truppe degli altri tre giudicati. Sant’Igia viene cinta d’assedio nel 1257. La squadra navale inviata da Genova tarda ad arrivare e la capitale giudicale capitola nel luglio 1258, venendo rasa al suolo dai vincitori.
La Torre dello Sperone
Come recita l’epigrafe murata, la costruzione della Torre dello Sperone viene ultimata nel mese di marzo del 1293 durante il mandato di un esponente della casata degli Alberti, Conti di Prato, come capitano del popolo di Castel di Castro.
La Cagliari pisana sta vivendo una fase di relativa tranquillità ed espansione malgrado nel 1287 la potenza marittima di Pisa abbia subito un durissimo colpo con la sconftta nelle acque della Meloria. Ai piedi della rocca, destinata a sede delle istituzioni e alle residenze dei patrizi pisani, stanno crescendo i tre quartieri di Stampace, Marina (Lapola) e Villanova che ospitano rispettivamente attività artigianali e commerciali, i magazzini e le dimore dei lavoratori portuali e i contadini.
Le autorità pisane decidono di munire i sobborghi di mura, torri e bastioni a protezione sia dalle incursioni saracene sia, soprattutto, da possibili colpi di mano dei genovesi.
Il sistema di fortificazioni creato dai pisani sarà rivisto, rafforzato e ampliato dagli spagnoli nel XVI secolo su progetto dell’architetto castrense Rocco Cappellino. La Torre dello Sperone, tuttavia, è tra le opere che si salvano, divenendo una delle porte che collegano “Stampace alto” e “Stampace basso”, ossia l’estensione extra muros del quartiere che digrada verso il mare.
La torre si salva anche dalla demolizione delle mura di Stampace, Marina e Villanova decisa ai primi dell’Ottocento, allorché Cagliari perde la qualifica di piazzaforte militare ed è libera di ridisegnare il proprio assetto urbanistico.
Negli anni trascorsi a Cagliari sono passato infinte volte a fianco della torre, finendo per non fare più caso alla sua presenza, ingabbiata com'è tra altri palazzi, l'ospedale militare quel goiellino che è la chiesa barocca di San Michele. Mi sono chiesto più volte se il segreto della sua longevità non stia proprio nel non rubare l'occhio, nell'arte di mimetizzarsi nel paesaggio.
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