venerdì, aprile 04, 2008

 

35 vs 5



35 anni versus 5 minuti.
Nello stesso giorno, i quotidiani hanno riportato due fatti di cronaca che rappresentano gli estremi opposti del (mal)funzionamento della giustizia.

Da una parte l’emblematico caso italiano della causa civile per la divisione giudiziale di un’eredità durata la bellezza di 35 anni, di cui 8 trascorsi in attesa del deposito della perizia sul valore dei beni inclusi nell’asse ereditario e ben 20 prima di arrivare alla pronuncia in primo grado (!!).

Dall’altra c’è il processo celebrato ad Alessandria d’Egitto contro un giovane blogger egiziano, durato non più di cinque minuti.
Il ventiduenne blogger è stato riconosciuto colpevole di offesa all’Islam e di incitamento all’odio, nonché di vilipendio nei confronti del presidente egiziano: totale, quattro anni di carcere per aver sparato a zero dal blog sugli insegnamenti dell’università islamica di Al Azhar, al Cairo, e per aver paragonato gli atteggiamenti del presidente Hosny Mubarak a quelli di un faraone.

Per fortuna non ci troviamo (non ancora) negli scomodi panni dei blogger egiziani o di quelli cinesi. Tuttavia vale la pena ricordare che c’è un precedente pericoloso anche in casa nostra.
Nel giugno 2006, ad Aosta, un blogger italiano è stato condannato in primo grado per il reato di diffamazione a mezzo stampa, o meglio diffamazione a mezzo blog.
Sarà ricorso in appello? Mah, chissà.

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Comments:
Commento OT: Cioè, erano mesi che cercavo di capire come si azzittava la radio per godermi la playlista. E oggi finalmente ho capito!
 
@Annachiara
-Umh... fammi capire, era un problema che avevi sul tuo blog o con il mio?
 
Sulla libertà bisogna sempre vigilare, Giulia
 
Condivido in pieno il tuo post e il commento di Giulia. Meglio tenere gli occhi aperti anche in Italia.
un saluto
Gulliveriana
 
vero. e però i tempi della giustizia italiana sono spesso (come dire) garanzia di garantismo ;)
 
@Giulia @Gulliveriana @Giuliana
- e meno male che viviamo in un Paese che si fregia di essere la culla del diritto (...).
In effetti non si sa se temere di più una magistratura che interviene su casi singoli utilizzando per estensione strumenti e norme concepiti per fattispecie ben diverse o che il governo torni alla carica per riempire a modo suo il vuoto legislativo (Decreto Urbani docet).
Sarebbe necessario, infatti, che sia chi scrive sia chi applica le leggi abbia ben chiari la natura e le peculiarità dei blog, il perché sono "altro" come mezzo di informazione rispetto all'editoria tradizionale e online.
Invece, al momento nella classe politica mi pare solare una carenza di cultura sulle nuove tecnologie che presta il fianco alle manovre dietro le quinte delle lobby.
Resta inteso che la libertà di opinione non copre i casi di reale e comprovata diffamazione.
 
Beh, otto anni per scrivere una sentenza è qualcosa di così vergognoso da far impallidire molte altre cose.
Chissà se a qualcuno è venuto in mente di denunciare quel giudice.
I Blogger di molti Paesi, purtroppo, sono nel mirino della "Giustizia": è davvero triste che non si possa esporre il proprio dissenso.
Noi siamo fortunati.
Più o meno...
Daniele (Macca)
 
@Macca
- il caso palermitano ha avuto risalto perché i legali di una delle parti avanzeranno una richiesta di risarcimento allo Stato per 150.000 Euro in base alla Legge Pinto, che ammette tali richieste per i danni patrimoniali e non patrimoniali causati da processi non arrivati a sentenza definitiva entro un termine ragionevole, tenuto conto della complessità della materia da dirimere.
Nella mia esperienza di praticante procuratore legale, nei primi anni '90, maneggiai faldoni di cause civili che si trascinavano dal 1974 mediante continue richieste di rinvio giustificate con la formula standard "perché tra le parti sono in corso trattative per un amichevole componimento" .
Come a Palermo, in alcune casi sia le parti sia i legali originari erano nel frattempo passati a miglior vita.
 
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