martedì, luglio 22, 2008
Le locuste e l'anaconda
Il video-shock mandato in onda domenica sera, che mostra un soldato israeliano prendere la mira e sparare una fucilata alla gamba di un palestinese bendato e ammanettato che stava per essere caricato su un automezzo militare, è la faccia sporca e vigliacca di una guerra “a bassa intensità” dove entrambe le parti mirano a un unico risultato: fiaccare, demoralizzare e tenere sotto scacco l’avversario per costringerlo alla sottomissione e alla resa.
Difficile scambiare il gesto calcolato e cinico del militare per l’atto sconsiderato di una recluta tradita dalla tensione nervosa in una situazione di emergenza. La sua volontà di “dare una lezione”, di infliggere dolore e danno fisico, appare trasparente anche non voler sposare la versione secondo cui il filmato sarebbe stato realizzato qualche settimana fa da una bambina palestinese munita di cellulare.
Che il fucile fosse caricato con proiettili di gomma - altro dettaglio in attesa di riscontro - è un particolare di scarsa importanza: a distanza tanto ravvicinata anche un rubber bullett è in grado di procurare lesioni gravi.
Si dirà che in fondo sono affari loro, che possiamo lavarcene le mani. In realtà le cose non stanno proprio così.
È troppo comodo fingere di essere super partes e scaricare Tel Aviv quando da anni si beneficia del servizio che indirettamente ci rende facendo da cuneo e - mi si passi l’espressione sgradevole - da cane da guardia in un’area nevralgica del globo.
Perciò, che ci piaccia o no, gli affari loro sono anche affari nostri e non è il caso di farsi scrupoli nell’impicciarsi e nel definire ripugnante quel che è successo in un anonimo posto di blocco.
Al di là dell'esito di un’eventuale inchiesta interna alle forze armate israeliane, la visione del filmato è riuscita a trascinare nel fango il mio già cauto ottimismo sulle possibilità di essere testimone della pace tra Israeliani e Palestinesi.
Forse sarebbe doveroso da parte mia essere pragmatico e arrendermi all’evidenza: le voraci locuste e l’anaconda sono in competizione per lo stesso territorio da troppo tempo per rinunciare al miraggio di avere il sopravvento.
Non di meno, è un rospo assai duro da inghiottire.
Etichette: it's a fools' world, The Smoking Pipe
Comments:
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Ho visto il video e mi ha scioccato..
Non so se si arriverà mai alla pace in quelle zone, sono pessimista.
Non so se si arriverà mai alla pace in quelle zone, sono pessimista.
Il sangue porta sangue...proprio chi professa il motto "Occhio per occhio Dente per dente" dovrebbe saperlo...triste!!!
:-(
:-(
La scena è veramente scioccante, peccato che non ci sia un angolo al mondo esente da imbecilli. In questo caso gli imbecilli sono stati due israeliani e c'indegnamo tutti, israeliani e non, perchè dagli israeliani, giustamente, non ci si aspetta atti del genere.
L'inchiesta ci sarà eccome, per niente eventuale, tutto il paese non ha parlato d'altro fino a questo pomeriggio quando è sopravvenuto il nuovo attentato motorizzato a Gerusalemme. Ma si tratta di un palestinese, parente di uno dei principali rappresentanti del Hamas, per cui il suo atto rientra abbastanza nella normalità.
Ma veramente credi che attualmente il conflitto tra palestinesi ed israeliani sia competizione per lo stesso territorio? Non ti pare un controsenso con Tel Aviv cane da guardia all'occidente/Europa/ecc?
Ciao Copy, capisco la tua indegnazione, la provo anch'io, forse più di te.
L'inchiesta ci sarà eccome, per niente eventuale, tutto il paese non ha parlato d'altro fino a questo pomeriggio quando è sopravvenuto il nuovo attentato motorizzato a Gerusalemme. Ma si tratta di un palestinese, parente di uno dei principali rappresentanti del Hamas, per cui il suo atto rientra abbastanza nella normalità.
Ma veramente credi che attualmente il conflitto tra palestinesi ed israeliani sia competizione per lo stesso territorio? Non ti pare un controsenso con Tel Aviv cane da guardia all'occidente/Europa/ecc?
Ciao Copy, capisco la tua indegnazione, la provo anch'io, forse più di te.
@Ariela
- Sì, Ariela. Sarò anche macroscopicamente in errore, ma a mio modo di vedere la contrapposizione tra israeliani e palestinesi, che pure ha indubitabili radici storiche, culturali e religiose, oggi si concretizza in una sporca guerra di logoramento per conservare o, all'opposto, conquistare il controllo di un territorio e delle sue risorse.
Si potrebbe fare tutto un discorso sulle reali aspirazioni dei palestinesi, sul peso dell'indottrinamento radicale, irredentista e fondamentalista imposto da una leadership eterodiretta, sul (dis)valore simbolico e ideologico dell'idea di rimuovere manu militari la presenza di Israele e con essa il ricordo della nakba.
Però la realtà è scritta nella geografia, nell'ubicazione di villaggi, città, terreni coltivabili, pascoli e risorse idriche in un fazzoletto di terra oggi trasformato in uno spezzatino da incubo per esigenze di sicurezza.
E' un fazzoletto di terra che non è terra qualsiasi né per ebrei né per i palestinesi, perché altrimenti in via teorica la diffa al gharbī non è poi così avarara di spazi.
La mia tirata sui servigi che indirettamente Israele rende all'Occidente era volutamente forte per mettere in risalto l'ipocrisia di chi qui da noi non si fa mai domande e non vuole sapere niente conservando un sottile, implicito disprezzo per ambedue le parti.
Sul fatto che in nessun posto al mondo si sia al riparo dagli idioti hai tremendamente ragione.
Un caro saluto
- Sì, Ariela. Sarò anche macroscopicamente in errore, ma a mio modo di vedere la contrapposizione tra israeliani e palestinesi, che pure ha indubitabili radici storiche, culturali e religiose, oggi si concretizza in una sporca guerra di logoramento per conservare o, all'opposto, conquistare il controllo di un territorio e delle sue risorse.
Si potrebbe fare tutto un discorso sulle reali aspirazioni dei palestinesi, sul peso dell'indottrinamento radicale, irredentista e fondamentalista imposto da una leadership eterodiretta, sul (dis)valore simbolico e ideologico dell'idea di rimuovere manu militari la presenza di Israele e con essa il ricordo della nakba.
Però la realtà è scritta nella geografia, nell'ubicazione di villaggi, città, terreni coltivabili, pascoli e risorse idriche in un fazzoletto di terra oggi trasformato in uno spezzatino da incubo per esigenze di sicurezza.
E' un fazzoletto di terra che non è terra qualsiasi né per ebrei né per i palestinesi, perché altrimenti in via teorica la diffa al gharbī non è poi così avarara di spazi.
La mia tirata sui servigi che indirettamente Israele rende all'Occidente era volutamente forte per mettere in risalto l'ipocrisia di chi qui da noi non si fa mai domande e non vuole sapere niente conservando un sottile, implicito disprezzo per ambedue le parti.
Sul fatto che in nessun posto al mondo si sia al riparo dagli idioti hai tremendamente ragione.
Un caro saluto
Io non posso affermare che tu sia in errore. La mia domanda era sincera perchè anch'io la pensavo così ma ultimamente tendo sempre di più a pensare che sia i palestinesi che noi altro non siamo che galli da combattimento per interessi altrui. Sui palestinesi la penso così da un bel pezzo perchè se fosse solo questione di territorio avrebbero colto l'occasione dell'evacuazione della sriscia di Gaza per incominciare a costruire qualcosa di positivo e politicamente avrebbero avuto la forza di obbligare Israele a contrattare il territorio in Cisgiordania. Ma non gli è stato concesso perchè L'Iran (che se ne strafrega dei palestinesi) aveva bisogno di continuare il conflitto per i suoi interessi politici nel mondo arabo.
Ciao
Ciao
@Ariela
- La tua idea dei due galli da combattimento gettati nell'arena o di due marionette del teatro dei pupi che se le danno di santa ragione manovrati dai burattinai non è poi tanto lontana dal vero.
La storia, lo sappiamo, non si fa con i se, però mi sono chiesto oziosamente cosa sarebbe oggi la Palestina senza le ondate migratorie di ebrei in fuga dai pogrom, senza l'acquisto di terre e gli insediamenti dell'ebraismo rurale dei kibbutz e, ovviamente, senza la nascita di Israele nel 1948.
Una simile prospettiva antistorica sarebbe musica per le orecchie dei Naturei Karta, ma a parte questo dubito seriamente che oggi esisterebbe un'identità nazionale palestinese e meno che mai uno stato palestinese indipendente.
Più probabilmente si parlerebbe di un'anonima e poverissima provincia meridionale della Siria, esclusa forse la città di Gerusalemme affidata pro forma alla dinastia Hashemita, e confinante con il Sinai egiziano.
Da decenni il nazionalismo e la fratellanza panaraba sono una misera foglia di fico: lo sanno i palestinesi come lo sanno i sauditi, i siriani e gli iraniani, ma tutti i leader hanno il loro tornaconto nel continuare a tenere vivo il conflitto ad oltranza contro il perfido nemico sionista.
Non è paradossale: senza una preda coriacea e temibile come Israele, i cacciatori dovrebbero passare il tempo unicamente a schivare pallettoni che piovono da tutte le parti.
Questo non elimina la contraddizione originaria di Israele: uno stato nato per sfuggire all'orrore dell'antisemitismo e che si è dato un assetto democratico, ma che allo stesso tempo ha una forte e innegabile identità etnica ed etnocentrica; uno stato che per mille ragioni non ha revocato il bando nei confronti della popolazione araba espulsa nel 1948 e che in Cisgiordania ha fatto il possibile per giustificare una battuta dei palestinesi: "Un ebreo saluta, esce dalla tua casa, ma non se ne va".
Spero di non averti offeso con queste mie considerazioni personali, carissima.
Ciao.
- La tua idea dei due galli da combattimento gettati nell'arena o di due marionette del teatro dei pupi che se le danno di santa ragione manovrati dai burattinai non è poi tanto lontana dal vero.
La storia, lo sappiamo, non si fa con i se, però mi sono chiesto oziosamente cosa sarebbe oggi la Palestina senza le ondate migratorie di ebrei in fuga dai pogrom, senza l'acquisto di terre e gli insediamenti dell'ebraismo rurale dei kibbutz e, ovviamente, senza la nascita di Israele nel 1948.
Una simile prospettiva antistorica sarebbe musica per le orecchie dei Naturei Karta, ma a parte questo dubito seriamente che oggi esisterebbe un'identità nazionale palestinese e meno che mai uno stato palestinese indipendente.
Più probabilmente si parlerebbe di un'anonima e poverissima provincia meridionale della Siria, esclusa forse la città di Gerusalemme affidata pro forma alla dinastia Hashemita, e confinante con il Sinai egiziano.
Da decenni il nazionalismo e la fratellanza panaraba sono una misera foglia di fico: lo sanno i palestinesi come lo sanno i sauditi, i siriani e gli iraniani, ma tutti i leader hanno il loro tornaconto nel continuare a tenere vivo il conflitto ad oltranza contro il perfido nemico sionista.
Non è paradossale: senza una preda coriacea e temibile come Israele, i cacciatori dovrebbero passare il tempo unicamente a schivare pallettoni che piovono da tutte le parti.
Questo non elimina la contraddizione originaria di Israele: uno stato nato per sfuggire all'orrore dell'antisemitismo e che si è dato un assetto democratico, ma che allo stesso tempo ha una forte e innegabile identità etnica ed etnocentrica; uno stato che per mille ragioni non ha revocato il bando nei confronti della popolazione araba espulsa nel 1948 e che in Cisgiordania ha fatto il possibile per giustificare una battuta dei palestinesi: "Un ebreo saluta, esce dalla tua casa, ma non se ne va".
Spero di non averti offeso con queste mie considerazioni personali, carissima.
Ciao.
Il fatto che ci si stupisca di queste cose è proprio il prncipale sintomo del distacco totale del mondo dalla realtà della guerra. Non si possono armare ragazzi, mandarli in guerra e poi pretendere che questi si comportino umanamente, perché è un controsenso totale. Non si può rimanere seduti in salotto a dire "che schifo ... poveri palestinesi" quando i militari gli sparano, oppure che "schifo ... poveri israeliani" quando salta in aria qualche cosa in Israele. Il problema è che ci si dovrebbe battere politicamente per una soluzione che non preveda in nessun modo l'uso dei militari. Se questo non viene fatto dal resto del mondo non si può sperare che alla pace ci pensino i militari al posto di blocco. In ogni guerra c'è chi ci guadagna materialemente e sono loro da attaccare, ma alla fine vedrai che la faranno scontare come al solito al singolo militare.
Un post molto interessante!
RudeBad
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