domenica, febbraio 04, 2018

 

Stampede


Si dirà che lo sparatore di Macerata è uno “fuori bolla”, come il cinquantottenne cosentino che avrebbe realizzato il fotomontaggio con Laura Boldrini decapitata o chi ha rappresentato Silvio Berlusconi incellofanato in una vaschetta di polistirolo con la scritta “trito bovino scelto”, con la sola, “trascurabile” differenza del passaggio dal delirio virtuale alla pratica criminale.

L’impressione, sconsolante, è quella di vivere dentro un esperimento sociale in stadio avanzato, con l’opinione pubblica nazionale riportata allo stato di mandria che reagisce sbandando disordinatamente ai segnali ansiogeni lanciati da una classe politica mai così scadente e in caduta libera di credibilità, nella quale alcuni demiurghi di mezza tacca hanno pensato bene di specializzarsi nel cinico, irresponsabile ma sinora redditizio marketing dell’allarme sociale.

Ammesso e non concesso che esista, quest’esperimento sociale sembra avere un orizzonte scontato: portare un popolo spremuto, smarrito e isterico a imboccare quella che sarà additata come l’unica via d’uscita e a considerare accettabile qualsiasi pedaggio.
Non sarebbe la prima volta che una scalata al potere usa una simile strategia: cambiano i mezzi a disposizione e le marionette in scena, non sempre cambiano i burattinai.

In ogni caso la domanda che conta oggi è se il processo di deterioramento in corso sia reversibile.
Mi auguro di sì, benché le premesse non siano delle migliori. Realismo, senso della misura e della responsabilità, fermezza nel riaffermare il bene comune al di sopra delle tattiche e delle fazioni non sono merce considerata spendibile in una campagna elettorale tra le più sciatte e inconcludenti della storia repubblicana.
Vorrei, però, ricordare agli aspiranti stregoni e ai fantocci travestiti da leader che cavalcare la tigre della paura e dell’intolleranza è uno sport pericoloso: alla lunga si rischia di ruzzolare e di essere fatti a fettine da un branco di gatti resi pazzi dal terrore.

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