lunedì, gennaio 24, 2022

 

Quirinale: ricordando la “lepre marzolina"



Francesco Cossiga miglior presidente della Repubblica? La memoria gioca scherzi agli italiani che, a distanza di oltre un decennio dalla morte dell’ex inquilino del Quirinale, ancora continuano a esprimere i giudizi più disparati su un politico e uomo di stato d’incontestabile levatura ma anche singolare e controverso come pochi nella storia repubblicana.

Se mai Cossiga potesse far udire la sua voce dalla tomba non è difficile immaginare che il primo suono sarebbe una risata tenebrosa e gorgogliante, allo stesso tempo divertita e sarcastica all’indirizzo di quanti lo evocano nel ciarpame social e in polemiche d’infimo cabotaggio, seguita da un: “con tutto il rispetto, si vede che di me non avete capito un c…!

Chi era veramente Francesco Cossiga? Sono andato a rileggere un buon numero di articoli d’archivio e se da una parte mi è servito per richiamare alla mente situazioni, nomi e fatti dimenticati, dall’altra l’interrogativo è rimasto irrisolto.
Di lui si è scritto tanto e molto ci ha messo di suo nel creare il personaggio pubblico Cossiga mescolando verità, omissioni e invenzioni, silenzi pesanti e spettacolari tempeste verbali. Si è scritto, tra l’altro, che era un depresso, una persona indelebilmente segnata nella psiche e nel corpo dallo stress provocato dal sequestro e l’assassinio di Aldo Moro; che a causa di quell’esperienza traumatica avesse sviluppato un disturbo bipolare della personalità. Non prendo posizione in merito, ma se anche fosse vero in tutto o in parte le contraddizioni sembrano essere molto più vaste e antecedenti il caso Moro.

Cossiga, come altri notabili democristiani, era un cattolico devoto ma sui generis. Mitezza e misericordia non erano esattamente il suo forte e come operatore di pace aveva imparato precocemente l’utilità dello sporcarsi le mani ricorrendo a metodi poco ortodossi pur di raggiungere il risultato.
Non possedeva il fascino luciferino di Andreotti, la stretta da pitone dietro il sorriso serafico di Forlani o la personalità esplosiva di Fanfani. In compenso era tenace, affidabile nella gestione di incarichi delicati o ingrati e lucido stratega nello scegliere il momento per guadagnare spazio nello scacchiere democristiano senza pestare troppi calli ed essere inquadrato come un rivale ingombrante.

Scaltro e ambizioso? ovviamente sì come ogni politico di razza, e anche irresistibilmente attratto dal Lato Oscuro della Forza: quello delle logge coperte, di organizzazioni paramilitari occulte come Gladio-Stay Behind e del mondo parallelo dei servizi segreti.
Con quest’ultimo condivideva il gusto per le trame contorte, per la dissimulazione ma soprattutto l’importanza assegnata al possesso e alla custodia di informazioni riservate. Divenne proverbiale il linguaggio allusivo di Cossiga su diversi argomenti scottanti. Le sue rivelazioni facevano rumore pur essendo minime e omeopaticamente diluite con divagazioni e depistaggi deliberatamente plateali; sufficienti, tuttavia, a suonare chiarissime alle orecchie dei reali destinatari.

Francesco Cossiga è stato di volta in volta l’inflessibile Kossiga Ministro degli Interni, lo ieratico Presidente del Senato, il felpato notaio della Repubblica dei primi cinque anni al Quirinale e il battitore libero dell’ultima pirotecnica fase da picconatore e “lepre marzolina”.

Solo un personaggio non comune poteva cambiare di punto in bianco abitudini, maschera e registri linguistici con la disinvoltura mostrata da Cossiga.
Il politico conservatore, il costituzionalista uso a poche e misurate parole, l’uomo di raffinate letture si trasforma da officiante e garante della continuità del sistema a elemento perturbatore, imprevedibile, apparentemente incontrollato e incontrollabile che dal Colle bacchetta con feroce sarcasmo i leader di partito inclusa la Democrazia Cristiana, ingaggia un conflitto senza precedenti con il CSM, rilascia dichiarazioni durissime e intimidenti nei confronti di magistrati come Casson e Mancuso, rei di ficcare il naso su su stragi e servizi deviati.
Anche il linguaggio presidenziale si adegua alla nuova stagione di "effetti speciali" diventando più abrasivo, dissacrante e volutamente popolaresco. Qualcuno a posteriori ha scritto che questa metamorfosi era dettata non dalla ciclotimia o dalla volontà di emulare il biblico Sansone ma dalla frustrazione nel vedere l’inerzia della politica, sorda ai segnali di disgregazione e prossimo collasso della Prima Repubblica.

Il miglior presidente della Repubblica? direi di no. Una persona enigmatica, affascinante e per certi versi straordinaria sì, certamente.

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