domenica, novembre 09, 2008

 

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Un gioco mortale

brandon Crisp picUn adolescente come tanti, una storia come mille altre resa amara da un epilogo che fa riflettere senza necessariamente volerne trarre giudizi morali.
Protagonista della vicenda è Brandon Crisp, un quindicenne di Barrie (Ontario, Canada) allontanatosi di casa il 13 ottobre scorso dopo un litigio con i genitori, “rei” di avergli sequestrato la console Xbox.
Il padre era ricorso a quella soluzione drastica allarmato dall’eccessivo coinvolgimento di Brandon nelle sessioni multiplayer di Call of Duty 4: Modern Warfare, un videogioco “shoot’em all” di notevole successo (10 milioni di copie vendute a giugno 2008), classificato per giocatori maturi (M).
A detta dei genitori e di altri conoscenti, Brandon aveva sviluppato una vera e propria dipendenza dal videogioco, al punto di marinare la scuola, trascurare lo studio e dare segni di instabilità emotiva.

Per quasi un mese, le ricerche del ragazzo hanno coinvolto polizia, volontari, media, gruppi in Rete e persino Microsoft, produttore della Xbox, che ha contribuito a elevare a 50.000 Dollari canadesi la ricompensa a chi avesse fornito notizie utili al ritrovamento.

La speranza di un lieto fine si è spenta definitivamente mercoledì scorso, quando alcuni cacciatori di cervi si sono imbattuti nei poveri resti di Brandon in una zona coperta da una fitta boscaglia a qualche km dal luogo dove due settimane prima era stata recuperata la bicicletta del ragazzo. Dai primi riscontri, parebbe che lo sfortunato teenager sia morto dopo essere precipitato da un albero su cui si era arrampicato probabilmente per sfuggire alle ricerche.

A quindici anni si può morire per una stupidaggine o un videogioco negato perché tutto ciò che desideri o ti tocca sembra così drammaticamente serio e importante.
A quindici anni la morte è un pensiero remoto, è qualcosa che non ti riguarda, e quando lei si presenta all’improvviso, senza che tu l'abbia cercata o convocata, svanisci inghiottito in un nero gorgo di attonito stupore.

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Comments:
Che dire? Troppo triste per essere commentato.
 
Queste cose interrogano Noi tutti sul proprio ruolo nella Società. Da me, come genitore, che non potrei sopravvivere alla mancanza di mia figlia, a me come cittadino, che si chiede se non sia il caso di mettere un freno a certi giochi, al divertimento asettico e fuorviante di alcuni di questi aggeggi.
Infine a me, come nullità, che si sente impotente.
Dan (Macca)
 
è una storia terribile. molte volte, quando vedo i miei figli giocare a quei giochi, mi pongo tante domande.
credo però che ci siano problemi di fondo, problemi grossi esistenziali dove non è vero che il pensiero della morte sia così distante.
questo è solo il mio pensiero, ovviamente
 
grazie del tuo commento...molto appropriato, sull'autolesionismo
ameya
www.amoredipendente.splinder.com
 
Non so, spero che quei genitori non si sentano troppo colpevoli. Di certo avrebbero dovuto buttarci un occhio prima, al figlio.
L'adolescenza è un passaggio dell'esistenza veramente difficile per un essere umano. E gestirlo, anche per un genitore, non deve essere facile....
 
chissà cos'ha pensato quando è arrivato il momento del game over...
 
Immagino il senso di colpa dei genitori! Ma in realtà non è colpa loro, credo. Il nostro mondo ti porta ad essere attirato verso attività che ti assorbono completamente e ti drogano, fin da quando sei bambino, è una fuga dalla realtà necessaria oltre ogni limite e desiderata, e non c'è nulla e nessuno a volte che ti può salvare!
 
Un abbraccio, di passaggio...
Dan (Macca)
 
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