giovedì, aprile 02, 2009

 

Hell on earth



Fucking hell by dubow on Flickr
Dettaglio di "Fucking Hell", opera di Jake e Dinos Chapman


Non so, davvero non so se sia sempre un bene avere tempo e modo di divagare. Ieri notte, ad esempio, mi ero messo comodo sul divano a leggere quando sono “inciampato” in una considerazione apparentemente innocua e banale sulla natura delle persone che ci circondano.
È possibile provare simpatia e attrazione per una persona poco perbene, ma la nostra simpatia per lei non la farà diventare buona. Siamo istintivamente portati a vederla sotto la miglior luce possibile, ad accordarle fiducia e attenzioni valorizzando ciò che ci piace e relativizzando eccessi e difetti perché vogliamo credere che in fondo sia buona."
Come vedete, nulla di particolarmente profondo: mero buonsenso applicabile tanto alla cerchia delle amicizie quanto ai colleghi di lavoro e a certi personaggi pubblici.

Anna PolitovskayaA quel punto, però, mi è tornato in mente un articolo dedicato al libro “Cecenia, il disonore russo” scritto da Anna Politkovskaya, la giornalista assassinata a Mosca nell’ottobre 2006.
In particolare, il recensore metteva in risalto come lo sguardo della Politkovskaya si fosse mantenuto miracolosamente freddo e al di sopra della faziosità annotando puntigliosamente il cinismo, l’arroganza, la corruzione e la crudeltà efferata che dilagavano nelle truppe russe, ma anche quanto di sordido, spietato e disumano riscontrava nella resistenza cecena.

Navigando su Internet per documentarmi sulla Cecenia, sono casualmente incappato in un’altra di quelle tragedie su larga scala tenute nascoste sotto lo zerbino perché non disturbino la nostra rassicurante visione del mondo come casa comune di un’umanità spontaneamente incline alla bontà, che si commuove davanti alla bellezza struggente di un tramonto, di un verso o di una melodia.

Guardate il video qui sotto, parte di un dossier di Médicins Sans Frontières:



Questa è solo una piccola galleria degli orrori della guerra che ha sconvolto il Congo ufficialmente dal 1998 al 2003, in realtà continuata in modo strisciante negli anni seguenti come dimostrano le testimonianze raccolte sul sito Women in War Zone.
Il lato più raccapricciante di quel conflitto è stato l’uso sistematico della violenza sessuale come tattica di guerra.
Molte delle vittime sono state assalite in modo sadico, lacerate a colpi di baionetta o massacrate a bastonate al punto che i danni ai loro apparati digerenti e riproduttivi sono oltre qualsiasi intervento ricostruttivo,” ha commentato Jeffrey Gettleman, caposervizio della sezione Est Africa del New York Times. “Nel 2006 sono stati registrati 27.000 casi di stupro nella sola provincia di Kivu, e con tutta probabilità questa è solo una frazione di quanto è successo a livello nazionale.
Tirando le somme, dopo aver vagabondato sul web tra le fosse comuni di Darfur e Congo, Bosnia Herzegovina e Ruanda, è rimasta in sospeso una domanda che vi giro: che significato ha l'invito "restiamo umani"?

Azz...Vedete che succede a guardare troppo poca televisione?

Etichette: , , ,


Comments:
Restare umani è anche essere consapevoli che purtroppo non siamo tutti eguali. La violenza, l'orrore [cit. Conrad] è un lato del nostro essere, che riempie ormai anche la TV, non credere. Io resto allibito di fronte alla mia di ritirata, purtroppo. Non sono affatto innocente.
Dan (Macca)
 
Posta un commento



<< Home

This page is powered by Blogger. Isn't yours?