domenica, gennaio 24, 2010

 

Duri da digerire



Sul finire degli anni ’80 mi capitò di fare un favore a una persona che mi era vicina: garantire alcuni voti - incluso il mio - a un candidato del Partito Socialista Italiano alle elezioni amministrative provinciali.
La richiesta mi risultava indigesta perché non avevo alcuna simpatia per il PSI targato Craxi, ma d’altra parte non potevo rispondere picche a chi mi chiedeva una mano d’aiuto.
Uscendo dal seggio elettorale irritato e con la coscienza politica in rivolta, mi capitò di pensare a un celebre titolo del Manifesto, il ”Non moriremo democristiani” di Luigi Pintor, riadattato per l’occasione in uno sconfortato “Non è che moriremo socialisti?

In quel momento sembrava che niente e nessuno potesse arrestare l’ascesa di Bettino Craxi e della sua corte dei miracoli.
Il PSI attirava come il miele quella fetta di italiani - liberi professionisti, commercianti, stilisti, starlet del cinema e della TV, bancari e burocrati rampanti - che vedevano nel Garofano l’ascensore per la loro scalata sociale, la scorciatoia per ottenere scatti di carriera o concludere affari senza dare tante spiegazioni o dover fare il giro delle sette chiese.
Altri elettori erano semplicemente sedotti dal carisma impetuoso, sprezzante e decisionista di Bettino Craxi: un marziano rispetto alla paludata ipocrisia dei notabili democristiani e al cupo moralismo dei leader comunisti.

L’appetito del PSI, la sua aggressività quando si trattava di mettere le mani sul potere o di reclamare una fetta più grande di torta erano sotto gli occhi di tutti al centro come in periferia. Il partito guidato da Craxi, infatti, non badava a spese e non andava per il sottile pur di piazzare i suoi uomini sulle poltrone da cui si maneggiavano soldi e consenso.
Allora, però, tutto sembrava possibile e ammissibile nell’Italia da bere resa euforica dall’economia che tirava, dopata dal fiume di soldi che usciva dalle casse dello stato, gongolante all’idea di aver sorpassato il Regno Unito in termini di PIL e soddisfatta di acquistare BOT e CCT che rendevano dal 12 al 20% annuo.

targa dedicata a Craxi a MilanoIl faccione sorridente di Bettino che, in uno spot elettorale, porge un garofano rosso al mezzobusto del TG2 Lorenza Foschini è l’emblema di quell’ottimismo socialista di facciata che ancora per poco avrebbe mascherato la realtà di un sistema politico-affaristico andato fuori controllo e quella di un Paese che, senza saperlo, si trovava sull’orlo del suicidio finanziario.

Quando oggi sento nostalgici - autentici e d’occasione - intonare giaculatorie in memoria di Bettino Craxi, laicamente beatificato come statista, martire e titano della storia repubblicana, fremo pensando a quanto ci è costato tirarci fuori dalle secche di un debito pubblico schizzato al 115% sotto il CAF (l’asse Craxi-Andreotti-Forlani), al sacco delle risorse nazionali di cui per anni il leader socialista è stato partecipe e connivente, alle macerie morali che ha lasciato in eredità.

Sulla doppia morale e sul piegare sistematicamente l'interesse generale a quello particolare imparati alla scuola di quel PSI campa di rendita l’attuale maggioranza.
Da questo punto di vista, ahimè, se pure non siamo morti socialisti non è che ci abbiamo guadagnato granché.

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Comments:
Ottimo.
Dan (Macca)
 
Il decisionismo è comunque una costante dei leader politici italiani. Paradossalmente giusto la DC (anche se per 40 anni) ha fatto eccezione...con il suo presenzialismo strisciante.
 
Ciao, sono entrata per un salutino ed esco dal tuo post con un grande sorriso:mio padre, a suo tempo, chiamava Bettino Craxi (di cui io so ben poco)l'Imperatore e la sua corte dei miracoli.
 
@Ariela - in questi giorni, per questioni di lavoro mi sono occupato di professioni legate al teatro (sceneggiatori, costumisti ecc.) e mi è capitato di pensare a tuo padre :-)

Off-Topic: ho letto un'intervista a Shulamit Alomi e l'ho trovata abbastanza interessante. Se riesco a recuperare l'articolo, te lo invio via mail.
 
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