mercoledì, maggio 25, 2011

 

Back on the track



Aiuto, mi si è ristretta di nuovo la Malpensa!

LuftsenzaLufthansa inverte radicalmente rotta: dalla strategia di avere più hub al servizio dell’espansione nei singoli mercati al ritorno alla concentrazione in Germania.
Quest’autunno, pertanto, i 14 Airbus A380 della flotta di Lufthansa Italia (che cesserà di esistere) saranno ridispiegati tra Düsseldorf e Monaco di Baviera.
A prendere la sonora sberla in faccia partita dalla Germania è l’immagine della eterna incompiuta del sistema aeroportuale italiano: l’aeroporto internazionale “Città di Milano” a.k.a. Milano Malpensa.
SEA-Aeroporti di Milano, che oltre a Malpensa gestisce l'immarcescibile gallina dalle uova d'oro di Linate-Forlanini e l'aeroporto internazionale di Orio al Serio (Bergamo), infatti, aveva puntato sulla presenza a Malpensa della base di armamento italiana di Lufthansa per rilanciare il ruolo di hub dell'aeroporto nel Parco del Ticino precocemente sfiorito dopo lo sfregio del voltafaccia della "nuova" Alitalia (2008).

Strano destino quello dello scalo nella brughiera del varesotto: costosissimo progetto di hub di dimensioni europee e ambizioni globali ostinatamente voluto e sistematicamente osteggiato da una classe politica nana, avida, ottusamente provinciale e schizofrenica che non deve essere cercata per forza nella capitale, ma molto, molto più vicino alle piste di atterraggio della Malpensa.


Ordalia elettorale

Sucate centroLe competizioni elettorali non sono mai state un ballo di beneficenza della Croce Rossa, tuttavia se mai avessimo avuto bisogno di un misuratore del livello di bassezza in cui sguazza la politica nostrana ci è stato prontamente servito dalla peggiore campagna per le amministrative che mi sia dato di ricordare.

Da martedì prossimo, vada come vada, volteremo pagina allontanandoci da questo artificioso, insopportabile clima da ordalia. Ciò non di meno resterà a lungo nella memoria il sapore acre e il tanfo di una propaganda vuota, garrula, incarognita, giocata sull’insulto e sul ricorso a mezzi che rasentano fattispecie civilmente e penalmente rilevanti da parte di un blocco di potere facilmente e chiaramente identificabile.


DSK

Quando si tratta di grufolare nel fango non sia mai che ci facciamo mancare qualcosa. Prendiamo ad esempio il “succoso” scandalo a luci rosse che ha per protagonista Dominique Strauss-Khan.

Passi che la stragrande maggioranza di noi italiani ignorasse generalità, curriculum internazionale e ambizioni di questo economista e politico transalpino prima che fosse platealmente arrestato a New York con l’accusa di aver assalito e costretto a prestazioni sessuali una cameriera del lussuoso albergo in cui alloggiava: in fondo un certo provincialismo ombelicale non è prerogativa solo italiana.

Satedpig L’aspetto deteriore è imbattersi in connazionali, maschi, sedicenti cattolici osservanti e benpensanti, che dal legittimo sospetto - “Strauss Khan è stato fatto fuori dai suoi avversari politici” - sono approdati a parallelismi tra la rovinosa caduta di DSK e la ben diversa situazione giudiziaria del nostro Presidente del Consiglio conditi di indulgente compiacimento e dei più retrivi luoghi comuni sul binomio sesso-potere.

Come spiegare in altro modo l’enfasi con cui ho sentito e letto snocciolare alcuni dettagli sulla vittima altrimenti assolutamente non significativi ai fini dello stupro come il fatto che sia trentottenne, nera e (presunta?) sieropositiva se non per adombrare trascorsi di promiscuità e sesso a pagamento?

Dov’è la razionalità pacata del benpensante in affermazioni che ascrivono a leggi inesorabili (da che mondo è mondo) sia la pulsione sessuale irrefrenabile negli attempati ricchi & potenti sia il magnetismo della combinazione soldi-potere-carisma mascolino cui si inchinerebbe per libera scelta, convenienza o istinto biologico qualsiasi appartenente al sesso femminile?


Ramoscello d’ulivo e artigli da sparviero

Netanyahu29 minuti di applausi per il discorso di Bibi Netanyahu al Congresso USA sono un evento forse scontato da certi punti di vista, ma di cui non credo la democrazia americana andrà fiera in futuro.

In sintesi, il percorso di pacificazione esposto a Washington DC dall’attuale Premier israeliano ha un unico merito: quello di chiarire che lo stato ebraico pretende di incamerare a titolo definitivo tutti i vantaggi possibili dello status quo e di scaricare per intero sui palestinesi il peso delle concessioni, delle servitù e dei sacrifici.

Netanyahu, infatti, si è ben guardato dall’andare oltre la generica promessa di non meglio specificate “dolorose concessioni” in sede di trattative affinché lo stato palestinese sia “abbastanza grande da essere vitale”, mentre ha specificato alcuni cardini apparentemente irrinunciabili e non trattabili:
  1. Israele non tornerà alle linee di confine del 1967;
  2. Gerusalemme sarà la capitale indivisibile dello stato ebraico;
  3. Israele manterrà una presenza militare nella Valle del Giordano lungo il confine con la Giordania;
  4. lo stato palestinese dovrà essere smilitarizzato;
  5. un certo numero di insediamenti dei coloni in Cisgiordania resterà come enclave all’interno di un futuro stato palestinese;
  6. è escluso il rientro della popolazione palestinese sfollata nei paesi arabi confinanti.

Anche a voler essere elastici e molto comprensivi verso le esigenze di sicurezza di Israele, il discorso di Netanyahu sembra scritto per irritare e irrigidire anche il più moderato e pragmatico dei palestinesi, allontanando ulteriormente qualsiasi ipotesi concreta di trattativa di pace.

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Comments:
non frequento Milano, però la storia delle contraddizioni è sicuramente vera....
 
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