sabato, luglio 12, 2008

 

Sit tibi terra levis


labirinto con cipressi
Labirinto con cipressi © Giuseppe Giuggioli 

Macca, con un suo post, invita a una riflessione non estemporanea sul caso di Eluana Englaro, da 16 anni in coma irreversibile a seguito di un incidente stradale in cui riportò un gravissimo trauma cranico e la frattura delle seconda vertebra cervicale.

Dal gennaio 1992, Eluana Englaro non è senziente e, per quanto è dato sapere, non soffre dato che la sua reazione agli stimoli diretti o ambientali è solo un pallido riflesso vegetativo.
Eluana è assistita da personale medico e paramedico che ogni giorno provvede a lavarla con spugnature, ad alimentarla e idratarla attraverso una sonda naso-gastrica, a indurre lo svuotamento dell'intestino e a girarla a cadenza regolare affinché non si formino piaghe da decubito.
Non si può fare altro per lei: la scienza medica esclude la possibilità di un ripristino delle funzioni celebrari.

Da oltre 10 anni il padre di Eluana, che ne ha assunto la tutela, si batte affinché una sentenza gli riconosca la possibilità di far sospendere il trattamento che tiene in vita l'organismo di sua figlia. Beppe Englaro afferma che Eluana, qualche tempo prima dell'incidente, avrebbe espresso la sua contrarietà a sopravvivere in condizioni di totale incoscienza.
Però di questa asserita volontà non esistono prove documentali, come rilevava una prima sentenza della Corte d'Appello di Milano nella motivazione con cui rigettava l'istanza ex art. 32, comma secondo, della Costituzione: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

In questi giorni, tuttavia, una nuova pronuncia della Corte d'Appello ha ribaltato il verdetto, prendendo atto della straordinaria durata della vita vegetativa e delle convinzioni espresse in materia da Eluana quando era nel pieno possesso delle sue facoltà di intendere e di volere.

A mio modo di vedere, mai come in questo caso la visione intransigente della vita come qualcosa di sacro e intangibile dovrebbe essere temperata dalla pietà, fare un passo indietro e non impedire ulteriormente alla natura di fare il suo corso.
Eluana non soffre, ma la sua identità individuale, la sua essenza o in qualsiasi altro modo si voglia chiamare l'esistenza consapevole, è stata strappata via 16 anni fa. La vita biologica è sopravvissuta, ma solo grazie a un trattamento medico che non fa altro che sospendere l'altrimenti inevitabile sopravvenire della morte.
Difendere la sacralità della vita in queste condizioni sconfina nell'accanimento terapeutico, in un atto di arroganza intellettuale con cui l'uomo rifiuta di accettare la sua condizione mortale.
Infine, per quanto sia un gesto devastante, lasciare che il corpo di Eluana si spenga e sia riconsegnato alla terra è un gesto di rispetto verso la memoria della sfortunata ragazza. Chi l'ha amata in vita e ha sofferto in questi interminabili 16 anni di agonia potrà finalmente elaborare il lutto.

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Comments:
Annaffiata per 16 anni come una pianta d'appartamento, che però purtroppo non ha dato fiori. Un tempo quasi interminabile ... un po' troppo per un presuntuoso capriccio del genero umano.
 
... errata corrige ...

genere umano
 
Potremmo disquisire sulla sacralità della vita (tutte le forme di vita) e sulla necessità impellente di regolamentare (finalmente e bene) la possibilità di redigere un testamento biologico accettato prima ancora dalla morale umana che dalla legge. Potremmo disquisire a lungo su dove sia il confine invalicabile tra medicina sana e accanimento terapeutico. Potremmo perdere il fiato, per disquisire d'eutanasia e di diritto alla morte e non solo di diritto alla vita.
Ma, in questo istante, pensando a tutto quello che ho letto e sentito in questi giorni in merito alla dolorosissima situazione di Eluana e soprattutto di chi, VIVO accanto a lei, la ama tanto, vorrei solo calasse il silenzio. In rispetto del profondo dolore che un padre non può non provare. Verrà presto, per lui, la realtà VERA della morte di un figlio. E, pur nell'ottenimento di ciò per cui ha tanto combattuto per anni, non potrà mai essere sollievo.
Basta faziosità o prese di posizione, da qualsivoglia parte. Vorrei solo, ora, rispetto e silenzio.
 
@Melavvelenata
- sono anch'io del parere che sarebbe preferibile che non si usasse un dolore privato per l'ennesimo muro contro muro basato su pregiudiziali morali assolute od opzioni ideologiche.Da questo punto di vista non posso che plaudire l'atteggiamento di massimo riserbo assunto dalla casa di cura dove è ricoverata Eluana.
Non di meno, la vicenda ci interroga, ci costringe a chiederci cosa faremmo se fossimo nei panni di quel genitore. Come dici tu, dall'esterno si può disquisire fino alla consunzione sui principi etici, ma è al momento della prova che ci si ritrova a dover scegliere cos'è giusto fare in scienza e conoscienza, restando nel campo della legalità ovviamente.
Eluana Englaro è un caso estremo, noto per via della battaglia legale del padre, ma ce ne sono altri mille in cui il malato, affetto da una patologia cronica invalidante e irreversibile per la quale la medicina offre solo il supporto antidolorifico, si lascia morire a casa rifiutando qualsiasi ipotesi di ulteriore ricovero in strutture specializzate e limita la cura alla somministrazione a domicilio di flebo di soluzione idrosalina.
Il mio pensiero, anche per esperienza diretta, è che una volta esaurite le possibilità di trattamento medico o chirurgico risolutivo, si debba fare il possibile perché il decorso avvenga senza ledere la dignità e la volontà dell'individuo.
Questo, a mio parere, rende indispensabile colmare nel miglior modo possibile il colposo vuoto legislativo sul testamento biologico.
 
Quanto sono stati lunghi questi 16 anni per il padre.. Me lo domando ogni volta che passa la notizia in TV.. Giudicare la sua scelta mi sembra di sconfinare troppo nei suoi sentimenti privati e quindi mi fermo qui.
 
Io non sono d'accordo sul silenzio. Il rispetto sì ma il silenzio, in questo caso, non è rispetto è non decisione. E' inutile continuare a non decidere sull'eutanasia, su questi temi perchè poi le persone, la sofferenza di chi arriva a questi calvari sono reali e gridano una soluzione a gran voce. Altro che silenzio! Se fossi il paadre di quella ragazza avrei bisogno di parlane, di farne parlare, il silenzio mi parrebbe indifferenza!
 
Mi permetto di rubare ancora un po' di spazio al gentilissimo tenutario di questo luogo per puntualizzare solo una piccola cosa riguardo al mio pensiero, soprattutto per Smilla.
Con il mio commento non volevo certo sostenere la tesi del "silenzio indifferente", anzi! Ho idee molto chiare in merito a situazioni come questa (pur nella consapevolezza di non averne mai vissute e che, qualora m'accadesse, potrei sovvertire ogni mia convinzione) e sono assolutamente d'accordo sul fatto che se ne debba discutere anche fino allo sfinimento, per giungere a qualche soluzione "sensata". Ma ci sono momenti e sedi opportune.
Il padre di Eluana ha urlato a gran voce molte volte, molte volte è intenzionalmente finito sui giornali. Forse, anche ora, desidera che si parli del caso di sua figlia. O forse, in questo particolare momento, amerebbe un delicato silenzio fatto di rispetto e comprensione. E, pur non potendone essere certa, io credo in questa seconda eventualità.
Qualsiasi siano le convinzioni di ognuno (pro o contro qualsiasi cosa), credo vi siano momenti in cui è indispensabile tacere anche sui propri convincimenti e lasciare che gli eventi possano essere vissuti, dai protagonisti, nel modo più intimo possibile: lottare per le proprie convinzioni è una cosa (e il padre di Eluana lo ha fatto coraggiosamente per anni), metabolizzare il dolore della fine è un'altra.
Poi, a qualsiasi livello, se ne torni a parlare a gran voce.
 
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