domenica, gennaio 17, 2010
Sunday Mixture 01.17.2010
Haiti
Dinanzi alla catastrofe e alla morte di migliaia di persone si resta ammutoliti: qualsiasi discorso fatto dalle nostre comode scrivanie degrada a sterile chiacchiericcio.
Però, a rischio di risultare sgradevole e irrispettoso, su Haiti vorrei fare alcune annotazioni e riflessioni che vanno oltre l’emergenza umanitaria in atto.
Prima di tutto c’è la constatazione che il mondo si ricorda dell’esistenza di Haiti - che molti paiono collocare geograficamente in qualche punto del Pacifico, confondendola con Tahiti - solo in occasione di avvenimenti e notizie di particolare gravità come l’uragano di qualche anno fa, l’assassinio di un cooperante italiano ammazzato per strada da una gang e il terremoto.
Tolte queste occasioni, per le diplomazie e le istituzioni finanziarie internazionali, per i governi dei Paesi vicini e per i mezzi di comunicazione, Haiti è una sorta di ulcera infetta che trasuda miseria, degrado e violenza nel bel mezzo dei Caraibi da cartolina.
Non che nell’area caraibica e dell’America Centromeridionale manchino situazioni di diffusa povertà e di violenza endemica, ma il caso di Haiti è considerato estremo e senza speranza, un buco nero da cui tenersi alla larga e da coprire con un velo di silenzio che sa tanto di cordone sanitario. Sotto questo aspetto, si può dire che Haiti condivida il trattamento riservato a nazioni tormentate e senza particolari risorse strategiche come la Somalia, l’Eritrea e lo Zimbabwe.
Su Haiti sembra infierire una specie di maledizione storica per aver avuto l’ardire di recidere anzitempo il cordone ombelicale con la Francia (1804) senza avere le forze per governarsi autonomamente e per essere diversa, marcatamente più “nera” rispetto a tutte le colonie ed ex colonie spagnole, portoghesi, olandesi, francesi e inglesi.
Negli ultimi 50 anni, dalla dittatura sanguinaria di Papa Doc Duvalier a oggi, il collasso dell’economia, la disorganizzazione e la corruzione dell’apparato statale, la violenza nelle strade, la crescente dipendenza dagli aiuti umanitari e dai servizi gestiti dalle ONG non hanno fatto che alimentare nel mondo l'opinione razzista secondo cui africani e afroamericani sarebbero intrinsecamente incapaci di far funzionare uno stato efficiente.
Se c’è una cosa da sperare nell’ora della tragedia è che gli aiuti che stanno convergendo da tutto il mondo siano coordinati in modo da non alimentare ulteriormente la spirale perversa della dipendenza, ma da sostenere Haiti e gli haitiani nella (ri)costruzione di un futuro che sappia camminare sulle proprie gambe.
Silenzio, parla la TV dell'amore
Malgrado cerchi di tenere da parte i pregiudizi, a mio parere le ultime mosse del gabinetto Berlusconi su televisione e internet mostrano non solo le distorsioni legate al macroscopico conflitto di interessi del Premier e la compiacenza (eufemismo) del governo verso le istanze di alcune lobby, ma anche un indirizzo assai poco rassicurante in tema di libertà di espressione.
In controluce, appare la volontà di togliere ossigeno alla Rete dando un bel giro di vite alla circolazione di materiali audiovisivi e di scritti “scomodi” con la scusa della tutela del copyright e della correttezza delle notizie, così da rendere il web meno appetibile come alternativa alla televisione agli occhi degli utenti e degli investitori pubblicitari.
Per amore o per forza la TV, quella del digitale terreste infestata dal moltiplicarsi di canali utili unicamente ad aumentare gli spazi pubblicitari a vantaggio di una sola holding, deve tornare a regnare.
Il vero obiettivo politico ed economico perseguito da governo e maggioranza è proprio la restaurazione dell'assoluta centralità della televisione, di una comunicazione controllata dall’alto e monodirezionale dove non ci sia spazio per repliche, dissensi e dissonanze non addomesticate.
Just breathe
Come da titolo: respiriamo un po' con la musica, finché si può. Buona settimana a tutti.
Etichette: it's a fools' world, Politica, The Smoking Pipe, vita da blogger
Comments:
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Dubito molto che gli aiuti che stanno convergendo, una volta passato il momento più acuto dello stato di emergenza, aiuteranno gli haitiani a camminare con le proprie gambe. Per camminare con le proprie gambe bisogna prima imparare e poi esercitarsi molto. Anche per governarsi occorre imparare e allenarsi.
Ciao Copy.
Ciao Copy.
@Ariela - indubbiamente le tue sono parole sagge, carissima, e da quello che ho sentito stamattina nel notiziario radio mi sa che, purtroppo, le cose andranno come in altre crisi umanitarie precedenti. Tuttacia sarei felice se fossimo smentiti.
Mi piacerebbe che le tue parole diventassero realtà per Haiti..però, in fondo, in fondo (ma neanche tanto) sappiamo che nessuno ha interesse a ricostruire e ad agevolare l'indipendenza di un paese così povero. Da anni le famose organizzazioni internazionali e gli Stati fingono di voler aiutare l'Africa a risolvere i suoi problemi eppure sono ancora lì :-(
@Annachiara - Infatti, il digitale terreste mono-sub-culturale che gli strateghi di Sua Emittenza hanno in mente per finire di inebetire gli italiani è già oggi un passatempo per necrofili.
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