sabato, febbraio 13, 2010
Clonazione e dintorni
Alla fine degli anni ’70 ho letto “I ragazzi venuti dal Brasile”, thriller scritto dall’americano Ira Levin, da cui è stato tratto l'omonimo - e a mio parere non eccelso - film.
In sintesi, la trama prendeva spunto dalle deliranti e spietate sperimentazioni compiute dal dottor Joseph Mengele su donne e bambini (specie se gemelli) reclusi nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e dalla sua dorata latitanza in Brasile - dove Mengele effettivamente è morto nel 1979 - per montare un fantasioso intrigo internazionale.
Nel romanzo, infatti, il famigerato Angelo della Morte di Auschwitz era a capo di una cospirazione neonazista che puntava a far risorgere il Terzo Reich grazie a perfetti cloni di Adolf Hitler ottenuti in Brasile da alcune cellule donate in segreto dal dittatore tedesco.
Ho riesumato questa lettura non per consigliarvela, benché si tratti di un discreto thriller, ma perché a trent’anni di distanza la ricerca genetica ha quasi colmato il gap tra le fantasie di Levin e la realtà.
Infatti, a Bradford, nel Connecticut, sono in corso studi avanzati per completare la ricostruzione della sequenza del DNA dell’Homo Neanderthalensis, meglio noto come Uomo di Neanderthal.
L’operazione è estremamente complessa, dato che si tratta di assemblare correttamente un puzzle di milioni di basi chimiche a partire da pochi frammenti alla rinfusa estratti da ossa che risalgono a un periodo incluso tra 200.000 e 40.000 anni fa, usando come riferimenti la mappatura del genoma umano e quella dello scimpanzé.
Inoltre, le sequenze ottenute devono essere verificate migliaia di volte per “ripulirle” dalle variabili introdotte dalla degenerazione molecolare post-mortem, dalle tracce di DNA batterico e da quelle lasciate da quanti hanno manipolato i resti ossei al momento del ritrovamento.
Una volta completato questo step con un margine di errore minimo - e sulle possibilità di riuscita sussistono pochi dubbi - scienziati e ricercatori dovranno ancora risolvere alcuni grossi problemi tecnico/pratici (es: ottenere cellule staminali), ma si troveranno comunque a un passo dalla possibilità di clonare un Neanderthal.
Da un punto di vista scientifico, l’ipotesi di riportare in vita una specie estinta strettamente imparentata con l’uomo moderno è dannatamente affascinante per le possibilità di ricerca che dischiude alle biotecnologie e alla medicina.
Per una parte della scienza, il ragionamento è: “se siamo in grado di farlo, perché non farlo?”
Se però si guarda all’aspetto etico, la faccenda appare assai più spinosa.
- Abbiamo il diritto di far rinascere uno o più esemplari di una specie catapultandoli in un’epoca e in un pianeta che per loro sono totalmente alieni?
- Abbiamo il diritto di farne delle cavie da laboratorio a vita, limitando la loro libertà, non fosse altro che per proteggerli dall’esposizione a malattie infettive per noi banali, ma verso cui loro non avranno difese immunitarie?
- Siamo certi che l’umanità sia pronta ad accordare lo status di uomo a individui di una specie diversa, di cui non conosciamo direttamente il comportamento e le attitudini, considerato l’accanimento con cui, ovunque e da sempre, ci scanniamo tra noi per pseudo-questioni razziali e/o religiose?
- Un'ultima domanda: se fossimo nei loro panni, ci piacerebbe essere trattati come attrazioni da baraccone o tenuti sotto stretta osservazione e sotto tutela da strani esseri in camice bianco?
Ci piacerebbe non avere radici, non avere un solo luogo al mondo dove sentirci liberi e a casa?
Etichette: Cultura, diritti, Scienze, The Smoking Pipe
Comments:
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Spero che il berlusca non legga questo post, perchè altrimenti penserà sicuramente a farsi clonare e noi dovremmo sorbircelo a vita!!! :)
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