lunedì, giugno 07, 2010

 

Archeoleggende


Lo confesso: ho pochissima stima per i programmi di Roberto Giacobbo, Vicedirettore del TG2, giornalista e autore di fortunate serie televisive come Mistero (Rai3), Stargate - Linea di Confine (TMC), La macchina del tempo (Rete 4) e Voyager - Ai confini della conoscenza (Rai2).

Bisogna riconoscere al sor Giacobbo un gran fiuto nell’aver scovato il suo filone d'oro in quella nicchia ai margini estremi della storia e dell’archeologia dove qualsiasi teoria “alternativa” tinta di mistero e di paranormale è benvenuta, nonché smaglianti doti di intrattenitore nel proporre le sue minestrine scandendo magistralmente i tempi televisivi e il lancio delle “esche” per ingolosire e tenere alta la suspance nel pubblico a casa.

Quando passano i titoli di coda, il telespettatore medio si sente soddisfatto per aver preso parte all’illusoria caccia al tesoro, ma mai completamente appagato perché, nella migliore delle ipotesi, avrà sbirciato solo il fumo dell’arrosto più volte promesso in trasmissione.

Ma che fine fanno i tanti sedicenti misteri rimasti irrisolti?
Tornano a circolare dove la redazione di Giacobbo li ha scovati: nei circuiti di infotainment delle TV americane e britanniche, nella pubblicistica pseudo-storica e e sul web, in attesa che qualcuno li impacchetti nuovamente, riproponendoli con l’aggiunta della solita “sensazionale scoperta”.

Due esempi tra i tanti: i teschi di luce Maya e l’Arca di Noè sull’Ararat.

teschio di cristalloNell’enigma dei teschi di cristallo di quarzo di provenienza messicana ci hanno inzuppato il biscotto in tanti, buon ultimo Steven Spielberg per la saga di Indiana Jones.

Il più famoso tra questi strani manufatti è quello detto di Mitchell-Hedges.
La storia propagandata a più riprese da Anne Mitchell-Hedges è che il teschio sia stato da lei ritrovato nel 1924 in un ripostiglio nascosto in una piramide nel sito Maya di Labaantùn (Belize). Il ritrovamento fortuito avrebbe suscitato gioia incontenibile negli indios presenti, che avrebbero riconosciuto nel teschio un importante strumento sacro dei tempi antichi.

Sempre secondo la fonte succitata, il teschio fu esaminato nei laboratori Hewlett Packard a Santa Clara (California), che avrebbero confermato che il cranio era stato ricavato da un unico blocco di quarzo ialino grande tre volte l’oggetto finale e lavorato senza l’ausilio di strumenti moderni.
I tecnici sarebbero rimasti impressionati dal fatto che il manufatto era stato scolpito con estrema precisione in senso contrario all’asse naturale del quarzo, senza segni di sfaldatura.
Giusto per aggiungere una coloritura “gotica” al mito nascente, Mitchell-Hedges scrisse che il teschio porta sfortuna e morte certa a chi lo irride, mentre protegge le persone che, più saggiamente, lo rispettano.

Le proprietà benefiche e spirituali dei teschi in questione vengono così spiegate in un'intervista da Joshua Shapiro, "custode" di alcuni teschi di cristallo: "Possiamo dire che i maya li considerano come oggetti sacri che vanno custoditi e tenuti segreti perché credono che siano vitali per l’umanità e che possano contribuire a creare un mondo più pacifico per il futuro. Il teschio di cristallo contiene grandi energie e saggezza per le genti maya, che devono essere preservate a ogni costo".

Dagli anni ’30 a oggi, però, i mezzi d’indagine sui manufatti hanno fatto parecchi passi in avanti.
Lo Smithsonian Institute ha potuto esaminare la mandibola del teschio di Mitchell-Hedges al microscopio elettronico, sotto luce ultravioletta e con la tomografia computerizzata, scoprendo così tracce inconfondibili dell’uso di moderni strumenti di taglio ad alta rotazione dotati di lama circolare in acciaio diamantato, ovviamente incompatibili con la tecnologia disponibile intorno all’ottavo secolo D.C, ossia ai tempi dei Maya.
Altrettanto ovvio che i cultori del mistero e dei rituali sciamanici new-age tacciano su questa scoperta sin troppo... ovvia.

Quanto ai resti della biblica Arca di Noè, ciclicamente tornano alla ribalta persone che sostengono di aver trovato o avvistato i resti dell’imbarcazione sui ghiacciai dell’Ararat, al confine tra Turchia e Armenia.
Tra questi ricercatori dell’Arca perduta si contano anche due italiani: Angelo Palego e Claudio Schranz (maggiori informazioni qui e qui).

arca di noè?È vero che se Schliemann non avesse avuto cieca fiducia nell’Iliade e nell’Odissea non sapremmo tutto ciò che oggi sappiamo sulla storia di Troia, ma nel caso dell’Arca biblica nulla di più concreto di un breve video girato da Schranz nel 2002, che mostra un presunto spuntone di legno che sporge dalle nevi, è stato portato per suffragare l’esistenza dei resti del natante in cima all'imponente vulcano che domina il Caucaso.

L’ultimo team di esploratori che sostiene di aver trovato l’Arca di Noè ha dichiaro in conferenza stampa di essersi imbattuto a quota 4000 in un incavo dove, intrappolata tra ghiacci e roccia vulcanica, stava una “parete di legno”.
Sul pavimento di questa cavità sarebbero state visibili tracce di paglia e di cordame. Niente di nuovo rispetto a quanto riportato da decenni, nessuna prova tangibile riportata dall’Ararat: tuttavia la notizia è finita sulle pagine dell’autorevole magazine Time.

Non c’è dubbio:abbiamo bisogno del mistero, di un santo graal da cercare per continuare a sognare.

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Comments:
Certo che abbiamo bisogno del mistero, incuriosisce, alimenta la fantasia, ti obbliga a pensare, a ragionare, a documentarti. Mica è poco tutto questo:)
 
Certi programmi tv, secondo me, andrebbero vietati senza un'adeguata presenza di scettici in studio.
Personalmente, ritengo che i danni nel medio-lungo termine di un programma tv che spaccia per "plausibili" delle immani sciocchezze come i cerchi nel grano o, peggio, che mira ad inventare di sana pianta un mistero dove non c'è, e solo allo scopo di fare audience, rischi di aprire una breccia nel senso critico della gente, attraverso cui potrebbe infilarsi di tutto; o quasi.

Non è che Giacobbo non dovrebbe lavorare, non dico questo; però si dovrebbe avere in studio sempre qualcuno (uno scienziato, o qualcuno del CICAP) con a disposizione tempo ed opportunità sufficienti per riportare il timone del cervello in rotta, prima che scarrocci eccessivamente.

Specie se a mandare il programma in onda fosse la tv del servizio pubblico.
 
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