domenica, giugno 13, 2010

 

No Borders Resume 06.13.2010


Bavagliocrazia

bavaglio stampa

Un colpo d’ariete dopo l’altro sulle regole minime della democrazia, prende forma una dittatura cesaropopulista che nessuno sembra in grado di arginare.
Inutile che mi dilunghi sugli effetti deleteri di un provvedimento pananoico che sta alla difesa della privacy degli onesti come una scure sta alla raccolta delle orchidee.
È vero, la Costituzione definisce inviolabili la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (art. 15, comma 1), ma non si può dire che la normativa che sinora ha regolato l’autorizzazione e l’uso delle intercettazioni non imponesse le motivazioni o non fornisse le garanzie di legge richieste dal secondo comma dell’art.15.

legge bavaglio Mettendo insieme i provvedimenti fatti passare a colpi di fiducia di questi 2 anni abbondanti di legislatura diventa lampante l’idea di democrazia liberale dell’attuale maggioranza: impunità per pochi eletti e libertà di gestire affari di qualsiasi genere al riparo da ogni controllo.
Se già oggi siamo piazzati molto bene nella classifica mondiale dei paesi a più alto tasso di corruzione nella pubblica amministrazione (dal 41° posto del 2007 siamo retrocessi al 63° posto per trasparenza), con la legge bavaglio, i condoni, le sanatorie e i tagli di spesa che appiedano gli ispettorati è facile immaginare che arriveremo presto a spezzare le reni a Grecia e Romania, che stazionano ex-aequo al 71° posto.

Come faceva notare ironicamente qualcuno in Rete, con una magistratura inquirente a cui vengono spuntati gli artigli e una stampa imbavagliata, l’Italia tornerà a essere un paese tranquillo dove non succede mai niente, esattamente come ai “bei tempi” del regime fascista.




Svaporata

«Qualche commento su Israele? Lo stiamo chiedendo a tutti oggi»
«Dite loro di andare all’inferno fuori dalla Palestina»
«Ooh! Qualche commento più positivo su Israele?»
«Ricordatevelo, quelle persone sono occupate ed è la loro terra. Non è la Germania, non è la Polonia»
«Allora dove dovrebbero andare? Cosa dovrebbero fare?»
«Devono tornare a casa loro»
«Dov’è casa loro?»
«Polonia, Germania»
«Sta dicendo che gli ebrei devono tornare in Germania e in Polonia?»
«...E in America e in qualunque altro luogo. Perché esiliare persone che hanno vissuto lì per secoli?»

Mrs. Helen ThomasNon ci poteva essere siparietto finale più improvvido e rovinoso per sancire la definitiva uscita di scena di Helen Thomas, 90 anni ad agosto, riverita decana dei giornalisti accreditati alla Casa Bianca.

Invitata allo Jewish Heritage Celebration Day alla Casa Bianca, Helen Thomas è stata avvicinata per un commento da una troupe del Rabbino David Nesenoff.
Lei, arcigna e senza alcuna diplomazia, ha fatto scoppiare la bomba sulla legittimità dello stato d’Israele; un po’ come prendere la parola a tavola il giorno del compleanno del padrone di casa e dichiarare che il festeggiato dovrebbe lavarsi perché puzza come una iena.

57 anni di professione buttati al macero per una reporter che aveva scalato i gradini della carriera in un mondo fortemente maschilista armata di una grinta inossidabile nel braccare con domande puntute l’uomo più potente della terra.
Di lei, John Fitzgerald Kennedy diceva: “Sarebbe anche una ragazza carina se non fosse armata di penna e taccuino”.
È passato alla storia il suo pressing su George W. Bush sulle vere ragioni dell’intervento americano in Iraq. A Helen Thomas spettava l’onore della prima domanda e dell’ultima parola, il rituale “Thank you, Mr. President” nelle conferenze stampa dei Presidenti USA.
Ma per le parole dal sen fuggite non v’è rimedio.


Ne uccide più la lingua...

Il Belgio e i belgi hanno da sempre fama di essere così tranquilli, ordinati e prevedibili da essere indicibilmente noiosi.
Erano altri tempi: il Belgio era un piccolo stato neutrale divenuto ricco per il carbon fossile estratto dalle sue miniere, per il commercio di diamanti e per le materie prime che affluivano dal lontano Congo Belga, dove il cristianissimo re Leopoldo II attuava una politica di sfruttamento di una ferocia senza eguali.

BelgiumDa almeno tre anni, però, il Belgio è sull’orlo della disgregazione, paralizzato da una crisi istituzionale che sembra irrimediabile e che preannuncia la spaccatura definitiva tra la Vallonia francofona a sud e le Fiandre a nord, dove si parla una variante dell’olandese.

Se la separazione non si è ancora consumata è perché resta da sciogliere il nodo della Regione di Bruxelles, area che ospita la capitale federale e del regno nonché capitale formale dell’Unione Europea.
Dal punto di vista territoriale, infatti, Bruxelles e le sue conurbazioni (19 municipalità) ricadrebbero nella parte fiamminga, però la popolazione è per il 70% francofona.

L’astio e l’insofferenza tra le due maggiori comunità linguistico-culturali, su cui soffiano gli indipendentisti fiamminghi di estrema destra del Vlaams Belang (ex Vlaams Blok) sono arrivati al punto che, a Bruxelles, i fiamminghi non affittano case ai francofoni o parlanti altre lingue neppure se il potenziale inquilino è un eurodeputato disposto a staccare lauti assegni.
Nessuno in Belgio sembra domandarsi che senso e che prospettive avrebbero due staterelli di coccio, fondati su basi puramente linguistiche, stretti nella morsa di vicini di ferro come Francia, Germania e Olanda.


Una finestra sul Caucaso



Non chiedetemi come ci sono arrivato: chi mi conosce sa che quando parto per i miei vagabondaggi sul web ci vuole l’Interpol per rintracciarmi :-)
A ogni modo, questo video è una finestra sul folklore della regione del Khevsureti, nel nordest della Georgia.
Può piacere o meno: personalmente trovo che quest'antica danza sia suggestiva e spettacolare.

Buona settimana

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