domenica, settembre 12, 2010

 

Pubblico & Privato



Il reality del terrore

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A careful application of terror is also a form of communication” (Un’attenta applicazione del terrore è anche una forma di comunicazione).

A prima vista, l'aforisma di cui sopra può sembrare un esercizio di sarcasmo o di cinismo.
Invece è la sintesi di un uso deliberato del terrore come strumento di comunicazione che esiste da sempre: dalle teste mozzate dei nemici sconfitti esposte come trofeo e avvertimento a ogni forma di punizione “esemplare” inventata nei secoli.
Il caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani, tenuta quotidianamente in bilico tra la vita e l’esecuzione per lapidazione, è un esempio da manuale di crudeltà dosata per lanciare una serie di messaggi obliqui dentro e fuori l’Iran.

Va detto, tuttavia, che dopo lo shock planetario dell’11 settembre 2001 si è verificato un ribaltamento logico per cui oggi si fa prevalentemente comunicazione del terrore.

Paradossalmente, i riflessi pavloviani della comunicazione mainstream stanno facendo del terrore minacciato o anche solo ventilato un’arma di pressione e di ricatto straordinariamente più efficace e a buon mercato di qualsiasi attentato o carneficina.
La spirale mediatica perversa creatasi intorno agli insani propositi di uno sconosciuto pastore evangelico della Florida e all’ormai consueto codazzo di becere manifestazioni di piazza inscenate "spontaneamente" da sedicenti buoni musulmani deve fare meditare chiunque si occupi di comunicazione.


In cammino verso me stesso

A lungo durerà il mio viaggio

A lungo durerà il mio viaggio
e lunga è la via da percorrere.

Uscii sul mio carro ai primi albori del giorno,
e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti dei mondo
lasciai la mia traccia
su molte stelle e pianeti.
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Sono le vie più remote
che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene
la semplicità d'una melodia.

Il viandante deve bussare
a molte porte straniere
per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare
per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario
più segreto all'interno del cuore.

I miei occhi vagarono lontano
prima che li chiudessi dicendo:
«Eccoti!»

Il grido e la domanda: «Dove?»
si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: «lo sono!»

Rabindranath Tagore

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