domenica, marzo 13, 2011
A sunday soup
Non possumus
Poche idee, poco o punto originali, in compenso assai livorose. Mi domando quali esperienze scolastiche devastanti abbiano indotto questa persona a coltivare l’apodittica certezza che gli insegnanti siano una casta di privilegiati nullafacenti. La risposta più verosimile è che parli senza alcuna competenza in merito, senza neanche quel minimo di esperienza “sul campo” da genitore.
Quel che mi colpisce negativamente, in questo come in altri casi, è il livello di indottrinamento che traspare dall’appiattimento sulle argomentazioni ideologiche e sul lessico populista della propaganda filogovernativa.
C’è la crisi economica mondiale, c’è un debito pubblico monstre, ergo “non possiamo più permetterci” tutta una serie di servizi al cittadino forniti dallo Stato, sovvenzionati attraverso la redistribuzione del gettito fiscale o le aliquote imposte sulla retribuzione dei lavoratori.
Questo è il mantra, la vulgata, l’articolo di fede squadernato per giustificare e assolvere la politica di tagli lineari alla spesa pubblica e le sue propaggini mascherate da riforme epocali.
Da ciò discende che:
- Dovremmo accettare a capo chino la dura realtà di un drastico ridimensionamento nei servizi essenziali che non si traduce in una minor pressione fiscale, che resta e resterà ancora a lungo scandalosamente vicina a quella di Paesi dove il welfare è una cosa seria e funzionante; ça va sans dire che dovremmo essere lieti di pagare a prezzo pieno 1/3 del solito servizio.
- Dovremmo essere esultanti per scelte dolorosamente austere che “alleggeriscono” lo Stato, non fosse per il piccolo, trascurabile dettaglio che (specialmente) in Italia l’arretramento del pubblico viene pagato a usura mediante il sovvenzionamento, diretto e indiretto, di un privato che subentra “sussidiariamente” o per gentile concessione trentennale “chiavi in mano”.
Corre, io credo, una sottile, ma netta linea di demarcazione tra l’essere cittadini consapevoli delle difficoltà di un Paese declinante come il nostro e l’ottica servile di chi vuole vedere la mano benevola della Provvidenza in ogni azione del padrone di turno e, perciò, augura la forca ai cattivi soggetti, i sediziosi e i miscredenti... finché non viene toccato nei suoi interessi.
Le mani in tasca
Guarda caso, il governo che si è sempre vantato di “non mettere le mani nelle tasche dei cittadini” (sottinteso, non come quei sordidi comunisti che godono a tassare e molestare i probi cittadini) è stato beccato con le mani infilate nel TFR dei lavoratori, da cui ha prelevato e preleva per coprire la spesa corrente e per scopi diversi da quelli previsti dalla legge, peraltro senza alcuna reintegrazione o interesse.
A ribadire questo "simpatico" andazzo, passato opportunamente sotto silenzio, non è la solita gazzetta rossa, ma la Corte dei Conti.
La magistratura contabile non ha usato il guanto di velluto, scrivendo nero su bianco che si tratta di «un'operazione di natura espropriativa senza indennizzo, o comunque di prelievo fiscale indiretto nei confronti di categorie interessate a versamenti finalizzati a scopi ben diversi dal sostegno alla finanza pubblica».
La risposta piccata del Ministero dell’Economia, secondo cui non vi sarebbe alcun danno ai soggetti interessati ai versamenti e ai prelievi, è stata sonoramente rispedita al mittente in quanto i dati finanziari esposti da Via Nazionale sarebbero «parziali, lacunosi e fondati su statistiche elementari».
Qualcuno ha il coraggio di parlare anche in questo caso di toghe rosse e magistratura politicizzata?
Fine vita
Ho letto qui un’intervista a Monsignor Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, sul discusso disegno di legge sulle “dichiarazioni anticipate di trattamento” (DAT).
Il prelato giuliano non ha detto alcunché di trascendentale o di diverso dalla posizione ufficiale della CEI, favorevole al testo elaborato dal Governo.
Tuttavia, pur nel rispetto di una posizione legittimamente intransigente sul principio della vita come dono da salvaguardare dal concepimento alla morte, mi trovo in disaccordo con le “giustificazioni etiche” addotte a sostegno di un impianto normativo marcatamente ideologico e ascientifico, che entra a gamba tesa nella delicata sfera dell’autodeterminazione dell’individuo e nella deontologia medica.
Sostenere, ad esempio, che l’alimentazione e l’idratazione artificiale non possano essere sospese in quanto non rappresentano terapia e, pertanto, non configurano accanimento teraputico è insieme una petizione di principio e una solenne cazzata perché qualsiasi intervento medico atto a influire sulle condizioni fisiche o psichiche del paziente - fosse anche la somministrazione di un placebo - è per ciò stesso terapia, com’è scritto a chiare lettere nelle convenzioni internazionali riguardanti l’attività medica.
A parte questo, a mio modo di vedere c’è qualcosa di intrinsecamente arbitrario, autoritario e innaturale alla base dell’applicazione integrale e (surrettiziamente) ope legis di un diritto alla vita indisponibile a chicchessia.
C’è alla base una visione salvifica del dolore e della sofferenza da accettare in silente umiltà, elaborata dalla tradizione cattolica fin dal medioevo, che oggi si salda alla pretesa di imporre alla scienza e alla medicina di forzare la natura pur di salvare l'integrità di un principio fatto passare per legge naturale, anche a costo di andare contro la valutazione obiettiva del medico curante e la volontà chiaramente espressa dal paziente.
La mia non è una posizione a favore del relativismo etico, del suicidio assistito o dell’eutanasia, ma solo la constatazione, frutto di esperienza, che una volta applicato tutto ciò che è umanamente e scientificamente possibile per curare e per alleviare la sofferenza si debba rispettare la natura che ci ha voluti mortali.
Santi dell’altro mondo: San Maximòn
Questa bella foto della chiesa gialla a San Andreas Xecul contenuta nel sito del fotografo Tom Robinson (ne raccomando la visione) mi ha incuriosito, portandomi a imbattermi, del tutto casualmente, nel mistero guatemalteco di San Maximòn.
Già in passato ho scritto di santi popolari dell’America Latina, la cui venerazione è in varia misura "tollerata" dalla Chiesa Cattolica. Non immaginavo, però, di trovare un santo non ufficiale con le caratteristiche enigmatiche e inquietanti di San Maximòn o San Simòn.
Più che a un santo canonizzato, infatti, Maximòn fa pensare a un demone che è meglio avere a favore che contro; una divinità dai gusti e dai vizi piuttosto umani da ammansire e da ingraziarsi con offerte di candele, sigarette, sigari, rum, acquavite e denaro.
È probabile che Maximòn fosse in origine una divinità del pantheon Maya legata al ciclo delle piogge e/o alla sessualità ctonia, cui si sarebbe sovrapposta in parte la figura di Pedro Alvarado, il luogotenente di Hernan Cortes che conquistò e cristianizzò il Guatemala a fil di spada.
San Maximòn è effigiato in statue di legno abbigliate con eleganza vistosa; giacca, cravatta, fusciacca, uno o più cappelli calati in testa e, talvolta, occhiali da sole. Le confraternite che curano il culto accendono sigari e sigarette oppure versano rum e acquavite nella bocca del simulacro mentre presentano in dialetto maya le preghiere dei postulanti.
Nessuno osa mettere in dubbio la potenza e la protezione di San Maximòn, neanche i turisti che con difficoltà raggiungono i villaggi sulle alture del Guatemala occidentale che sono la roccaforte di questo santo popolare.
Kung-Fu Mantis (per sdrammatizzare)
Buona settimana
Etichette: diritti, immagini, Politica, The Smoking Pipe
Comments:
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Sull'articolo uno (quello sulla scuola).
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Non concordo. Certo, una cosa è il qualunquismo (filogovernativo e non), come pure l'indottrinamento, il lavaggio del cervello filo-regime e no; però è assolutamente vero che sino ad oggi allo Stato ed alla "Cosa Pubblica" è stato richiesto di svolgere un ruolo che poco a che fare aveva con l'erogazione di servizi pubblici e molto di più con il rafforzamento di clientele.
Il lavoro pubblico come ammortizzatore sociale è stato una realtà per 50 anni almeno della storia del nostro Paese.
Altrimenti, "Bidone", tu come spieghi i diecimila esuberi nelle Ferrovie dello Stato, il proliferare di enti pubblici nella mia Puglia o di Province nella tua Sardegna?
Anni fa, un dirigente FS venuto da noi in Bocconi per seminario disse, sarcastico: "Sino alla metà degli Anni '80, perché i treni arrivassero in orario, la sola condizione sufficiente era che non fossero in molti a prenderli. E andava bene così."
Questo è chiaramente un ribaltamento della logica di servizio pubblico.
L'erogazione del servizio ferroviario era, come dire, sottomessa alla logica politico-sindacale delle assunzioni facili.
La scuola non era certo una eccezione.
Per fare qualsiasi cosa, ci vogliono i soldi. Non darei colpe alla Gelmini se, per una volta nella storia dell'Italia repubblicana, ha deciso che le poche risorse vadano assegnate con criterio e non a pioggia o, peggio, senza curarsi della copertura finanziaria, come s'è sistematicamente fatto, sino ad ora.
Poi, si può discutere nel merito dei criteri, e va be'. Ma dire che questa riforma sia un passo indietro e non in avanti, questo proprio no.
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Non concordo. Certo, una cosa è il qualunquismo (filogovernativo e non), come pure l'indottrinamento, il lavaggio del cervello filo-regime e no; però è assolutamente vero che sino ad oggi allo Stato ed alla "Cosa Pubblica" è stato richiesto di svolgere un ruolo che poco a che fare aveva con l'erogazione di servizi pubblici e molto di più con il rafforzamento di clientele.
Il lavoro pubblico come ammortizzatore sociale è stato una realtà per 50 anni almeno della storia del nostro Paese.
Altrimenti, "Bidone", tu come spieghi i diecimila esuberi nelle Ferrovie dello Stato, il proliferare di enti pubblici nella mia Puglia o di Province nella tua Sardegna?
Anni fa, un dirigente FS venuto da noi in Bocconi per seminario disse, sarcastico: "Sino alla metà degli Anni '80, perché i treni arrivassero in orario, la sola condizione sufficiente era che non fossero in molti a prenderli. E andava bene così."
Questo è chiaramente un ribaltamento della logica di servizio pubblico.
L'erogazione del servizio ferroviario era, come dire, sottomessa alla logica politico-sindacale delle assunzioni facili.
La scuola non era certo una eccezione.
Per fare qualsiasi cosa, ci vogliono i soldi. Non darei colpe alla Gelmini se, per una volta nella storia dell'Italia repubblicana, ha deciso che le poche risorse vadano assegnate con criterio e non a pioggia o, peggio, senza curarsi della copertura finanziaria, come s'è sistematicamente fatto, sino ad ora.
Poi, si può discutere nel merito dei criteri, e va be'. Ma dire che questa riforma sia un passo indietro e non in avanti, questo proprio no.
I criteri sono la base su cui una riforma possa dirsi sensata o meno, trovo difficile prescinderne, o porli in secondo piano.
Della scuola, Marcello, come con intelligenza ricordi, molti parlano senza cognizione di causa.
E' d'altronde consueto costume italico: le argomentazioni documentate costano l'impegno di acculturarsi e la fatica di organizzare il pensiero: andare di pancia rende tutto assai più semplice, e finanche simpatico, quando riesce la battuta. Se riesce.
Ma si guardi il Berlu dello spot "Magica italia". E si pensi un po' più a far lavorare il cervello. Amen.
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Della scuola, Marcello, come con intelligenza ricordi, molti parlano senza cognizione di causa.
E' d'altronde consueto costume italico: le argomentazioni documentate costano l'impegno di acculturarsi e la fatica di organizzare il pensiero: andare di pancia rende tutto assai più semplice, e finanche simpatico, quando riesce la battuta. Se riesce.
Ma si guardi il Berlu dello spot "Magica italia". E si pensi un po' più a far lavorare il cervello. Amen.
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