mercoledì, giugno 08, 2011

 

Just considering



Pro-Israele: abuso di legittima difesa

volli.jpg Per quel poco che ne so, il semiologo Ugo Volli è studioso assai quotato. Non lo conoscevo affatto, invece, nei panni dell’aggressivo polemista schierato senza se e senza ma a difesa di Israele e dei suoi interessi.
Non c’è spazio per distinguo, sfumature o concessioni al dubbio nella posizione espressa da Volli nell’articolo “Abracadabra, i palestinesi non ci sono più” pubblicato sul magazine on line Informazione Corretta: i buoni, i coraggiosi, gli onesti e i veri democratici sostengono lo stato ebraico; chi non si schiera senza riserve con Israele è automaticamente collocato tra gli antisemiti, creduloni, imbelli e fiancheggiatori dei perfidi, intolleranti e retrogradi arabo-palestinesi.

Certo, Volli non ricorre esplicitamente a un simile schematismo grossolano e criptorazzista, non di meno dietro lo schermo della prosa elegante e del sarcasmo pungente la sostanza non cambia granché.
Il pretesto per agitare il randello verbale viene offerto a Volli niente meno che dal presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che, in una dichiarazione, ha rivendicato per il suo popolo la discendenza da filistei e cananei e, con essa, una sorta di “diritto di primogenitura” sulla terra contesa.

Ai nostri occhi di sprovveduti occidentali simili vanterie pseudostoriche appaiono un peccato veniale, uno scivolone propagandistico di poco conto. Da che mondo è mondo, infatti, i popoli hanno millantato ascendenze illustri in divinità o semimitici eroi eponimi per nobilitare le loro origini e giustificare le loro ambizioni.
Tuttavia, a dimostrazione di come in Medio Oriente certe argomentazioni retoriche sono prese dannatamente sul serio, anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto precisi richiami a un legame di 4000 anni con la “terra dei padri” e alla “ancestrale patria ebraica” nel suo discorso davanti al Congresso USA,.

jerusalem.jpgSe vogliamo parlare di storia, esistono testimonianze documentali che descrivono la Terrasanta dall’alto medioevo alla metà del diciannovesimo secolo come un'area depressa e spopolata.
Gerusalemme appariva a viaggiatori e pellegrini come una città di modeste dimensioni, isolata nel bel mezzo di un territorio pressoché disabitato e scampata all'abbandono solo in virtù della sua straordinaria importanza religiosa.

Gli attuali palestinesi, invece, discenderebbero in larga misura dai fellahin che, tra la fine del Settecento e gli inizi del Novecento, sciamarono alla spicciolata dai poverissimi villaggi dei paesi arabi limitrofi per cercare lavoro e sostentamento come contadini e pastori nei latifondi dell'allora Palestina ottomana.
Il progressivo passaggio di mano nella proprietà delle terre dai possidenti egiziani, siriani, libanesi e iracheni ai ben più motivati e organizzati coloni dei Focolari Ebraici fu un ulteriore incentivo per questa immigrazione interna al mondo arabo.
Non c'è dubbio, infatti, che i futuri palestinesi si considerassero "a casa loro" e che non avvertissero alcuna necessità di dotarsi di un'identità di popolo in un contesto regionale e culturale rimasto tutto sommato omogeneo fino agli anni '30 del secolo scorso.
Le cose cambiarono radicalmente con la riscrittura a tavolino della geografia politica mediorientale e, soprattutto, con l'evento dirompente della nascita d'Israele.

In ogni caso, mi pare davvero specioso appigliarsi all'effettiva genesi storica degli arabo-palestinesi per disconoscere e denigrare le aspirazioni di un popolo - non importa se definibile come palestinese o solo genericamente "arabo" - che ha assunto un'identità nel momento stesso in cui è stato sfrattato, emarginato, trattato come un ospite abusivo in casa sua, così come i palestinesi devono prendere atto che lo Stato d'Israele esiste ed è un interlocutore ineludibile.

Fino a quando non si arriverà ad accettare questi dati di fatto, rinunciando al sogno di cancellare definitivamente l'ingombrante vicino di casa come se la sua esistenza fosse una sgradevole "anomalia della storia", i maestri dell'oltranzismo continueranno a tenere i loro bravi sermoncini infiammati.



Esorcismi postmoderni

grapho.jpg

Rappresentazione paradossale ed esasperata? Forse, ma in fondo non tanto lontana dalla realtà. Oggi si può avere una vita molto social ed essere soli al punto di dovere esorcizzare a tutti i costi il silenzio.


TG-Schìf

telebs.jpgSe le vergini vestali dell'informazione televisiva nazionalpopolare fossero ancora capaci di arrossire di vergogna, c'è da scommettere che di questi tempi alcuni telegiornali somiglierebbero a campi di papaveri nel pieno della fioritura.

Definire oscena l'informazione sui referendum del 12 e 13 giugno fornita da TG1, TG2, TG5, TG4 e Studio Aperto è voler fare atto di misericordia a tutti i costi.
Il diritto basilare del corpo elettorale a essere informato in modo corretto, completo e imparziale su un evento che lo chiama direttamente in causa è stato ignorato e sistematicamente sabotato a colpi di interpretazioni anodine dei regolamenti, ritardi, omissioni, indicazioni confuse o palesemente errate.

Ormai i fasti servili dei cinegiornali dell'Istituto Luce sono belli che superati. Non fosse per l'italiano fluente e il taglio smaccatamente frivolo di certi servizi, sospetterei che ciò che passa in TV in realtà sono gli archivi della Radio Televizioni Shqiptar (Albania) durante l'era del compagno-presidente Enver Hoxha.

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